Qualora cadano calcinacci da una scala a disposizione dei condomini, il comune può ordinare al condominio di eliminare con urgenza la situazione di pericolo, non potendosi certo preoccupare di stabilire in via preliminare se la proprietà della scale sia condominiale o comunale

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riferimenti normativi: 1129 c.c.; art. 54, d.lgs. n. 267/2000

precedenti giurisprudenziali: T.A.R. Sardegna, Sez. I, Sentenza n. 817 del 3/10/2018; T.A.R. Sardegna, Sez. II, Sentenza n. 375 del 5/06/2017

La vicenda

L’amministratore di un condominio riceveva un’ordinanza che gli imponeva di far eseguire urgentemente gli opportuni accertamenti tecnici e tutte le opere necessarie per scongiurare lo stato di pericolo derivante dal distacco d’intonaco da una scala di collegamento tra le rampe del caseggiato.

Secondo l’amministratore il provvedimento non si era preoccupato di accertare se la scala in questione fosse di proprietà del condominio o comunale.

Di conseguenza impugnava il provvedimento davanti al Tar, richiedendone l’annullamento per difetto di istruttoria e di motivazione.

Il Tar, respinta preliminarmente l’eccezione di inammissibilità proposta dal Comune per difetto di legittimazione attiva dell’amministratore in quanto non autorizzato ad agire in giudizio con regolare delibera dell’assemblea, giudicava fondato il ricorso e, conseguentemente, annullava il provvedimento impugnato.

Con ricorso in appello il Comune chiedeva la riforma della sentenza di primo grado. In particolare sosteneva il difetto di legittimazione dell’amministratore del condominio per essere stato autorizzato ad agire in giudizio con delibera dell’assemblea assunta solo dopo il termine per impugnare il provvedimento impugnato.

In ogni caso negava che prima di emettere il provvedimento il Comune fosse tenuto ad un rigoroso accertamento della proprietà della scala di collegamento ritenuta in stato di pericoloso dissesto.

Il condominio però notava che, nelle more del giudizio, le scale erano state riparate e poste in perfette condizioni, documentando la sopravvenuta circostanza con risultanze fotografiche trasmesse dal servizio di Polizia locale; di conseguenza sosteneva che l’appello non sarebbe stato più assistito dall’interesse del Comune ad una pronuncia di merito.

La questione

Se da una scala a disposizione di una collettività condominiale cadono calcinacci che creano pericolo per l’incolumità pubblica, il Comune può ordinare al condominio di eseguire con urgenza tutte le opere necessarie ad eliminare il pericolo o deve invece in via preliminare ed in modo rigoroso accertare se il manufatto è effettivamente di proprietà del condominio?

La soluzione

Il Consiglio di Stato in via preliminare ha sottolineato che in mancanza di una dichiarazione del Comune di sopravvenuta carenza dell’interesse all’appello, il Comune aveva ancora interesse ad accertare chi sarebbe stato il soggetto tenuto all’effettuazione dei lavori, anche allo scopo di prevenire iniziative risarcitorie nei propri confronti.

In ogni caso ha osservato che l’amministratore era legittimato ad impugnare il provvedimento del Comune. Infatti dopo intervento delle Sezioni unite della Corte di cassazione è ormai acquisito che la regolarizzazione, in favore dell’amministratore condominiale privo della preventiva autorizzazione assembleare, può operare in qualsiasi fase e grado del giudizio con effetti ex tunc (retroattivo); la necessità dell’autorizzazione o della ratifica assembleare però va riferita soltanto alle cause non rientranti tra quelle per le quali l’amministratore è autonomamente legittimato ad agire ai sensi degli artt. 1130 e 1131 c.c.

Nel merito i giudici di secondo grado hanno dato ragione al Comune.

Secondo il Consiglio di Stato infatti l’amministrazione comunale non era tenuta a un’approfondita istruttoria in ordine alla proprietà della scala, essendo sufficiente che ne fosse accertata la disponibilità in capo al condominio.

Non essendo contestato che il condominio avesse la disponibilità e l’uso della rampa di scale in questione, il motivo d’appello è stato, di conseguenza, accolto.

Le riflessioni conclusive

Il vigente art. 54, comma 4, D.Lg.vo n. 267/2000 stabilisce che il Sindaco, quale Ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.

Pertanto, va sottolineato che tale norma prevede espressamente che per l’adozione delle suddette ordinanze sindacali debbono ricorrere cumulativamente i seguenti tre presupposti:

1) un grave pericolo che minaccia l’incolumità pubblica o la sicurezza urbana;

2) la contingibilità, cioè una situazione imprevedibile ed eccezionale, che non può essere fronteggiata con i mezzi ordinari previsti dall’ordinamento;

3) l’urgenza, causata dall’imminente pericolosità, che impone l’adozione di un efficace provvedimento straordinario e di durata temporanea in deroga ai mezzi ordinari previsti dalla normativa vigente.

A tali presupposti oggettivi va aggiunto un necessario presupposto soggettivo, cioè la riferibilità del bene interessato ad un soggetto che ne abbia altresì la disponibilità; in caso contrario l’ordine sarebbe illogicamente destinato a non poter essere eseguito.

Si può quindi affermare che in materia di ordinanze contingibili e urgenti ex art. 54, d.lgs. n. 267/2000, con riguardo all’individuazione del destinatario dell’ordine di eseguire i lavori indispensabili per eliminare il pericolo, presupposto indispensabile è la disponibilità del bene in capo a tale soggetto, che costituisce condizione logica e materiale indispensabile per l’esecuzione dell’ordine impartito (T.A.R. Sardegna, sez. I, 3 ottobre 2018, n. 817; T.A.R. Liguria, sez. I, 19 aprile 2013, n. 702; T.A.R. Lazio, sez. II ter, 17 ottobre 2016, n. 10344).

Pertanto, in presenza di una conclamata condizione di pericolo per l’incolumità pubblica, per la legittimità dell’ordine è sufficiente che il Comune provveda ad individuarne i destinatari in base alla situazione di fatto che si presenta nell’immediato, indipendentemente da ogni laboriosa e puntuale ricerca degli effettivi titolari del bene che versa in cattive condizioni.

Se un bene che è pericolante è nella disponibilità del condominio il Comune può legittimamente richiedere all’amministratore di provvedere alle necessarie opere urgenti per eliminare il pericolo.

Successivamente si potrà accertare se il manufatto è del condominio o del Comune.

In altre parole il fatto che l’ordine di esecuzione dei lavori sia legittimamente indirizzato al soggetto nella condizione di eliminare la situazione di pericolo lascia impregiudicata, perché estranea alla funzione del provvedimento contingibile e urgente, la diversa e successiva questione dell’accollo economico dei costi dell’intervento in capo ai soggetti responsabili.

Le considerazioni che precedono non valgono però se risulta chiaramente che i pericoli creati dallo stato di un bene non riguardano l’incolumità pubblica ma interessi privati.

Si pensi al pericolo derivante dal distacco di intonaco o tegole che cadono o minacciano di cadere su un cortile interno che sfocia in un passo carrabile utilizzato evidentemente da autoveicoli e nel quale si trovano box auto: in tal caso i pericoli in questione riguardano un luogo che è oggetto di accesso principale mediante autoveicoli e, di conseguenza, i supposti pericoli attengono in via principale a beni ed in via soltanto secondaria ed eventuale a  persone; in secondo luogo manca un rischio effettivo all’incolumità dei cittadini. In ogni caso il pericolo  può essere affrontato con l’apposizione di transenne.

Del resto, considerato che l’area è oggetto di transito di un numero limitato e ben individuato di persone, è chiaro che il rischio è ben a conoscenza degli interessati, che sulla loro proprietà possono tenere comportamenti volti ad evitare il rischio connesso, dovendo al massimo subire limitazioni all’uso della loro proprietà per non poter circolare senza rischi su una parte limitata e non indispensabile di essa (si veda in tal senso T.A.R. Lombardia, sez. II, 6 novembre 2008, n. 5310).

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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