Consiglio di Stato sez. VI 27/8/2010 n. 5980

Redazione 27/08/10
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Svolgimento del processo
Il sig. B. riferisce di essere titolare di un esercizio di ristorazione nell’ambito del territorio del Comune di Capri e di aver richiesto al civico Ente nel corso del 2003 il rilascio di un’autorizzazione edilizia per l’installazione di una chiusura mobile scorrevole a soffietto, da utilizzare durante il periodo invernale.

La richiesta era giustificata in base al fatto che "la mancanza di collegamento fra la saletta interna adiacente la cucina e la saletta esterna posta nella veranda di detto locale (…) in ragione della sua apertura anche nel periodo invernale determinerebbe notevoli inconvenienti alla gestione commerciale".

Risulta agli atti che, con delibera in data 22 dicembre 2003, la competente Commissione edilizia comunale ebbe ad esprimere parere favorevole sull’istanza, osservando che "(trattasi) di un pannello mobile, quindi struttura precaria a carattere stagionale".

Risulta, altresì, che con atto in data 15 gennaio 2004 il Sindaco del Comune di Capri ebbe a rilasciare la richiesta autorizzazione paesistica, osservando che "gli interventi edili da eseguire ben si inseriscono nel complesso ambientale a paesistico circostante e che i medesimi non arrecano alcun pregiudizio al godimento di visuali o sfondi panoramici"

Tuttavia, con il provvedimento in data 8 marzo 2004 (fatto oggetto di impugnativa in prime cure) la Soprintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio e per il patrimonio storico artistico e Demoetnoantropologico di Napoli e provincia dispose l’annullamento del nullaosta in parola per motivi legittimità ai sensi dell’art. 145 del d.lgs. 490 del 1999 (in seguito: art. 159, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42).

In particolare, il provvedimento soprintendizio di annullamento veniva adottato in quanto

– "le opere proposte non sono ascrivibili agli interventi ammessi nella predetta zona e sono estranee per foggia e materiali a quelle tipiche e ricorrenti sull’isola di Capri.

Si evidenzia, inoltre, che l’intervento è il completamento di una struttura precaria esistente, sulla cui legittimità nulla è detto";

– "il provvedimento comunale sopraccitato comporterebbe la realizzazione di opere non compatibili con le imprescindibili esigenze di tutela e conservazione dei valori paesistici riconosciuti (dal decreto impositivo del vincolo sull’area)".

Con la pronuncia in epigrafe il TAR della Campania respingeva il ricorso osservando (in via di estrema sintesi):

– che non fosse ravvisabile nel caso di specie il vizio di omessa comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di vicenda sorta nella vigenza del D.M. 165/2002, il quale (modificando in parte qua le disposizioni di cui al D.M. 495/1994) ha escluso la necessità della previa comunicazione di avvio nell’ambito del procedimento relativo all’esame del rilasciato N.O. paesistico;

– che non fosse nel caso di specie dubitabile la competenza del Soprintendente all’adozione del provvedimento di annullamento (tanto, alla luce del pertinente regolamento ministeriale di organizzazione);

– che, nel merito della vicenda, il decreto soprintendizio di annullamento risultasse meritevole di conferma per la parte in cui ha rilevato il carattere sostanzialmente apodittico dell’atto comunale con il quale era stata dichiarata la compatibilità del manufatto con le esigenze di tutela integrale dell’area, senza esporre in concreto le ragioni per cui il manufatto in parola fosse ritenuto compatibile con le esigenze in parola.

La pronuncia in epigrafe veniva gravata in sede di appello dal sig. B. il quale ne lamentava l’erroneità e ne chiedeva l’integrale riforma articolando plurimi motivi di doglianza.

All’udienza pubblica del giorno 25 maggio 2010 il ricorso in epigrafe veniva trattenuto in decisione.

Motivi della decisione
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal titolare di un esercizio di ristorazione nell’ambito del Comune di Capri avverso la sentenza del T.A.R. della Campania con cui è stato respinto il ricorso avverso il decreto con cui la competente Soprintendenza per i BB.CC.AA. ha annullato il nullaosta paesistico rilasciato dal Comune per la realizzazione di una chiusura mobile scorrevole a soffietto (art. 146 del d.lgs. 42 del 2004).

2. Con il primo motivo di appello, il sig. B. lamenta che la pronuncia in epigrafe risulti errata e meritevole di riforma per non avere considerato che il provvedimento statale di annullamento fosse stato adottato senza la previa comunicazione di avvio del procedimento.

Nella tesi dell’appellante, il T.A.R. avrebbe nell’occasione omesso di tenere in considerazione che la normativa ratione temporis applicabile alla vicenda di causa rendesse altresì necessaria la previa comunicazione ex art. 7, l. 241 del 1990, in tal modo palesando l’illegittimità del procedimento conclusosi con l’annullamento del N.O. paesistico per cui è causa.

In via subordinata l’appellante osserva che, laddove si ritenesse che ai sensi della pertinente disciplina (e, segnatamente, del D.M. 19 giugno 2002, n. 165, di modifica del D.M. 13 giugno 1994, n. 495) la richiamata comunicazione di avvio non sia più necessaria, la conseguenza sarebbe nel senso di palesare l’illegittimità costituzionale della normativa in parola, con la conseguenza che questo Consiglio dovrebbe sospendere il giudizio per rimettere la questione alla Corte costituzionale.

2.1. Il motivo non può trovare accoglimento.

2.1.1. Al riguardo il Collegio premette che, nel sistema successivo all’entrata in vigore del d.lgs. 42 del 2004, cit., la comunicazione di avvio del procedimento finalizzato all’annullamento del nulla osta paesaggistico da parte del competente Organo statale non richieda più la previa comunicazione ex art. 7, l. 241 del 1990.

Tanto, in base al disposto di cui al comma 1 dell’art. 159, d.lgs. 42, cit. il quale (innovando in parte qua rispetto al previgente disposto di cui all’art. 151 del d.lgs. 490 del 1999) stabilisce in modo espresso che la comunicazione relativa all’avvenuto rilascio del nulla osta da parte dell’Ente a ciò competente "costituisce avviso di inizio di procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990, n. 241".

In realtà, il superamento dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento in caso di annullamento del nulla osta paesistico risale ad un periodo ancora anteriore rispetto all’entrata in vigore del testo unico del 2004 (un periodo tale – si osserva – da includere anche la vicenda all’origine del presente giudizio).

Ed infatti, l’art. 2 del D.M. 19 giugno 2002, n. 165, modificando la previsione di cui all’art. 4 del D.M. 13 giugno 1994 (‘Regolamento concernente disposizioni di attuazione degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, riguardanti i termini e i responsabili dei procedimenti’) ha espressamente stabilito che la comunicazione in questione non sia dovuta (inter alia) a fronte del complessivo procedimento – ad istanza di parte – volto al rilascio del nulla osta paesaggistico.

L’approccio in questione è stato confermato da un condiviso orientamento di questo Consiglio, il quale ha appunto avuto modo di chiarire che, a seguito dell’entrata in vigore del regolamento approvato col d.m. 19 giugno 2002 n. 165 (il quale ha aggiunto il comma 1bis dell’art. 4 del regolamento approvato con D.M. 13 giugno 1994 n. 495), il provvedimento ministeriale che annulla il nulla osta paesaggistico per la realizzazione di una costruzione edilizia in zona protetta non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 29 novembre 2005, n. 6756).

2.1.2. Come si è esposto in narrativa, la difesa dell’appellante ha osservato che, laddove il D.M. 495 del 1994 fosse da intendere nel senso di escludere effettivamente l’obbligo di comunicazione di avvio dell’ulteriore fase che può culminare con l’annullamento da parte del Soprintendente, la conseguenza sarebbe nel senso di palesare l’illegittimità della disposizione regolamentare in parola per violazione degli articoli 3 e 97, Cost.

2.1.2.1. La dedotta questione è manifestamente inammissibile in quanto, alla luce di generali principi, gli eventuali profili di illegittimità costituzionale inficianti norme di rango regolamentare non possono dare luogo all’incidente di costituzionalità di cui all’art. 134, Cost., ben potendo – al contrario – essere conosciuti dal giudice amministrativo nell’ordinario esercizio del vaglio giurisdizionale sulla legittimità degli atti amministrativi (quand’anche idonei ad integrare l’ordinamento giuridico con previsioni di carattere generale ed astratto).

Si osserva inoltre che la dedotta questione, una volta ricondotta nella naturale sededel giudizio di legittimità rimesso al plesso TAR/Consiglio di Stato, risulta comunque inammissibile per non avere l’odierno appellante esplicitato (neppure in via generalissima) sotto quale profilo la previsione regolamentare che esclude l’obbligo di comunicazione di avvio nell’ambito della richiamata fase procedimentale risulterebbe violativa dei richiamati canoni costituzionali.

Sotto tale aspetto, quindi, la richiamata censura non può che essere dichiarata inammissibile per genericità.

Ai ben limitati fini che qui rilevano si osserva, comunque, che la complessiva giustificazione sistematica della richiamata scelta normativa (dapprima operata in via regolamentare e successivamente – con l’art. 159 del d.lgs. 42 del 2004 – confermata anche in via primaria) sia stata enucleata da un condivisibile filone giurisprudenziale il quale ha chiarito che detta scelta normativa risulta comprensibile sia perché, una volta rilasciato il nulla osta da parte della Regione (o dell’Ente locale subdelegato), la successiva fase di riesame del nulla osta da parte del Ministero per i beni e le attività culturali si configura come una fase necessaria e non autonoma di un unitario e complesso procedimento volto al riscontro della possibilità giuridica di mutare lo stato dei luoghi, sia perché, per consolidato principio giurisprudenziale, l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento non sussiste per i procedimenti avviati ad istanza di parte – come è quello diretto ad ottenere l’autorizzazione paesaggistica (in tal senso: Cons. Stato, Sez. IV, sent. 21 maggio 2002, n. 2900).

3. Con il secondo motivo di appello il sig. B. lamenta che il T.A.R. abbia omesso di tenere in adeguata considerazione ai fini del decidere il fatto che il Soprintendente per i beni architettonici ed il paesaggio e per il patrimonio storico artistico e demoetnoantropologico di Napoli e provincia non fosse competente all’adozione del provvedimento in parola, il quale avrebbe, altresì, dovuto essere emanato con atto di competenza del Ministro.

3.1. Il motivo in questione non può trovare accoglimento.

3.1.1. Sotto tale aspetto si osserva che la pronuncia oggetto di gravame risulta meritevole di conferma per la parte in cui ha rilevato che, all’indomani della riforma dei rapporti fra Organi di indirizzo politico ed Organi gestionali (e, segnatamente, all’indomani del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, confermato in parte qua nelle sue linee di fondo dal successivo d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80) il rapporto in questione sia stato normativamente improntato all’insegna del principio della distinzione fra i relativi ambiti, con tendenziale preclusione per l’Organo di indirizzo politico ad adottare atti di natura gestionale (quale – appunto – l’annullamento dei N.O. paesistici di cui all’art. 159, T.U., cit.).

Non a caso, il comma 3 dell’art. 159, cit. individua in capo al "Ministero" (inteso come complessiva struttura burocraticogestionale) e non in capo al "Ministro" (inteso soggettivamente quale vertice politico della medesima struttura) la competenza ad eventualmente adottare i provvedimenti di annullamento.

Si osserva, inoltre, che la pronuncia in esame risulta meritevole di conferma anche per la parte in cui richiama uno specifico dato positivo il quale conferma la competenza del Soprintendente all’adozione dei provvedimenti di annullamento dei N.O. paesistici (si tratta del d.P.R. 29 dicembre 2000, n. 441 – recante "norme di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali" – il cui art. 14, al comma 3 espressamente demanda(va) alle Soprintendenze il compito di adottare i provvedimenti di annullamento dei nullaosta di cui all’art. 159 del d.lgs. 42 del 2004).

4. Con il terzo motivo di appello, il sig. B. lamenta che i primi giudici abbiano omesso di tenere in considerazione ai fini del decidere la circostanza per cui il decreto soprintendizio impugnato in prime cure avesse travalicato i limiti legali del mero controllo di legittimità, tralignando in un (illegittimo) riesame di merito della compatibilità paesistica del proposto intervento.

Con un ulteriore motivo, l’appellante lamenta che i primi giudici abbiano omesso di rilevare il difetto di motivazione che viziava in modo irrimediabile l’impugnato decreto del Soprintendente, non emergendo in modo chiaro le ragioni di fatto e di diritto sottese all’adozione del provvedimento di annullamento.

Ancora, l’appellante lamenta che il T.A.R. non abbia adeguatamente valutato, ai fini del decidere, il carattere "precario e stagionale" del manufatto in questione, in nessun modo idoneo ad alterare lo stato dei luoghi, l’aspetto esteriore degli edifici, e, in definitiva, a compromettere le esigenze di tutela di cui al pertinente Piano Territoriale Paesistico (approvato con D.M. 8 febbraio 1999).

Con un ulteriore motivo, il sig. B. lamenta che i primi giudici non abbiano tenuto in adeguata considerazione l’illegittimità del provvedimento soprintendizio di annullamento per disparità di trattamento con quanto statuito in altre vicende, in cui il potere statale di annullamento non era stato esercitato, nonostante venissero in rilievo intervento di ben maggiore portata ed invasività.

Con un ultimo motivo di doglianza, il sig. B. lamenta che la pronuncia in epigrafe risulti meritevole di riforma per non essere state adeguatamente valutate la modestissima portata (anche ai fini economici) del progettato manufatto, la quale in alcun modo avrebbe giustificato una condanna alle spese di lite pari ad euro duemilacinquecento (oltre gli accessori di legge).

4.1. I motivi dinanzi sinteticamente richiamati – che possono essere esaminati in modo congiunto – non possono trovare accoglimento.

4.1.1. Al riguardo il Collegio ritiene che la pronuncia in epigrafe risulti meritevole di puntuale conferma laddove ha osservato che il nullaosta comunale avesse del tutto omesso di esplicitare le ragioni che inducevano a ritenere la conformità fra l’opera progettata e il vincolo di "protezione integrale" esistente sull’area.

Come si è anticipato in narrativa, infatti, il Comune aveva adottato in modo sostanzialmente immotivato il proprio atto di assenso, limitandosi ad affermare in modo sostanzialmente apodittico che "gli interventi edili da eseguire ben si inseriscono nel complesso ambientale a paesistico circostante e che i medesimi non arrecano alcun pregiudizio al godimento di visuali o sfondi panoramici".

Si tratta, come è evidente, di una sorta di "pseudomotivazione’, la quale si limita a riaffermare con formule di stile il dato della compatibilità dell’intervento con il vincolo insistente sull’area, senza in alcun modo esplicitare le effettive ragioni per cui si riteneva di ammettere la deroga al vincolo di protezione totale colà esistente (vincolo la cui incisività postulava un onere motivazionale ben più pregnante di quello utilizzato dal comune di Capri, sia pure a fronte di opere di impatto certamente minore).

Pertanto, anche a prescindere dalla questione relativa al se la Soprintendenza avesse a propria volta effettuato un inammissibile vaglio sul merito della questione, è comunque innegabile che l’atto comunale risultasse affetto dai rilevati profili di difetto di istruttoria e di motivazione per aver affermato in modo del tutto apodittico la richiamata compatibilità (e l’individuazione di tali profili di legittimità non è certamente sottratta all’Organo statale di controllo).

Per le richiamate ragioni, l’atto di assenso comunale palesava comunque la propria illegittimità a prescindere da qualunque valutazione relativa all’entità dimensionale o tipologica dell’opera prevista, ovvero a suo carattere intrinsecamente precario.

Neppure può essere accolto il motivo di appello relativo alla presunta disparità di trattamento con quanto operato (rectius: non operato) a fronte di analoghe vicende, in cui l’Organo statale avrebbe soprasseduto dall’adottare provvedimenti di annullamento, pur emergendo profili di illegittimità in tutto assimilabili a quelli ascritti a carico dell’atto comunale oggetto di annullamento.

Sotto tale aspetto deve in primo luogo osservarsi che la formulazione sostanzialmente generica del motivo in questione rende applicabile al caso di specie l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la censura di eccesso di potere per disparità di trattamento non può sussistere in tutti i casi in cui non risulti dimostrata l’assoluta identità di situazioni, e comunque la legittimità dell’operato della p.a. non può essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altra situazione (sul punto, cfr. -ex plurimis -: Cons. Stato, Sez. VI, sent. 29 luglio 2009, n. 4732).

Si osserva inoltre che, una volta acclarati gli obiettivi profili di illegittimità che inficiavano l’atto di assenso comunale, deve trovare applicazione il parimenti condiviso orientamento giurisprudenziale secondo cui l’eccesso di potere per disparità di trattamento non è configurabile quando il termine di raffronto consista in precedenti atti non conformi a legge, essendo evidente che colui che sia stato legittimamente escluso da un determinato beneficio non possa invocare l’eventuale illegittimità commessa a favore di altri al fine di ottenere che essa venga compiuta anche in proprio favore (in tal senso -ex plurimis -: Cons. Stato, Sez. VI, sent. 9 aprile 2009, n. 2190).

5. Per le considerazioni che precedono l’appello in epigrafe deve essere respinto.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti per questo grado di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione