L’aggiudicazione provvisoria della gara è un atto “ad effetti non stabilizzati”, può essere revocata per motivi di interesse pubblico e non dà luogo all’indennizzo

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Riferimenti normativi: art. 21 quinquies della legge n. 241/1990 – appalti

La vicenda

La società ricorrente, classificatasi terza in una procedura di gara bandita da un Comune per l’affidamento in concessione per novanta anni del diritto di superficie su una determinata area, prodromico alla realizzazione di un parcheggio pertinenziale, ha impugnato al Tar per il Piemonte la delibera n. 3799 del 30 ottobre 2017. Con il provvedimento impugnato il Consiglio comunale ha rivalutato i precedenti provvedimenti (con cui erano stati individuati i siti idonei alla realizzazione dei parcheggi) e ha disposto lo stralcio della localizzazione dello stesso parcheggio, con la conseguente caducazione degli atti della gara di affidamento della relativa concessione e la revoca dell’aggiudicazione provvisoria.

La ricorrente ha chiesto, al contempo, l’accertamento del diritto allo scorrimento della graduatoria di gara a seguito della decadenza delle concorrenti che la precedevano, il risarcimento del danno (da provvedimento illegittimo e da responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione), nonché l’indennizzo di cui all’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, Sez. II, con sentenza del 18 ottobre 2018, n. 1139, ha respinto il ricorso, ritenendo legittime e motivate le determinazioni sulla diversa localizzazione dei parcheggi pertinenziali.

Avverso tale sentenza la ricorrente ha proposto appello al Consiglio di Stato che, con la sentenza dell’8 giugno 2020, n. 3619 (Sez. IV), si è pronunciato rigettandolo.

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Il testo intende fornire un quadro completo di tutti i rimedi, giurisdizionali e non, alle controversie nascenti in materia di appalti pubblici, sia nel corso di svolgimento della procedura di gara e fino all’aggiudicazione, sia nella successiva fase di esecuzione del contratto di appalto. In primis, dopo un excursus sull’evoluzione degli ultimi anni, utile a comprenderne pienamente la ratio, viene affrontato approfonditamente il rito processuale speciale, disciplinato dal Libro IV, Titolo V del Codice del processo amministrativo, con particolare attenzione alla fase cautelare. Vi è poi un focus sul rito “super accelerato”, da ultimo dichiarato conforme alle direttive europee da una pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 14 febbraio 2019.Alle controversie sorte in fase di esecuzione dei contratti di appalto è dedicato uno specifico capitolo, che rassegna le principali pronunce del Giudice Ordinario con riferimento alle patologie più frequenti (ritardi nell’esecuzione, varianti, riserve).Infine, quanto alla tutela stragiudiziale, il testo tratta i rimedi previsti dal Codice dei Contratti Pubblici, quali l’accordo bonario, la transazione e l’arbitrato e infine approfondisce il ruolo dell’ANAC, declinato attraverso i pareri di precontenzioso, i poteri di impugnazione diretta, e l’attività di vigilanza.Più schematicamente, i principali argomenti affrontati sono:• il rito speciale dinanzi a TAR e Consiglio di Stato, delineato dagli artt. 119 e 120 del Codice del processo amministrativo;• il processo cautelare;• il rito super accelerato ex art. 120 comma 2 bis;• il contenzioso nascente dalla fase di esecuzione del contratto di appalto;• i sistemi di risoluzione alternativa delle controversie: accordo bonario, transazione, arbitrato;• poteri e strumenti di risoluzione stragiudiziale dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.Elio Guarnaccia, Avvocato amministrativista del Foro di Catania, Cassazionista. Si occupa tra l’altro di consulenza, contenzioso e procedure arbitrali nel settore degli appalti e dei contratti pubblici. È commissario di gara nelle procedure di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in qualità di esperto giuridico selezionato da UREGA Sicilia e dall’ANAC.È autore di numerosi saggi e articoli nei campi del diritto amministrativo e del diritto dell’informatica, nonché di diverse monografie in materia di appalti pubblici, processo amministrativo, amministrazione digitale. Nelle materie di propria competenza ha sviluppato un’intensa attività didattica e di formazione per pubbliche amministrazioni e imprese. In ambito universitario, ha all’attivo vari incarichi di docenza nella specifica materia degli appalti pubblici.

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La decisione

Il Consiglio di Stato, nel respingere l’appello, ha ritenuto che nella fattispecie in esame non fosse ravvisabile “una manifesta illogicità nel mutamento degli intendimenti dell’Amministrazione rispetto a quelli posti a fondamento dei provvedimenti revocati, ben potendo l’Amministrazione, ex art.21 quinquies della legge n. 241/1990, compiere una differente valutazione dell’interesse pubblico originario”.

L’Amministrazione ha correttamente ponderato e valutato i nuovi motivi d’interesse pubblico ed è legittimamente intervenuta in autotutela sulle proprie precedenti determinazioni, caducando gli atti di gara e revocando l’aggiudicazione provvisoria.

Nel caso di specie l’esercizio del potere discrezionale si fonda su una diversa considerazione dell’interesse pubblico che aveva determinato la scelta originaria ed è adeguatamente motivato circa i mutamenti verificatisi nel corso di cinque anni dall’adozione del primo provvedimento alla luce delle sopravvenute linee di Programma di Governo della Città interessata.

L’aggiudicazione provvisoria della gara, qualificabile come atto endoprocedimentalead effetti non stabilizzati”, è “inidoneo a determinare un affidamento qualificato neppure in capo all’aggiudicatario provvisorio” e pertanto per il Consiglio di Stato va rigettata anche la domanda di indennizzo ex art. 21 quinquies della legge n. 241/1990, “facendo difetto il presupposto stesso per l’applicazione della norma e cioè la legittimazione derivante da una posizione di interesse qualificato, che soltanto la titolarità dell’aggiudicazione avrebbe potuto conferire”. Per il Consiglio di Stato “la domanda di indennizzo spetta solo se l’atto revocato ha effetti durevoli nel tempo, ovvero se ha effetti istantanei ma incide su rapporti negoziali in atto, evenienze queste che non ricorrono nel caso di specie”. L’aggiudicazione provvisoria non ha prodotto la costituzione di un rapporto negoziale tra il Comune e la concorrente/ricorrente e non ha generato in capo alla stessa un diritto soggettivo all’esecuzione del parcheggio in regime di concessione. Nella fattispecie in esame, la ricorrente è titolare di una situazione giuridica qualificabile come interesse legittimo che, nel nostro ordinamento, non ha una protezione piena e diretta al pari del diritto soggettivo.

La tematica trattata dal Consiglio di Stato resta attuale sebbene il Codice dei Contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016) non preveda più il provvedimento di aggiudicazione provvisoria e quello di aggiudicazione definitiva, in quanto gli articoli 32, comma 5, e 33, comma 1, del Codice menzionano la proposta di aggiudicazione e l’aggiudicazione che coincide con l’approvazione della proposta stessa, all’esito dei controlli, da parte dell’organo competente[1]. Pertanto, alla luce del richiamato quadro normativo, le considerazioni svolte dal Consiglio di Stato possono essere estese alla proposta di aggiudicazione.

La decisione annotata è in linea con i precedenti giurisprudenziali, secondo cui, fino a quando non sia intervenuta l’aggiudicazione definitiva rientra nel potere discrezionale dell’amministrazione disporre la revoca del bando di gara e degli atti successivi, laddove sussistano concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna, o anche solo da sconsigliare, la prosecuzione della gara[2].

Per la giurisprudenza consolidata la revoca dell’aggiudicazione provvisoria (o la mancata conferma della proposta di aggiudicazione) non è infatti qualificabile alla stregua di un esercizio del potere di autotutela, tale cioè da richiedere un raffronto tra l’interesse pubblico e quello privato sacrificato, non essendo prospettabile alcun affidamento del destinatario, dal momento che l’aggiudicazione provvisoria non è l’atto conclusivo del procedimento. Neppure è richiesto un raffronto tra l’interesse pubblico e quello privato sacrificato, non essendo prospettabile alcun affidamento del destinatario dal momento che l’aggiudicazione provvisoria (nella normativa vigente, la proposta di aggiudicazione) non è l’atto conclusivo del procedimento. La revoca dell’aggiudicazione provvisoria (o la mancata conferma della proposta di aggiudicazione) è un atto endoprocedimentale e non richiede la preventiva comunicazione di avvio del procedimento, dal momento che soltanto l’aggiudicazione attribuisce in modo stabile il bene della vita ed è pertanto idonea ad ingenerare un legittimo affidamento in capo all’aggiudicatario, sì da imporre l’instaurazione del contraddittorio procedimentale[3].

Pertanto la provvisorietà dell’atto e l’instabilità degli effetti, tipiche della proposta di aggiudicazione, giustificano la non riconducibilità di quest’ultima alla tutela processuale disciplinata dall’art. 21-quinquies (revoca del provvedimento) e 21-nonies (annullamento d’ufficio) della legge n. 241/1990.

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Note

[1] In ordine all’aggiudicazione disposta sotto condizione risolutiva della verifica del possesso dei requisiti in capo all’aggiudicatario si veda la recente sentenza TAR Campania n. 2403/2020.

[2] Si veda: Consiglio di Stato, sez. V, 9 novembre 2018, n. 6323.

[3] Si vedano: Consiglio di Stato, sez. V, 20 agosto 2013, n. 4183; Consiglio di Stato, sez. IV, 12 gennaio 2016, n. 67; Consiglio di Stato, sez. V, 4 dicembre 2017, n.5689; Consiglio di Stato, sez. V, 9 novembre 2018, n. 6323.

 

Sentenza collegata

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Giacomo Giuseppe Verde

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