Cause di esclusione inespresse e non sanzionabilità delle omissioni dichiarative nelle procedure di evidenza pubblica

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SOMMARIO: 1. Brevi spunti introduttivi sul caso in rassegna; 2. Ambito applicativo dell’art. 80, co. 5, d.lgs. n. 50/2016 e profili di discrezionalità accordati alle stazioni appaltanti; 3. Segue: l’Adunanza Plenaria n. 16/2020 sulla diversa “attitudine espulsiva” delle ipotesi di omissione e di falso dichiarativo di cui alla lett. c-bis); 4. Applicazione al caso di specie: l’ipotesi di omessa dichiarazione del fallimento di società terze; 5. Obblighi di previa informazione dei concorrenti in sede di redazione della documentazione di gara alla luce dei principi espressi dalla Corte di Giustizia UE con sentenza del 14 gennaio 2021.

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1. Brevi spunti introduttivi sul caso in rassegna

La sentenza in epigrafe arricchisce il patrimonio di decisioni con cui il Consiglio di Stato sviluppa il tema delle cause escludenti e dei correlati oneri dichiarativi a carico dei partecipanti alle gare pubbliche, fornendo all’interprete lauti spunti di riflessione in seno ad uno dei settori maggiormente instabili, dal punto di vista normativo e giurisprudenziale, nel diritto amministrativo. Il punto nevralgico della questione rimessa allo scrutinio dei giudici di Palazzo Spada inerisce all’omessa dichiarazione da parte del concorrente – vincitore di una procedura finalizzata all’affidamento di servizi manutentivi – in merito alla circostanza che il presidente del relativo consiglio di amministrazione e legale rappresentante avesse in passato già ricoperto identici ruoli all’interno di società dichiarate fallite.

Adita dalla società, seconda classificata, per la riforma del provvedimento di reiezione reso in primo grado dal T.R.G.A., sezione autonoma di Bolzano, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha escluso che, in mancanza di espressa previsione rinvenibile nella lex specialis in ordine alla presunta causa di esclusione invocata dalla ricorrente, potesse dirsi integrata alcuna delle fattispecie disciplinate ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettere b), c), c-bis) ed f-bis), d.lgs. n. 50/2016.

2. Ambito applicativo dell’art. 80, co. 5, d.lgs. n. 50/2016 e profili di discrezionalità accordati alle stazioni appaltanti

Il resoconto della vicenda processuale, seppur declinato in poche righe, è frutto di una travagliata elaborazione giurisprudenziale che impone di volgere più approfonditamente lo sguardo verso lo studio di taluni aspetti concernenti la regolamentazione delle procedure di gara. In via generale, l’analisi esige di essere contestualizzata alla luce della normativa in materia di contratti pubblici. Com’è noto, il criterio che informa tutta la disciplina dell’evidenza pubblica, permeando di sé l’intera procedura, a principiare dalla fase di programmazione e indizione della gara sino al termine della stessa, è il principio di massima trasparenza, avente la funzione di favorire la par condicio dei concorrenti. Per quanto qui specificamente rileva, è d’uopo soffermarsi in particolar modo sulla portata dei requisiti soggettivi che legittimano le imprese a partecipare alla procedura competitiva[1] e, di riflesso, sul contraltare negativo identificato nei c.d. “motivi di esclusione”. In particolare, questi ultimi traggono il proprio referente normativo nel sopra cennato articolo 80[2] che, al comma 5, ripone l’enfasi su un insieme di condotte, tra le quali figurano fattispecie attenzionate dal legislatore in chiave di “grave illecito professionale” (lett. c). Sebbene risulti ormai assodato che, secondo una lettura graniticamente e strenuamente condivisa dalla giurisprudenza[3], la disposizione de qua non andrebbe a tipizzare un elenco chiuso di illeciti, disegnando invero una fattispecie avente natura meramente esemplificativa[4], sogliono tuttavia ricondursi al novero degli inadempimenti rilevanti ex art. 80, co. 5, quelle sole condotte che, in concreto, abbiano spiegato una rilevanza tale da intaccare l’integrità morale del concorrente, minando il carattere fiduciario del rapporto da questi intrattenuto con la stazione appaltante. Pertanto, a fronte della connotazione tendenzialmente aperta della norma in questione[5], atteggiantesi alla stregua di una vera e propria clausola residuale e di chiusura, all’Amministrazione spetta l’esercizio di una potestas discrezionale che, tuttavia, trova compiuta esplicazione soltanto entro gli spazi d’azione concessi, in ossequio ai valori costituzionali di imparzialità e buon andamento, dai principi di ragionevolezza, proporzionalità e parità di trattamento[6].

3. Segue: l’Adunanza Plenaria n. 16/2020 sulla diversa “attitudine espulsiva” delle ipotesi di omissione e di falso dichiarativo di cui alla lett. c-bis)

Chiariti detti aspetti preliminari, nel caso in esame il Collegio si è ritrovato a fare i conti – come supra accennato –  con il contegno (asseritamente) reticente e fuorviante della società aggiudicataria dell’appalto, avvantaggiatasi, a detta della ricorrente, del fatto di aver sottaciuto, in sede di partecipazione alla gara, l’esistenza di circostanze che, laddove debitamente portate a conoscenza della stazione appaltante, avrebbero inciso sul processo decisionale di quest’ultima. Stando sempre alle argomentazioni addotte a suffragio del ricorso, una siffatta omissione avrebbe difatti alterato il corretto ed imparziale svolgimento della procedura concorsuale, condizionandone gli esiti e fornendo congrua giustificazione alla richiesta della ricorrente, seconda classificata, di vedersi affidato l’appalto. Più precisamente, sulla scorta delle suesposte considerazioni, la società ricorrente ha dedotto la violazione della disciplina in materia di motivi di esclusione sub co. 5, invocando le ipotesi descritte alle lettere b), c) e f-bis), in merito alla cui fondatezza si dirà infra, e sollevando ulteriori censure, con riguardo alla previsione di cui lettera c-bis), dichiarate tuttavia inammissibili dal G.A. in quanto non dedotte nel ricorso di primo grado[7]. Prima di addentrarsi nel merito del ragionamento condotto da Palazzo Spada, mette conto soffermarsi preliminarmente sulla diversità ed autonomia delle singole ipotesi ostative alla partecipazione alla gara, dando atto dei rapporti intercorrenti tra le stesse. Sul punto, il Massimo Consesso della giustizia amministrativa, in una recentissima sentenza tra l’altro ripresa dalla pronuncia emarginata in epigrafe[8], ha già evidenziato che la lett. c-bis) rispecchia l’intenzione del legislatore di delineare, all’interno della complessiva economia degli obblighi dichiarativi facenti capo all’operatore, tre fattispecie tra loro distinte[9], com’è d’altronde evincibile dalla scelta di farne menzione tramite l’utilizzo di una disgiuntiva. Pertanto, si è posta in risalto l’esigenza di considerare separatamente le ipotesi di falsità ed omissioni. Mentre, da un lato, le dichiarazioni omesse rilevano «in quanto abbiano inciso, in concreto, sulla correttezza del procedimento decisionale», quelle propriamente false rilevano in quanto tali. Congiuntamente a tali fattispecie il Codice considera altresì le dichiarazioni c.d. “fuorvianti”, le quali per contro rilevano «nella loro attitudine decettiva, di “influenza indebita”». Tanto premesso, l’Adunanza Plenaria ha specificato che soltanto la falsità dichiarativa – che «costituisce frutto del mero apprezzamento di un dato di realtà, cioè di una situazione fattuale per la quale possa alternativamente porsi l’alternativa logica vero/falso, accertabile automaticamente» – presenta un’attitudine espulsiva automatica e potenzialmente ultrattiva[10] mentre, al contrario, la dichiarazione mancante «non potrebbe essere apprezzata in quanto tale ma solo con valutazione nel caso concreto, in relazione alle circostanze taciute, nella prospettiva della loro idoneità a dimostrare l’inaffidabilità del concorrente»[11]. In altri termini, l’Alto consesso ha in questo modo ribadito che soltanto il falso dichiarativo è suscettibile di realizzare gli effetti di un automatismo espulsivo dalla gara pubblica. A quanto riferito, si aggiunga ancora che l’ipotesi relativa alle “informazioni false o fuorvianti”, per come tratteggiata dalla lett. c-bis), pur sovrapponendosi in parte al falso dichiarativo (o documentale) di cui alla lettera f-bis), restituisce all’interprete un elemento specializzante, rintracciabile nella idoneità delle prime a «influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione della stazione appaltante». Alla stregua di quanto sin qui osservato deve ritenersi che, ai fini della esclusione dalla procedura, non è perciò sufficiente che l’informazione sia falsa ma anche che la stessa sia diretta ed in grado di sviare l’amministrazione nell’adozione dei provvedimenti concernenti la procedura evidenziale[12].

4. Applicazione al caso di specie: l’ipotesi di omessa dichiarazione del fallimento di società terze

Relativamente all’omessa ostensione della circostanza del fallimento di società di capitali terze ed aventi in comune con la partecipante all’appalto la figura di un amministratore e legale rappresentante, trattasi, all’evidenza, di una fattispecie escludente ad applicazione non automatica, giacché presupponente il necessario svolgimento di apposite valutazioni da parte della stazione appaltante. Scendendo nel merito delle questioni deferite alla terza sezione, il Consiglio di Stato, anzitutto, esclude la fondatezza della censura basata sui motivi di cui alla lett. b), non vertendosi – in antitesi con la voluntas legis – in ipotesi di diretto assoggettamento alle procedure fallimentari della società aggiudicataria né del suo amministratore o legale rappresentante. Andando oltre, il Collegio trae insegnamento dalle statuizioni rese da A.P. n. 16/2020 e, facendo applicazione dei principi ivi espressi al caso di specie, afferma l’inconfigurabilità della causa escludente costituita dell’asserita presentazione di documentazione o dichiarazioni non veritiere, di cui alla lettera f-bis) del citato comma 5. A supporto dell’addotta conclusione milita la ritenuta irrilevanza e non significatività, nel quadro informativo rimesso alle valutazioni della P.A., della semplice circostanza di rivestire la qualifica di amministratore, legale rappresentante e/o socio di una società di capitali dichiarata fallita, terza ed estranea alla procedura di evidenza pubblica. Analoghe considerazioni valgono a fondare la pronuncia di insussistenza delle ulteriori cause facoltative di esclusione di cui alle lettere c) e c-bis). Al riguardo, come anticipato in premessa, le condotte elevabili a “gravi illeciti professionali”, ivi comprese le fattispecie regolate dalla lettera c-bis) e suscettibili di condurre all’esclusione del partecipante alla gara, sottendono un concetto giuridico non predeterminato dalla legge e soltanto inferibile a posteriori dalla stazione appaltante.  In questo senso, l’opzione sanzionatoria sarebbe percorribile in quanto si possa ravvisare «una situazione che in modo manifesto ed evidente sia idonea ad incidere sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, della quale quest’ultimo avrebbe dovuto ritenersi consapevole e rispetto alla quale non fosse configurabile un’esclusione ‘a sorpresa’ a carico dello stesso». Situazione che – sempre ad avviso del Consiglio di Stato – sarebbe apparsa configurabile nella diversa ipotesi in cui il fallimento fosse stato esteso ai soci, ovvero in caso di avvio di procedimenti penali o lato sensu sanzionatori o di azioni di responsabilità a carico dell’amministratore, ora presidente del C.d.A. della società aggiudicataria dell’appalto. Per tutte le esposte ragioni, il Consiglio di Stato dichiara l’inidoneità della condotta a far scattare la sanzione espulsiva.

5. Obblighi di previa informazione dei concorrenti in sede di redazione della documentazione di gara alla luce dei principi espressi dalla Corte di Giustizia UE con sentenza del 14 gennaio 2021

Nel rigettare i motivi di ricorso di cui sopra, il Consiglio di Stato richiama inoltre un recentissimo arresto della Corte di Giustizia dell’Unione Europea pronunciatasi, con sentenza del 14 gennaio 2021, in merito alla causa C-387/19, sui motivi di esclusione facoltativi di cui all’art. 57, par. 4[13], della direttiva 2014/24 UE[14] e sull’onere a carico dell’operatore economico di fornire spontaneamente prova della sua affidabilità, tramite un meccanismo di ravvedimento operoso (c.d. self-cleaning). A questo proposito – osservano i Giudici di Lussemburgo – è indispensabile che un siffatto obbligo sia stato previsto «in modo chiaro, preciso e univoco nella normativa nazionale applicabile e sia portato a conoscenza dell’operatore economico interessato mediante i documenti di gara»[15]. Più in generale, nella stessa sentenza la CGUE ricorda che, in forza del principio di trasparenza, «tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione devono essere formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, così da permettere a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l’esatta portata e di interpretarle allo stesso modo»[16]. In definitiva, recependo le richiamate indicazioni di fonte unionale, il Consiglio di Stato osserva che le cause facoltative di cui alle lettere c) e c-bis) possano venire in rilievo alla sola condizione che i concorrenti siano stati previamente ed apertamente informati dell’esistenza delle stesse e dei correlati oneri dichiarativi «in maniera chiara, precisa e univoca», vuoi per il tramite diretto dei documenti di gara, vuoi a mezzo di rinvii contenuti in tali documenti alla normativa legislativa pertinente. A contrario, nell’ambito della specifica vicenda sottoposta al sindacato del G.A., non risulta che la lex specialis contenesse previsione alcuna in ordine all’omessa dichiarazione invocata dalla ricorrente quale presunta causa di esclusione dalla gara pubblica. Quanto sopra riferito e letto alla luce di un generale canone di buona fede cui deve improntarsi ciascuna fase del rapporto negoziale intercorrente tra Amministrazione e privati, conduce la terza Sezione a respingere l’appello e a confermare la sentenza del Tribunale regionale del Trentino-Alto Adige.

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Note

[1] Da non confondersi con i requisiti di capacità tecnica ed economica, di cui agli artt. 83 ss.; più in generale, sul punto, si rinvia a R. GAROFOLI e G. FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, XIII, Neldiritto ed., 2020.

[2] Nel testo risultante dalla novella apportata dall’art. 49, d. lgs. n. 56/2017 (c.d. “correttivo”).

[3] Tra le altre, Cons. St., sez. V, n. 2063/2018; Cons. St., sez. V, n. 1955/2017.

[4] «per come è fatto palese sia dalla possibilità della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione “con mezzi adeguati”, sia dall’incipit del secondo inciso (“Tra questi (id est, gravi illeciti professionali) rientrano: […]”) che precede l’elencazione» cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 02.03.2018 n. 1299.

[5] in grado di comprendere «ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata» dell’operatore economico «di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa». Così già la III Sezione, Cons. St., con le sentenze del 29 novembre 2018, n. 6787 e del 27 dicembre 2018, n. 7231 e la V Sezione con le sentt. dell’11 giugno 2018, n. 3592, del 25 luglio 2018, n. 4532 e del 19 novembre 2018, n. 6530.

[6] L. LA ROSA, Discrezionalità della P.A. e principio di proporzionalità nell’applicazione delle cause di esclusione, in Urb. e App., 2019, 6, p. 779.

[7] Per violazione del divieto di ius novorum in appello.

[8] Il riferimento è a Cons. St., A.P., 28 agosto 2020, n. 16

[9] accomunate in relazione al fatto che le dichiarazioni rese dagli operatori nelle procedure di gara assumono valenza strumentale e ancillare rispetto alle valutazioni di competenza della stazione appaltante ex citato art. 80, co. 5. Al riguardo, nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, sono ravvisabili altresì talune pronunce che, operando nella logica relazionale del “contatto sociale qualificato” strutturato dalla procedura evidenziale, ricostruiscono gli oneri dichiarativi de quibus in chiave civilistica, sussumendoli entro l’area di applicazione della regola di condotta di cui agli artt. 1337-1338 c.c., che impone un generale (e peraltro reciproco) dovere di chiarezza e completezza informativa, con conseguente configurabilità di una responsabilità precontrattuale in capo all’operatore in ipotesi di violazione. In questi termini, si è espresso Cons. St., Sez. V – ordinanza 9 aprile 2020, n.2332.

[10] Anche secondo quanto previsto dalla lettera f-bis) che riferisce del solo caso in cui l’operatore «presenti nella procedura di gara in corso … documentazione o dichiarazioni non veritiere» (art. 80, co. 5, lett. f-bis).

[11] In termini analoghi, si era già pronunciato il Consiglio di Stato (sezione V) in occasione delle pronunce del 3 settembre 2018, n. 5142 e del 12 aprile 2019, n. 2407.

[12] In questo senso, mutatis mutandis, Cons. St., cit., 2020/16.

[13] e recepiti in parte qua dal citato art. 80 lett. c.) e c-bis), d.lgs. n. 50/2016.

[14] In materia di appalti pubblici.

[15] Così, Corte Giust. UE 14 gennaio 2021, causa C-387/19 (punto 42).

[16] Sempre con riguardo alla giurisprudenza unionale, negli stessi termini si era già espressa la stessa CGUE con sent. 14 dicembre 2016, Connexxion Taxi Services, C‑171/15 (punto 40).

Sentenza collegata

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Dott. Gianpiero Gaudiosi

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