Consiglio di Stato sez. V 6/12/2010 n. 8554

Redazione 06/12/10
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1. Contratti della p.a. – Project financing – Procedimento – Fase pubblicistica e fase privatistica – Distinzione
2. Contratti della p.a. – Project financing – Decadenza dall’aggiudicazione per inadempimento della convenzione da parte del concessionario – Illegittimità – Ragioni

1. L’istituto del progetto di finanza, come specificamente indicato negli artt. 37-bis e seguenti dell’allora vigente legge n. 109 del 1994 e successive modificazioni, prevede due distinte fasi: una fase pubblicistica per la scelta del promotore, che si conclude con l’affidamento della concessione al soggetto vincitore dell’apposita sequenza di evidenza pubblica, e una successiva fase di natura prettamente privatistica, per la quale viene sottoscritta una convenzione con la quale si stabiliscono, per l’esecuzione delle attività di cui alla concessione, una serie di contrapposte obbligazioni e dove si individuano le ragioni (e il relativo procedimento) per contestare inadempimenti, per diffidare all’esecuzione di prestazioni e anche per dare corso alla eventuale risoluzione della convenzione, qualora gli inadempimenti siano così gravi da non poter essere considerati superabili con l’applicazione delle altre misure. Le due fasi vanno tenute rigorosamente distinte, per cui, qualora si dovessero individuare vizi nel procedimento che ha condotto all’aggiudicazione della concessione, per mezzo di project financing, al concessionario, indubbiamente soccorrono tutti i mezzi tipici per poter procedere in autotutela da parte dell’amministrazione al fine di caducare l’aggiudicazione, con la conseguenza del venir meno anche della successiva ed adesiva convenzione, che non ha una sua autonomia propria, ma trae la sua esistenza dall’esistenza della concessione, mentre, qualora si verifichino inadempimenti della convenzione, senza che essi tocchino in qualche modo la precedente concessione e il relativo procedimento, questi inadempimenti possono colpire esclusivamente la convenzione, nella misura che si riterrà, a seconda delle circostanze, potendo quindi anche arrivare alla risoluzione della stessa convenzione, sulla base evidentemente delle norme inserite nella convenzione stessa, che prevedono la reazione delle parti allorquando l’inadempimento risulti verificato, contestato e non sanabile in qualche modo, sempre secondo le specifiche indicazioni della convenzione stessa.
2. È illegittimo il provvedimento di decadenza dall’aggiudicazione di una concessione relativa a project financing adottato per inadempimento della convenzione da parte del concessionario, considerato che l’autotutela non poteva essere esercitata, in ragione del fatto che la stessa può colpire solo provvedimenti amministrativi, allorquando questi siano viziati, mentre nella specie non si era in presenza di un illegittimo affidamento a seguito di project financing, ma si era invece in presenza di un ritenuto grave inadempimento che non poteva essere sanzionato con un provvedimento in autotutela, ma doveva essere esaminato alla luce della normativa convenzionale, procedendo, se del caso, anche alla risoluzione della convenzione.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1522 del 2010, proposto a’ sensi dell’art. 25 della L. 7 agosto 1990 n. 241 e successive modifiche e ora a’ sensi dell’art. dell’art. 116 c.p.amm.da:
***************, patrocinantesi in proprio a’ sensi dell’art. 23 c.p.amm. , con domicilio eletto presso la Segreteria di questo Tribunale, a’ sensi e per gli effetti dell’art. 25, comma 1, c.p.amm.;

contro

Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Vicenza,in persona del suo presidente pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avv. **************, con domicilio eletto presso la Segreteria di questo Tribunale, a’ sensi e per gli effetti dell’art. 25, comma 1, c.p.amm.;

nei confronti di

************;
per l’esibizione e l’estrazione di copia di tutti i documenti inerenti all’indagine preliminare effettuata dall’Ordine degli Avvocati di Vicenza al fine di verificare la sussistenza di violazioni disciplinari da parte dell’Avv. ************, iscritta all’Ordine medesimo.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Vicenza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2010 il dott. ************ e udito le parti come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.1. Il ricorrente, *********************, riferisce di aver inoltrato al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Vicenza un esposto datato 23 marzo 2010 in ordine alla condotta dell’Avv. *************, iscritta all’Ordine medesimo, relativamente ad una pratica che il ricorrente medesimo aveva affidato al patrocinio di tale professionista.
Il ******* documenta che in esito a tale esposto il Consigliere Delegato dell’Ordine, Avv. ******************, gli ha inviato in data 12 aprile 2010 la nota 939-A del seguente tenore: “Comunico di essere stato incaricato dal Consiglio di procedere ad una indagine preliminare, al fine di verificare la sussistenza o meno di violazioni disciplinari da parte dell’Avv. ************ in relazione all’esposto in oggetto. Mi riservo pertanto di informarla sugli eventuali sviluppi del procedimento. Distinti saluti” (cfr. doc. 1 di parte ricorrente).
Con nota dd. 19 aprile 2010 inoltrata a mezzo telefax il ******* ha quindi significato al Consiglio dell’Ordine, e segnatamente alla “c.a. Avv. ******************”, che “nel prendere atto dell’incarico che il Consiglio Le ha assegnato, si chiede cortesemente di essere informati del deposito da parte dell’Avv. ******** di memorie o altri documenti difensivi affinché lo scrivente, mediante l’accesso agli atti, possa acquisirne copia ed eventualmente replicare, ciò prima della chiusura dell’indagine preliminare e che il Consiglio adotti provvedimenti inerenti l’esposto” (cfr. ibidem, doc.ti 2 e 3).
Dopo il decorso di oltre due mesi dall’inoltro di tale nota il *******, non avendo ottenuto riscontro a tale sua richiesta, ha inoltrato in data 14 giugno 2010 al Consiglio dell’Ordine, sempre segnatamente all’attenzione dell’Avv. **********, la seguente nota: “In riferimento all’esposto di cui all’oggetto, si chiede di poter conoscere se sono presenti agli atti ulteriori documenti relativi al procedimento in corso. Nell’ipotesi della presenza di ulteriore documentazione, si inoltra la presente formale istanza di accesso per prenderne visione e per estrarne copia, poiché lo scrivente è portatore di concreto interesse personale nella vicenda e intende accedere agli atti in quanto necessari per curare e difendere i propri interessi personali e giuridici. Si chiede, inoltre, di essere informati dell’eventuale invito, indirizzato all’Avv. ******** da parte di codesto Ordine, di voler produrre, come richiesto nell’esposto, la documentazione e i riscontri che lo scrivente ha più volte tentato di ottenere e che, come noto, a tutt’oggi il Vs. iscritto non ha fornito” (cfr. ibidem, doc. 4).
Il ******* afferma che le richieste contenute nella surriportata nota non hanno ottenuto riscontro.
1.2. Ciò posto, con il ricorso in epigrafe il medesimo ******* chiede l’esibizione e l’estrazione di copia di tutti i documenti inerenti all’indagine preliminare effettuata dall’Ordine degli Avvocati di Vicenza al fine di verificare la sussistenza di violazioni disciplinari da parte dell’Avv. ************, iscritta allo stesso Ordine.
Il ricorrente, dopo aver evidenziato che nella specie si è formato il silenzio rifiuto di cui all’art. 25, comma 4, della L. 7 agosto 1990 n. 241 e successive modifiche e che peraltro la risposta alla sua predetta nota dd. 14 giugno 2010 costituiva obbligo per l’Ordine a’ sensi di quanto disposto dall’art. 6, comma 2, del Regolamento per l’accesso agli atti amministrativi adottato dall’Ordine medesimo (cfr. ibidem, doc. 6), afferma che, a fronte dell’obbligo per le pubbliche amministrazioni contemplato dal medesimo art. 25 della L. 241 del 1990 di esibire i documenti il cui accesso non sia espressamente escluso dalla disciplina regolamentare adottata al fine dell’applicazione dell’art. 22 e ss. della stessa L. 241 del 1990 e successive modifiche, non sussisterebbero nella specie ragioni di riservatezza del professionista ostative all’accesso; né l’accesso medesimo potrebbe essere escluso in relazione ai dati personali che si chiede di acquisire, in quanto non sensibili a’ sensi della disciplina contenuta nel D.L.vo 30 giugno 2003 n. 196 e successive modifiche.
Ad avviso del medesimo ricorrente, per contro, sussisterebbe nella specie un proprio interesse personale e concreto all’accesso agli atti da lui chiesto, necessario per valutare l’adozione di ogni opportuna iniziativa a tutela della propria sfera giuridica.
2. Si è costituito in giudizio l’Ordine degli Avvocati di Vicenza, depositando innanzitutto copia dell’esposto prodotto all’Ordine medesimo da parte del ******* (doc. 4 di parte resistente) e documentando – altresì – che con nota dd. 6 agosto 2010 ma protocollata in uscita al n. 2113-A dd. 17 agosto 2010 il Consigliere Delegato Avv. ******************* ha comunicato all’attuale ricorrente “che il Consiglio, nella seduta del 7 luglio 2010, ha disposto l’archiviazione del procedimento relativo alla segnalazione in data 23 marzo 2010 da Lei pervenuta nei confronti dell’Avv. ************, non ravvisando, allo stato, elementi di rilevanza disciplinare nei riguardi della stessa” (cfr. ibidem, doc. 8).
Secondo la prospettazione dell’Ordine, il ricorso proposto dal ******* risulterebbe in primo luogo inammissibile per omessa impugnazione del diniego asseritamente formatosi in via tacita sulla prima e presupposta istanza di accesso prodotta dal medesimo ******* in data 19 aprile 2010: e ciò in quanto la susseguente istanza di questi, presentata in data 14 giugno 2010 e in ordine alla quale è stata – per l’appunto – poi proposta l’impugnativa per cui ora è causa, si configurerebbe quale mera reiterazione della domanda precedentemente non accolta “per silentium” con acquiescenza dello stesso ricorrente.
In via subordinata l’Ordine eccepisce la sopravvenuta carenza del ricorrente alla decisione del ricorso, stante la medio tempore intervenuta archiviazione dell’esposto da lui presentato, con conseguente inutilità per lo stesso ******* di acquisire copia degli “ulteriori documenti del procedimento in corso”, come – per l’appunto – da lui stesso precisato nella propria istanza dd. 14 giugno 2010.
Sempre in via subordinata l’Ordine eccepisce pure l’inammissibilità dell’istanza di accesso presentata dal ******* in quanto in essa non sarebbe stato individuato e descritto il concreto interesse all’accesso agli atti di cui il medesimo ******* sarebbe titolare, asseritamente contravvenendo con ciò a quanto disposto sia dall’art. 25, comma 2, della L. 241 del 1990, sia dall’art. 4. comma 5, del predetto Regolamento per l’accesso agli atti amministrativi adottato dall’Ordine medesimo, laddove – per l’appunto – si impone che la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata mediante la descrizione dell’interesse sottostante alla richiesta stessa.
Da ultimo, e in via ulteriormente subordinata, l’Ordine chiede la reiezione nel merito della domanda di accesso proposta dal *******, avuto segnatamente riguardo all’assunto di Cons. Stato, Sez. IV, 5 dicembre 2006 n. 7111 secondo cui il presentatore di un esposto a carico di un Avvocato può accedere agli atti con i quali il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati ha preliminarmente valutato la sussistenza dei presupposti per eventualmente aprire al riguardo un procedimento disciplinare soltanto dopo aver ricevuto la comunicazione del provvedimento di archiviazione, ovvero la comunicazione dell’avvio del procedimento disciplinare: e ciò, nella prima evenienza, ai fini di conoscere i motivi per i quali dall’esposto non è conseguito l’avvio dell’azione disciplinare e di eventualmente verificare la sussistenza dei presupposti per presentare altra e più argomentata richiesta di azione disciplinare all’Ordine, e nella seconda evenienza al fine di eventualmente fornire nel giudizio disciplinare ulteriori elementi fondanti la responsabilità del professionista, nonché al fine di acquisire supporti documentali utili all’esercizio nei riguardi del professionista medesimo dell’azione civile di danno.
3. All’udienza camerale del 27 ottobre 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.
4.1. Il Collegio deve farsi preliminarmente carico di disaminare le eccezioni preliminari proposte dalla difesa dell’Ordine.
4.2. Va in primo luogo respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per l’omessa impugnazione, da parte del *******, del silenzio-rifiuto asseritamente formatosi nei riguardi della sua richiesta dd. 19 aprile 2010 “di essere informati del deposito da parte dell’Avv. ******** di memorie o altri documenti difensivi affinché lo scrivente, mediante l’accesso agli atti, possa acquisirne copia ed eventualmente replicare, ciò prima della chiusura dell’indagine preliminare e che il Consiglio adotti provvedimenti inerenti l’esposto” (cfr. doc.ti 2 e 3 di parte ricorrente).
A differenza di quanto reputato dalla difesa dell’Ordine, il contenuto di tale richiesta del Pertile non va infatti ricondotto ad una sua formale richiesta di accesso agli atti dell’indagine preliminare promossa nei riguardi dell’Avv. ********, del resto a quel momento ragionevolmente non ancora acquisiti o formati e in ordine ai quali l’esercizio del diritto di accesso non poteva quindi che risultare inammissibile per inattualità del relativo interesse (cfr. in via generale, ed ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 22 gennaio 2002 n. 370 in ordine all’inderogabile esigenza che la domanda di accesso alla documentazione amministrativa sia supportata da un interesse attuale), ma va viceversa configurata quale richiesta del medesimo ******* di voler esercitare, in conseguenza dell’informativa da lui ricevuta in ordine all’intervenuto avvio dell’indagine preliminare nei riguardi dell’Avv. ********, i diritti di partecipazione procedimentale a lui garantiti dall’art. 10 della L. 241 del 1990, ossia di prendere visione degli atti del procedimento al fine eventualmente presentare memorie scritte e documenti.
Ciò, del resto, risulta ben evidente dallo stesso, inequivoco tenore testuale della nota, laddove – per l’appunto – il ******* chiede all’Avv. **********, ossia a chi nei suoi riguardi aveva assunto la funzione di “responsabile del procedimento” a’ sensi dell’art. 6 e ss. della L. 241 del 1990 e successive modifiche proprio per avergli inoltrato la comunicazione Prot. 939-A dd. 12 – 15 aprile 2010, non già di fornirgli indiscrimintamente copia di tutti i futuri atti del procedimento medesimo, ma di dargli notizia dell’eventuale, futuro deposito agli atti del procedimento stesso di documenti o memorie presentati dall’Avv. ********, per “eventualmente replicare”..
In conseguenza di ciò, pertanto, risulta del tutto inconferente nell’economia di causa qualsivoglia richiamo, da parte della difesa dell’Ordine, alla giurisprudenza che – peraltro pienamente condivisa dal Collegio – afferma l’inammissibilità, in difetto di ulteriori e sopravvenuti elementi che sostanzino un nuovo e diverso interesse all’accesso, della reiterazione delle domande di accesso già in precedenza respinte dall’Amministrazione ovvero sulle quali si sia già formato, con acquiescenza del ricorrente, il silenzio-rifiuto di cui all’art. 25 della L. 241b del 1990 e successive modifiche (cfr. sul punto, ex multis, Cons. Stato, A.P. 18 aprile 2006 n. 6).
4.3. Va pure respinta l’eccezione di improcedibilità del ricorso in dipendenza della sopravvenuta archiviazione dell’esposto da lui presentato nei riguardi dell’Avv. ********.
Anche a prescindere, infatti, dalla circostanza che la stessa giurisprudenza dianzi valorizzata dalla stessa difesa dell’Ordine ammette la sussistenza di un interesse del presentatore dell’esposto archiviato a chiedere copia degli atti della presupposti all’archiviazione medesima se non altro al fine di valutare la possibilità di presentare un ulteriore e più motivato esposto (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 5 dicembre 2006 n. 7111 cit.), risulta ben evidente nella specie, proprio dalla lettura dell’istanza presentata all’Ordine dal ******* il 14 giugno 2010, il perdurante interesse di questi ad acquisire comunque, per l’eventuale tramite dell’Ordine, “la documentazione e i riscontri” che egli ha riferito nell’esposto di non aver a tutt’oggi ricevuto dall’Avv. ******** e che la stessa potrebbe aver peraltro dimesso in copia quale allegato ai propri eventuali scritti difensivi: documentazione che nell’esposto è identificata con il carteggio intrattenuto tra la medesima Avv. ************ e l’Avv. Slavica Stanicić di Belgrado relativamente alle cause insorte per l’affidamento della figlia minore del’attuale ricorrente, ************, nata a seguito della relazione da lui a suo tempo intrattenuta con la cittadina serba *************.
4.4. Va pure respinta la prospettazione dell’Ordine secondo la quale il ******* non avrebbe comunque comprovato nella propria istanza dd. 14 giugno 2010 il proprio interesse all’accesso agli atti dell’inchiesta preliminare disposta nei confronti dell’Avv. ********: e ciò, se non altro, avuto riguardo all’assorbente circostanza per cui lo stesso Ordine – come dianzi evidenziato – aveva dato notizia al ******* dell’avvenuta apertura (nonché, poi, dell’avvenuta chiusura) dell’inchiesta di cui trattasi, nonché dell’ormai consolidata giurisprudenza in forza della quale al presentatore di un esposto in sede amministrativa è comunque riconosciuto il diritto di accesso agli atti del procedimento che è al riguardo conseguito (cfr. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, A. P., 20 aprile 2006 n. 7; T.A.R. Sardegna, Sez. I, 10 giugno 2010 n. 1435; T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, 19 maggio 2009 , n. 3783, T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 04 giugno 2007 n. 5107).
5.1. Nel merito, il ricorso va accolto.
5.2. Giova innanzitutto evidenziare che è ormai risalente in giurisprudenza l’affermazione secondo cui a colui che abbia presentato un esposto disciplinare all’Ordine degli Avvocati nei riguardi di un professionista ad esso iscritto va riconosciuto, a’ sensi dell’art. 22 e ss. della L. 241 del 1990, il diritto di accesso agli atti conseguentemente posti in essere dal Consiglio dell’Ordine medesimo, in quanto si tratta di documentazione che – salvo prova contraria, cui peraltro fa ora seguito la valutazione di cui agli artt. 59 e 60 del D.L.vo 30 giugno 2003 n. 196 – non involge interessi per i quali possa invocarsi la sussistenza di dati sensibili; né possono essere invocate in contrario eventuali “prassi” difformi, ovvero l’assunto che le deduzioni difensive del professionista inquisito sono proprie di quest’ultimo e, perciò, indisponibili per l’esponente, oppure – e da ultimo – che il Consiglio dell’Ordine non potrebbe comunicare o diffondere dati personali degli iscritti oltre quelli pubblici contenuti nell’apposito Albo: infatti, “l’Ordine degli Avvocati non è “legibus solutus” bensì, come Ente pubblico è soggetto alla disciplina sull’accesso, giusta l’art. 23 della L. 241 del 1990” (così T.A.R. Toscana, Sez. I, 20 dicembre 1999 n. 1079).
Del resto, la stessa giurisprudenza citata dalla difesa dell’Ordine a preteso sostegno delle proprie ragioni, ossia l’anzidetta decisione di Cons. Stato, Sez. IV, 5 dicembre 2006 n. 7111 afferma – come si è visto innanzi – che il cliente di un avvocato, il quale ha presentato un esposto al Consiglio dell’Ordine rappresentando alcune irregolarità e violazione di obblighi professionali che sarebbero stati commessi dal legale nella cura di una pratica, ha diritto ad accedere agli atti del procedimento disciplinare avviato a seguito dell’esposto, ovvero agli atti che hanno dato luogo all’archiviazione dell’esposto medesimo, non sussistendo ragioni di riservatezza del professionista, in quanto si tratta di accedere non a dati sensibili ma ad atti aventi stretto riferimento ai rapporti contrattuali intercorrenti con il cliente: e da ciò, per l’appunto, si ricava – a differenza di quanto qui sostenuto dalla difesa dell’Ordine – che, aderendo alla tesi fatta propria dalla testè riferita giurisprudenza del giudice di appello, il silenzio serbato nella specie sull’istanza presentata dal ******* è stato comunque illegittimo in quanto l’Ordine medesimo avrebbe dovuto far uso del potere di differimento contemplato dall’art. 24, comma 4, della L. 241 del 1990 e successive modifiche, nel mentre ora, proprio perché è sopravvenuto il provvedimento di archiviazione dell’esposto, il rilascio di quanto chiesto dal ******* costituirebbe – di per sé – atto dovuto.
Il Collegio – tuttavia – reputa che, fermo restando l’attuale e (giova ribadire, secondo lo stesso assunto della giurisprudenza qui valorizzata dall’Ordine) del tutto ineludibile obbligo di accogliere la richiesta del *******, anche prima dell’adozione del provvedimento di archiviazione questi aveva comunque titolo ad accedere agli atti dell’inchiesta preliminare avviata nei riguardi dell’Avv. ********.
Come infatti ha avuto puntualmente modo di evidenziare T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 6 aprile 2009 n. 3160, per quanto attiene ai procedimenti disciplinari promossi dagli Ordini degli Avvocati nei confronti dei propri iscritti, “anche la fase preliminare del procedimento disciplinare si inserisce nel procedimento amministrativo. I relativi atti sono, pertanto, soggetti al principio di trasparenza che connota l’attività della Pubblica Amministrazione. Per le stesse ragioni, non impedisce l’ostensione degli atti il fatto che essi consistano in osservazioni difensive redatte dai soggetti contro i quali sia stato presentato l’esposto. Le memorie di parte, infatti, costituiscono parte integrante degli atti del procedimento ai quali la legge consente l’accesso da parte dei soggetti che ne abbiano interesse, in quanto anche dalla loro lettura possono evincersi le ragioni che hanno orientato l’agire della Pubblica Amministrazione”.
Né va sottaciuto che la conoscenza tempestiva degli atti stessi da parte dell’esponente al fine di far valere le proprie ragioni mediante propri contributi partecipativi in tale sequenza procedimentale prodromica ai fini dell’apertura del procedimento disciplinare ovvero dell’adozione del provvedimento di archiviazione risulta essenziale in quanto con ordinanza n. 25831 dd. 11 dicembre 2007, resa in sede di regolamento di giurisdizione, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno respinto la tesi secondo cui, data la natura oggettivamente e soggettivamente amministrativa dei provvedimenti che i Consigli degli Ordini professionali degli Avvocati emettono nei confronti dei propri iscritti, della loro legittimità potrebbe conoscere il giudice amministrativo quando essa sia fatta valere non dal professionista che ne è destinatario o dal Pubblico Ministero, ma da un terzo che vanti un interesse rispetto all’esercizio della potestà disciplinare.
A tale riguardo, il giudice regolatore della giurisdizione ha infatti evidenziato che, “giusta la testuale previsione di cui al R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, artt. 24, 31, 35, 37, 50 e 54, recante l’ordinamento della professione di Avvocato, sono devolute alla giurisdizione del Consiglio Nazionale Forense tutte le controversie relative alla iscrizione, come al rifiuto di iscrizione, nonché alla cancellazione dagli albi professionali degli avvocati, come anche quelle relative all’esercizio potere disciplinare nei confronti degli stessi”; né va sottaciuto che , anche a voler ammettere la giurisdizione del giudice amministrativo sul ricorso del terzo che impugni la delibera di archiviazione di un esposto disciplinare si prospetterebbe la concorrenza di più giudici e di più giudicati sulla medesima questione e che, nondimeno, “il riconoscimento della confluenza nei procedimenti disciplinari anche di posizioni soggettive tutelate facenti capo ai terzi lesi da comportamenti professionalmente scorretti, che a sua volta si correla al nuovo ruolo di protezione degli utenti e non solo della classe forense che si vorrebbe attribuire agli ordini professionali, potrebbe portare ad una rinnovata riflessione sulla costituzionalità delle predette disposizioni”, trattandosi peraltro “ di questioni che devono essere sollevate innanzi al giudice munito di giurisdizione sulle controversie disciplinari, o, eventualmente, alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in sede di impugnazione delle relative decisioni” (cfr. T.A.R. Lombardia, sentenza cit.).
Tutto ciò, peraltro, non significa che nell’ambito dell’inchiesta preliminare svolta in via prodromica dall’Ordine nei confronti del proprio iscritto l’esponente non abbia titolo a produrre proprie memorie partecipative, con la conseguenza che all’esponente medesimo va anche riconosciuto, già in tale sede, l’accesso agli atti del procedimento medesimo a’ sensi dell’art. 10 della L. 241 del 1990 e successive modifiche, posto che – in via generale – ai fini del diritto di accesso è dunque sufficiente che gli atti procedimentali resi oggetto di richiesta di accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei confronti dell’interessato, a prescindere dalle vicende processuali che afferiscono alla tutela della situazione legittimante (cfr. sul punto, ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 27 ottobre 2006 n. 6440 e TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 10 giugno 2008 n. 1960).
6. Per effetto della presente pronuncia, l’Ordine degli Avvocati di Vicenza dovrà pertanto, entro venti giorni decorrenti dalla comunicazione della presente sentenza ovvero dalla sua notificazione se anteriormente avvenuta, porre a disposizione del ricorrente l’intera documentazione del procedimento conclusosi con l’archiviazione dell’esposto già da lui presentato nei confronti dell’Avv. ************, fermo peraltro restando che, a’ sensi dell’art. 28, comma 3, del vigente Codice Deontologico Forense l’eventuale corrispondenza di carattere riservato intercorsa tra l’Avv. ************* e l’Avv. Slavica Stanicić dovrà essere introdotta in plico sigillato che sarà quindi inderogabilmente indirizzato dall’Ordine, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno e a spese del *******, al professionista legale di fiducia di quest’ultimo e che attualmente ne cura gli interessi.
7. In applicazione della regola generale della soccombenza di lite, vanno riconosciuti a favore del ricorrente sia il rimborso del contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.L.vo 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche, sia la rifusione delle spese da lui affrontate per la proposizione della presente causa (ricerca documentazione, fotocopiatura, formazione del fascicolo, notifiche, trasferte a Venezia, ecc.), forfettariamente liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e – per l’effetto – ordina l’esibizione e l’estrazione di copia degli atti degli atti richiesti dal ricorrente, entro i termini e con le modalità descritti al § 6 della motivazione della presente sentenza.
Condanna l’Ordine degli Avvocati di Vicenza al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in via forfettaria nella misura di € 350,00.- (trecentocinquanta/00), oltre alla refusione del contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.L.vo 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2010 con l’intervento dei magistrati:
**********************, Presidente
*************, Consigliere
************, ***********, Estensore

 

 

 

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/11/2010
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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