Consulenti tecnici d’ufficio: criteri di liquidazione dei compensi (Cass. n. 20116/2013)

Redazione 02/09/13
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Svolgimento del processo

Nella causa civile iscritta al N.R.G. 14770/02, promossa dinanzi al Tribunale di Bologna, dal sig. P.G. nei confronti della Cassa di Risparmio in Bologna S.p.a., il designato giudice istruttore aveva disposto consulenza tecnica in materia contabile, nominando c.t.u. il dr. M.G., a cui favore, con decreto del 13 aprile 2006, aveva liquidato la somma di Euro 4.896,53 per n. 600 vacazioni ed Euro 299,27 per spese, ponendo provvisoriamente il relativo onere economico a carico del predetto attore. Nella stessa causa era intervenuta la San Paolo IMI S.p.a., ottenendo l’estromissione dell’originaria convenuta, di cui, nel frattempo, aveva acquisito parte del complesso aziendale.

Con atto del 15/17 maggio 2006 il sig. P. proponeva opposizione avverso detto decreto di liquidazione, chiedendo la rideterminazione delle spese e degli onorari, sull’assunto che la liquidazione degli onorari avrebbe dovuto essere operata con il metodo “a percentuale”, di cui al D.P.R. n. 352 del 1988, art. 2, anzichè con quello “a vacazioni”, applicato dal giudice. Radicatosi il contraddittorio, il Tribunale di Bologna, con ordinanza depositata il 1 febbraio 2007, recependo integralmente l’assunto dell’opponente, riduceva la somma spettante per onorario da Euro 4.896,53 ad Euro 1.900.00, confermando la liquidazione di Euro 299,27 per le spese.

Avverso detta ordinanza, il sig. P.G. ha proposto ricorso straordinario per Cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, articolato in un unico motivo. La s.p.a. Intesa San Paolo e il sig. M.G. hanno resistito con controricorso;

quest’ultimo ha formulato, altresì, ricorso incidentale, riferito ad un solo motivo.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo dedotto il ricorrente principale ha denunciato la violazione degli artt. 91 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 bis c.p.c., formulando, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., il seguente quesito di diritto (“ratione temporis” applicabile alla fattispecie in esame, risultando l’ordinanza impugnata, depositata il 1 febbraio 2007): “se l’art. 91 c.p.c., secondo il quale il giudice, con la sentenza che chiude il processo, condanna la parte soccombente al pagamento delle spese, sia applicabile in relazione all’ordinanza con cui il Tribunale decide sull’opposizione avverso il decreto di liquidazione del compenso al c.t.u.”.

2. Con il proposto motivo del ricorso incidentale il M. G. ha prospettato la violazione della L. n. 319 del 1980, art. 4, del D.P.R. n. 352 del 1988, artt. 1 e 2 e dell’art. 9 c.p.c., comma 2, art. 10 c.p.c., comma 1 e art. 14 c.p.c., comma 1, il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, formulando, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., il seguente quesito di diritto: “dica la S.C. se in tema di liquidazione del compenso al consulente tecnico d’ufficio, la determinazione del valore della causa, ai fini dell’applicazione dei criteri previsti dal D.P.R. n. 352 del 1988, costituisca in ogni caso un accertamento preliminare da effettuarsi a norma del codice di procedura civile, con la conseguenza che, in mancanza di concreti ed attendibili elementi per la stima precostituiti e disponibili fin dall’introduzione del giudizio, la causa deve ritenersi di valore indeterminabile e il giudice dovrà effettuare la liquidazione mediante il sistema delle vacazioni”.

3. Rileva il collegio che si profila pregiudiziale esaminare per primo il motivo di ricorso incidentale, che attiene alla confutazione del criterio di liquidazione dei compensi applicato con l’ordinanza impugnata.

Esso è fondato e deve, perciò, essere accolto per le ragioni che seguono. Il Tribunale felsineo, con l’ordinanza in questa sede impugnata, ha ritenuto che – vertendosi in tema di consulenza contabile – il compenso del nominato c.t.u. dovesse essere liquidato in base al parametro indicato dall’art. 2 delle tabelle allegate al D.M. Giustizia 30 maggio 2002, ovvero “a percentuale calcolato per scaglioni”, assumendo come criterio di riferimento l’onorario relativo a ciascuno dei distinti rapporti oggetto di accertamento, senza, tuttavia, considerare (non risultando, dal provvedimento oggetto del ricorso, alcun riferimento in proposito) quale fosse il valore della controversia da computare – valutabile come necessario presupposto oggettivamente rilevante – in funzione dell’applicazione della suddetta modalità di liquidazione.

In particolare, il giudice dell’opposizione avverso il decreto di liquidazione non aveva tenuto conto che l’incarico conferito al c.t.u. investiva l’intero ammontare di plurimi contratti di apertura di credito, senza che, peraltro, fossero stati indicati, nell’atto introduttivo del giudizio, i periodi di fruizione del fido, nè, tanto meno, la sua entità di utilizzo ed i tassi applicati, con la conseguenza che il valore della controversia – in difetti di idonei elementi allo scopo appositamente evincibili dall’atto di citazione ed in considerazione della pluralità dei rapporti contabili da esaminare (al fine della determinazione delle somme, non limitate nel “quantum”, da restituire in favore del P., ritenute ingiustificatamente addebitategli e riscosse, oltre interessi rivalutazione, richieste, peraltro, congiuntamente al risarcimento di un prospettato “danno esistenziale”, computato nella misura di Euro 70.000,00) – non poteva che essere qualificato indeterminabile.

Pertanto, nel caso di specie, avrebbe dovuto trovare applicazione il criterio residuale previsto nell’art. 1 delle suddette tabelle allegate al D.M. 30 maggio 2002, ponente riferimento al sistema delle vacazioni, e non, quindi, quello “a percentuale”, proprio in dipendenza della indeterminabilità del valore della controversia.

Del resto, la stessa giurisprudenza di questa Corte (cfr, ad es., Cass. n. 17333 del 2009) ha stabilito che, nel sistema di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 ed ai sensi dell’art. 2 delle tabelle allegate al citato D.M. 30 maggio 2002, in materia di compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori, al consulente tecnico in materia contabile spetta – di norma – un onorario a percentuale calcolato per scaglioni, rilevandosi, tuttavia, l’applicabilità del criterio residuale – previsto dall’art. 1 delle medesime tabelle – di commisurare l’onorario, ove non sia possibile determinare il valore della controversia, al tempo necessario per lo svolgimento dell’incarico (come, in effetti, aveva legittimamente ritenuto il giudice istruttore che aveva liquidato il compenso al c.t.u.).

4. In definitiva, alla stregua delle ragioni esposte, deve essere accolto il motivo dedotto con il ricorso incidentale, da cui deriva l’assorbimento della censura prospettata con il ricorso principale (attinente alla mancata pronuncia sulle spese all’esito del procedimento di opposizione), con la conseguente cassazione dell’ordinanza impugnata ed il rinvio del procedimento al Tribunale di Bologna (in composizione monocratica), in persona di altro magistrato, che si conformerà al principio di diritto precedentemente riportato e provvedere a regolare anche le spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso incidentale e dichiara assorbito il ricorso principale; cassa l’ordinanza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Bologna, in composizione monocratica, in persona di altro magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione civile, il 12 giugno 2013.

Redazione