Congruità dell’offerta, suo parametro di valutazione e obbligo di indicazione delle parti di servizio da eseguire

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La giurisprudenza amministrativa è costante nel ritenere che i valori del costo del lavoro, risultanti dalle tabelle ministeriali, costituiscono un semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che l’eventuale scostamento delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle ministeriali non legittima di per sé un giudizio di anomalia o di incongruità, occorrendo, perché possa dubitarsi della sua congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata (v., inter multas, Cons. St., sez. III, 9 dicembre 2015, n. 5597, Cons. St., sez. V, 31 marzo 2017, n. 1495).

La divergenza tra i costi tabellari e quelli aziendali è dovuta al fatto che le tabelle ministeriali, nella loro valutazione statistica, non considerano l’effetto delle diverse tipologie di assenza sul costo a carico delle singole imprese per talune specifiche prestazioni.

Se per alcune tipologie di assenza (ferie/festività/permessi sindacali, etc.) le imprese sostengono interamente il costo del personale assente, infatti, lo stesso non può dirsi per le assenze dovute a malattia, infortunio, maternità, in parte “coperte” dall’INPS e dall’INAIL. Per le malattie e l’infortunio le imprese sostengono l’intero costo del lavoratore assente solo nei primi tre giorni di assenza (c.d. giorni di carenza), in quanto già a partire dal quarto giorno l’INPS o l’INAIL partecipano in quota crescente alla retribuzione del lavoratore assente. A tali quote di integrazione fa espresso riferimento, e rinvio, anche l’art. 51 del CCNL Imprese esercenti servizi di pulizia e servizî integrati/multiservizi.

Ne discende che ben può ritenersi ragionevole una riduzione del costo del personale e uno scostamento dalle tabelle ministeriali appare allorquando esso appaia ben documentato e ampiamente giustificato.

Analoghe considerazioni possono svolgersi anche con riferimento al caso della maternità, sia per il congedo obbligatorio che per quello facoltativo, atteso che il CCNL di riferimento non prevede per il personale con qualifica di operaio alcun trattamento integrativo a carico dell’azienda. Nello specifico, infatti, l’azienda anticipa per conto dell’Istituto la retribuzione alla lavoratrice assente per maternità e pone, poi, la stessa somma a credito nei flussi mensili verso l’INPS. La maternità è, del resto, un evento di assenza ben noto e doverosamente tutelato soprattutto nel comparto delle pulizie, connotato dalla presenza di personale in prevalenza femminile per il quale il congedo obbligatorio è di norma preceduto dall’interdizione anticipata dal lavoro, anch’essa avente il medesimo trattamento economico del congedo obbligatorio, connessa ai rischi specifici della mansione, derivanti dalla stazione eretta prolungata per tutto il turno di lavoro, dai pericoli di posture non adeguate e affaticanti, dai rischi di caduta per scivolamento/inciampo.

 Possono assumere rilievo, in termini di valutazione della congruità dell’offerta, anche gli accordi con le OO.SS. preordinati alla istituzione di una squadra di lavoratori che volontariamente rendano le prestazioni in regime supplementare, soprattutto allorquando gli stessi disciplinino, altresì, i profili retributivi connessi a tali prestazioni, precisando che la maggiorazione di cui al CCNL è comprensiva dell’incidenza di ogni altro istituto retributivo contrattuale e di legge, diretto e indiretto, compreso il TFR.

La giurisprudenza, a partire dalla sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 28 aprile 2014, n. 27, ha affermato che in caso di appalto di servizî sussiste l’obbligo, per le imprese raggruppate, di indicare le parti del servizio o della fornitura facenti capo a ciascuna di esse, posto che ognuna va qualificata per la parte di prestazioni che s’impegna ad eseguire, nel rispetto delle speciali prescrizioni e modalità contenute nella normativa di gara (cfr. Cons. St., sez. V, 26 luglio 2017, n. 3679, Cons. St., Sez. V, 22 agosto 2016, n. 3666; Cons. St., sez. V, 25 febbraio 2016, n. 786). D’altra parte, una dissociazione tra requisiti di qualificazione (che individuano la capacità imprenditoriale dell’operatore economico) e le quote di esecuzione dei servizi da affidare, renderebbe inutile la fissazione da parte delle leggi, dei regolamenti e dei bandi di gara degli stessi requisiti di qualificazione.

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Avv. Biamonte Alessandro

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