Consiglio di Stato sez. IV 8/11/2010 n. 7912

Redazione 08/11/10
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il dr. P.P., magistrato della Corte dei conti dei conti, ha presentato ricorso ex art. 27, n. 4 R.D. 26 giugno 1924 n. 1054 per ottenere l’ottemperanza alla decisione del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 364 del 28 gennaio 2010, notificata il 19 marzo 2010.
2. In I grado il dr. P. aveva lamentato la violazione dell’art.3 comma 57 della L. n.350 del 2003, come modificato dal D.L. 16 marzo 2004, n. 66, convertito dalla L. n. 126 del 2004, in virtù del quale il dipendente pubblico ha diritto ad ottenere il prolungamento o il ripristino del rapporto di impiego per un periodo pari a quello della durata complessiva della sospensione ingiustamente subita e del periodo di servizio non espletato per l’anticipato collocamento in quiescenza, cumulati fra loro.
3. Con la decisione n. 364 del 2010, di cui si chiede l’ottemperanza, la IV Sezione del Consiglio di Stato, in parziale riforma della sentenza n. 4597/2007 del TAR del Lazio, Sez. I, ha annullato la deliberazione del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti n. 295 del 27 luglio 2005 e il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 luglio 2005, con i quali il ricorrente era stato riammesso in servizio, ma solo per il periodo successivo alle dimissioni.
4. In data 3 aprile 2010 il dr. P. ha notificato atto di significazione, diffida e messa in mora al Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, affinchè quest’ultimo provvedesse ad ottemperare al disposto della richiamata sentenza della Sezione, riconoscendogli l’ulteriore periodo da recuperare, ma non avendo l’Amministrazione provveduto nei termini indicati, ha proposto il ricorso per ottemperanza, richiedendo la nomina di un Commissario ad acta per porre in essere tutti i provvedimenti per l’esecuzione della sentenza in argomento.
5. Si è costituita formalmente in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
6. In data 7 giugno 2010 il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti ha comunicato all’Avvocatura generale dello Stato la sua intenzione, deliberata nell’adunanza dell’11 maggio 2010, di dare esecuzione alla decisione n. 364/2010 e di provvedere al riconoscimento del migliore trattamento pensionistico derivante dalla ricostruzione di carriera del dr. P. con il computo del periodo di sospensione o del servizio non espletato per l’anticipato collocamento in quiescenza, ai sensi dell’art. 3, comma 57, della L. n. 350 del 24/12/2003, come modificata dal D.L. n. 66 del 16/3/2004. Ha, altresì, trasmesso il provvedimento n. 144 del 28 maggio 2010, con cui è stata formalmente adottata la citata deliberazione assunta nell’adunanza dell’11 maggio 2010.
7. In data 15 luglio 2010 è stata, altresì, depositata in giudizio, da parte della Corte dei conti, copiosa documentazione attinente il ricorso per ottemperanza qui in discussione.
8. Il ricorrente ha depositato memoria difensiva ad ulteriore illustrazione delle proprie tesi.
9. Il ricorso è stato inserito nei ruoli di camera di consiglio dell’8 ottobre 2010 e trattenuto in decisione.
10. Il ricorso è fondato e va accolto. Invero, il thema decidendum del ricorso in appello riguardava il diritto soggettivo alla riammissione in servizio del dr. P., quale riconosciuto al pubblico dipendente dall’art. 3, comma 57, della L.n. 350 del 2003, come modificato ed integrato dal D.L. n. 66 del 2004, convertito dalla L. n. 126 del 2004 e, più specificamente, la determinazione del periodo di riammissione in servizio. Infatti, l’art. 3, comma 57 cit., pur riconoscendo in origine il diritto alla riammissione sia ai dipendenti sospesi sia a quelli collocati anticipatamente a riposo, nel determinare la misura del periodo di riammissione si limitava però a menzionare solo il periodo di sospensione, previsione poi razionalizzata dal D.l. n. 66 cit. che ha stabilito il ripristino del rapporto anche per il periodo di servizio non espletato per l’anticipato collocamento in quiescenza.
Nell’annullare la deliberazione n. 295 del 2005 del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti ed il conseguente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, nella parte relativa alla determinazione del periodo di riammissione in servizio spettante al dr. P., per non essersi tenuto conto anche del periodo non espletato a causa del collocamento anticipato in pensione del medesimo, nonché il decreto n. 6166 del 18 dicembre 2005 nella parte in cui, nel rideterminare il trattamento economico spettante dalla data (15 luglio 2004) della sua riammissione in servizio non si era tenuto conto di tutti gli scatti biennali effettivamente spettantigli, la IV Sezione, con la decisione n. 364/2010, ha precisato che il periodo di riammissione deve essere determinato tenendo conto del periodo di servizio che l’interessato ha effettivamente prestato in forza del censurato provvedimento determinativo del provvedimento di ammissione. Ha, poi, aggiunto che, risultando dagli atti che il dr. P., dimessosi il 12/4/89, era stato riammesso in servizio in data 15/7/04 e collocato a riposo a partire dal 12/2/07, il periodo ulteriore da riconoscere decorreva dalla scadenza di quella riconosciuta come sospensione(sei mesi e ventotto giorni a partire dal 12/4/89) vale a dire dal 9/11/89 sino al 15/7/04, data di riammissione.
Sostiene il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti che sarebbe già stata data esecuzione alla sentenza de qua, attraverso la deliberazione n. 144 del 28 maggio 2010(peraltro impugnata dal dr. P. dinanzi al TAR del Lazio), che ha disposto l’attribuzione al medesimo del miglior trattamento pensionistico derivante dalla ricostruzione della sua carriera con il computo del periodo di sospensione o del servizio non espletato per l’anticipato collocamento in quiescenza.
La tesi della Corte dei conti non può essere condivisa.
Invero, a fronte del disposto della sentenza da eseguire(riconoscimento del periodo ulteriore decorrente dal 9/11/89 al 15/7/04; rideterminazione della data di collocamento a riposo in relazione a tale riconoscimento, essendo la riammissione consentita dalla legge anche oltre i limiti di età; rideterminazione del trattamento economico, in relazione al periodo di riammissione riconosciuto) si prospetta quale esecuzione quella configurata nel provvedimento n. 144 del 28/5/2010 che, aderendo alle direttive impartite dall’INPDAP con la circolare n. 18/05 per l’ipotesi di sentenze ultraquinquennali, emesse anteriormente al 1/1/99, ha riconosciuto al ricorrente il trattamento pensionistico risultante più favorevole fra quello derivante dalla ricostruzione di carriera con il computo del servizio di sospensione o del servizio non espletato per l’anticipato collocamento in quiescenza e ha ritenuto che a tali fini vada tenuto conto sia del periodo di ingiusta sospensione(dal 12/4/89 al 10/11/89) rispetto al quale vi è già stata restitutio in integrum mediante la riammissione in servizio dal 15 luglio 2004 all’11 febbraio 2005, sia del periodo di servizio non svolto per l’anticipato collocamento in quiescenza, dall’11/11/89 al 24/6/2000, data di compimento del 72^ anno di età dell’interessato.
La Corte dei conti nella relazione depositata agli atti del presente procedimento svolge argomentazioni, a sostegno della tesi dell’avvenuta esecuzione della decisione n. 364 del 2010 per opera del citato provvedimento n. 144, che appaiono dirette a contestare il merito di detta decisione, oltre che a sostenere la sua avvenuta esecuzione, indicando parti della stessa quali suscettibili di revocazione per errore di fatto(opzione cui la stessa Corte dei conti ha ritenuto di soprassedere dopo una iniziale manifestazione di volontà in tal senso, come risulta dalle premesse della deliberazione n. 144 dell’11 maggio 2010), nonché la sua censurabilità per manifesta violazione del dettato costituzionale (artt. 3, 70, 71 e 101 Cost.).
Tali argomentazioni non possono trovare ingresso in questa sede di ottemperanza, in cui la forza del giudicato determina l’intangibilità della pronuncia, che non può più essere messa in discussione non solo da parte del giudice che l’ha emessa, ma anche dagli altri plessi giurisdizionali.
Come pure non assume rilievo la prospettata questione di costituzionalità, non dovendosi fare questione, nel procedimento per l’ottemperanza, della applicazione della norma sospettata di incostituzionalità, ed essendo comunque la sua applicazione nei confronti del dr. P. coperta da giudicato.
L’efficacia del giudicato esterno opera, infatti, nei confronti anche di tutte le questioni di merito che, una volta acquisita forza di giudicato dinanzi ad un plesso giurisdizionale, non possono più essere messe in discussione attraverso altra azione processuale in altra sede giurisdizionale(Cass.SS.UU. n.16462/06).
Inoltre, a passare in giudicato non è soltanto il dispositivo della sentenza, ma anche la motivazione in correlazione con la causa petendi introdotta dal ricorrente(Cons. Stato, IV Sez., n. 3928 del 2003).
In tale prospettiva, non sembra potersi dubitare che il provvedimento n. 144/CP/2010, adottato in ritenuta esecuzione, non sia conforme al contenuto della decisione n. 364 del 2010 e che, quindi, non si possa ritenere cessata la materia del contendere, né tantomeno ritenere sopravvenuta la carenza d’interesse al presente ricorso, come prospettato dalla relazione della Corte dei conti.
Se, infatti, è vero che la pronuncia del giudice che annulli un provvedimento illegittimo non inibisce il riesercizio del potere da parte dell’Amministrazione, è pur vero che si tratta, tuttavia, di un potere non più libero, nel senso che non si rapporta più alla astratta norma attributiva del potere, ma alla regola iuris del caso concreto come individuata dal giudice.
Nella fattispecie, la riedizione del potere amministrativo è avvenuta in maniera difforme rispetto alla regola fissata precedentemente dal giudice, venendosi così ad integrare una ipotesi di violazione di giudicato.
Il provvedimento adottato dall’amministrazione ha, come si è visto, oggetto e contenuto del tutto diversi da quelli riconosciuti al dr. P. dalla decisione di cui si chiede l’esecuzione.
Invero, l’Amministrazione ha operato conformandosi alla circolare INPDAP 1 giugno 2005 n. 18, con la quale sono state impartite disposizioni per l’applicazione del citato decreto legge 16 marzo 2004 n. 66, convertito nella L. 11 maggio 2004 n. 126, ed in particolare dell’art.3 di detta circolare, concernente il riconoscimento del miglior trattamento pensionistico per l’ipotesi in cui la sentenza irrevocabile di proscioglimento sia stata emessa anteriormente ai cinque anni antecedenti alla data di entrata in vigore della legge.
Tenuto conto che il dr. P., nato il 24/6/1928, ove non avesse presentato istanza di dimissioni volontarie in relazione al procedimento penale conclusosi con sentenza di proscioglimento divenuta irrevocabile il 10/11/89, sarebbe stato collocato a riposo al compimento del 70^ anno di età e pertanto in data 24/6/98 e rilevato che con deliberazione n. 295/05 era stato disposto nei confronti del dr. P. il trattenimento in servizio per ulteriori due anni a decorrere dal 12 febbraio 2005 ex art. 16 D.Lgs. n. 503 del 1992, nel testo vigente alla data del compimento del 70^ anno di età dell’interessato; tenuto conto, altresì, che il medesimo era stato collocato a riposo a decorrere dal 12/2/07; il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti ha deliberato di dare esecuzione alla decisione del Consiglio di Stato, IV Sezione, n. 364 del 2010 e di provvedere al riconoscimento del miglior trattamento pensionistico derivante dalla ricostruzione di carriera del dr. P. con il computo del periodo di sospensione o del servizio non espletato per l’anticipato collocamento in quiescenza, ai sensi dell’art. 3, comma 57, L. n. 350 del 2003, come modificata dal D.L. n. 66/04, convertito dalla L. n. 126 del 2004.
La ricostruzione pensionistica è stata disposta tenendo conto sia del periodo di ingiusta sospensione dal 12/4/89 al 10/11/89, rispetto al quale vi era già stata restitutio in integrum mediante la riammissione in servizio dal 15 luglio 2004 all’11 febbraio 2005, sia del periodo di servizio non svolto per l’anticipato collocamento in quiescenza, dall’11/11/89 al 24/6/2000, data di compimento del 72^ anno di età dell’interessato.
Il descritto procedimento non appare rispettoso del giudicato da eseguire, sotto molteplici profili: anzitutto, non appare corretta l’applicazione di disposizioni dettate per le sentenze ultraquinquennali, sul presupposto della efficacia della domanda presentata ai sensi dell’originaria versione dell’art. 3 comma 57.
Invero, il procedimento amministrativo in questione è iniziato con la domanda del dr. P. in data 13 marzo 2004, prima della entrata in vigore del D.L. n.66 del 2004 e della relativa legge di conversione n. 126 del 2004, il cui art. 1 comma 3, mentre dispone che decorrano dal 1 gennaio 2004 gli effetti delle modifiche da questo recate, ivi compresa quella dell’introduzione del limite temporale del quinquennio antecedente all’entrata in vigore della L. n. 350 del 2003, fa tuttavia salvi gli effetti delle domande presentate ai sensi dell’art. 3, comma 57, della L. n. 350 del 2003, prima dell’entrata in vigore dello stesso D.L. n. 66 del 2004, avvenuta il 18 marzo 2004.
La domanda presentata dal dr. P. il 13/2/2004 non incontrava, perciò, il nuovo limite del quinquennio e, d’altro canto, in ragione della prevista retroattività al 1^ gennaio delle nuove disposizioni, rientrava, invece, nel campo di operatività dell’ampliamento del beneficio in questione previsto dalla lett.c) del comma 1 dell’art.1(esteso anche al periodo di servizio non espletato per l’anticipato collocamento in quiescenza, da cumularsi col periodo di sospensione ingiustamente subita).
La decisione da eseguire aveva, in quest’ottica, sancito l’ applicabilità alla fattispecie delle disposizioni di cui al D.L. n. 66 del 2004, quali riferite al prolungamento o al ripristino del rapporto di impiego, ancorchè la domanda di riammissione e ricostruzione fosse stata presentata prima del’entrata in vigore del cit. decreto, in quanto i provvedimenti debbono essere emessi secondo la normativa vigente al momento della loro emanazione, ed inoltre perché le norme sopravvenute trovano immediata applicazione anche per i procedimenti amministrativi pendenti, salvo che per gli atti procedimentali i cui effetti si siano interamente compiuti.
Sulla scorta di tali parametri, la decisione aveva, quindi, provveduto alla rideterminazione del periodo di riammissione tenendo conto del periodo di servizio effettivamente prestato dal dr. P. in forza del contestato provvedimento determinativo del periodo di riammissione.
Circa la durata del periodo di ingiusta sospensione il dies a quo è stato riferito, come momento iniziale, alla data di dimissioni volontarie, non essendo intervenuta la sospensione, ma un atto di dimissioni presentate dall’interessato a seguito dell’inizio di un procedimento penale a suo carico.
Poiché il suddetto magistrato, dimessosi dal 12/4/89, era stato riammesso in servizio in data 15/7/2004 e collocato a riposo dal 12/2/07, il periodo ulteriore da riconoscere è stato ritenuto decorrere dalla scadenza di quello riconosciuto come sospensione, cioè dal 9/11/1989 sino al 15/7/2004, data di riammissione.
In questi termini è il giudicato e, di conseguenza, in forza dello stesso, va rideterminata la data del formale collocamento a riposo del dr. P., tenendo conto del riconosciuto periodo di riammissione.
Invero, l’art. 3 comma 57 della L. n. 350 del 2003, come successivamente modificato, riconosce la riammissione in servizio quale vero e proprio diritto soggettivo all’esercizio delle funzioni, anche oltre i limiti di età previsti dalla legge.
Va, altresì, conseguentemente rideterminato il corretto trattamento economico spettante al dr. P. per effetto del riconoscimento del diritto alla riammissione in servizio e alla conseguente restitutio in integrum.
Pertanto, all’Amministrazione va ordinato di dare esecuzione alla decisione nei termini sopra indicati, tenendo, comunque, presenti le esigenze di buon andamento della Pubblica amministrazione, che, pur nel rispetto del disposto della legge, richiedono il miglior possibile contemperamento degli interessi di parte con quelli pubblici coinvolti nella vicenda.
L’Amministrazione dovrà provvedere, entro il termine di giorni 60(sessanta) decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione.
Per il caso di perdurante inottemperanza dopo il termine assegnato si provvederà alla nomina di un commissario ad acta.
11. Quanto alle spese di lite della presente fase di giudizio, in ordine alle stesse il Collegio ritiene che debbano, come di consueto, seguire la soccombenza. Le stesse vanno poste a carico della Presidenza del Consiglio dei Ministri e liquidate in complessivi Euro 3000,00.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, IV Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, ordina l’esecuzione della decisione con le modalità e i termini di cui in motivazione.
Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese, dei diritti e degli onorari di lite, che si liquidano in complessivi Euro 3000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione