Consiglio di Stato sez. IV 24/5/2010 n. 3262

Redazione 24/05/10
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FATTO e DIRITTO
1. – Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sezione Prima, ha respinto il ricorso ( n. 1545/05 ) proposto dall’odierno appellante avverso il giudizio di non ammissione alle prove orali del concorso per la nomina a notaio indetto con D.D. in data 20 dicembre 2002 per aver ottenuto un punteggio complessivo, in sede di valutazione degli elaborati scritti, pari a 96 ( 30 per l’"atto tra vivi", 32 per l’"atto di ultima volontà" e 34 per il "ricorso di volontaria giurisdizione" ), che, benché superiore alla sufficienza, ne ha comportato l’esclusione dalle prove orali in forza del disposto dell’art. 24, comma 3, del R.D. 14 novembre 1926, n. 1953.
Il Giudice di primo grado ha ritenuto in particolare infondate tutte le dedotte censùre, attinenti a :
– violazione, da parte della Commissione di concorso, del disposto degli artt. 24 e 27, terzo comma, del R.D. n. 1953 del 1926;
– irregolare composizione, sotto più profili, della Commissione esaminatrice;
– mancata predisposizione, da parte della Commissione stessa, di idonei criterii di valutazione degli elaborati dei concorrenti, in particolare relativamente al discrimen tra il raggiungimento della sufficienza ed il raggiungimento della soglia effettiva di idoneità;
– vizio di motivazione del giudizio di non ammissione affidato al solo voto numerico.
Contro l’indicata sentenza l’originario ricorrente ha proposto appello, chiedendo, con ricorso notificato il 20 marzo 2008 e depositato il 7 aprile 2008, la riforma della stessa, all’uopo riproponendo i motivi dedotti con il ricorso introduttivo, in uno con specifiche critiche alla detta sentenza.
Si sono costituiti in giudizio, per resistere, il Ministero della Giustizia e la Commissione esaminatrice del concorso de quo.
Non si sono costituiti in giudizio i controinteressati evocati.
Con memoria in data 24 novembre 2009 gli appellati hanno esposto articolate deduzioni a sostegno della loro richiesta di reiezione del ricorso.
Con decisione interlocutoria n. 822/2010, resa all’ésito della chiamata e passaggio in decisione della causa alla udienza pubblica del 18 dicembre 2009, la Sezione, "preliminarmente rilevata, sulla base della documentazione dall’appellante medesimo depositata in atti, l’inesistenza di qualsivoglia notifica dell’appello ai controinteressati, non costituiti, nei confronti dei quali, in quanto collocati nella graduatoria finale del concorso di cui si tratta, il T.A.R. ha in primo grado ordinato l’integrazione del contraddittorio, dal ricorrente in quella sede poi regolarmente effettuata in osservanza delle modalità e términi fissati dal Giudice di primo grado con sentenza n. 3753/2006" ( pag. 4 ), poneva "a càrico della parte appellante l’ònere di integrare il contraddittorio, nei confronti di tutti i legittimi e necessarii contraddittori come sopra individuati" ( pag. 5 ).
Con deposito in data 18 marzo 2010, l’appellante ha provato di aver provveduto all’integrazione del contraddittorio, secondo quanto disposto dalla citata decisione interlocutoria.
Pur a séguito di tale integrazione, non si sono costituiti in giudizio i controinteressati evocati.
All’udienza pubblica del 27 aprile 2010, conformemente a quanto previsto nella precedente decisione, la causa è stata nuovamente chiamata e trattenuta in decisione.
2. – È oggetto di gravame la sentenza del Tar Lazio in epigrafe indicata, che, nel respingere il ricorso proposto in prime cure dall’odierno appellante sia per quanto attiene alle censure di ordine procedimentale ( funzionamento della Commissione, verbalizzazione delle sue valutazioni e scelta dei criterii di valutazione ) sia per quanto alle censure più propriamente di merito ( espressione di voto meramente numerico, immotivata mancata assegnazione di punteggio aggiuntivo necessario per il raggiungimento della soglia dei 105 punti ed inadeguata valutazione delle prove del ricorrente ), ha confermato la legittimità della valutazione negativa dello stesso nelle prove scritte a 200 posti di notaio, di cui al d.D.G. in data 20 dicembre 2002, svoltosi sotto la disciplina antecedente alle modifiche introdotte con il D. Lgs. 22 aprile 2006, n. 166.
Constatata l’integrità del contraddittorio a séguito dell’integrazione operatane dall’appellante in esecuzione della sopra indicata decisione interlocutoria, il Collegio rileva che l’appello è infondato e va perciò respinto per le considerazioni di seguito esposte, frutto di una consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, dalla quale non vi è ragione per discostarsi ed alla quale si rinvia, anche ai sensi dell’art. 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205 (cfr. in materia IV, 26 luglio 2006, n. 4687; IV, 22 settembre 2005, n. 4989; da ultimo, IV, 22 marzo 2007, n. 1390; IV, 30 settembre 2008, n. 4722; IV, 27 novembre 2008, n. 5862).
3. – Circa i pretesi vizii relativi alla composizione della Commissione esaminatrice nella seduta nella quale sono stati corretti gli elaborati del ricorrente ( dal cui verbale risulterebbe "che ai lavori hanno partecipato ben sette commissari invece che cinque tassativamente prescritti per legge": pag. 8 app. ), è sufficiente rilevare che non comporta certo modifica della Commissione esaminatrice ( e tanto meno la prospettata alterazione delle "proporzioni previste dalla legge", comunque peraltro derogabili in virtù del principio di piena fungibilità dei membri della commissione affermato da un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: cfr. Cons. St., IV, n. 1243/08 ) la presenza alle sedute della stessa di membri supplenti in aggiunta rispetto alla composizione-tipo di cinque membri ( ordinarii o supplenti ch’essi siano, secondo la régola di piena fungibilità anzidetta ), stabilita dall’art. 13 del R.D. n. 1953 del 1926, trattandosi di presenza vòlta con tutta evidenza a garantire, in osservanza di apprezzabili principii di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa, l’immediata sostituzione dei componenti della Commissione d’esame quando qualcuno d’essi non possa proseguire nell’esercizio delle sue funzioni ( art. 27, comma 2, del R.D. 14 novembre 1926, n. 1953 ) anche solo in relazione ad esigenze contingenti, senza che per questo possa parlarsi di una "commissione rinforzata … abnorme ed in assoluto spregio della normativa in materia" ( pag. 11 app. ), giacché già dalla semplice lettura del verbale di adunanza di cui si tratta si evince chiaramente che la Commissione ha operato, nella valutazione degli elaborati e nella conseguente votazione, nella composizione risultante dai primi cinque membri ivi indicati come "intervenuti", mentre gli altri sono semplicemente "presenti", in quanto supplenti, proprio e solo all’esclusivo fine di sostituire uno dei primi cinque componenti che abbia necessità d’assentarsi e non certo per alterare il numero legale della Commissione stessa, che rimane fissato immutabilmente in cinque unità, con il cui esclusivo "intervento" ( e non a caso il verbale della Commissione adopera in proposito la stessa locuzione utilizzata dal legislatore all’art. 27, comma 1, del R.D. 14 novembre 1926, n. 1953 ) devono pertanto intendersi "prese" le deliberazioni in quella seduta assunte.
Quanto, poi, alla "denunciata violazione del disposto di cui all’art. 22, III comma del R.D. n. 1953/1926" ( pag. 11 app. ), derivante secondo l’appellante dalla "mancata formazione delle due sottocommissioni prescritte" nonché dal continuo mutamento della composizione della commissione "durante le riunioni nelle quali si è proceduto alla correzione delle prove scritte" (pag. 12 app.), la doglianza è inammissibile, in quanto per la prima volta formulata in appello, in violazione del noto divieto di ius novorum in secondo grado.
Non miglior sorte mérita la censura di mancata verbalizzazione delle modalità di deliberazione della meritevolezza del candidato ad ottenere maggiorazioni di punteggio rispetto al minimo richiesto per l’approvazione ( 90 punti ), giacché è pacifico in giurisprudenza che la Commissione esaminatrice ha il dovere di leggere gli elaborati e di indicare il punteggio complessivo riportato dal candidato ( del che non si discute nel caso all’esame ), ma non l’obbligo di esternare la votazione attribuita da ciascun singolo commissario al compito oggetto di valutazione ( Cons. St., VI; 20 luglio 1995, n. 764; v. anche, per un’applicazione del principio in sede consultiva, Cons. St., III, 5 maggio 2009, n. 966 ), nemmeno, aggiunge il Collegio, in ciascuna delle fasi, in cui si articola l’assegnazione dei voti ai fini dell’ammissione agli orali nel procedimento descritto dall’art. 24 del R.D. 14 novembre 1926, n. 1953, di cui nessuna norma prevede la specifica verbalizzazione a pena di nullità od invalidità; ditalché l’ònere di verbalizzazione di siffatta unitaria operazione di concorso può dirsi sufficientemente garantito, come avvenuto nella fattispecie all’esame, dall’indicazione del giudizio finale, che dia atto della valutazione compiuta.
In definitiva sul punto, le modalità di formazione del voto stabilite dall’art. 24 del R.D. 14 novembre 1926, n. 1953 hanno un rilievo meramente interno, tant’è che la stessa disposizione normativa evidenzia che solo il voto assegnato al "lavoro" ha rilievo esterno, costituendo esso la "sintesi pubblica" dell’intero procedimento ( Cons. St., IV, n. 5862/2008, cit. ).
4. – In ordine alla problematica della previa fissazione dei criterii di valutazione delle prove concorsuali, la lamentata omessa previsione di criterii di valutazione per l’attribuzione di punteggi compresi tra la sufficienza ( 90 punti ) ed il punteggio minimo complessivo ( 105 punti ) per l’ammissione alle prove orali, in assenza di uno specifico obbligo normativo, non può tradursi, come preteso dall’appellante, in un vizio di legittimità dell’azione amministrativa, atteso che i criterii di valutazione, così come indifferenziatamente in concreto stabiliti in relazione alle operazioni di giudizio di cui si tratta, coprono tutto il ventaglio delle scelte da assumersi dalla Commissione nel corso delle stesse e consentono di ricostruire ab externo la motivazione del giudizio tecnico-discrezionale racchiuso nel voto anche per quei candidati, che abbiano ottenuto una votazione complessiva ricompresa fra i 90 ed i 104 punti, giacché anche per tale fascia di valutazione i criterii predisposti garantiscono la necessaria graduazione ed omogeneità dei giudizii resi mediante l’espressione della cifra del voto, a quegli stessi criterii correlata e dunque opportunamente calibrata, anche per tale particolare fascia di voti ( che esprimono un giudizio di sufficienza ma non tale da consentire al candidato di raggiungere l’idoneità ), rispetto a qualunque altra diversa espressione di cifra numerica collocantesi nella complessiva scala di valori aritmetici, che nel concorso di cui si tratta va da 90 a 150.
Insomma i criterii, cui deve ispirarsi il giudizio espresso nel simbolo numerico che si inserisce in tale scala, sono correttamente unitarii, sì che quelli così predeterminati nel caso di specie in via generale dalla Commissione possono ritenersi sicuramente congrui ed idonei a consentire a ciascun commissario di pervenire alla attribuzione di un qualsiasi punteggio ( anche di quello aggiuntivo rispetto al 30 ) sulla base della progressiva, minore o maggiore, rispondenza dell’elaborato ai criterii stessi; è, invero, intuitivo che la maggior rispondenza ai detti criterii rispetto alla valutazione di mera sufficienza ed il livello qualitativo di maggiore rispondenza conducono al giudizio di "eccellenza" sulla base dell’assegnazione dei singoli punti aggiuntivi ( cfr., in termini, Cons. St., IV Sez., n. 1237/08 e n. 4722/08, cit. ).
5. – Quanto, infine, alla mancata effusione di idoneo apparato motivazionale a conforto del giudizio di non ammissione alle prove orali pur in presenza del conseguito punteggio di sufficienza in tutte le prove scritte ( com’è noto di per sé non utile, nella disciplina del concorso notarile ratione temporis applicabile, all’ammissione alle prove orali, laddove manchi il raggiungimento di una media superiore per effetto dell’attribuzione di un punteggio aggiuntivo ) e pur in un contesto fattuale in cui la Commissione stabilisca di motivare sia pur succintamente i giudizii di "totale" insufficienza, la giurisprudenza di questo Giudice di appello, dalla quale il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi, si è costantemente orientata per l’assenza di uno specifico obbligo motivazionale in proposito, evidenziando in particolare che convincenti argomenti di ordine testuale e sistematico portano ad escludere, nel sistema previgente rispetto al(l’entrata in vigore del) D. Lgs. n. 166/2006, la sussistenza di un obbligo per la Commissione esaminatrice di motivare specificamente il mancato raggiungimento, in sede di valutazione degli elaborati sufficienti, del superiore punteggio necessario per ottenere l’ammissione all’orale ( ex multis: Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 2006 n. 4687; da ultimo, Cons. St., IV, n. 1390/2007, cit.).
Di qui l’infondatezza, in relazione ai profili dedotti, della censura di difetto di motivazione, anche in relazione al più generale indirizzo giurisprudenziale, secondo cui, anche dopo l’entrata in vigore della legge n. 241 del 1990, l’onere di motivazione della valutazione delle prove scritte di un concorso pubblico può essere adempiuto attraverso la semplice attribuzione di un punteggio numerico ( unica formalità, questa, prevista per il concorso notarile dal r.d. 14 novembre 1926, n 1953 ), il quale rappresenta una espressione sintetica, ma pur sempre eloquente, dell’apprezzamento compiuto dalla Commissione e che proprio in quanto tale non richiede di essere integrato mediante un’apposita ed ulteriore motivazione, che aggiungerebbe ben poco al sufficiente significato già espresso dal voto ( cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 20 settembre 2006, n. 5509 e 5 dicembre 2006, n. 7122 ); ed in mancanza del quale, come appunto accade nel concorso notarile di cui si tratta per coloro che a giudizio della Commissione non meritino "di ottenere il minimo richiesto per l’approvazione" ( ma non è questa la posizione in cui versa l’odierno appellante ), è pertanto assolutamente logico, conseguenziale e non contraddittorio ( e tanto meno suscettibile di determinare la dedotta disparità di trattamento ) l’auto-vincolo assunto nel caso di specie dalla Commissione "di motivare solo i giudizi di insufficienza" ( pag. 21 app. ).
Se è vero, infatti, come s’è sopra visto, che la valutazione tecnica della Commissione è sufficientemente esternata con l’attribuzione di un punteggio alfanumerico, è del tutto logico che, nel caso in cui non si proceda all’assegnazione di un punteggio ( come avvenuto nel concorso all’esame per i candidati che non hanno raggiunto "il minimo richiesto per l’approvazione", del che l’odierno appellante non ha certo interesse a dolersi, avendo egli raggiunto e superato il minimo stesso ), la non approvazione sia corredata da una motivazione, che sarebbe altrimenti del tutto mancante ( il che, si ripete, non avviene quando si attribuisca un voto numerico, che per consolidato indirizzo giurisprudenziale soddisfa l’onere di motivazione in tema di valutazione delle prove di esame: Cons. St., IV, n. 5862/2008, cit. ).
Le modalità di formazione del giudizio finale sono, dunque, nei due casi ben differenziate, il che, pertanto, da un lato giustifica differenti modalità di esternazione dei giudizii stessi e, dall’altro, rende di per sé non configurabile il vizio di disparità di trattamento, il quale ovviamente postula l’identità ( o quanto meno la totale assimilabilità ) delle situazioni di base poste a raffronto ( Cons. St., IV, n. 1390/2007, cit. ).
In definitiva, convergenti argomenti di ordine testuale e sistematico portano ad escludere – nel sistema anteriore al D. Lgs. n. 166 del 2006, cui non può certo attribuirsi valenza interpretativa della previgente disciplina – l’esistenza di un obbligo per la Commissione esaminatrice del concorso notarile di motivare in modo analitico il mancato raggiungimento, in sede di valutazione degli elaborati sufficienti, del superiore quorum necessario per ottenere l’ammissione all’orale ( Cons. St., IV, 2 marzo 2001, n. 1157 ).
6. – In conclusione, per tutto quanto sopra argomentato, il ricorso deve essere respinto.
****** motivi inducono a compensare integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma la decisione impugnata.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 27 aprile 2010

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