Consiglio di Stato 15/12/2009 n. 7958

Redazione 15/12/09
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1). Con decreto del 01.02.2005 il Questore della Provincia di Catanzaro respingeva la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno avanzata dalla cittadina nigeriana A.L.I..

A motivazione della determinazione negativa erano posti i seguenti rilievi:

– la ricorrente è indagata dalla Procura della Repubblica di Torino per i reati previsti e puniti dagli artt. 3, 4 e 7 della legge n. 75 del 1958 e per il reato di furto;

– in occasione di una denuncia presentata il 4 ottobre 2003 al Commissariato ha dichiarato di guadagnarsi da vivere esercitando la prostituzione.

– la condotta di vita ed i reati per i quali pende giudizio sono motivo valido e sufficiente per ritenere che i redditi della richiedente derivino in tutto o in parte da fonte illecita.

Avverso detto provvedimento la A. proponeva ricorso avanti al T.A.R. per la Calabria, deducendo motivi di violazione di legge ed eccesso di potere in diversi profili.

Con la sentenza di estremi indicati in epigrafe il T.A.R. dito respingeva il ricorso.

Contro la pronunzia reiettiva la A. ha proposto atto di appello ed ha confutato le conclusioni del T.A.R., perché a sui dire apodittiche e carenti sul piano motivazionale, insistendo, in contrario alla valutazione espressa dall’ autorità di P.S., sulla sussistenza delle condizioni per il rinnovo del permesso di soggiorno in Italia, risultando in particolare la disponibilità di risorse reddituali valide per il sostentamento personale e del nucleo familiare di provenienza.

Il Ministero dell’ Interno si è costituito in giudizio…

All’ udienza del 13 ottobre 2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2). L’appello è infondato.

L’Autorità di P.S. ha fondato la determinazione negativa sulla base di obiettivi elementi inerenti alla condotta di vita della cittadina nigeriana (denuncia da parte della stessa ricorrente di fatti connessi ad attività di meretricio ed informativa della locale stazione dei Carabinieri in base a controlli effettuati al riguardo), idonei ad indurre al giudizio circa l’assenza di una fonte lecita di reddito e di pericolosità per le condizioni di sicurezza ed ordine pubblico.

Sebbene l’esercizio della prostituzione non costituisca di per sé reato, esso non dà comunque ad una fonte lecita di guadagno, perché contrario al buon costume e, in quanto tale, nemmeno tutelabile in sede giurisdizionale, essendo nulli gli accordi raggiunti al riguardo secondo il disposto di cui agli artt. 1343 e 2035 cod. civ. (cfr. Cons. St., Sez. VI^, n. 5178 del 22.10.2008; n. 2231 del 10.05.2007; n. 1456 del 29.03.2007).

In particolare i "comportamenti… come la prostituzione in strada" (condotta riscontrata nei confronti dell’ appellante) sono stati, da ultimo, con decreto del Ministro dell’ Interno 05.08.2008 specificatamente elencati fra le situazioni nei cui confronti vanno esercitati i poteri assegnati ai sindaci dall’ art. 54 del t.u. n. 267/2000, come sostituito dall’ art. 6 del d.l. n. 92/2008, convertito nella legge n. 125/2008, a tutela dell’ ordine e della sicurezza pubblica.

E’ noto che, ai sensi dell’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998, "…l’Italia, in armonia con gli obblighi assunti con l’adesione a specifici accordi internazionali, consentirà l’ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno". Il successivo art. 5, comma 5, del d.lgs. citato, dispone che "il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato". Precisa l’art. 13, comma secondo, del d.P.R. n. 394/1999 che ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno la documentazione deve essere riferita alla "disponibilità di un reddito da lavoro o da altra fonte lecita".

La fonte di reddito per il sostentamento dello straniero e di lui nucleo familiare deve quindi essere lecita.

La situazione reddituale è espressione, oltre che della condizione di autonomia sul piano economico dello straniero, la cui presenza nel territorio nazionale non deve introdurre aggravio alla comunità nazionale, della doverosità sul piano sociale dello svolgimento di un lavoro, attività o funzione, che concorra allo sviluppo materiale spirituale del Paese, con assolvimento di detto obbligo al pari di ogni cittadino italiano secondo quanto enunciato dall’ art. 4, comma secondo, della Costituzione.

Il concorso nel sostegno dello straniero di guadagni derivanti dall’ esercizio di attività di meretricio determina, quindi, il venir meno del requisito soggettivo del possesso di un reddito proveniente da fonte lecita, che costituisce condizione per l’ingresso e per la permanenza nel territorio nazionale.

Il riscontrato esercizio della prostituzione in strada integra, inoltre, secondo le direttive emanate dallo stesso Ministero dell’ Interno, un "vulnus" per le condizioni di ordine e sicurezza pubblica e giustifica il giudizio di pericolosità sociale posto dal Questore ad ulteriore sostegno della determinazione di segno negativo.

Quanto al deposito di documentazione relativa all’ attivazione di procedimento di regolarizzazione della presenza in Italia ai sensi dell’ art. 1 ter del d.l. n. 79/2009, convertito nella legge n. 102/2009, relativo alla svolgimento da parte dello straniero di attività di assistenza e di sostegno alle famiglie, si tratta di sopravvenienza che non assume rilievo ai fini della legittimità dell’ atto impugnato che è stato correttamente assunto – alla luce principio "tempus regit actum" – sulla base della situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione.

Per le considerazioni che precedono l’appello va respinto.

Le spese del giudizio possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.
Respinge l’appello in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2009

Redazione