Consiglio di Stato sez. V 29/4/2010 n. 2454

Redazione 29/04/10
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Svolgimento del processo
I signori M.A., G.A., D.B., M.B., G.B., I.B., M.C., ****, A.C., C.D.P., C.D.C., ******, M.D., F.F., G.G., S.G., S.G., A.L.G., A.M., L.N., D.N., M.T.P., L.R., ****, M.S., P.S., ****, F.T., D.T., F.U. e ****, tutti dipendenti di Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza della Provincia autonoma di Trento, con la qualifica di direttore, hanno chiesto al Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, l’annullamento dell’art. 2, commi 1 e 5, e dell’art. 3, commi 1, 2 e 4, del regolamento di esecuzione della legge regionale 21 settembre 2005, n. 7, approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 286 del 17 ottobre 2006 e adottato con decreto del Presidente della Regione n. 12/L del 17 ottobre 2006, relativo all’organizzazione generale, all’ordinamento personale e alla disciplina contrattuale delle aziende pubbliche di servizi alla persona, con cui sono state individuate le condizioni per l’adozione di particolari modelli organizzativi e di gestione, nonché i contenuti degli stessi, in uno con gli eventuali atti amministrativi presupposti.

In sintesi, i ricorrenti hanno sostenuto l’illegittimità:

1) dell’articolo 3, comma 4, del predetto regolamento per: a) violazione degli articoli 2, comma 4, 6, 7 e 9 della legge regionale 21 settembre 2005, n.7, in quanto, attribuendo la firma dei contratti al presidente del consiglio di amministrazione, violava i limiti e le attribuzioni della norma primaria che prevede la possibilità di particolari modelli organizzativi e di gestione solo in relazione alle diverse dimensioni delle aziende; b) violazione dell’art. 3 della Costituzione, per aver disciplinato in modo difforme nelle province di Trento e di Bolzano il potere di firma dei contratti delle aziende pubbliche di servizi alle persone; c) per violazione del principio di parità di trattamento e/o illogicità manifesta, in ragione della disparità di trattamento normativamente fissata per i direttori delle aziende pubbliche di servizi alla persona fondata esclusivamente sulla collocazione geografica delle aziende stesse;

2) dell’art. 3, commi 1 e 2, del predetto regolamento per violazione degli articoli 2, comma 4, 6, 7 e 9 della legge regionale 21 settembre 2005, n.7, in quanto la previsione di attività di gestione da parte del consiglio di amministrazione, diverse ed autonome da quelle del direttore violava il principio di separazione tra poteri di indirizzo e programmazione e poteri di gestione: in via subordinata sul punto è stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 4, della legge regionale 21 settembre 2005, n. 7, con il combinato disposto del comma 1, lett. g) e del comma 2 dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per violazione dei principi ivi contenuti, costituenti norme fondamentali di riforma economico – sociale, come tali applicabili anche alle regioni autonome;

3) dell’art. 2, comma 1, del predetto regolamento per violazione dell’art. 2, comma 4, della legge regionale n. 7 del 2005, in quanto non poteva ammettersi che l’individuazione dei limiti, in presenza dei quali possono essere stabiliti particolari modelli organizzativi e di gestione, fosse affidata ad una deliberazione della Giunta regionale laddove la legge stessa attribuisce tale potere al regolamento;

4) dell’art. 2, comma 5, del regolamento per eccesso di potere per disparità di trattamento ed illogicità manifesta, per violazione dell’art. 2, comma 4, della legge regionale n. 7 del 2005, e dell’art. 5 della legge regionale 31.7.1993, n. 13, per carenza di motivazione, atteso che non si era tenuto conto che le aziende pubbliche destinatarie dei particolari modelli organizzativi erano 32 su 60 nella provincia di Bolzano e 37 su 42 nella provincia di Trento.

L’adito tribunale, nella resistenza della Regione autonoma del Trentino – Alto Adige, con la sentenza segnata in epigrafe, respinte le eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, carenza di legittimazione e di interesse attuale e per la dedotta mancata impugnazione di atti applicativi, e respinto altresì, in quanto infondato, il secondo motivo di ricorso (anche sotto il profilo del prospettato dubbio di legittimità costituzionale), ha ritenuto fondati gli altri motivi di censura, dichiarando, per l’effetto, illegittimi, in parte qua, l’articolo 2, comma 1, e l’articolo 3, comma 4 della legge regionale n. 7 del 2005.

La Regione Autonoma Trentino – Alto Adige ha chiesto la riforma della prefata sentenza, riproponendo innanzitutto le eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione, per carenza di legittimazione ed interesse e per omessa contestazione degli atti applicativi concretamente lesivi, rivendicando la legittimità delle disposizioni regolamentari impugnate, ingiustamente annullate sulla scorta di una inammissibile libera interpretazione delle stesse, non conforme allo spirito e alla ratio della normativa primaria e comunque con motivazione carente, illogica e contraddittoria.

Hanno resistito al gravame tutti gli originari ricorrenti, ad eccezione dei signori C.D.D., L.N., D.T. e ****, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza e chiedendone quindi il rigetto.

Con ordinanza n. 4286 del 22 luglio 2008 la Sezione ha accolto l’istanza incidentale di sospensione della sentenza impugnata.

Le parti hanno illustrato le proprie tesi difensive con apposite memorie.

All’udienza del 15 dicembre 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione
I. Preliminarmente la Sezione osserva che l’appello in questione è stato già discusso all’udienza del 20 febbraio 2009 e ritualmente trattenuto in decisione dalla Sezione, in composizione diversa da quella odierna (in particolare con l’intervento dei signori D.L.M., quale Presidente; G.C., M.B. e A.C., quali consiglieri, e G.G., quale consigliere estensore).

Tuttavia in data 15 giugno 2009 è deceduto il consigliere relatore, dott. G.G., senza riuscire a depositare la sentenza; precedentemente, nel mese di aprile 2009, era già cessato dal servizio, per sopraggiunti limiti di età, il Presidente di quel collegio, dott. D.L.M.: non è stato pertanto possibile designare un altro estensore della decisione appartenente al collegio giudicante del 20 febbraio 2009, ai sensi dell’art. 276, ultimo comma, c.p.c., applicabile anche al processo amministrativo.

A ciò consegue che la deliberazione della decisione avvenuta nella camera di consiglio del 20 febbraio 2009, cui non è seguita la redazione della motivazione, deve considerarsi nulla ed inesistente.

La causa è stata pertanto rimessa alla odierna camera di consiglio, affinchè nel rispetto del principio del contraddittorio e per assicurare il rispetto del principio della necessaria identità del giudice davanti al quale si svolge la discussione con quello che delibera la decisione e che redige la sentenza, abbiano luogo una nuova discussione ed una nuova deliberazione.

II. Passando all’esame del gravame, la Sezione è dell’avviso che re melius perpensa, rispetto alla delibazione effettuata in sede cautelare, l’appello debba essere respinto.

II.1. Non merita accoglimento il primo motivo di gravame, con il quale la Provincia Autonoma di Trento, riproponendo l’eccezione già proposta in prime cure, emotivamente disattesa dai primi giudici, ha dedotto l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per difetto di giurisdizione.

Al riguardo la Sezione osserva che, come anche di recente ha avuto modo di ribadire la Suprema Corte di Cassazione (SS.UU. 25 settembre 2009, n. 20642) "sono attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario tutte le controversie riguardanti il rapporto di lavoro alle dipendenze delle p.a. in ogni sua fase, dalla instaurazione sino all’estinzione, mentre sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie concernenti gli atti amministrativi adottati dalle p.a. nell’esercizio del potere loro conferito dal d.lgs. n. 29 del 1993, art. 2, comma 1, (riprodotto nel d.lgs. n. 165 del 2001, art. 2) aventi ad oggetto la fissazione delle linee e dei principi fondamentali delle organizzazioni degli uffici, nel cui quadro i rapporti di lavoro si costituiscono e si svolgono, caratterizzati da uno scopo esclusivamente pubblicistico, sul quale non incide la circostanza che gli stessi, eventualmente, influiscono sullo status di una categoria di dipendenti, costituendo quest’ultimo un effetto riflesso, inidoneo ed insufficiente a connotarli delle caratteristiche degli atti adottati iure privatorum".

Nel caso in esame non è revocabile in dubbio che la controversia non attiene all’esecuzione di un rapporto di lavoro, bensì ad un provvedimento amministrativo che disciplina in modo diretto ed immediato solo la struttura della pubblica amministrazione e che, come tale, ricade nella potestas judicandi del giudice amministrativo, a nulla rilevando la circostanza che i suoi effetti possono incidere sul rapporto di lavoro.

II.2. Ugualmente non è meritevole di favorevole considerazione il secondo motivo di gravame, con cui l’appellante amministrazione provinciale di Trento sostiene che erroneamente i primi giudici non avrebbero dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado per carenza di interesse attuale al ricorso, in ragione proprio della natura regolamentare del provvedimento impugnato, come tale non immediatamente lesivo in mancanza di atti applicativi e tanto più che gli interessati non avrebbero poi impugnato gli statuti delle nuove aziende (peraltro privi, secondo la prospettazione della parte appellante della confusione del ruoli politico e di quello gestionale, ragione principale dell’impugnazione).

Occorre al riguardo rilevare che le impugnate disposizioni contenute nella deliberazione della Giunta regionale n. 286 del 17 ottobre 2006 ("Regolamento di esecuzione della legge regionale 21 settembre 2005, n. 7 per quanto attiene alla organizzazione generale, all’ordinamento del personale e alla disciplina contrattuale delle aziende pubbliche di servizi alla persona"), riguardano, in modo diretto ed in immediato le previsioni relative alle condizioni in presenza delle quali possono essere adottati dalle aziende pubbliche di servizi alla persona i modelli organizzativi di gestione previsti dall’articolo 2, comma 4, della legge (art. 2, comma 1), alle condizioni per la previsione da parte degli statuti, in sede di prima applicazione della legge, dei particolari modelli organizzativi e di gestione delle predette aziende (articolo 2, comma 5), nonché all’attribuzione al presidente del consiglio di amministrazione delle aziende site nella provincia di Trento della competenza inerente alla firma dei contratti (articolo 3, comma 4).

Esse, lungi dall’atteggiarsi quali mere previsioni astratte e programmatiche, bisognose di un concreto provvedimento di attuazione, prive perciò di carattere immediatamente lesivo e come tali non autonomamente impugnabili se non insieme ai concreti provvedimenti amministrativi di attuazione, costituiscono invece delle "volizioni – azioni", contenendo previsioni destinate all’immediata applicazione e quindi immediatamente lesive e dunque immediatamente impugnabili (C.d.S., sez. IV, 14 ottobre 2005, n. 450; 12 ottobre 1999, n. 1558).

In altri termini, ad avviso della Sezione, il contenuto delle ricordate disposizioni regolamentari è immediatamente precettivo, così il relativo provvedimento di esecuzione non potrà che essere meramente applicativo, senza che al riguardo l’amministrazione emanante possa esercitare un sia pur minimo spazio di discrezionalità.

Sussisteva e sussiste pertanto l’interesse concreto ed attuale alla impugnazione delle predette disposizioni normative, indipendentemente dall’impugnazione degli atti attuativi (statuti, che non potrebbero far altro che applicare o meno dette previsioni); la circostanza, peraltro genericamente dedotta dall’amministrazione appellante, secondo cui gli approvati nuovi statuti delle aziende pubbliche di cui si discute non conterrebbero le disposizioni contestate non è sufficiente a far venire meno l’interesse al ricorso, atteso che ciò che è lesivo, come sopra delineato, non è l’atto applicativo della disposizione regolamentare, ma direttamente ed unicamente quest’ultima.

II. 3. Anche nel merito l’appello non è meritevole di favorevole considerazione.

II. 3.1. L’Amministrazione appellante ha innanzitutto sostenuto l’erroneità della declaratoria di illegittimità del comma 4 dell’articolo 3 del regolamento di esecuzione della legge regionale 21 settembre 2005, n.7, secondo cui "limitatamente alle aziende site nel territorio di Trento è attribuita al presidente del consiglio di amministrazione la competenza inerente alla firma dei contratti": diversamente da quanto superficialmente ritenuto dai primi giudici, tale previsione non contrasterebbe con i principi della distinzione tra poteri di indirizzo e poteri di gestione espressamente previsti dalla legge regionale, dovendo essere inquadrata nell’ipotesi eccezionale di cui all’articolo 2 comma quattro, della legge regionale, così che essa troverebbe giustificazione nei particolari modelli organizzativi cui sono improntate le aziende in ragione delle loro specifiche dimensioni, secondo le puntuali previsioni della stessa legge.

La tesi non può essere condivisa.

Come correttamente osservato dai primi giudici, l’articolo 2 della legge regionale 21 settembre 2005, n. 7 (Nuovo ordinamento delle istituzione pubbliche di assistenza e beneficenza – aziende pubbliche di servizi alla persona), fissando i principi di tale nuovo ordinamento, al quarto comma ha stabilito che "All’azienda si applicano i principi relativi alla distinzione dei poteri di indirizzo e programmazione dai poteri di gestione. In relazione ai principi di distinzione sopra menzionati possono essere fissati particolari modelli organizzativi e di gestione, nei limiti fissati dal regolamento regionale, dagli statuti e dai regolamenti di organizzazione delle singole aziende, in relazione alle diverse dimensioni delle stesse".

La disposizione regolamentare oggetto di controversia, prevedendo l’attribuzione al presidente del consiglio di amministrazione della competenza inerente alla firma dei contratti limitatamente alle aziende site nella provincia di Trento, viola il ricordato principio sotto due concorrenti profili: innanzitutto perché, diversamente da quanto sostenuto dall’amministrazione appellante, giustifica tale attribuzione non già in ragione dell’adozione di particolari modelli organizzativi e di gestione dell’azienda, ma in virtù di un criterio territoriale (le sole aziende site nel territorio della provincia di Trento) che non è dato rinvenire nella legge; in secondo luogo, poi, perché anche l’adozione di particolari modelli organizzativi e di gestione, secondo la previsione del comma 1 dell’articolo 3 del regolamento in esame, non comporta affatto la coincidenza tout court dei poteri di gestione e di programmazione e di quelli di gestione nello stesso organo (presidente del consiglio di amministrazione), quanto piuttosto impone "…la definizione da parte dello statuto dell’ambito in cui si esplica la attività di gestione affidata al direttore, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, lettere c) e g) della legge, e dell’ambito in cui si esplica l’attività di gestione del consiglio di amministrazione".

La sentenza impugnata, secondo cui la disposizione regolamentare contestata ha esorbitato dall’esercizio dai limiti del potere regolamentare conferito, non merita pertanto alcuna censura.

II. 3.2. Ad analoghe conclusioni deve giungersi anche con riferimento alla declaratoria di illegittimità del comma 1 dell’articolo 2 del regolamento approvato con la delibera della giunta regionale n. 286 del 17 ottobre 2006, laddove ha attribuito alla giunta, tramite proprio atto deliberativo, la individuazione dei limiti entro i quali è consentito l’adozione ed il mantenimento di particolari modelli organizzativi e di gestione.

Invero la tesi dell’amministrazione appellante, secondo cui, dopo la prima fase di attuazione del nuovo ordinamento in cui il potere di stabilire i limiti in questione sarebbe stato giustamente attribuito al regolamento regionale, la previsione contestata sarebbe assolutamente ragionevole e idonea a contemperare adeguatamente le esigenze di flessibilità e coerenza dell’intero assetto ordinamentale delle aziende pubbliche di servizi alla persona, non è in alcun comodo conciliabile con la precisa previsione dell’articolo 2, comma 4, della citata legge n. 7 del 2005 che espressamente indica nel regolamento regionale (oltre che negli statuti e nei regolamenti di organizzazione delle singole aziende) la fonte dell’individuazione dei limiti per la fissazione di particolari modelli organizzativi e di gestione, in relazione alle diverse dimensioni delle aziende.

La puntuale indicazione della fonte da parte della legge e la mancata previsione da parte di quest’ultima della possibilità che il regolamento di attuazione possa a sua volta attribuire il potere di individuazione dei predetti limiti all’attività provvedimentale della giunta regionale confortano la correttezza dell’assunto dei primi giudici, che, peraltro, al riguardo hanno anche convincentemente evidenziato la diversità ontologica dell’atto regolamentare dalla delibera della giunta (atto amministrativo).

II. 3.3. Quanto infine alla declaratoria di illegittimità del comma 5 dell’articolo 2 del regolamento in questione, l’amministrazione appellante ha dedotto che la tesi dei primi giudici (secondo cui l’ampio range che consente l’applicazione di particolari sistemi organizzativi e di gestione in sede di prima applicazione della nuova disciplina, con una notevole differenza per i due territori provinciali di Trento e di Bolzano, snaturerebbe la stessa portata transitoria della disposizione, non emergendo le ragioni giustificatrici delle scelte adottate) sarebbe viziata per il fatto di non aver tenuto adeguatamente conto della natura provvisoria e temporanea della previsione, limitata alla prima applicazione della nuova normativa, ed alla effettiva diversità della realtà delle istituzioni di assistenza e beneficenza della provincia di Trento rispetto a quelle di Bolzano.

La Sezione osserva che, anche a voler prescindere dalla considerazione che l’asserita diversità delle istituzioni assistenza e beneficenza della provincia di Trento rispetto a quelle di Bolzano non è stata minimamente provata, non è condivisibile l’assunto della natura temporanea ed eccezionale della norma, così come prospettata dall’amministrazione appaltante.

La disposizione di cui al quinto comma dell’articolo 5 del regolamento si apre con l’espressione "in sede di prima applicazione", che non indica affatto la limitazione eccezionale e temporale della nuova normativa, bensì fa riferimento alla sua prima applicazione: con la conseguenza che l’assetto regolamentare e ordinamentale così fissato non contiene in sé alcun limite temporale né direttamente (mancando un termine finale di efficacia della prima applicazione delle nuove disposizioni), né indirettamente (mancando l’indicazione di qualsiasi elemento fattuale o normativo cui far dipendere la cessazione della prima applicazione delle nuove disposizioni).

In tal senso, l’argomentazione dei primi giudici, i quali hanno rilevato la mancanza di qualsiasi elemento idoneo a giustificare la diversa regolamentazione delle istituzioni di assistenza e beneficenza da trasformare nelle nuove aziende a seconda della loro collocazione territoriale nelle due province di Trento e Bolzano, completa ed integra il riscontrato vizio di legittimità per violazione dell’articolo 2, comma 4, della legge n. 7 del 2005, rendendo quanto meno vaghi e generici i limiti che dovrebbero obiettivamente determinare i particolari modelli organizzativi e di gestione delle nuove aziende.

III. In conclusione alla stregua delle osservazioni svolte l’appello deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla Provincia Autonoma di Trento avverso la sentenza n. 88 dell’8 aprile 2008 del Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, lo respinge.

Condanna l’Amministrazione appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore dei signori M.A., G.A., D.B., M.B., G.B., I.B., M.C., ****, A.C., C.D.P., ******, M.D., F.F., G.G., S.G., S.G., A.L.G., A.M., D.N., M.T.P., L.R., ****, M.S., P.S., ****, F.T. e F.U. che si liquidano complessivamente, in ragione della natura collettiva del ricorso e dell’attività difensiva svolta, in Euro. 10.000,00 (euro diecimila).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2009

Redazione