Contratto di sponsorizzazione – Applicabilità artt. 42 e 43 del codice degli appalti- Onere di verificazione anteriore all’aggiudicazione e coincidente complessivamente con un onere di assoluta trasparenza-Legittimità previsione del bando di gara (Cons. Stato, n. 5378/2013)

Redazione 12/11/13
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SENTENZA

sul ricorso r.g.a.n. 3645/2009, proposto dal Consorzio stabile Operatori beni culturali, in proprio e quale capogruppo mandatario r.t.i., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti ************, ************** e *********************, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
dal r.t.i. Global Outdoor s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, n.c.;
contro
l’Università degli Studi di Milano, in persona del rettore in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
la T.m.c. Pubblicità s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avv. *************, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. ****************, in Roma, via Caposile, 10;
la ********* s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, n.c.;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Lombardia, Milano, sezione I, n. 1894/2009, resa tra le parti e concernente l’affidamento dei lavori di restauro e manutenzione di beni mobili e connesse richieste risarcitorie.

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati, con tutti gli atti ed i documenti di causa.
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm..
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2013, il Consigliere di Stato ********** ed uditi, per le parti, l’avvocato ************, l’avvocato dello Stato ******** e l’avvocato *************.
Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.

FATTO

A) Il Consorzio stabile O.b.c. ricorreva al T.a.r. di Milano contro l’Università degli studi di tale città, e nei confronti della T.m.c. Pubblicità e della ********* s.r.l., chiedendo l’annullamento – previa sospensione della relativa efficacia – del provvedimento 27 giugno 2008 n. 25318, con cui detta Università gli aveva comunicato l’esito della procedura di gara concernente il contratto di sponsorizzazione degli interventi di restauro della “Ca Granda”, e del portale monumentale posto sulla via Francesco Sforza, conclusasi con l’aggiudicazione definitiva del 24 giugno 2008, deliberata a favore del r.t.i. T.m.c. *********, di tutti i relativi verbali e degli atti di ammissione alla gara della società controinteressate, nonché del relativo avviso reso pubblico il 9 maggio 2008 e di ogni altro atto connesso (anche se ignoto), come l’eventuale autorizzazione alla stipulazione contrattuale, con pertinente richiesta risarcitoria.
B) La p.a. aveva optato per la peculiare tipologia negoziale di cui all’art. 43, legge n. 449/1997, contratto atipico, consensuale, a prestazioni corrispettive, con cui lo sponsor offre una certa prestazione allo sponsee, che in cambio si obbliga a veicolare durante l’esecuzione della sua prestazione il marchio o il logo del primo, in base alla disciplina di cui al d.lgs. n. 163/2006, art. 26, come modificato dal d.lgs. n. 6/2007, art. 3, nella specie applicabile, trattandosi di un contratto senza oneri per la p.a.: si esigeva l’aver eseguito – nel triennio antecedente – un contratto nello specifico settore per un importo di almeno due milioni di euro più i.v.a., come da apposita scheda dettagliatamente compilata.
C) Nel dubbio circa la sussistenza dei prescritti requisiti, il consorzio esercitava il diritto di accesso agli atti, peraltro, senza successo, donde il presente gravame (con annessa domanda cautelare, poi riunita al merito, proposto per violazione degli artt. 2, 5, 11, 12, comma 1, 42, comma 2, 48 e 253, comma 3, codice dei contratti; violazione del bando di gara e del disciplinare, nonché dei criteri della par condicio, della trasparenza e della concorrenza, vizio istruttorio e sviamento.
D) La T.m.c. si costituiva in giudizio ed eccepiva preliminarmente la tardiva ed irricevibile impugnazione (notificata l’11 ottobre 2008) del pubblico avviso (pubblicato il 9 maggio 2008) e la carente legittimazione del Consorzio ricorrente (per mancanza del prescritto requisito: l’importo dei lavori eseguiti ammonterebbe a soli euro 1.690.123,05), nonché l’infondatezza delle varie censure di merito.
E) Il primo giudice condivideva la prima eccezione ma riteneva inammissibile la seconda, in quanto diretta ad ampliare il thema decidendum, finalità esigente apposito ricorso incidentale, e disattendeva le varie doglianze di merito, sulla falsariga dell’insegnamento dell’Autorità di vigilanza sui pubblici contratti (v. determinazione 5 dicembre 2001 n. 24), in tema di contratti passivi sottratti alla disciplina del relativo codice: il ricorso veniva dunque respinto con oneri processuali liquidati secondo il consueto criterio della soccombenza.
F) Il Consorzio soccombente impugnava detta sentenza per infondatezza, illogicità, vizio di motivazione ed erroneità della stessa, la sua lesione dovendosi ricondurre non alla pubblicazione del bando e delle relative clausole ma all’uso scorretto fattone dall’Università (con ciò escludendosi ogni tardività dell’impugnazione: cfr. C.S., Ad. pl., sent. n. 1/2003 e sent. n. 6/2002; sez. VI, sent. n. 4699/2008 e sent. n. 6073/2001); erronei presupposti circa la natura del contratto di sponsorizzazione, comunque esigente l’impiego di procedure trasparenti e concorrenziali (nel doveroso rispetto anche della disciplina comunitaria), la cui oculata verifica sarebbe mancata, come desumibile dall’esito dell’esercitato diritto di accesso (v. nota della direzione dei lavori del Comune di Milano alla T.m.c. del 5 gennaio 2009), con palese vizio istruttorio connotante l’intera procedura (donde la richiesta anche di c.t.u.), non potendo bastare al riguardo la presentazione della c.d. scheda descrittiva di cui sopra, concludendo con una richiesta risarcitoria quantificata complessivamente in poco meno di 8.000.000,00 di euro (in rapporto alle varie voci considerate: perdita di chance, danno professionale e lucro cessante).
G) La T.m.c. Pubblicità si costituiva in giudizio e resisteva all’appello, come faceva pure l’Università appellata, condividendo tutte le argomentazioni di cui alla gravata pronuncia in apposita memoria illustrativa, mentre la T.m.c. nella propria memoria conclusiva poneva in luce la carenza di legittimazione attiva e/o d’interesse ad agire del Consorzio stabile, con correlativa improcedibilità dell’appello in rapporto alla posizione processuale (non di mandante) della Global Outdoor (come risultante da una sua lettera del 4 maggio 2009, prima non producibile), anche in relazione alle richieste risarcitorie (rimaste prive di alcun supporto probatorio).
H) Con propria memoria conclusiva anche il Consorzio appellante illustrava ulteriormente le sue argomentazioni, come faceva pure la T.m.c. in una sua analoga comparsa, cui replicava il Consorzio stabile con ulteriore apposita memoria.
All’esito della pubblica udienza di discussione la controversia passava in decisione.

DIRITTO

I) L’appello è infondato e va respinto, pur dovendosi rettificare la motivazione della gravata pronuncia, in particolare, per quanto attiene alla dedotta – ma tuttavia non condivisibile – eccezione di tardività precedentemente esposta nella narrativa in fatto, che il primo giudice non avrebbe dovuto accogliere (la clausola concernente l’indicazione sulla scheda descrittiva dei lavori comprovanti la pregressa capacità tecnico-professionale non configurandosi come imposta a pena di esclusione), mentre aveva correttamente ritenuto inammissibile la seconda eccezione preliminare, in quanto diretta ad ampliare il thema decidendum, finalità esigente apposito ricorso incidentale.
II) Il Consorzio soccombente impugnava detta sentenza, la sua lesione dovendosi ricondurre non alla pubblicazione del bando e delle relative clausole ma all’uso scorretto fattone dall’Università (con ciò condivisibilmente escludendosi ogni tardività dell’impugnazione: cfr. C.S., Ad. pl., sent. n. 1/2003 e sent. n. 6/2002; sez. VI, sent. n. 4699/2008 e sent. n. 6073/2001): in tale prospettiva le censure mosse (anche di omessa pronuncia) avverso l’avviso pubblicato avrebbero dovuto considerarsi tempestive, trattandosi piuttosto dell’illegittimità dell’istruttoria esperita in rapporto alla medesima scheda descrittiva (cui avrebbe dovuto seguire la prova da fornirsi circa i lavori in realtà eseguiti), che avrebbe dovuto precedere l’aggiudicazione definitiva (altrimenti stravolgendone i rapporti con quella provvisoria).
III) Anche al contratto di sponsorizzazione (ex artt. 26 e 27) risultano inevitabilmente applicabili gli artt. 42 e 43, recanti criteri generali del codice degli appalti, il che implica un onere di verificazione anteriore a detta aggiudicazione e coincidente complessivamente con un onere di assoluta trasparenza, ove si dispongano precisi requisiti d’idoneità tecnica e capacità professionale.
IV) D’altra parte, non poteva bastare la semplice autocertificazione per un importo di poco più di due milioni di euro, tanto più che una tale certificazione della T.m.c. (contraddetta dal comune, la cui attestazione era l’unica valutabile) non riguardava i lavori da prendere effettivamente in considerazione ex art. 253, codice degli appalti pubblici, ma si riferiva a somme concernenti lavori eseguiti per conto di un’altra impresa, e considerato anche che il sistema di pagamento non arrivava a detto ammontare alla scadenza del termine previsto per poter partecipare alla gara in questione.
V) Si osserva da parte dell’appellata T.m.c. che il Consorzio stabile attuale appellante faceva parte di un’associazione temporanea d’imprese, la cui altra partecipante aveva dichiarato esser venuto meno l’interesse a costituirla (senza che peraltro ciò implicasse alcun ipotizzabile difetto di legittimazione in capo al primo), mentre la richiesta risarcitoria si riferiva alla situazione di un raggruppamento temporaneo d’imprese non più costituibile, dopo il venir meno dell’interesse a far tempo dalla rinuncia del 4 maggio 2009 (data posteriore a quella della gara ), con palese carenza di legittimazione della singola impresa a proporre appello ed a chiedere il risarcimento, in relazione ad un’a.t.i. non ancora costituita o non più destinata ad esserlo.
VI) In definitiva, ai sensi dell’art. 26, codice degli appalti, anche l’applicazione dei soli princìpi generali risulterebbe compatibile con una discrezionale previsione (ragionevolmente legittima), ad opera della stazione appaltante, di un’idoneità tecnico-professionale comprovabile mediante la discussa scheda descrittiva, in tale prospettiva atta a sostituire la c.d. verificazione codicistica documentale ex artt. 42 e 43, codice degli appalti, semplice espressione di un criterio di massima (secondo cui tale capacità andrebbe provata documentalmente, per quanto non necessariamente nella sua integrale soluzione prospettica).
VI) Al che non può non aggiungersi come l’importo di almeno due milioni di euro per i lavori effettivamente svolti risultasse comunque attestato nel contratto riscontrabile a valle nei rapporti tra l’appellata T.m.c. e l’altra impresa: fatto incontrovertibile, al di là del sistema di pagamento degli stati di avanzamento, certificati dal comune nel contratto a monte: donde una dimostrazione che può ritenersi sufficientemente attendibile, circa il probabile ammontare degli stessi.
VII) In conclusione, alla luce delle argomentazioni che precedono, l’appello va respinto (anche quanto alle relative ma non supportate pretese risarcitorie), con salvezza dell’impugnata sentenza, mentre gli oneri processuali di secondo grado possono interamente compensarsi per giusti motivi tra le parti costituite in giudizio, tenuto anche conto del loro reciproco comportamento processuale e della natura della controversia.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione VI, respinge l’appello (r.g.n. 3645/2009) e compensa gli oneri processuali di secondo grado tra le parti in causa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2013

Redazione