Contratto di assicurazione: sussistenza della copertura assicurativa anche in mancanza del pagamento del premio da parte dell’assicurato (Cass. n. 3654/2013)

Redazione 14/02/13
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Svolgimento del processo

I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.

Dolomiti s.r.l. stipulò nel 1987 con Zurigo Assicurazioni s.a. una polizza contro gli infortuni, con durata fino al 31 dicembre 1997, in favore dei suoi dirigenti.

Il (omissis), a seguito di un incidente stradale, morì l’ingegnere Ga.Ro..

La società assicuratrice rifiutò il pagamento, assumendo che, al momento del sinistro, la garanzia era sospesa per avere la garantita omesso il versamento del premio annuale nel termine contrattualmente convenuto.

Dolomiti s.r.l., P.G., G.R. e L. convennero in giudizio, innanzi al Tribunale di Milano, la società assicuratrice, chiedendone la condanna al pagamento, in favore degli aventi causa di Ga.Ro., della somma di L. 462.866.610.

Resistette la convenuta.

Il Tribunale rigettò la domanda.

Il gravame proposto dai soccombenti venne respinto dalla Corte d’appello in data 30 novembre 1999.

Tale pronuncia fu impugnata innanzi al Supremo Collegio che, con la sentenza del 19 luglio 2004, n. 13344, in parziale accoglimento del ricorso, la cassò con rinvio.

Riassunto il giudizio, la Corte d’appello di Milano, in data 20 maggio 2006, in riforma della sentenza di prime cure, ha condannato Zurigo Assicurazioni s.a. al pagamento della somma di Euro 239.050,65, in favore di P.G., G.R. e L., quali eredi, per la quota di un terzo ciascuno, di Ga.Ro..

Per la cassazione di detta decisione ricorre a questa Corte Zurich Insurance Company s.a., articolando dieci motivi di ricorso.

Resistono con un unico controricorso, illustrato anche da memoria, Le Dolomiti s.r.l., P.G., G.L. e R..

Motivi della decisione

1 Va premesso che, a giudizio del collegio, non sussistono i presupposti indicati dall’art. 374 cod. proc. civ. per la rimessione alle sezioni unite del presente ricorso e ciò, sia in quanto non esiste, in relazione alle questioni di diritto che la Corte è chiamata a risolvere, alcun contrasto giurisprudenziale, sia in quanto i motivi non prospettano questioni di massima di particolare importanza.

Le ragioni di tale decisione – e del connesso rigetto della istanza formulata dall’impugnante con atto del 15 novembre 2012 – emergeranno meglio dalla esposizione che segue.

2 Nella sentenza n. 13344 del 2004 questa Corte, dopo avere ritenuto infondate le critiche formulate dai ricorrenti all’interpretazione della clausola contrattuale relativa al termine entro il quale andavano documentate dalla contraente le retribuzioni corrisposte nell’anno assicurativo oppure andava pagata dalla stessa la differenza a conguaglio, ritenne che non fosse stato oggetto di sufficiente approfondimento da parte del giudice a quo un altro punto decisivo della controversia. Rilevò segnatamente che nelle polizze nelle quali il premio veniva stabilito, per una parte, in maniera invariabile all’inizio del contratto e, per la restante parte, con riferimento ad elementi mutevoli, come l’ammontare delle retribuzioni corrisposte ai dipendenti nell’arco di un anno, il premio costituiva un tutto non frazionabile, onde il contraente, alla fine del periodo assicurativo, era tenuto a notificare alla società assicuratrice l’importo dei compensi in concreto versati, per consentirle l’esatto computo del corrispettivo e la sua esazione, evidenziando, in proposito che anche il dovere di trasmettere all’assicuratore siffatti dati rappresentava un ben preciso obbligo, in quanto il garante non poteva altrimenti addivenire alla definitiva determinazione del suo credito.

In tale prospettiva precisò quindi che anche la sola, mancata comunicazione, nel termine, delle retribuzioni, mettendo l’assicuratore nell’impossibilità di determinare l’importo definitivo del premio, equivaleva al mancato pagamento dello stesso.

Aggiunse poi che, come dottrina e giurisprudenza concordemente avevano riconosciuto, il disposto dell’art. 1460 c.c., comma 2, che, nei contratti con prestazioni corrispettive, non consente l’eccezione di inadempimento quando il rifiuto della prestazione sia contrario a buona fede, si applicava anche alla sospensione dell’assicurazione di cui all’art. 1901 cod. civ., sospensione che, a ben vedere, costituiva una particolare applicazione di quell’istituto. Affermò quindi che, in caso di mancato pagamento del premio, l’assicuratore non poteva invocare la predetta disposizione e negare, conseguentemente, la copertura assicurativa, se la sospensione dell’efficacia del contratto era contraria a buona fede; che l’accertamento dell’illiceità del rifiuto era rimesso al giudice di merito e, trattandosi di mala fede in senso oggettivo, doveva riguardare il comportamento di entrambe le parti a prescindere dalla colpevolezza di quella alla quale veniva opposto il rifiuto; che tale indagine, quantunque sollecitata con l’appello, era stata omessa dal giudice a quo, il quale, pur avendo dato atto della prassi, seguita nei tre anni precedenti dalla Zurigo, “ma inosservata al quarto”, di trasmettere alla contraente un modulo, da restituire riempito con i dati necessari, si era fermato all’obiezione che la stessa non esonerava la società Le Dolomiti dall’obbligo contrattuale della comunicazione tempestiva, senza penetrare l’essenza del problema, ovvero senza chiedersi se, avuto riguardo alla condotta complessiva delle parti, l’eccezione di sospensione fosse o meno conforme a buona fede; e, quanto al ritardato pagamento del premio, se, per avventura, il fatto stesso di avere spedito, malgrado la tardiva comunicazione dei dati retributivi, l’ordinaria appendice contrattuale con l’importo dell’integrazione, e ancor più di aver ricevuto il pagamento senza riserve, fosse comportamento conciliabile, sempre sul piano della buona fede, con la successiva eccezione di sospensione della garanzia assicurativa, segnatamente richiamando, sul punto, la giurisprudenza di legittimità che, in più occasioni, aveva considerato l’accettazione senza riserve del premio pagato in ritardo, addirittura, come nella fattispecie, anche dopo la verificazione del sinistro, come rinuncia tacita ad eccepire la sospensione di cui all’art. 1901 cod. civ..

3 Riconsiderando gli elementi probatori acquisiti alla luce dei rilievi svolti dal Supremo Collegio, il giudice di rinvio ha osservato quanto segue.

La documentazione prodotta aveva pienamente confermato che la regolazione del premio negli anni 1987, 1988 e 1989 era avvenuta, come sostenuto dagli appellanti, sulla base dei dati contenuti in un modulo inviato dalla stessa società assicuratrice alla contraente, dati che consentivano alla garante di determinare il conguaglio di premio da pagare e di emettere l’appendice di polizza. Tale prassi non risultava seguita per il periodo 31 dicembre 1989 – 31 dicembre 1990, non avendo la convenuta dimostrato che la ricorrente aveva ricevuto il modulo per la regolazione del premio. E invero le missive prodotte dalla società assicuratrice non erano accompagnate da ricevuta di ritorno o da altro riscontro inerente all’invio e alla ricezione del modulo, con eventuali altre modalità.

Piuttosto le predette lettere dimostravano che anche per l’anno 1989/1990 la Zurigo aveva concesso alla controparte la dilazione prevista dalle condizioni generali e poichè le stesse erano state consegnate a mano al difensore della contraente il 6 giugno 1991, solo da quel momento era cominciato a decorrere il termine per la comunicazione dei dati aggiornati, dati che però nel frattempo erano già stati trasmessi dalla contraente. Ha aggiunto che l’appendice di polizza era stato inoltrata il 24 luglio 1991 ed era stato seguita il 26 luglio successivo dal pagamento del conguaglio. Ora, secondo il decidente, la società assicuratrice, accettando senza riserve il pagamento tardivo, aveva posto in essere un comportamento incompatibile con la volontà di avvalersi della sospensione, di cui all’art. 1901 cod. civ.. In tale contesto, considerata la prassi contrattuale, costantemente applicata per tre anni nonchè l’accettazione del versamento, ancorchè tardivo, il rifiuto di adempimento opposto dalla Zurigo non poteva ritenersi improntato a buona fede, ex art. 1460 cod. civ..

Ha aggiunto il decidente che priva di rilievo era la problematica in ordine all’utilizzo o meno della raccomandata postale per l’invio della corrispondenza tra società e contraente. E invero, a prescindere dal carattere meramente enunciatorio della tesi secondo cui detta corrispondenza veniva inoltrata per posta ordinaria (peraltro in contrasto con l’indicazione raccomandata contenuta sulla documentazione prodotta dalla società assicuratrice, e mai disconosciuta nel suo contenuto), rilevante era solo che la regolazione del premio era sempre pacificamente avvenuta con l’invio, da parte della Compagnia, dei moduli di denunzia e con la successiva emissione dell’appendice di polizza, modalità che invece per l’anno in contestazione, non risultavano osservate.

4.1 A fronte di tale percorso argomentativo l’impugnante, con il primo motivo di ricorso, denuncia violazione dell’art. 1901 e dell’art. 1460 c.c., comma 2. Le critiche si appuntano contro la presunta prassi di inviare il modulo di regolazione del premio a mezzo lettera raccomandata, prassi asseritamente disattesa nel quarto anno, con conseguente, ritenuta illegittimità, ex art. 1460 cod. civ., della contestazione relativa alla sospensione della garanzia assicurativa nel periodo in cui il G. era rimasto vittima dell’incidente stradale.

Nel relativo quesito di diritto la società chiede alla Corte di accertare se le conseguenze derivanti dalla mancata regolazione del premio debbano ritenersi, sulla base dell’analisi costituzionalmente orientata dell’art. 1901 cod. civ., regolate esclusivamente dalla predetta disposizione, o se possa ritenersi comunque applicabile l’art. 1460 c.c., comma 2, nell’ipotesi in cui il rifiuto di pagare la garanzia assicurativa per mancato pagamento del premio risulti contrario a buona fede.

4.2 Con il secondo mezzo la ricorrente lamenta mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere il decidente dato risposta alcuna ai rilievi da essa svolti in ordine all’applicabilità in via esclusiva, alla fattispecie dedotta in giudizio, dell’art. 1901 cod. civ., alla luce della lettura costituzionalmente orientata datane dal giudice delle leggi nella sentenza 23 gennaio 1975, n. 18.

Precisa quindi che il fatto controverso in relazione al quale la motivazione della Corte territoriale appare insufficiente è l’inapplicabilità dell’art. 1460 c.c., comma 2, alla materia in esame.

5 I due motivi, che si prestano a essere esaminati congiuntamente per la loro intrinseca connessione, sono privi di pregio.

La questione del rapporto tra l’art. 1901 e l’art. 1460 c.c., comma 2, è stata già risolta nella sentenza n. 13344 del 2004, e deve, pertanto, ritenersi coperta da giudicato. In tale pronuncia si legge infatti, come innanzi ricordato, che il disposto dell’art. 1460 c.c., comma 2, il quale, nei contratti con prestazioni corrispettive, non consente l’eccezione di inadempimento quando il rifiuto della prestazione sia contrario a buona fede, si applica anche alla sospensione dell’assicurazione di cui all’art. 1901 cod. civ., sospensione che costituisce una particolare applicazione dell’istituto dell’eccezione di inadempimento.

5 Di nessun ausilio è, in ogni caso, il richiamo alle argomentazioni con le quali il Giudice delle leggi nella sentenza 25 gennaio 1975, n. 18, motivò il suo giudizio di infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1901 c.c., proposta con riferimento agli artt. 3 e 41 Cost.. Ivi, invero, la Consulta, ricordato che nel contratto di assicurazione l’equilibrio tecnico ed economico non si realizza nell’ambito di ogni singolo rapporto contrattuale, ma fra l’insieme dei rischi assunti dall’assicuratore nell’esercizio della sua attività e l’insieme dei premi dovuti dai contraenti, di talchè l’assicurato, non pagando il premio, si sottrae all’obbligo di partecipare per la sua parte alla comunione dei rischi, turbando l’equilibrio e l’economia del rapporto contrattuale, ebbe ad affermare che le disposizioni dell’art. 1901 adeguano il principio generale inadempienti non est adimplendum alle peculiarità proprie del contratto di assicurazione, nel quale tra le prestazioni dell’assicurato e quelle dell’assicuratore esiste un rapporto di corrispettività e di interdipendenza.

Ma tali argomentazioni non implicano affatto l’inapplicabilità, in parte qua, della regola sancita dall’art. 1460 cod. civ., comma 2 e quindi non elidono in alcun modo la necessità che la sospensione dell’assicurazione – id est il rifiuto di adempiere – sia connotata da buona fede, in aderenza, del resto, al precetto generalissimo sancito dall’art. 1375 cod. civ., in base al quale il contratto deve essere eseguito secondo buona fede.

Non a caso la riconduzione del disposto dell’art. 1901 c.c., comma 2, nell’area normativa dell’istituto generale dell’eccezione di inadempimento, di cui all’art. 1460 cod. civ. è affermazione consolidata nella giurisprudenza di questa Corte, al pari della preclusione ad avvalersi della sospensione allorchè l’assicuratore abbia, sia pure tacitamente, manifestato la volontà di rinunciarvi, accettando senza riserve il versamento tardivo del premio, nonostante la conoscenza del pregresso verificarsi del sinistro, problematica sulla quale di qui a poco si tornerà (confr. Cass. civ. 11 giugno 2010, n. 14065; Cass. civ. 14 luglio 2009, n. 16394; Cass. civ. 19 dicembre 2006, n. 27132).

6 Con il terzo motivo l’impugnante prospetta violazione di legge e vizi motivazionali, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, relativamente alla presunta prassi di inviare, per i primi tre anni, il modulo di regolazione del premio a mezzo lettera raccomandata, prassi pretesamente disattesa nel quarto anno, con conseguente connotazione, in termini di mala fede, della dedotta sospensione della garanzia assicurativa. Nel relativo quesito di diritto si chiede alla Corte di accertare se, attraverso l’analisi degli elementi indiziari, emergenti dagli atti, possa ritenersi comunque applicabile l’art. 1460 c.c., comma 2, per l’asserita assunzione, da parte della compagnia assicuratrice, di un comportamento contrario a buona fede.

Si precisa poi che il fatto controverso, in relazione al quale la motivazione è insufficiente, è l’assunto secondo cui la società avrebbe violato il principio di buona fede, ex art. 1460 c.c., comma 2 e tanto in evidente contrasto con le emergenze processuali.

8 Le critiche sono, per certi aspetti inammissibili, per altri infondate.

Va in proposito anzitutto ricordato che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione dell’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta prevista da una disposizione, e quindi, implica necessariamente questioni interpretative, laddove l’allegazione dell’erronea ricostruzione della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa, è esterna all’ermeneutica normativa, attenendo piuttosto alle valutazioni proprie del giudice del merito, valutazioni la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione.

Ora, l’impugnante non solo non ha indicato la disposizione che, in tesi, sarebbe stata violata dalla Corte territoriale, così venendo meno agli obblighi di specificità e completezza che presiedono alla formulazione dei motivi di ricorso, ma ha prospettato come error in iudicando l’asserito malgoverno dei risultati delle prove raccolte, malgoverno denunciabile, in sede di legittimità, per quanto testè detto, solo sotto il profilo del vizio motivazionale.

9 Passando poi a scrutinare tali, pretesi vulnera, a giudizio del collegio, nessuna lacuna o incongruenza è rinvenibile nel tessuto argomentativo della sentenza impugnata. Il decidente ha invero compiutamente esplicitato le ragioni per le quali il comportamento tenuto da ******, con particolare riferimento alla sospensione della polizza per mancata regolarizzazione del premio, doveva ritenersi contrastante con il criterio della buona fede, ex art. 1460 c.c., comma 2, in un contesto in cui l’inerzia della contraente era stata verosimilmente determinata dal fatto che essa era in attesa dell’invio del modulo da parte della società assicuratrice, secondo una prassi pacificamente seguita nei rapporti tra le parti per tre anni. E tale valutazione, di stretto merito, adeguatamente motivata, esente da aporie e da contrasti disarticolanti con la piattaforma fattuale di riferimento è sottratta al sindacato di questa Corte.

10.1 Si prestano a essere esaminati insieme, in quanto intrinsecamente connessi, i successivi quattro motivi di ricorso.

Segnatamente, con il quarto l’impugnante denuncia vizi motivazionali, ex art. 360 c.p.c., n. 5, in ordine al presunto invio, a mezzo lettera raccomandata, del modulo per la regolazione del premio relativo all’ultima annualità in esame, nonchè del relativo sollecito.

Il fatto controverso e decisivo viene individuato nell’assunto del carattere meramente enunciatorio della contestazione relativa all’utilizzazione della posta raccomandata per l’invio del modulo, in quanto in contrasto con l’indicazione raccomandata contenuta sulla documentazione versata in atti da Zurigo.

10.2 Con il quinto motivo la ricorrente prospetta violazione dell’art. 1901, dell’art. 1460 c.c., comma 2, e vizi motivazionali, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Le critiche hanno ancora una volta ad oggetto la presunta prassi della società assicuratrice di inviare il modulo della regolazione del premio, per i primi tre anni, a mezzo raccomandata, prassi pretesamente disattesa nel quarto. Sostiene per contro l’esponente che l’invio del modulo era sempre avvenuto per posta ordinaria, di talchè nessuna interruzione di prassi vi era mai stata.

Nel relativo quesito di diritto si chiede quindi alla Corte di accertare l’impossibilità di configurare un comportamento contrario a buona fede, ex art. 1460 c.c., comma 2, nel rifiuto della prestazione della garanzia assicurativa, per mancata trasmissione, ex art. 1901 cod. civ., dei dati necessari alla quantificazione del premio variabile, non essendo mai invalsa, nei rapporti tra le parti, la prassi dell’invio del modulo di regolazione del premio a mezzo raccomandata e non sussistendo, conseguentemente, la prova del suo preteso abbandono nei rapporti tra cliente e agenzia.

Il fatto controverso in relazione al quale la motivazione sarebbe del tutto insufficiente viene individuato nell’invio con posta ordinaria, piuttosto che con raccomandata, dei moduli per la regolazione del premio.

10.3 Con il sesto motivo, denunciando violazione dell’art. 1901 c.c., dell’art. 1460 c.c., comma 2, artt. 2727, 2729 e 2697 cod. civ., artt. 214 e 215 cod. proc. civ., ex art. 360 c.p.c., n. 3, l’impugnante censura l’affermazione della Corte d’appello secondo cui la società assicuratrice avrebbe dovuto disconoscere il modulo di regolazione del premio, nella parte in cui se ne indicava la spedizione a mezzo lettera raccomandata, e tanto in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, ferma nell’escludere che i documenti provenienti da terzi siano soggetti alla disciplina sostanziale di cui all’art. 2702 cod. civ., e a quella processuale, di cui all’art. 214 cod. proc. civ..

Nel relativo quesito di diritto si chiede alla Corte di accertare che il modulo prestampato inviato da ******** & C. Assicurazioni s.r.l. recante la dicitura raccomandata, non poteva essere disconosciuto dalla società assicuratrice.

10.4 Con il settimo mezzo la ricorrente prospetta violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., nonchè vizi motivazionali, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per avere il giudice di merito erroneamente valutato gli elementi probatori in atti, elementi che imponevano di ritenere, attraverso il ricorso a indizi e presunzioni, che la società assicuratrice aveva sempre inviato all’assicurata i moduli per la regolazione del premio a mezzo posta ordinaria e non per raccomandata.

Nel quesito di diritto si chiede alla Corte di accertare l’insufficienza dell’apposizione della dicitura raccomandata a dimostrare l’utilizzazione di tale strumento di invio della corrispondenza, in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti deponenti per l’utilizzo della posta ordinaria. Si assume poi che il fatto controverso in relazione al quale la motivazione sarebbe insufficiente, è l’omessa analisi dei medesimi indizi, in ordine all’utilizzo della posta ordinaria.

11. Le critiche non hanno fondamento per le ragioni che seguono. Esse sono invero assolutamente eccentriche rispetto alla ratio decidendi del provvedimento impugnato, posto che la scelta decisoria del giudice a quo è incentrata non già sull’esistenza o meno di una prassi di inoltro dei moduli per l’acquisizione dei dati relativi all’ammontare delle retribuzioni corrisposte dalla contraente ai suoi dipendenti per lettera raccomandata, piuttosto che per posta ordinaria, quanto sulla spettanza alla società assicuratrice dell’onere di dimostrare di avere trasmesso (con qualsiasi mezzo) alla controparte il formulario la cui compilazione avrebbe permesso la definitiva regolazione del premio. Non a caso il nodo delle argomentazioni svolte, in parte qua, dal decidente, è l’affermazione che, non essendo le missive prodotte dalla convenuta (…) accompagnate da ricevuta di ritorno o da altro riscontro inerente all’invio e alla ricezione del modulo, con eventuali diverse modalità, doveva escludersi che la ricorrente lo avesse ricevuto.

12 Peraltro le affermazioni della Corte territoriale in punto di distribuzione dell’onere della prova – neppure contestate dall’impugnante – sono assolutamente corrette, non potendosi dubitare che spettasse alla società assicuratrice dimostrare di avere trasmesso il questionario, e non alla stipulante provare di non averlo ricevuto.

Non è superfluo aggiungere, per completezza, che il richiamo al mancato disconoscimento del termine raccomandata non ha alcuna valenza tecnica, essendo chiaramente avulso da qualsivoglia riferimento agli istituti di cui all’art. 2702 cod. civ. e all’art. 214 cod. proc. civ. e volto semmai a stigmatizzare l’estrema fumosità della linea difensiva della società assicuratrice.

13.1 Con l’ottavo motivo vengono denunciati vizi motivazionali, ex art. 360 c.p.c., n. 5, con riferimento alla presunta accettazione, senza riserve del pagamento tardivo.

Il fatto controverso e decisivo in relazione al quale si assume l’insufficienza della motivazione viene individuato nella comunicazione, da parte della convenuta, delle contestazioni relative all’operatività della polizza, con riferimento all’infortunio mortale occorso al G., in costanza di sospensione della garanzia, non potendosi conseguentemente affermare che vi fu accettazione del pagamento tardivo del premio, senza la formulazione di riserve.

13.2 Con il nono motivo, lamentando violazione dell’art. 1460 c.c., comma 2, artt. 1901 e 2697 cod. civ., nonchè vizi motivazionali, la ricorrente contesta la valutazione in termini di rinuncia ad avvalersi della sospensione della garanzia assicurativa dell’accettazione del pagamento tardivo del premio, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità che, per l’enucleabilità della rinuncia, esige la ricorrenza di una pluralità di elementi indiziari.

Nel quesito di diritto si chiede alla Corte di accertare se l’accettazione del pagamento tardivo del premio, possa, isolatamente considerata, costituire rinuncia ad avvalersi della sospensione.

Il fatto controverso e decisivo in relazione al quale la motivazione sarebbe insufficiente viene invece individuato nella valutazione in termini di implicita rinuncia ad avvalersi della sospensione, dell’accettazione del pagamento tardivo del premio.

13.3 Con il decimo motivo, prospettando violazione dell’art. 1901 c.c., comma 3, la ricorrente critica la valenza attribuita all’accettazione del pagamento tardivo, assumendone il contrasto con il disposto della predetta norma.

Nel relativo quesito di diritto si chiede di accertare se l’accettazione del pagamento tardivo del premio, pur dopo la conoscenza del sinistro, occorso in costanza di sospensione della garanzia assicurativa, sia inquadrabile nell’art. 1901 c.c., comma 3.

14 I tre motivi, che si prestano a essere esaminati congiuntamente, in quanto intrinsecamente connessi, hanno ad oggetto l’affermazione del giudice di merito secondo cui la società assicuratrice, accettando senza riserve il pagamento tardivo del premio, aveva posto in essere un comportamento incompatibile con la volontà di avvalersi della sospensione. Ora, il carattere di autonoma ratio decidendi del provvedimento impugnato che all’evidenza riveste siffatto rilievo, consentirebbe di ritenere assorbite le censure ad esso relative, stante la già ritenuta infondatezza di quelle volte a contestare l’alternativa e concorrente valutazione in termini di contrarietà a buona fede del comportamento della società assicuratrice e dunque l’inoperatività della sospensione della garanzia, ai sensi del comb. disp. dell’art. 1460 c.c., comma 2, e art. 1901 cod. civ..

Non sembra tuttavia superfluo aggiungere, per spirito di completezza, che, in ogni caso, l’apprezzamento dell’accettazione senza riserve del pagamento tardivo del premio come rinuncia implicita ad eccepire la sospensione è valutazione di stretto merito adeguatamente motivata, per giunta conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte Regolatrice (confr. Cass. civ. 19 dicembre 2006, n. 27132; Cass. civ. 19 luglio 2004, 1344). Il relativo apprezzamento è pertanto incensurabile in sede di legittimità.

Il ricorso è respinto.

Segue la condanna della ricorrente asl pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 20.200,00 (di cui Euro 200 per esborsi), oltre IVA e CPA, come per legge.

Redazione