Consiglio di Stato sez. VI 28/4/2010 n. 2441

Redazione 28/04/10
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FATTO. – Con le due distinte sentenze in epigrafe appellate il Tar della Campania – sede di Napoli- ha respinto due distinti ricorsi di primo grado (ciascuno di essi, a propria volta, corredato di scritti prospettanti motivi aggiunti) con i quali era stato chiesto dall’ odierna appellante l’annullamento di una serie di atti discendenti dall’esercizio prefettizio dei poteri interdittivi nei propri confronti.
Segnatamente, con il ricorso n. 6164 del 2008 era stato chiesto l’annullamento della informativa prefettizia con cui il Prefetto di Napoli avrebbe comunicato al Comune di Casoria l’esistenza di motivi ostativi ex artt. 4 D.Lgs. 490/1994 e 10 D.P.R. 252/1998 a carico della originaria ricorrente; di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, con particolate riferimento alla nota del Sindaco di Casoria del 16/10/2008 e alla nota del Dirigente del 6° Settore del Comune di Casoria prot. n. 34563 del 16/10/2006;della informativa prefettizia prot. n. I/28454/Area 1/Ter/O.S.P. del 16/9/2008, con cui il Prefetto di Napoli ha informato il Comune di Casoria della sussistenza nei confronti della Del. Gap. Costruzioni s.r.l. di tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata;
di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, con particolate riferimento alla nota del Vice prefetto vicario di Napoli prot. n. I/28454/Area 1/Ter/O.S.P. del 16/9/2008, al verbale del G.I.A. del 9/9/2008, alla nota della Questura di Napoli – Divisione di polizia anticrimine del 13/6/2008, alla nota della Questura di Napoli – Commissariato di P.S. di Afragola del 6/4/2008, alla nota del Sindaco di Casoria del 16/10/2008, alla nota della Questura di Napoli – Commissariato di P.S. di Afragola Cat. Q 2.2/2008 del 2/9/2008, alla nota della Guardia di Finanza – Nucleo Polizia Tributaria di Napoli – Gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata – 4^ Sezione C.O. prot. n. 0028524 del 1/7/2008, alla nota della Questura di Napoli – Commissariato di P.S. di Afragola Cat. Q 2.2/2008 del 13/06/2008, alla nota della Questura di Napoli – Divisione di polizia anticrimine del 13/6/2008, alla nota della Regiona Carabinieri Campania – Comando Provinciale di Napoli n. 0449641/12-1 di protocollo "P" del 7/6/2008, allo "appunto" del 11/4/2008, alla nota della Prefettura di Napoli – UTG prot. n. 28454/Area 1 ter/osp del 12/5/2008, nella parte in cui prospettano elementi di controindicazione a carico della ricorrente ricavandoli dal rapporto di parentela dei soci con il sig. ************* e dai precedenti penali di quest’ultimo e di ogni ulteriore atto preordinato, connesso e conseguente.
Il Tar ha deciso in ordine alla impugnazione suindicata, mercè la sentenza n. 02605/2009.
Con il ricorso n. 1208 del 2009, la odierna appellante aveva chiesto l’annullamento: – della nota RFI-DLE-LEG-RM/A0015/P/2009/0000197 del 23 gennaio 2009 con la quale il Responsabile della Direzione Legale della RFI – Rete Ferroviaria Italiana spa ha comunicato alla Del.Gap Costruzioni s.r.l. l’annullamento della lettera di invito – prot. n. RFI-DLE-LEG.RM/A0015/P/2009/0000071 del 14 gennaio 2009 – relativa alla gara a procedura ristretta per "interventi di riqualificazione nelle stazioni di Rosarno e Gioia Tauro, relativi al potenziamento del trasporto pendolare sulla tratta Rosarno – Reggio Calabria -Melito Porto Salvo";
– della nota RFI-DLE-LEG-RM/A0015/P/2009/0000273 del 3 febbraio 2009, con la quale il Responsabile della Direzione Legale della RFI – Rete Ferroviaria Italiana spa ha comunicato alla ricorrente che la richiesta di partecipazione alla gara a procedura ristretta per gli "interventi di riqualificazione nella stazione di Villa San Giovanni, relativi al potenziamento del trasporto pendolare sulla tratta Rosarno – Reggio Calabria -Melito Porto Salvo" non è stata accolta in quanto la società richiedente "è stata destinataria di un provvedimento interdittivo antimafia, ex art. 10 del DPR 252/98, emesso dalla Prefettura di Napoli";
– della nota RFI-DLE-LEG-RM/A0015/P/2009/0000297 del 5 febbraio 2009, con la quale il Responsabile della Direzione Legale della RFI – Rete Ferroviaria Italiana spa ha comunicato alla Del Gap Costruzioni s.r.l., in qualità di impresa capogruppo dell’ATI Del Gap Costruzioni s.r.l. – Cogepa s.r.l., che la domanda di partecipazione alla gara per "la progettazione e l’esecuzione dei lavori e forniture di manutenzione straordinaria, consolidamento e rifunzionalizzazione di alcuni edifici nell’ambito della Stazione di Napoli Centrale CIG 0231493°03" non è stata accolta in quanto "a carico dell’impresa Del Gap Costruzioni s.r.l. è stata data comunicazione di un provvedimento interdittivo, con nota della Prefettura di Napoli, pervenuta in data 12.01.2009";
– della nota DLE-VE.2008.023/CD-pb del 23 gennaio 2009, con cui il Responsabile della Direzione Legale della RFI – Rete Ferroviaria Italiana spa ha comunicato alla Del Gap Costruzioni s.r.l. che, in merito alla domanda di partecipazione alla gara per la "sistemazione a PRG della stazione di Levico (TN)", la stazione appaltante si è riservata "ogni più ampia valutazione sul seguito della procedura nonché sui conseguenti provvedimenti connessi" al provvedimento antimafia comunicato dal Prefetto di Napoli con la nota del 12 gennaio 2009;
– della nota del 18 febbraio 2009, con cui il Responsabile della Direzione Legale della RFI – Rete Ferroviaria Italiana spa ha comunicato alla ricorrente l’esclusione dalla gara a procedura ristretta n. RFI.BO.2008.026 concernente i lavori di adeguamento fognario dei piazzali del Terminal Container di Bologna Interporto;
– delle note del 30 gennaio 2009 e del 3 febbraio 2009, con cui il Responsabile della Direzione Legale della RFI – Rete Ferroviaria Italiana spa ha comunicato l’avvio del procedimento di revoca dell’affidamento dell’appalto oggetto della gara n. 23/2008 relativo ai "lavori di costruzione di un sottopassaggio pedonale in stazione Centrallo";
– della nota prot. n. 2556 del 16 febbraio 2009, con cui la società Centostazioni s.p.a. ha comunicato alla ricorrente di avere avviato il procedimento di annullamento dell’aggiudicazione della gara relativa ai "lavori di recupero ed adeguamento funzionale della stazione ferroviaria di Arezzo" disposta con la nota del 16 gennaio 2009 prot. n. 1304/U e di tutti gli atti connessi e conseguenti;
– della informativa prefettizia con cui la Prefettura di Napoli ha comunicato alla RFI e alla società Centostazioni s.p.a. che sussistono motivi ostativi ai sensi della normativa antimafia a carico della Del. Gap. Costruzioni s.r.l.;
– della informativa prefettizia prot. n. I/28454/Area 1/Ter/O.S.P. del 16 settembre 2008, con cui il Prefetto di Napoli ha informato il Comune di Casoria che "nei confronti della società Del. Gap. Costruzioni S.r.l. Lavori Edili, Stradali e Ferroviari, con sede in Afragola via Cavour n. 2, per le motivazioni di cui sopra è cenno, sussistono tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata e tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della stessa, pur non sussistendo nei confronti del legale rapp.te della citata società cause di divieto o di sospensione dei procedimenti, indicate nell’allegato 1 al D.Lgs. n. 490/1994";
– di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente, se ed in quanto lesivo, con particolare riferimento alla nota del Vice Prefetto Vicario di Napoli prot. n. I/28454/Area 1/Ter/O.S.P. del 16 settembre 2008, al verbale del G.I.A. del 9 settembre 2008, alla nota della Questura di Napoli – Divisione di Polizia Anticrimine del 13 giugno 2008, alla nota della Questura di Napoli – Commissariato P.S. di Afragola Cat. ** 2.2/2008 del 6 aprile 2008, alla nota del Sindaco di Casoria del 16 ottobre 2008, alla nota della Questura di Napoli – Commissariato P.S. di Afragola Cat. ** 2.2/2008 del 2 settembre 2008, alla nota della Guardia di Finanza – Nucleo Polizia Tributaria Napoli – Gruppo di Investigazione sulla Criminalità Organizzata – 4^ Sezione C.O. prot. n. 0028524 del 1 luglio 2008, alla nota della Questura di Napoli – Commissariato P.S. di Afragola Cat. ** 2.2/2008 del 13 giugno 2008, alla nota,della Regione Carabinieri Campania – Comando Provinciale di Napoli n. 0449641 / 12-1 di protocollo "P" del 7 giugno 2008, all’appunto dell’11 luglio 2008, alla nota della Prefettura di Napoli – UTG prot. n. 28454/Area1 Ter/OSP del 12 maggio 2008, nella parte in cui prospettano elementi di controindicazione a carico della ricorrente ricavandoli dal rapporto di parentela dei soci con il sig. ************* e dai precedenti penali di quest’ultimo;
– della nota RFI-DLE-LEG.MI/A0015/P/2009/0000618 UA del 23 febbraio 2009, con cui il Responsabile della Direzione Legale della RFI – – Rete Ferroviaria Italiana spa ha comunicato la revoca dell’affidamento dell’appalto oggetto della gara n. 23/2008 relativo ai "lavori di costruzione di un sottopassaggio pedonale in stazione Centrallo";
– del provvedimento n. 02/2009 del 20 febbraio 2009 con cui il Responsabile S.O. Tecnico della RFI – Rete Ferroviaria Italiana spa ha disposto la revoca dell’affidamento dell’appalto oggetto della gara n. 23/2008 relativo ai "lavori di costruzione di un sottopassaggio pedonale in stazione Centrallo";
– della nota prot. n. RFI-DLE-LEG.MI/A0015/P/2009/0000654 del 25 febbraio 2009, con cui il Responsabile della Direzione Legale della RFI – Rete Ferroviaria Italiana spa ha comunicato il recesso dal contratto di appalto oggetto della gara n. 2/2008 relativo ai "lavori occorrenti per la formazione della sede ferroviaria di due binari in aggiunta al fascio merci di Genova Voltri mare";
– del provvedimento n. 23/DI.GE del 23 febbraio 2009, con cui la "Referenza di Progetto della Direzione Compartimentale di Genova" ha disposto il recesso dal contratto di appalto oggetto della gara n. 2/2008 relayivo ai "lavori occorrenti per la formazione della sede ferroviaria di due binari in aggiunta la fascio merci di Genova Voltri mare";
– della nota prot. n. RFI-DLE-AMG/A0011/P/2009/0000313 UA del 23 febbraio 2009, con cui il Responsabile della Direzione Legale della RFI – Rete Ferroviaria Italiana spa ha comunicato l’esclusione dell’ATI Del Gap Costruzioni s.r.l. – KAM Costruzioni s.r.l. dalla gara relativa a "lavori di realizzazione di un sottovia carrabile al Km 321+738 e di un sottopasso pedonale al Km 321+937, per la soppressione del P.L. al Km 322+025, in Comune di Isca sullo ionio (CZ) e di due sottovia carrabili ai Km 188+531 e 185+973, per la soppressione del P.L. al Km 185+937, in Comune di Crucoli (KR) della linea Metaponto – Reggio Calabria – P.A 43/2008";
– del provvedimento del 25 febbraio 2009, con cui il Responsabile della Direzione Legale S.O. di Bologna della RFI – Rete Ferroviaria Italiana spa ha disposto il recesso dal contratto relativo all’ "Accordo Quadro n. LEG.BO.2008.005 stipulato in data 26 febbraio 2008 riguardante la progettazione ed esecuzione dei lavori e forniture per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei fabbricati e loro dipendenze, fabbricati viaggiatori e loro dipendenze, piazzali e loro dipendenze, nonché di lavori similari di minore importanza ricadenti nella giurisdizione TVM.03 della DCM di Bologna";
– della nota prot. n. RFI-DLE-LEG.RM/A0011/P/2009/0000565 del 9 marzo 2009, con cui il Responsabile della RFI – Rete Ferroviaria Italiana – Gruppo Ferrovie dello Stato ha comunicato di non aver invitato la ricorrente alla gara avente ad oggetto "realizzazione di un nuovo sottopasso carrabile di tipo CNR VI e relative opere stradali di collegamento della viabilità esistente nell’ambito del Comune di Casoria, in località Stella (al Km 187+300 della linea Foggia – Napoli tratta Villa Literno – Aversa – Napoli) e realizzazione di un nuovo cavalcavia in località Traluci (al Km 189+424 della linea Foggia – Napoli tratta Villa Literno – Aversa – Napoli) per l’adeguamento VI del cavalcavia esistente al Km 189+438, e relative opere di collegamento alla viabilità esistente" in quanto "a carico dell’impresa è stata data comunicazione di un provvedimento interdittivo, con nota della Prefettura di Napoli, pervenuta in data 12.01.2009";
– del provvedimento prot. n. RFI-DLE-LEG.MI/A0015/P/2009/0000600 del 19 febbraio 2009, con cui il Responsabile della Direzione Legale della RFI – Rete Ferroviaria Italiana – Gruppo Ferrovie dello Stato ha escluso la ricorrente dalla gara n. 54/2008 avente ad oggetto "lavori di esecuzione dei lavori occorrenti per la posa di ponti provvisori per il sostegno dei binari 15, 16 e 12 in stazione di Genova Brignole per consentire il prolungamento di due sottopassaggi pedonali – CIG 0205054FE5" in quanto "dagli accertamenti effettuati da questa società presso la Prefettura di Napoli è emerso a carico di codesta Impresa un provvedimento interdittivo antimafia, ex art. 10 del D.P.R. n. 252/98";
– del provvedimento prot. n. 3000 del 24 febbraio 2009 con cui l’amministratore delegato della Centostazioni s.p.a. ha comunicato alla ricorrente l’annullamento dell’aggiudicazione disposta con nota del 16 gennaio 2009 prot. 1304/U avente ad oggetto la "procedura aperta relativa ai lavori di recupero ed adeguamento funzionale della stazione ferroviaria di Arezzo".
Il Tar ha deciso in ordine alla impugnazione suindicata, mercè la sentenza n. 02604/2009.
Giova precisare che, il Tar, nella sentenza da ultimo citata, ha evidenziato che aveva ritenuto di non disporre la richiesta riunione di tale ultimo giudizio con il giudizio n. R.G. 1208/09, promosso dalla medesima Del. Gap. Costruzioni s.r.l. avverso la stessa informativa prefettizia ed i conseguenti provvedimenti di altra stazione appaltante (parallelamente chiamato all’udienza pubblica del giorno 8 aprile 2009 ed introitato in decisione nella medesima camera di consiglio) in relazione al fatto che il giudizio sfociato nella sentenza n. 02604/2009 era stato fissato per il solo esame dell’istanza cautelare (esso poi venne deciso, con sentenza in forma semplificata).
V’è pertanto perfetta identità, quanto all’iter motivazionale, tra le suindicate decisioni reiettive (il che, come si vedrà di seguito, costituisce la ragione principale della riunione degli odierni riscorsi in appello).
Nelle (identiche) sentenze suindicate, pertanto, il Tar ha disatteso l’impugnazione della odierna parte appellante alla stregua delle considerazioni che seguono.
Il Tar ha in primo luogo rammentato che il giudizio prognostico in termini di pericolo di infiltrazione camorristica di cui al provvedimento prefettizio a carico della Del. Gap. Costruzioni era motivato ( alla luce delle informazioni fornite dalle forze dell’ordine nel corso dell’attività istruttoria) in ragione del fatto che il capitale sociale della società "è suddiviso tra la moglie convivente e il figlio – quest’ultimo anche amministratore unico della impresa – di un pluripregiudicato condannato per i delitti di associazione per delinquere di tipo mafioso e detenzione illegale di armi e munizioni, di recente reiteratamente controllato dalle FF.O in compagnia di soggetti con pregiudizi per reati d’interesse ai fini antimafia, taluni ritenuti appartenenti al clan "******" operante proprio sul territorio del comune di Afragola" ( vale a dire, come risulta dagli atti endoprocedimentali, col sig. *************).
L’odierna appellante aveva sostanzialmente contestato l’intero impianto dell’iniziativa prefettizia, sostenendo che in difetto di specifici elementi di controindicazione a carico dei soci od ex soci, degli amministratori od ex amministratori od altri soggetti legati alla società, la esclusiva circostanza del rapporto di parentela dei due soci della Del.Gap. col sig. ************* (anche in virtù del fatto che in nessun atto istruttorio sarebbero stati prefigurati suoi possibili rapporti con la criminalità organizzata e che non sarebbe stato dato atto della sua avvenuta riabilitazione rispetto alle condanne riportate in passato) era insufficiente ad inferirne in via prognostica il pericolo di infiltrazione camorristica.
Il Tar ha posto l’accento sulla figura del predetto signor *************, (descritto nell’informativa prefettizia qual "pluripregiudicato condannato per i delitti di associazione per delinquere di tipo mafioso e detenzione illegale di armi e munizioni, di recente reiteratamente controllato dalle FF.O in compagnia di soggetti con pregiudizi per reati d’interesse ai fini antimafia, taluni ritenuti appartenenti al clan "******" operante proprio sul territorio del comune di Afragola"), rammentando gli elementi posti a base del giudizio negativo reso nei confronti di quest’ultimo.
Essi erano plurimi, e distinti (la sua condanna per associazione per delinquere di stampo mafioso ad anni sei di reclusione, con interdizione perpetua dai pubblici uffici e libertà vigilata per anni due, comminata con sentenza della Corte di Appello di Napoli del 11 novembre 1986);
– l’essere stato controllato il 6 aprile 2007 in Casoria mentre era intento a dialogare (cfr. relazione di servizio del 6 aprile 2007 allegata alla nota del Commissariato P.S. di Afragola, del 29 luglio 2008 cat. **2.2/2008) con il nipote di una esponente di spicco della famiglia ******, sul conto del quale il Commissariato di Afragola ha riferito essere stato segnalato per gravi reati e trovarsi, alla data della sua nota informativa, in stato di detenzione (cfr. nota del Commissariato P.S. di Afragola del 13 giugno 2008 cat. **2.2/2008);
– l’essere stato altresì controllato il 13 maggio 2008 in Casoria unitamente ad un soggetto gravato da precedenti di polizia per "associazione per delinquere di stampo mafioso, usura ed estorsione – notizia di reato all’A.G. del 12.12.2007" e più volte controllato, a sua volta, con elementi del clan "******" (cfr. nota Comando Provinciale Carabinieri di Napoli del 7 giugno 2008, prot. 0449641/12-1 di prot. "P"; nota del Commissariato di P.S. Afragola del 13 giugno 2008 cat. **2.2/2008)
Il Tar ha sul punto disatteso le doglianze dell’odierna appellante volte a sminuire la valenza degli episodi in oggetto (quanto alla condanna, essa era stata resa per fatti risalenti ad oltre diciassette anni addietro; l’appellante si doleva del fatto che il Prefetto non avesse valutato la circostanza della intervenuta riabilitazione dell’interessato disposta con ordinanza n. 07/3157 del 12 aprile 2007 del Tribunale di sorveglianza di Napoli, mentre la presenza contestuale di soggetti criminali sui luoghi delle identificazioni sarebbe stata assolutamente fortuita).
In particolare, i primi Giudici, hanno evidenziato che, quanto alla riabilitazione dalla condanna patita nel 1986, essa si limita ad estinguere le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna (art. 178 c.p.) e non precludeva affatto all’amministrazione di verificare l’attuale permanenza della situazione accertata in passato ovvero l’attuale idoneità dei fatti di reato per cui v’era stata condanna a spiegare effetti sull’affidabilità del soggetto.
Peraltro, la pronuncia di riabilitazione (basata sul giudizio di cessata pericolosità sociale formulato nel 1990 dal Magistrato di sorveglianza di Napoli e su un’informativa negativa dei Carabinieri del 15 luglio 2005), sebbene depositata il 12 aprile 2007, era stata deliberata nella camera di consiglio del 12 marzo 2007 ed era dunque anteriore ai predetti controlli del 6 aprile 2007 e del 13 maggio 2008, da cui erano emersi elementi di cui il Tribunale di Sorveglianza non aveva potuto disporre.
Quanto all’obiezione che la identificazione del sig. D.L. ******** con pericolosi criminale sarebbe stata fortuita (e non indicativa di frequentazione alcuna in quanto avvenuta in luoghi pubblici) si è in contrario osservato che il controllo del 6 aprile 2007 non era avvenuto in un bar, ma al suo esterno, e che gli interessati erano in quel momento intenti a dialogare tra loro.
Il dato scaturente a carico del D.L. si "saldava" secondo il Tar a quello (direttamente afferente alla appellante società) secondo cui uno dei due soci di quest’ultima non era "soltanto" la moglie del sig. *************, ma la "moglie convivente" (nota Questura di Napoli – Divisione polizia anticrimine del 13 giugno 2008 rif. prot. 28454/area 1ter/osp): a dimostrazione dell’esistenza attuale di una situazione di comunanza di vita e di interessi tra i due soggetti, da cui non era illogico desumere il pericolo concreto della permeabilità dell’azione dell’una rispetto agli interessi dell’altro.
Tali considerazioni, rese dal Tar nell’ambito della decisione n. 02605/2009, sono identiche a quelle contenute nella decisione n. 2604/2009.
In tale ultima decisione, inoltre, si dava atto della censura autonomamente formulata avverso i provvedimenti della Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. per incompetenza dell’organo emanante ( in quanto non sottoscritti dal presidente del consiglio di amministrazione o dall’amministratore delegato della società) respingendosi la relativa censura sul rilievo che – trattandosi di atti vincolati per l’efficacia interdittiva dell’informativa prefettizia – il vizio dedotto non determinerebbe comunque annullabilità dell’atto ai sensi dell’art. 21 octies, comma 2, della legge 241/90.
L’appellante ******à ha censurato le due predette sentenze, (che, come si è osservato sono identiche nelle rispettive strutture motivazionali) chiedendone l’annullamento in quanto viziate da errori di diritto ed illegittime e ribadendo le considerazioni esposte nel ricorso in appello in una articolata memoria conclusiva.
Secondo l’argomentare degli atti di impugnazione, il provvedimento prefettizio n. 28454 reso il 16 settembre 2008 sarebbe errato e contraddittorio.
L’informativa, infatti, dava atto che nei confronti del legale rappresentante della Del Gap SRL non sussisteva alcuna causa ostativa o sospensiva di cui all’allegato 1 del D.lvo n. 490/1994: riteneva però di paventare il pericolo di infiltrazione camorristica nella prefata società.
L’unica "causale" di tale pericolo, riposava nel legame che il legale rappresentante e l’altra socia della citata società erano intrattenevano con il signor D.L. ******** (del quale erano rispettivamente figlio e coniuge).
Il D.L. ******** aveva subito nei remoti anni ’80 alcune condanne; era stato riabilitato; non aveva mai più intrattenuto rapporto alcuno con soggetti men che raccomandabili; il solo citato rapporto di parentela non poteva giustificare una inibitoria ad operare in capo alla predetta società.
La valutazione del Tar era contraria allo spirito ed alla lettera dall’art. 4 del D.lvo n. 490/1994 e dell’art. 10 del DPR n. 252/1998.
Il D.L. ******** citato, non era in contatto con ambienti criminali; in ogni caso non poteva incidere sulle scelte societarie; non sussisteva alcun tentativo di infiltrazione criminale nella predetta società.
L’impresa in questione era stata ereditata dalla coniuge del D.L. ********, dal proprio padre, ***************; essa il 16.11.1992 si era legalmente separata dal predetto D.L. ********; quest’ultimo non aveva mai fatto parte della società in questione, creata nel 2001.
Legale rappresentante della predetta società, a far data dal 2004, era il figlio dei predetti *********** e D.L. ********: D.L. ********, non convivente con alcuno di essi.
La suindicata società, a far data dal 2005, aveva eseguito in Campania soltanto il 10% dell’attività del proprio fatturato.
Anche l’appalto relativo al comune di Casoria doveva essere eseguito dall’appellante in qualità di subappaltatrice.
La circostanza che un soggetto -il D.L. ********- in passato condannato, poi riabilitato, e comunque non rivestente alcun ruolo societario, avesse per due volte intrattenuto un rapporto di mero saluto con soggetti asseritamente pregiudicati casualmente incontrati, non poteva costituire barrage insuperabile all’esercizio di un’ attività costituzionalmente protetta ai sensi dell’art. 41 della Carta Fondamentale (né tale aberrante circostanza poteva discendere dalla circostanza che una sorella del citato D.L. ******** aveva sposato il presunto capo del clan Moccia).
Né, a distanza di un anno dall’emissione della interdittiva per cui è causa, risultava essere stato incoato alcun procedimento penale a carico di alcuno dei soci della società (e financo nei confronti del predetto D.L. ********).
Nell’ambito del ricorso promosso per l’annullamento della decisione n. 2604/2009, si sono costituite le controinteressate RFI SPA e Centostazioni SPA, svolgendo analoghe considerazioni in ordine alla non sussistenza di discrezionalità in capo al soggetto appaltante in relazione alla informativa prefettizia interdittiva che attinga un partecipante alla gara da essa bandita depositando articolate memorie e chiedendo la reiezione del gravame.
RFI SPA ha peraltro rilevato che parte appellante non aveva riproposto il motivo di censura già respinto dal Tar e postulante la declaratoria di incompetenza dell’organo emanante ( in quanto non sottoscritti dal presidente del consiglio di amministrazione o dall’amministratore delegato della predetta società RFI SPA).
Alla camera di consiglio dell’11 settembre 2009 fissata per l’esame dell’istanza cautelare di sospensione della esecutività della sentenza appellata n. 02605/2009 la Sezione ha accolto l’appello cautelare, "in quanto l’interdittiva prefettizia tipica resa dal Prefetto di Napoli ai sensi del d.lgs. 490 del 1994, art. 4 risulta fondata in modo pressoché esclusivo sulla figura soggettiva del sig. ************* (rispettivamente, padre e marito dei due soci della società appellante), annettendo un valore indiziante pressoché automatico alla sussistenza del richiamato rapporto parentale e nella sostanziale carenza di un vaglio in concreto circa l’eventuale sussistenza di indici ulteriori i quali deponessero nel senso dell’effettività ed attualità dei rischi di tentativi di infiltrazioni malavitosa tendenti a condizionare gli indirizzi operativi della società."
La esecutività della sentenza appellata n. 02604/2009 è stata sospesa dalla Sezione in data 27 ottobre 2009 con ordinanza di tenore identico a quella surrichiamata.
L’amministrazione comunale di Casoria si è costituita nel procedimento recante n. 7088/2009 relativo alla impugnazione della decisione n. 2605/2009 chiedendo la reiezione del gravame perché infondato.

DIRITTO. – La palese connessione oggettiva tra le questioni fattuali e giuridiche in ordine alle quali sono state rese le sentenze in epigrafe e la connessione soggettiva, impone la riunione e la trattazione congiunta dei relativi appelli (si veda, sul punto, ex multis, Consiglio Stato, sez. IV, 17 giugno 2003, n. 3415, laddove si è condivisibilmente affermato che "possono essere riuniti e definiti con un’unica decisione anche gli appelli rivolti avverso sentenze diverse, ove comportanti la soluzione di identiche questioni sollevate nei riguardi dei medesimi provvedimenti impugnati in primo grado.").
I riuniti appelli devono essere accolti, nei termini di cui alla motivazione che segue, con conseguente annullamento delle appellate sentenze, accoglimento dei ricorsi di primo grado ed annullamento degli atti impugnati.
Non appare inopportuno fare precedere la disamina delle doglianze prospettate dall’appellante da una breve ricognizione degli orientamenti giurisprudenziali di recente espressi in materia, nella convinzione che da essi possano immediatamente trarsi utili spunti alla risoluzione dei quesiti per cui è processo.
In particolare,la Sezione condivide pienamente l’impostazione classificatoria seguita dalla giurisprudenza amministrativa secondo la quale le c.d. informazioni prefettizie (da acquisire dalla stazione appaltante, dopo l’aggiudicazione provvisoria di appalto di lavori e ai fini dell’esercizio di eventuali atti di autotutela della p.a.) possono essere ricondotte a tre tipi: quelle ricognitive di cause di per sè interdittive di cui all’art. 4 comma 4, d.lg. 8 agosto 1994 n. 490; quelle relative ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e la cui efficacia interdittiva discende da una valutazione del prefetto; quelle supplementari (o atipiche) la cui efficacia interdittiva scaturisce da una valutazione autonoma e discrezionale dell’amministrazione destinataria dell’informativa prevista dall’art. 1 septies, d.l. 6 settembre 1982 n. 629, conv. dalla l. 12 ottobre 1982 n. 726, ed aggiunto dall’art. 2 l. 15 novembre 1988 n. 486. (Consiglio Stato , sez. IV, 15 novembre 2004, n. 7362).
Il criterio distintivo si rinviene nella circostanza che, diversamente dall’informativa tipica, che ha carattere interdittivo di ulteriori rapporti negoziali con le amministrazioni appaltanti una volta presenti i presupposti previsti dall’art. 4 d.lg. 490/1994 (sussistenza di cause di divieto o di sospensione – tentativi di infiltrazione tendenti a condizionare le scelte della società o dell’impresa), l’informativa atipica non ha carattere interdittivo ma consente l’attivazione degli ordinari strumenti di discrezionalità nel valutare l’avvio o il prosieguo dei rapporti contrattuali alla luce dell’idoneità morale del partecipante alla gara di assumere la posizione di contraente con la p.a.; pertanto, essa non necessita di un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso e si basa su indizi ottenuti con l’ausilio di particolari indagini che possono risalire anche a eventi verificatisi a distanza di tempo perché riguardano la valutazione sull’idoneità morale del concorrente e non producono l’esclusione automatica dalla gara.(Consiglio Stato , sez. V, 31 dicembre 2007, n. 6902)
Le informative del genere di quelle per cui è causa rappresentano quindi una sensibile anticipazione della soglia dell’autotutela amministrativa a fronte di possibili ingerenze criminali nella propria attività: da tale impostazione, si è fatta discendere la conseguenza che "l’informativa prefettizia antimafia di cui all’art. 4 del d.lg. 8 agosto 1994 n. 490 e all’art. 10, d.p.r. 3 giugno 1998 n. 252 è espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale ai fini di una tutela avanzata nel campo del contrasto con la criminalità organizzata, e prescinde quindi da rilevanze probatorie tipiche del diritto penale, per cercare di cogliere l’affidabilità dell’impresa affidataria dei lavori complessivamente intesa." (Consiglio Stato , sez. VI, 17 maggio 2006, n. 2867)
Si è puntualizzato, in proposito, infatti, che "in forza del combinato disposto dell’art. 4 d.lg. 8 agosto 1994, n. 490 e dell’art. 1 septies d.l. 6 settembre 1982, n. 629, conv. dalla l. 12 ottobre 1982, n. 726, si deve ritenere che legittimamente l’amministrazione erogatrice, nell’esercizio dei poteri discrezionali autonomamente assentiti dalla legge, disponga la revoca di un’aggiudicazione provvisoria di lavori di completamento di un’azienda ospedaliera nei confronti di una società a carico della quale risultino, sulla scorta delle comunicazioni prefettizie, pericoli di condizionamento da parte della criminalità organizzata, pur se nelle informative stesse si affermi che gli elementi acquisiti non consentono, allo stato, una valutazione certa con riguardo la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare scelte ed indirizzi della società stessa. Le informative prefettizie atipiche sono atti non vincolanti che lasciano spazio ad una discrezionale valutazione dell’amministrazione aggiudicatrice che, per "ragione di pubblico interesse" può agire con un atto di autotutela." (Consiglio Stato , sez. IV, 01 marzo 2001, n. 1148).
Sotto il profilo del grado di approfondimento probatorio che deve essere ad esse sotteso, v’è concordanza di vedute in giurisprudenza nel ritenere che l’art. 4, d.lg. 8 agosto 1994 n. 490 costituisce una misura di tipo preventivo intesa a contrastare l’azione del crimine organizzato poiché dà rilievo, ai fini ostativi della contrattazione degli appalti di opere pubbliche, anche agli elementi che costituiscono solo indizi (che comunque non devono costituire semplici sospetti o congetture privi di riscontri fattuali) del rischio di coinvolgimento associativo con la criminalità organizzata delle imprese partecipanti al procedimento di evidenza pubblica. (Consiglio Stato , sez. VI, 02 ottobre 2007, n. 5069).
Non è superfluo evidenziare il rapporto di strettissima correlazione sussistente tra il grado di plausibilità richiesto e l’elemento finalistico cui esse sono destinate.
Tale aspetto è stato colto dalla pronuncia che di seguito si riporta, secondo cui
"l’informativa prefettizia di cui agli art. 4 d.lg. 29 ottobre 1994 n. 490 e 10 d.P.R. 3 giugno 1998 n. 252, è funzionale alla peculiare esigenza di mantenere un atteggiamento intransigente contro rischi di infiltrazione mafiosa, idonei a condizionare le scelte delle imprese chiamate a stipulare contratti con la p.a., determinando l’esclusione dell’imprenditore, sospettato di detti legami, dal mercato dei pubblici appalti e, più in generale, dalla stipula di tutti quei contratti e dalla fruizione di tutti quei benefici, che presuppongono la partecipazione di un soggetto pubblico e l’utilizzo di risorse della collettività. La fase istruttoria del procedimento finalizzato a comunicare la presenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi di un’impresa, si concreta essenzialmente nell’acquisizione di tutte le informazioni di cui le autorità di pubblica sicurezza sono in possesso al fine di effettuare, sulla base di tali risultanze, una obiettiva valutazione sulla possibilità di un eventuale utilizzo distorto dei finanziamenti pubblici destinati ad iniziative private o delle risorse pubbliche devolute al settore degli appalti pubblici (utilizzo, che la normativa di settore mira appunto ad evitare). A tal fine, se non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, non possono tuttavia ritenersi sufficienti fattispecie fondate sul semplice sospetto o su mere congetture prive di riscontro fattuale, essendo pur sempre richiesta l’indicazione di circostanze obiettivamente sintomatiche di connessioni o collegamenti con le predette associazioni." (Consiglio Stato , sez. VI, 17 luglio 2006, n. 4574).
Il parametro valutativo, quindi, non è quello della "certezza", ma quello della "qualificata probabilità".
L’art. 10 del DPR n. 252/1998, poi, stabilisce, al comma VII, che " Ai fini di cui al comma 2 le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa sono desunte:
a) dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluno dei delitti di cui agli articoli 629, 644, 648-bis, e 648-ter del codice penale, o dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;
b) dalla proposta o dal provvedimento di applicazione di taluna delle misure di cui agli articoli 2-bis, 2-ter, 3-bis e 3-quater della legge 31 maggio 1965, n. 575;
c) dagli accertamenti disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell’interno, ovvero richiesti ai prefetti competenti per quelli da effettuarsi in altra provincia."
La tipizzazione legislativa delle "fonti" dalle quali è possibile trarre il convincimento in parola, risponde ad un criterio di tassatività posto quale elementare presidio di tutela per i terzi che aspirino a contrattare con le amministrazioni.
Ma tale tipizzazione, non intacca la circostanza che il giudizio deve rispondere pur sempre a criteri probabilistici.
Si è condivisibilmente affermato, a tale proposito, che "nel rendere le informazioni richieste dal comune ai sensi dell’art. 10 comma 7 lett. c) d.P.R. 3 giugno 1998 n. 252, il prefetto non deve basarsi su specifici elementi, ma deve effettuare la propria valutazione sulla scorta di uno specifico quadro indiziario, ove assumono rilievo preponderante i fattori induttivi della non manifesta infondatezza che i comportamenti e le scelte dell’imprenditore possano rappresentare un veicolo di infiltrazione delle organizzazioni criminali negli appalti delle pubbliche amministrazioni. L’ampiezza dei poteri di accertamento, giustificata dalla finalità preventiva sottesa al provvedimento, giustifica che il prefetto possa ravvisare l’emergenza di tentativi di infiltrazione mafiosa in fatti in sé e per sé privi dell’assoluta certezza – quali una condanna non irrevocabile, collegamenti parentali con soggetti malavitosi, dichiarazioni di pentiti – ma che, nel loro coacervo, siano tali da fondare un giudizio di possibilità che l’attività d’impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata per la presenza, nei centri decisionali, di soggetti legati ad organizzazioni malavitose."(Consiglio Stato , sez. VI, 02 agosto 2006, n. 4737)
Tale ultimo profilo pare al Collegio rivestire portata rilevante per inquadrare la fattispecie: non si postula, quale condizione per l’applicabilità delle disposizioni in parola, che ci si trovi al cospetto di una impresa "criminale" (posseduta/gestita/controllata da soggetti dediti ad attività criminali, cioè).
Ma che vi sia la "possibilità" (desunta comunque da elementi non esclusivamente congetturali) che essa possa, "anche in via indiretta" favorire la criminalità.
Ciò premesso, e passando ad esaminare il merito della questione alla luce delle censure proposte deve rilevarsi che -sebbene non possa sottacersi che sussistono certamente elementi di generico sospetto a carico del D.L. ********, ben lumeggiati dal Tar – sembra al Collegio che le appellate decisioni non resistano alle censure proposte, proprio alla stregua dei limiti enucleati dalla giurisprudenza che si è prima richiamata.
Il punto dal quale è necessario muovere riposa nell’inquadramento di ciò che costituiva "elemento da provare" nell’ambito del presente procedimento.
Può all’uopo affermarsi che i temi sottoposti al vaglio giudiziale sono due.
In ordine logico, il primo investe la persona del D.L. ********, in sé e per sé considerata;
il secondo, concerne la teorica eventualità che esso possa influire, favorire l’infiltrazione di gruppi criminali, etc, con riguardo alla predetta impresa, nella quale è incontestato non rivesta alcun ruolo formale.
Id est: pericolosità (nei termini probabilistici in premessa illustrati) del D.L. ********; elementi di possibile "contatto negativo" di questi con la compagine societaria destinataria dei provvedimenti impugnati
Gli elementi dimostrativi di tale duplice compendio rappresentati dall’amministrazione e vagliati dal Tar, possono essere riassunti nei termini di seguito illustrati:
1)il genitore dell’amministratore in carica della società appellante e coniuge non divorziato della socia ( quest’ultima titolare in via di derivazione "familiare" della società predetta) fu condannato per mafia e detenzione di armi;
2)vi sono elementi di attualizzazione della condotta predetta, ricavabili dalle informative di PG in atti dai quali si ricava l’emergenza processuale che questi intratteneva rapporti (quantomeno a livello di cordiale saluto) con camorristi;
3)tali fatti, risalgono ad epoca successiva alla pronuncia di riabilitazione e non sono stati da quest’ultima presi in esame e non possono considerarsi né remoti né inattuali.
4)la portata di tale ultima pronuncia del Tribunale di sorveglianza è unicamente relativa alla buona condotta da questi tenuta in carcere, ed alla "assenza di elementi dai quali desumere un permanere della pericolosità", e non certo dal comprovato riscontro di elementi positivi che tale pericolosità escludano radicalmente.
I vari e connessi aspetti della vicenda processuale possono essere in prima battuta affrontati separatamente, a fini di mera comodità espositiva, con l’avvertenza che gli elementi di giudizio da tale parcellizzato esame ritraibili, dovranno successivamente essere valutati congiuntamente, al fine di evitare che si pervenga ad un giudizio squilibrato che non prenda in esame unitariamente la questione.
Su un punto è bene però esser chiari in via preliminare: allorchè si esporranno gli orientamenti della giurisprudenza penalistica con riferimento ai singoli versanti di verifica, dovrà tenersi conto del fatto che l’odierno giudizio è finalizzato alla verifica di un "sufficiente grado di pericolo futuro", mentre quello penale è caratterizzato da una indagine in ordine alla sussistenza di un quadro indiziario plurimo, grave preciso e concordante (ex art. 273 cpp) ovvero, addirittura, dalla "piena prova" (ex art. 530 cpp).
Quanto al profilo direttamente attingente la figura del D.L. ********, non ignora il Collegio che la giurisprudenza penalistica, in tema di durata, consistenza, permanenza, del vincolo associativo mafioso, e di possibile rescissione del medesimo da parte dell’appartenente alla consorteria criminale, ha assunto una posizione rigida, affermando che spetti al condannato fornire tale prova.
Si è detto pertanto, che "ai fini della configurabilità del delitto di partecipazione ad associazione mafiosa, il vincolo associativo tra il singolo e l’organizzazione si instaura nella prospettiva di una futura permanenza in essa a tempo indeterminato e si protrae sino allo scioglimento della consorteria, potendo essere significativo della cessazione del carattere permanente del reato soltanto l’avvenuto recesso volontario, che, come ogni altra ipotesi di dismissione della qualità di partecipe, deve essere accertato caso per caso in virtù di condotta esplicita, coerente e univoca e non in base a elementi indiziari di incerta valenza, quali quelli della età, del subingresso di altri nel ruolo di vertice e dello stabilimento della residenza in luogo in cui si assume non essere operante una famiglia di cosa nostra." (Cassazione penale , sez. VI, 21 maggio 1998, n. 3089).
Analogo e conseguente orientamento, ne è disceso in tema di applicazione delle misure di prevenzione, laddove si è a più riprese affermato, anche da parte della giurisprudenza di legittimità e di merito penale che "In tema di applicazione delle misure di prevenzione nei confronti di soggetti indiziati di appartenenza a un’associazione di tipo mafioso, la valutazione richiesta al giudice deve essere fondata su specifici elementi sintomatici della partecipazione di una persona a un sodalizio criminale "qualificato": appartenenza, questa, che di per sè implica una latente e permanente pericolosità sociale del soggetto. Ne consegue che, al fine di escludere l’attualità di tale pericolosità, occorre acquisire il recesso personale da quella organizzazione o la disintegrazione di questa."(Cassazione penale , sez. I, 31 marzo 1995, n. 2019, a si veda anche Tribunale Palermo, 15 febbraio 2007, secondo cui "il ritenuto inserimento nell’associazione mafiosa comporta un giudizio di pericolosità del preposto che si presume attuale, salvo risulti il recesso personale dall’organizzazione criminosa o la disintegrazione di quest’ultima." e Tribunale Reggio Calabria, 15 dicembre 2006, n. 321, secondo il quale "in tema di misure di prevenzione personali disposte ai sensi della l. 31 maggio 1965 n. 575, il requisito dell’attualità della pericolosità deve considerarsi necessariamente implicito nella riconosciuta appartenenza del soggetto proposto a una consorteria mafiosa. La presunzione di mancato recesso dall’organizzazione opera nei confronti di coloro che sono stati riconosciuti quali associati, e può essere vinta solo da prove contrarie che dimostrino o il venir meno della stessa associazione o il distacco del soggetto dal sodalizio criminoso: nel caso dell’associato, infatti, l’immanenza della sua partecipazione al sodalizio anche in tempi successivi alle contestazioni giudiziarie, si trae dalla natura stessa dell’associazione mafiosa che presuppone, normalmente, un’adesione irrevocabile e irrinunciabile, pena specifiche sanzioni contemplate dallo "statuto" stesso del sodalizio.").
Nel caso di specie, però, tali criteri valutativi, dai quali dedurre un permanere della pericolosità a carico del D.L. ******** risultano privi di attualità.
E ciò anche a prescindere dalla circostanza che i fatti sottesi alle condanne sono assai remoti (risalendo agli anni ’80 e del pari le pronunce di condanna siano risalenti nel tempo).
Ciò perché, (non soltanto in una occasione, ma in due distinte pronunce), il Giudice di sorveglianza della Campania, Napoli, ha escluso un giudizio di attualità della pericolosità del prevenuto, escludendo che lo stesso dovesse scontare la misura di sicurezza inflittagli con la sentenza di condanna ex art. 416 bis CP e, successivamente, nel 2007, accogliendo la domanda di riabilitazione.
E’ ben vero che, in via di principio, trattasi di pronunce soggette ad un limite "endemico" dato dalla modesta ampiezza degli accertamenti istruttori, dalla circostanza che il vaglio principale si appunta sulla condotta tenuta in carcere (soprattutto con riguardo alla pronuncia del Magistrato di Sorveglianza più risalente nel tempo) e dal mancato emergere di elementi "negativi" piuttosto che sulla conclamata emersione di elementi "positivi" dimostrativi della dissociazione.
E’ pur da valutare, però, che dette decisioni presuppongono un giudizio di "carenza attuale di pericolosità";e che ( ci si riferisce soprattutto alla pronuncia riabilitativa resa nel 2007) furono rese sulla scorta di relazioni svolte dalle forze dell’ordine, relative ad un arco temporale assai lungo, in cui il prevenuto non diede evidentemente adito a nessuna condotta degna di attenzione da parte delle forze dell’ordine.
Vero è che dopo la pronuncia di riabilitazione furono notati due incontri ( a consistente distanza temporale l’uno dall’altro) con pregiudicati; ed è vero altresì che inquietante elemento di sospetto riposa nel fatto che si trattava di soggetti sospettati di appartenere al clan ******, e che il D.L. ******** del capo-clan è cognato.
Tali emergenze, però, isolate temporalmente tra loro, astrattamente inquadrabili in occasionali incontri in luoghi pubblici o nelle adiacenze di essi, in un centro urbano di limitate dimensioni quale è Casoria, non travalicano la soglia dell’elemento di sospetto, e non sono dimostrative di una ripresa sistematica di contatti con esponenti della criminalità o di un (re) inserimento del predetto nel tessuto criminale.
Anche attenendosi ai canoni valutativi di cui agli artt. 2727-2729 CC non può dirsi sussistere pienezza dell’elemento "indiziario" della pericolosità di una ripresa di contatti ma, appunto, un elemento di sospetto.
Analoghe considerazioni valgono con riguardo al secondo elemento oggetto di cognizione.
Sul punto occorre rispondere al seguente interrogativo: se anche fossero stati diversamente e più pregnantemente riscontrati gli elementi di sospetto sussistenti a carico del D.L. ********, quali indizi non congetturali si rinvengono in atti, che secondo i canoni valutativi in premessa esposti, possono indurre a "traslare" tale pericolo su una società cui egli è estraneo?
Ciò laddove si consideri che, nessun elemento di sospetto diretto attinge (né ciò è stato altrimenti contestato) il legale rappresentante della società, o la propria madre, e che neppure è contestato il dato, fornito dalla difesa di parte appellante, che la società predetta "derivi" da attività imprenditoriale in passato svolta dalla famiglia della predetta genitrice, coniuge separato del D.L. ******** e che quest’ultimo nella predetta società non abbia mai assunto alcun ruolo.
Il Collegio è ben conscio del rischio che, attraverso lo schermo societario, ed il ricorso a prestanomi, esponenti criminali possano gestire (o comunque rivestire un ruolo di condizionamento negativo in ) imprese ad essi riconducibili; ed è consapevole della sostanziale non rilevanza e della neutralità, a fini decisori, della avvenuta separazione del predetto D.L. con il coniuge contitolare, insieme al figlio, dell’impresa chè essa ben potrebbe essere stata strumentalmente preordinata proprio al fine di dare dimostrazione della cessazione di comunanza di vita ed interessi in realtà insussistente (i coniugi separati in realtà convivono).
Neppure può essere obliata la circostanza che legale rappresentante dell’impresa è il figlio del predetto D.L. ********, dal che potrebbe discendere che l’affectio ed influenza paterna possa esplicitarsi in condotte volte a "dirigere" (in senso negativo, ovviamente) l’attività imprenditoriale filiale.
Purtuttavia, a parte tali elementi deduttivi, di natura logica, e discendenti esclusivamente dalla sussistenza di un (incancellabile e non altrimenti abiurabile o rimuovibile) legame di sangue, non vi sono altri elementi di alcun genere che autorizzino un giudizio impingente sull’attività di impresa.
Né, al contempo, il legale rappresentante dell’impresa potrebbe fare alcunché, "in positivo", per dimostrare la impossibilità di ingerenza del proprio genitore negli affari dell’impresa.
Sul punto, e con l’avvertenza che i richiami giurisprudenziali di seguito esposti vadano interpretati tenendo conto del giudizio "probabilistico" che il Collegio è chiamato a rendere nella "chiave valutativa" del percolo infiltrativo, pare doversi evidenziare che anche la giurisprudenza civilistica, in tema di individuazione del c.d. "socio occulto", ovvero della c.d. "società di fatto", ha avvertito l’esigenza di evidenziare che l’analisi giudiziale debba essere particolarmente rigorosa allorchè si sia in presenza di rapporti parentali o di coniugio, al fine di evitare che il legame possa essere ravvisato esclusivamente sulla base di tali ultimi elementi ( si veda in proposito, tra le tante, Cassazione civile , sez. I, 26 agosto 1998, n. 8468, ma anche Tribunale Milano, 13 gennaio 2006).
Traslando il principio alle vicende oggetto dell’odierno accertamento, più volte, poi, la giurisprudenza amministrativa ha avvertito l’esigenza di affermare che "è illegittima l’informativa prefettizia negativa fondata sul mero rapporto di parentela o affinità, di amministratori o soci di un’impresa con elementi malavitosi, essendo necessari anche altri elementi, sia pure indiziari, tali, nel loro complesso, da fornire obiettivo fondamento al giudizio di possibilità che l’attività d’impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata."(Consiglio di Stato , sez. VI, 02 maggio 2007, n. 1916: nell’iter motivazione della decisione predetta, si è richiamato l’insegnamento della Corte Costituzionale in una vicenda in cui si discuteva del possesso delle "qualità morali e di condotta" per l’ammissione ai concorsi in magistratura, secondo cui è certamente arbitrario……presumere che valutazioni e comportamenti riferibili alla famiglia di appartenenza o a singoli membri della stessa diversi dall’interessato debbano essere automaticamente trasferiti all’interessato medesimo – Corte Cost. 31 marzo 1994, n. 108-).
Alla stregua di quanto finora esposto, ritiene il Collegio che, pur nella accertata esistenza, nei termini sinora rappresentati di elementi deduttivi di sospetto, le appellate decisioni, e, a monte, l’azione amministrativa spiegata, non resistano alle censure spiegate nei riuniti ricorsi in appello, che devono essere conseguentemente accolti, con annullamento delle appellate riunite decisioni, accoglimento dei ricorsi di primo grado ed annullamento degli atti impugnati.
Le spese del giudizio devono essere compensate, sussistendone le condizioni di legge, ravvisabili nella particolarità e complessità degli aspetti fattuali sottesi alla presente controversia.

P.Q.M. – Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sui riuniti ricorsi in appello in epigrafe li accoglie nei termini di cui alla motivazione e, per l’effetto, annulla le appellate decisioni ed in accoglimento dei ricorsi di primo grado annulla gli impugnati provvedimenti.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione