Contratti e obbligazioni – Pagamento onorario professionale e decreto ingiuntivo (Cass. n. 10586/2012)

Redazione 25/06/12
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Svolgimento del processo Il Condominio di (omissis), con citazione notificata il 6.10.94. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale gli era stato ingiunto il pagamento, in favore del ricorrente ing. D.L.A., della somma di L. 15.860.000 a titolo di onorario per le prestazioni professionali da lui rese in favore dello stesso Condominio, come da parcella del 7.6.94 liquidata dai suo ordine professionale. A sostegno dell’opposizione deduceva il Condominio ricorrente che la somma pretesa era eccessiva ed infondata in quanto l’ing. D.L. in precedenza, in data 8.9.93, aveva chiesto per l’opera professionale prestata, la minor somma di L. 2.8884.609 oltre spese ed oneri di legge (ed il condominio aveva accettata senza riserve la relativa parcella. Concludeva pertanto chiedendo la revoca del decreto opposto e dichiararsi infondata la pretesa creditoria azionata.

Si costituiva in giudizio l’ing. D.L. chiedendo il rigetto dell’opposizione, rilevando che in data 8.9.93 egli si era solo limitato a formulare una proposta che non corrispondeva alle tariffe professionali e che, rimasta la stessa priva di qualsiasi riscontro, si era poi deciso a chiedere il provvedimento monitorio, previo ricorso al proprio ordine professionale per la liquidazione degli onorari secondo tariffa.

Nelle more del giudizio, il condominio opponente provvedeva al pagamento della somma di L. 3.173.070, accettata dal professionista che emetteva la fattura n. (omissis).

L’adito tribunale di Roma, con sentenza depositata in data 26.3.02 revocava il decreto opposto e condannava il condominio al pagamento dei soli interessi di cui alla specifica del 8.9.93, ritenendo che l’accettazione dell’indicata somma da parte del professionista era avvenuta a saldo e non quale acconto sul maggiore avere, in quanto il tenore letterale della predetta fattura era tale da farla ritenere come “fattura finale”. Avverso a suddetta sentenza il D.L. proponeva appello, rilevando che dalla lettera che accompagnava la predetta fattura n. (omissis) indirizzata ai condominio, era chiaro che la somma in questione era stata da lui accettata solo a titolo d’acconto, essendo peraltro inesistente, perchè mai avvenuta, una qualsiasi transazione al riguardo. Si costituiva il condominio appellato chiedendo il rigetto dell’appello, insistendo in specie sul fatto che l’originaria proposta del professionista era stata in ogni caso accettata da esso condominio e che la richiesta di liquidazione all’ordine professionale era stata avanzata da lui solo ad accordo perfezionato.

L’adita Corte d’Appello di Roma, con la decisione n. 4898/05 depos.

in data 15.11.2005, ricettava l’appello, condannando l’appellante al pagamento delle spese processuali. La corte capitolina, aderendo alla tesi prospettata dal condominio, ribadiva che l’ing. D.L. non aveva diritto di pretendere il compenso in base alla notula liquidata dal suo ordine professionale per lire 15.860.000, avendo egli medesimo proposto e richiesto il minor compenso di L. 3.173.00 con la sua precedente nota, che era stata accetta dal citato condominio.

Avverso la predetta pronuncia l’ing. D.L. ricorre per cassazione sulla base di 2 mezzi; il condominio resiste con controricorso, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c.. La causa è quindi pervenuta all’odierna udienza da un precedente rinvio a n.r.

onde consentire l’eventuale l’autorizzazione dell’assemblea condominale all’amministratore per la proposizione del presente ricorso per cassazione, avuto riguardo alla sentenza delle SU n. 18331/2010.

Motivi della decisione

Con il 1 motivo il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto. Sostiene che con riferimento alla 1^ proposta di L. 3.173.000 era mancata l’accettazione da parte del condominio, che non aveva dato alcuna risposta alla propria missiva dell’8.9.93, proposta che quindi ben poteva poi essere revocata.

Infatti solo molto tempo dopo egli si induceva a richiedere al tribunale l’emissione del decreto ingiuntivo sulla base della parcella così come liquidata dall’ordine degli ingegneri di Roma.

Tale somma veniva pagata infatti solo dopo l’instaurazione del giudizio di opposizione al provvedimento monitorio. Infine non vi era stata alcuna transazione che tra l’altro avrebbe dovuto avere forma scritta.

Con il 2 motivo: l’esponente denuncia il vizio di motivazione: la Corte capitolina non ha motivato in alcun modo la propria affermazione secondo la quale la sua proposta era stata accettata dal condominio nè ha indicato (in quanto inesistente) in base a quale documento tale proposta era stata accettata dal condominio.

Entrambe le doglianze – congiuntamente esaminate in quanto connesse – sono fondale.

L’ing. D.L. con la ricordata lettera dell’8.9.1993 formulava al Condominio la seguente proposta: “faccio seguito al colloquio con l’avv. V. … per spedirLe la specifica dei miei onorari in modo che lei possa portarla all’approvazione della prossima, imminente assemblea e poi provvedere al suo pagamento. Faccio notare che, nell’ottica di una soluzione bonaria del problema, ho preso a base dei miei conteggi un importo dei lavori molto contenuto e cosi per altre voci facenti parte della specifica stessa.

Cordiali saluti”.

Tanto premesso, secondo questa S.C. “l’invio ai cliente, da parte del professionista, della parcella per le prestazioni svolte produce effetto, ai sensi dell’art. 1334 c.c. allorchè perviene al destinatario il quale, a meno che non sia stata redatta conformemente ad un precedente accordo tra le parti, può accettarla o rifiutarla.

Pertanto spetta al giudice di merito accertare se il pagamento della somma richiesta con la prima parcella non sia liberatorio perchè effettuato dopo l’arrivo di una seconda parcella, implicante la revoca di quella proposta anteriormente (Cass. n. 15376 del 01/12/2000). Nel caso in esame la prima parcella (di L. 3.173.070) è stata pagata dal condominio ben 15 mesi dopo il suo invio, per giunta dopo il radicarsi del giudizio di opposizione al provvedimento monitorio. Non v’è dubbio dunque che l’ing. D.L., atteso il lungo tempo trascorso ed il mancato riscontro della sua proposta da parte del Condominio, si sia ritenuto legittimamente autorizzato a revocare la proposta stessa ed a sollecitare dal giudice il provvedimento monitorio poi opposto. A questo punto il pagamento della 1^ parcella da parte del Condominio dopo 15 mesi dalla sua richiesta, non sembra che possa configurare come accettazione della proposta iniziale, in assenza di una qualsiasi prova circa la conclusione della transazione adombrata dal Condominio.

Il ricorso dev’essere dunque accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, e rinvio della causa anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e rinvia la causa anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.

Redazione