I limiti all’accessibilità dei documenti amministrativi in caso di istanza generica

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L’accesso ai documenti amministrativi non può costringere l’Amministrazione ad attività di ricerca ed elaborazione dati, laddove un’istanza oltremodo generica finirebbe per risultare incompatibile sia con la funzionalità dei plessi, sia con l’economicità e la tempestività dell’azione amministrativa.

 

Con sentenza n. 68 del 12/01/2016, il Consiglio di Stato, Sez. IV, ha di recente affermato che, in materia di accesso agli atti, se non si può pretendere dall’istante che egli indichi i dati specifici di un atto non in suo possesso (quali, ad esempio, il numero di protocollo e la data di formazione dello stesso), comunque l’Amministrazione è tenuta a produrre solamente quei documenti individuati in modo sufficientemente preciso e circoscritto, non potendo essere onerata dell’attività di ricerca ed elaborazione degli stessi.

 

Invero, secondo il Consiglio di Stato, è necessario coniugare il diritto alla trasparenza con l’esigenza di non pregiudicare, attraverso un improprio esercizio del diritto di accesso, il buon andamento dell’Amministrazione, riversando sulla stessa l’onere di reperire documentazione inerente un determinato segmento di attività.

 

Richieste generiche, del resto, sottoporrebbero l’Amministrazione a ricerche incompatibili sia con la funzionalità dei plessi, sia con l’economicità e la tempestività dell’azione amministrativa.

 

In altri termini, a prescindere dalla specifica indicazione della data e del numero di protocollo attribuito agli atti richiesti, non v’è dubbio come l’accesso non possa costringere l’Amministrazione ad attività di ricerca ed elaborazione dati, di guisa che la relativa istanza non può essere generica, eccessivamente estesa o riferita ad atti non specificamente individuati.

 

Alla stregua di tale premessa, pertanto, è stato rilevato come la richiesta volta ad ottenere “tutta la documentazione nessuna esclusa inerente l’attività svolta nel procedimento di verifica […]”, senza ulteriori precisazioni o specificazioni, determina l’inammissibilità dell’istanza per genericità, posto che, in tali casi, l’oggetto dell’accesso è costituito da un numero indeterminato di documenti, in alcun modo individuati e per di più formati in un arco temporale non meglio specificato.

 

Tuttavia, si ritiene che il predetto principio giurisprudenziale debba essere calibrato al caso concreto, e ciò anche alla stregua del costante orientamento a mente del quale è stato più volte ribadito che “l’onere di specificazione dei documenti per i quali si esercita il diritto di accesso non implica la formale indicazione di tutti gli estremi identificativi (organo emanante, numero di protocollo, data di adozione dell’atto), ma può ritenersi assolto anche solo con l’indicazione dell’oggetto e dello scopo proprio dell’atto in questione ove, nei singoli casi di specie, risulti formulata in modo tale da mettere l’Amministrazione in condizione di comprendere la portata ed il contenuto della domanda” (cfr. TAR Lazio, Sez I, 24/03/2016, n. 3694 che richiama TAR Lazio, Sez. III quater, 10/03/2011, n. 2181; Cons. Stato, VI Sez., 27/10/2006 n. 6441; TAR. Lazio, Sez. III, 16/06/2006 n. 4667).

 

Più in generale, è stato osservato che “Il diritto di accesso postula un accertamento concreto dell’esistenza di un bisogno differenziato di conoscenza in capo a chi richiede i documenti, perché non è orientato ad un controllo generalizzato e indiscriminato di chiunque sull’azione amministrativa (che è anzi espressamente vietato a norma dell’art. 24, comma 3), ma solo alla conoscenza da parte dei singoli titolari di atti effettivamente, o anche solo potenzialmente, incidenti sui loro interessi particolari” (cfr. TAR Campania – Salerno, Sez. I, 06/04/2016, n. 3; si veda anche TAR Campania – Salerno, Sez. I, 03/03/2015, n. 466).

Sentenza collegata

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Dott. Ventura Marco

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