Consiglio di Stato, Quinta Sezione, Pres. Trovato, Est. Atzeni, Regione Campania

Redazione 27/03/13
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(Avv. ******************** contro *** (Avv. **************), 27.3.2013 n.1763.

La revoca in autotutela della delibera con cui viene a determinarsi la violazione del ai sensi dell’art. 21 quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, costituisce effetto doveroso e vincolato rispetto alla previsione dell’art.14, comma 22, del d.l. n. 78/10 ai sensi del quale “gli atti adottati dalla Giunta regionale o dal Consiglio regionale durante i dieci mesi antecedenti alla data di svolgimento delle elezioni regionali, con i quali è stata assunta le decisione di violare il patto di stabilità interno, sono annullati senza indugio dallo stesso organo.

N. 01763/2013REG.PROV.COLL.

N. 02181/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 2181 del 2012, proposto da: 
Regione Campania in persona del Presidente, rappresentata e difesa da***

contro***

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, Sezione III, n. 00197/2012, resa tra le parti, concernente revoca del finanziamento di progetti di recupero per tossicodipendenti

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di ***;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 novembre 2012 il Cons. *************** e uditi per le parti gli avvocati **********, per delega dell’Avv. ************, e *****;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, rubricato al n. 5617/10, *** impugnavano la deliberazione n. 611 del 05 agosto 2010 con la quale il Dirigente dell’A.G.C. 18 – Assistenza Sociale, Attività Sociali, Sport, Tempo Libero, Spettacolo – Settore 01 della Giunta Regionale della Campania, aveva disposto la revoca della deliberazione n. 1657 del 30 ottobre 2009, relativa al Piano Sociale Regionale 2009/2011, pubblicata sul B.U.R.C. n. 57 del 16/08/2010; l’impugnazione era estesa ad ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale, comunque lesivo dei diritti delle Associazioni ricorrenti, deducendo diversi profili di illegittimità e chiedendo il suo annullamento ed il risarcimento dei danni subiti.

Con la sentenza in epigrafe, n. 197 in data 16 gennaio 2012, il Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, Sezione IIII, rigettava l’eccezione con la quale la Regione Campania sosteneva la carenza di legittimazione dei ricorrenti ad impugnare il provvedimento in epigrafe ed accoglieva nel merito il ricorso, per l’effetto annullando la deliberazione n. 610/2011.

2. Avverso la predetta sentenza la Regione Campania propone il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 2181/12, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma ed il rigetto del ricorso di primo grado.

Si sono costituiti in giudizio *** chiedendo il rigetto dell’appello.

La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 13 novembre 2012.

3. L’appello è fondato nel merito; il Collegio prescinde quindi dall’esame delle prospettate questioni di ammissibilità.

Gli odierni appellati costituiscono associazioni che hanno presentato progetti di recupero per tossicodipendenti rientranti nel piano regionale della Regione Campania 2009/2011, approvato con la deliberazione n. 1657 del 30 ottobre 2009, revocata con il provvedimento impugnato in primo grado.

Con il primo motivo, le associazioni ricorrenti hanno censurato, in tale sede, il fatto che “la deliberazione n. 1657 del 30 ottobre 2009 non avrebbe in alcun modo violato il patto di stabilità interno, trattandosi di atto programmatico; che, comunque, dalla motivazione del provvedimento di revoca non emerge quali verifiche amministrativo-contabili siano state effettuate al fine di ritenere che tale delibera debba ritenersi violativa del patto e che, in ogni caso, è erroneo affermare che tale deliberazione “non ha prodotto effetti” (e, pertanto, possa essere revocata senza previsione di alcun indennizzo), in quanto proprio sulla base del predetto atto di programmazione triennale le associazioni ricorrenti hanno portato a compimento taluni progetti individuali di cui, ora, si attende la liquidazione e, comunque, ne hanno intrapreso altri che sono tutt’ora in corso”.

La Regione Campania ha rilevato che la revoca in autotutela della delibera in questione (o meglio delle delibere che hanno provocato la violazione del patto di stabilità) ai sensi dell’art. 21 quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, costituirebbe effetto doveroso e vincolato rispetto alla previsione dell’art.14, comma 22, del d.l. n. 78/10 ai sensi del quale “gli atti adottati dalla Giunta regionale o dal Consiglio regionale durante i dieci mesi antecedenti alla data di svolgimento delle elezioni regionali, con i quali è stata assunta le decisione di violare il patto di stabilità interno, sono annullati senza indugio dallo stesso organo”.

A tale riguardo, il primo giudice ha osservato che la decisione di violare il patto di stabilità interno, che inficia la determinazione di spesa, deve essere adeguatamente evidenziata fra i presupposti del provvedimento di revoca o quanto meno deve essere adeguatamente dimostrata in giudizio.

Il primo giudice ha ulteriormente osservato che “la deliberazione n. 534/2010 – richiamata dalla deliberazione n.610/2010- non dava affatto per scontato l’annullamento di tutte le deliberazioni di cui all’allegato A, ma rimandava l’adozione del provvedimento alle “dovute verifiche amministrativo-contabili in ordine alla incidenza dei provvedimenti in questione sulla violazione del patto di stabilità interno e sulla compatibilità e coerenza degli adottandi provvedimenti di autotutela con il piano di rientro”.

“Erroneamente, quindi, con l’impugnata deliberazione n.610/2011 la GRC ha assunto come presupposto della revoca la circostanza, di per sé irrilevante, che la deliberazione n. 1657 del 30/10/2009 sia stata sospesa e, quindi, non abbia prodotto effetti.”

Sulla base di tale presupposto il primo giudice ha accolto il ricorso, per l’effetto annullando la determinazione n. 611/2010, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione; la pretesa risarcitoria è stata invece respinta.

La Regione appellante contesta l’impostazione seguita nella sentenza appellata sostenendo la “doverosità” del provvedimento impugnato, che ai sensi dell’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241, esclude la necessità della motivazione.

Tale argomentazione deve essere condivisa, con le precisazioni che seguono, dovendo in particolare essere condivisa l’osservazione di base, secondo la quale il ritiro degli atti assunti in violazione del patto di stabilità interno costituisce atto dovuto.

Invero, lo stesso enunciato della norma invocata (art. 14, comma 22, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78) conferma univocamente l’esattezza dell’osservazione dell’appellante, nella parte in cui non solo impone l’annullamento degli atti assunti in violazione del patto di stabilità interno, ma aggiunge, ad ulteriore rafforzamento del comando, l’obbligo di adempiervi “senza indugio”.

Deve poi essere osservato che la violazione del patto di stabilità è stata accertata dalla Giunta regionale della Campania.

Il relativo procedimento è compiutamente descritto alle pagine 16 e seguenti dell’atto d’appello, dalle quali risulta che la suddetta circostanza è stata accertata per la deliberazione riguardante le odierne appellate, come per numerose altre.

In particolare, il provvedimento impugnato evidenzia, nella motivazione, come con deliberazioni n. 501 in data 11 giugno 2011 e n. 534 in data 2 luglio 2010 la Giunta abbia avviato il procedimento volto a ridurre le spese nei limiti del suddetto patto, e che in tale contesto la deliberazione favorevole per le odierne appellate è stata inserita fra quelle pregiudizievoli per il rispetto del patto di stabilità.

Come sottolineato dalla stessa Regione, l’obiettivo, doveroso, di riordinare la spesa ha comportato la necessità di compiere una scelta fra le diverse deliberazioni di spesa, individuando quelle da annullare definitivamente, quella da onorare e quelle da rimandare ad ulteriori scelte.

La deliberazione che interessa le odierne appellate in realtà rientra in quest’ultimo gruppo in quanto la Giunta non ha definitivamente escluso la possibilità di finanziare le iniziative ivi contemplate, una volta riordinata la spesa e correttamente individuate le risorse necessarie nel fondo sociale di cui alla legge regionale 23 ottobre 2007, n. 11.

Tutto ciò precisato, deve essere rilevato che se il rientro nelle previsioni del patto di stabilità costituisce adempimento di un obbligo, costituisce esercizio di discrezionalità la scelta delle previsioni di spesa sulle quali intervenire.

Peraltro, il provvedimento impugnato, nonché gli atti presupposti, giustificano la scelta sfavorevole per le aspettative delle odierne appellate in quanto si fondano sulla circostanza che la stessa, come altre deliberazioni, non avevano ancora prodotto effetti.

Alla luce delle circostanze sopra descritte è agevole ricostruire il percorso seguito dall’Amministrazione nei termini che seguono:

a) presa d’atto della violazione del patto di stabilità;

b) individuazione delle deliberazioni alle quali deve essere imputato l’evento;

c) scelta di quelle da annullare;

d) inclusione fra queste ultime della deliberazione favorevole per le appellate, sulla base del fatto che l’aspettativa ingenerata non era stata consolidata con l’emissione di singoli provvedimenti di liquidazione ed erogazione.

Osserva, in conclusione il Collegio che la scelta dell’Amministrazione era, nel caso di specie, in gran parte necessitata e per la parte in cui è stato esercitato un potere discrezionale questo non presenta profili di irrazionalità

4. L’appello deve, di conseguenza, essere accolto e, in riforma della sentenza gravata, respinto il ricorso di primo grado.

In considerazione della complessità della controversia le spese di entrambi i gradi del giudizio devono essere integralmente compensate fra le parti.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 2181/12, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza gravata respinge il ricorso di primo grado.

Compensa integralmente spese ed onorari di entrambi i gradi del giudizio fra le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 novembre 2012 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Trovato, Presidente

***************, ***********, Estensore

****************, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere

 

 

 

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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