Consiglieri comunali: impugnazione atti (Cons. Stato n. 5184/2012)

Redazione 02/10/12
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Fatto

I sigg.ri C. A. e M. G., nella loro qualità di consiglieri comunali di opposizione del Comune di Ortonovo impugnavano innanzi al TAR per la Liguria il piano urbanistico comunale (PUC) nella serie di atti che lo hanno formato e che vanno dalla deliberazione consiliare n. 19/2002 di approvazione del progetto preliminare del PUC alle deliberazioni consiliari nn. 3 e 4 del 4 e 5 aprile 2006 di adeguamento ai rilievi di legittimità nonché all’atto della Provincia di La Spezia del 16 giugno 2006 di presa d’atto dell’adeguamento ai rilievi di legittimità.
Nei confronti di tali atti e provvedimenti i predetti deducevano vari profili di illegittimità, tra cui il vizio di violazione dell’art. 38 del TULCP in ordine alla validità di sedute consiliari e l’adito Tar con sentenza n. 1452/2006 resa in forma semplificata, accoglieva il ricorso in relazione alla rilevata fondatezza della censura di violazione del citato art. 38 per essere state le deliberazioni consiliari nn. 10,11, 12 e 13 assunte rispettivamente nelle sedute del 2, 4, 6 e 7 agosto 2005 adottate con un quorum strutturale di 5 membri dell’organo consiliare non sufficiente per la validità delle sedute stesse.
Con nota del 24/1/2007 inviata alla Regione Liguria, con richiesta di parere, il Sindaco di Ortonovo all’indomani della pronuncia del Tar sopraindicata, con la volontà di adeguarsi al decisum in questione, esprimeva l’intendimento di riattivare il procedimento di approvazione del PUC, facendo salvi gli atti non travolti dalla sentenza e rinnovando le fasi del procedimento risultate viziate.
In particolare la predetta Autorità comunale riteneva che in relazione al vizio riscontrato e all’assorbimento degli altri motivi di gravame, la portata dell’annullamento della sentenza di primo grado si limitasse solo a quelle deliberazioni adottate nelle sedute contrassegnate da un quorum strutturale giudicato dal TAR insufficiente a rendere valide le relative sedute consiliari, senza pregiudicare le delibere in precedenza adottate
La Regione Liguria con nota di riscontro del 2 febbraio 2007 concordava con la ricostruzione e soluzione prospettate dall’Amministrazione comunale, e riteneva “ammissibile la riattivazione del procedimento di approvazione del progetto definitivo del PUC, con la riassunzione della deliberazione del Consiglio Comunale in ordine alla pronuncia delle osservazioni già votate nell’agosto del 2005”.
Quindi il Consiglio Comunale con deliberazioni nn.1 e 2 rispettivamente del 23 e 25 febbraio 2007 assumeva le determinazioni relative alla controdeduzione delle osservazioni presentate, all’adozione del progetto definitivo e all’adeguamento di esso ai rilievi espressi dal C:T:U. provinciale.
I sigg.ri C. e M. quali consiglieri comunali impugnavano con quattro mezzi di gravame, le suindicate deliberazioni dell’Ente locale innanzi al Tar per la Liguria che con sentenza n. 1773/2007 dichiarava inammissibili il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso in quanto “attengono alla legittimità sostanziale delle delibere assunte dal Consiglio Comunale e non mirano a far valere in via immediata una lesione del diritto all’ufficio dei consiglieri dissenzienti”, mentre accoglieva il terzo motivo relativo alla dedotta violazione dell’obbligo di astensione dei pubblici amministratori ex art. 78 del dlgs n. 267/2000, ritenuto pertinente allo status rivestito.
I predetti sigg.ri C. e M. hanno impugnato tale decisum nella parte in cui ha dichiarato inammissibili i mezzi di gravame di cui sopra, deducendo, a sostegno dell’appello, i seguenti motivi:
1) erroneità della sentenza per contraddittorietà ed illogicità manifesta;
2) erroneità della sentenza per mancato riconoscimento della fondatezza dei motivi di ricorso dedotti in primo grado;
2.1) Violazione dell’art. 26 secondo comma e dell’art. 33 della legge n. 1034 del 1971 in relazione alla inosservanza della sentenza del Tar Liguria Sez. I n. 3/1452. Violazione del giudicato amministrativo. Nullità;
2.2) Violazione art. 26 secondo comma e dell’art. 33 della legge n. 1034/1971 in relazione alla sentenza Tar Liguria n. 1452/2006 ed in relazione alla violazione degli artt. 38, 39 e 40 della legge regionale n. 36/97: eccesso di potere per assenza e falsità dei presupposti, contraddittorietà, ed illogicità manifeste e travisamento;
2.3) violazione e falsa applicazione art. 7 legge n. 1150 del 1942 e dell’art. 40 comma 4 della legge regionale n. 36 del 1997: eccesso di potere per difetto del presupposto e per contraddittorietà ed illogicità manifeste;
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Ortonovo e la Regione Liguria che hanno contestato la fondatezza dei motivi dell’appello di cui hanno chiesto la reiezione.
All’udienza del 29 maggio 2012 la causa viene introitata per la decisione.

Diritto

Ai fini di una agevole comprensione della vicenda all’esame appare utile qui ripercorrere in breve l’iter giudiziario in rilievo e focalizzare altresì la portata e i limiti del thema decidendum.
Gli appellanti, consiglieri comunali di minoranza, invocando il giudicato che si sarebbe formato sulla precedente sentenza del Tar Liguria n. 1452/06 che definiva il ricorso dagli stessi proposto avverso la serie procedimentale degli atti relativa alla formazione del PUC comunale, con “annullamento dei provvedimenti impugnati”, hanno contestato la legittimità delle deliberazioni (nn. 1 e 2 del 23 e 25 febbraio 2007) con cui l’Amministrazione, riattivando il procedimento di che trattasi ha controdedotto alle osservazioni, approvato il progetto definitivo di PUC e si è adeguata ai rilievi provinciali e regionali.
In concreto,con la controversia de qua si lamenta il fatto che il Comune non avrebbe potuto riattivare il procedimento de quo dalla fase conclusiva costituita dagli atti testè indicati, mentre la puntuale ottemperanza alle statuizioni rese in precedenza dal Tar con la citata sentenza n. 1452/06 avrebbe dovuto comportare l’integrale ripetizione dell’intero procedimento di adozione e approvazione del PUC.
Il giudice di prime cure nel pronunciarsi sulle doglianze in questione dichiarava inammissibili i primi tre mezzi d’impugnazione atteso che i profili di illegittimità ivi dedotti non costituivano lesione dello status di consigliere comunale, mentre accoglieva il terzo motivo di gravame relativo alla dedotta violazione dell’art. 78 del dlgs n. 267/2000 ( obbligo degli amministratori di astenersi).
I sigg.ri G. e M. con l’appello all’esame insistono nella tesi che le deliberazioni consiliari nn. 1 e 2/2007 sono illegittime anche per gli aspetti di invalidità denunciati con gli originari tre motivi del ricorso di primo grado ritenuti (a loro avviso) erroneamente inammissibili dal Tar.
Tanto opportunamente precisato, occorre farsi carico dell’eccezione di inammissibilità dell’appello per difetto di legittimazione ed interesse a ricorrere formulata ex adverso dalla difesa del resistente Comune di Ortonovo.
L’eccezione è infondata.
Sostengono le resistenti Amministrazioni che ******** e ******* non avrebbero legittimazione a proporre appello atteso che il primo al momento della produzione gravame non aveva lo status di consigliere comunale e il secondo lo avrebbe perso immediatamente dopo la proposizione dell’appello
Il rilievo non regge per il semplice fatto che i presupposti per la legitimatio ad agendum vanno verificati ab origine e cioè al momento in cui i predetti hanno proposto ricorso di prime cure e non già al momento della presentazione dell’appello e non v’è dubbio che all’epoca sia Cavirani che ******* rivestivano lo status in questione.
D’altra parte in relazione alle doglianze fatte valere costituite in primis dalla dedotta violazione del giudicato formatosi sulla precedente sentenza n. 1452/2006 che li ha visti ricorrenti, non si vede in che modo possa negarsi la sussistenza anche in sede di appello dei requisiti richiesti ai fini della legitimatio ad agendum dall’art. 100 c.p.c., sussistendo per i medesimi l’interesse sostanziale e processuale a contestare le statuizioni rese dal primo giudice in ordine alle censure formulate in primo grado.
Ancorchè ammissibile l’appello si appalesa nel merito infondato.
Col primo mezzo d’impugnazione parte appellante deduce la erroneità delle statuizione di inammissibilità dei tre mezzi di ricorso assunta dal primo giudice: a loro avviso le delibere gravate hanno prodotto la lesione dello status dei consiglieri comunali ricorrenti costituita, appunto dalla violazione del giudicato di cui alla sentenza n. 1452/2006 del Tar Liguria.
L’assunto non è condivisibile.
La Sezione deve qui ribadire il più che consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la legittimazione dei consiglieri comunali ad impugnare gli atti degli organo di cui fanno parte è limitata ai casi in cui vengono in rilievo determinazioni direttamente incidenti sul diritto all’ufficio ovvero violazioni procedurali lesive in via diretta del munus di componente dell’organo (Cons. Stato Sez. V 15 dicembre 2005 n. 7122; Cons. Stato Sez. II 9 aprile 2008 n. 2881).
Ora, come correttamente osservato dal Tar il vizio procedurale dedotto dagli attuali appellanti costituito dalla riattivazione del procedimento di adozione del PUC dalla fase di controdeduzioni alle osservazioni anche avuto riguardo ai profili di illegittimità sanciti dallo stesso Tar con la precedente sentenza n. 1452/2006 non attiene alle prerogative proprie dei consiglieri giacchè non va ad incidere sull’interesse alla regolare e leale dialettica assembleare che non viene appunto pregiudicato e se così è, in ragione dei limiti di legittimazione testè illustrati non si può riconoscere ai predetti componenti dell’organo consiliare l’interesse processuale a rilevare profili di doglianza che escludono la sussistenza di una posizione giuridica differenziata legittimante la loro contestazione giudiziale.
Con le censure di cui al motivo articolato sub 2.1 e 2.2 parte appellante lamenta in sostanza l’erronea ottemperanza alla sentenza n. 1452/2006 da parte del Comune di Ortonovo laddove con l’annullamento da parte del primo giudice dei “provvedimenti impugnati”, sarebbero decaduti gli atti presupposti (o comunque connessi) delle delibere consiliari nn. 1 e 2/2007 con conseguente travolgimento anche di questi ultimi atti deliberativi, senza quindi la possibilità per l’Amministrazione di riattivare il procedimento dalla fase di controdeduzioni alle osservazioni, così come invece posto in essere dall’Amministrazione.
I dedotti profili di illegittimità a prescindere dalla possibilità o meno della loro contestazione giudiziale da parte di chi riveste la qualità di consigliere comunale, sono in ogni caso nel merito infondati.
La questione dedotta induce a qualche considerazione in ordine alla individuazione dell’esatto perimetro del giudicato derivato dalla sentenza n. 1452/2006 in relazione al suo contenuto e agli aspetti formali pure da esso recati.
Dunque il Tar nell’accogliere il ricorso proposto avverso gli atti costituenti il procedimento di formazione del PUC ha espressamente annullato i provvedimenti impugnati, tutti elencati nell’oggetto indicato nell’epigrafe della sentenza, ma va rilevato che gli effetti del decisum devono essere necessariamente messi in connessione con le osservazioni e le statuizioni contenute nella parte motiva della sentenza stessa, avendo quindi riguardo al c.d. giudicato sostanziale.
Occorre invero fare riferimento al giudicato di tipo oggettivo (Cons. Stato Sez. IV 8 maggio 2012 n. 3623) e quindi agli aspetti della vicenda processuale veramente preclusivi posti dal giudice per accorgersi che l’accertamento contenuto nella sentenza n. 1452/06 fa stato con riferimento solo ad alcuni degli atti deliberativi assunti dal Comune nell’ambito del procedimento di formazione del PUC e precisamente a quelli per i quali è stato riconosciuto come fondato ed assorbente il vizio in procedendo a suo tempo fatto valere ( violazione art. 38 del TUEL per la validità delle sedute consiliari).
In particolare, la riconosciuta fondatezza della censura suindicata fa venir meno unicamente gli atti deliberativi del consiglio comunale assunte nelle sedute dell’agosto 2005 in cui è stata rilevata la mancanza del quorum strutturale e concernenti, specificatamente, le controdeduzioni alle osservazioni e l’adozione del progetto definitivo, cioè i soli atti incisi dal vizio de quo, senza che possano essere travolte le delibere assunte precedentemente alle sedute ritenute non validamente costituite.
Se così è, occorre convenire che la dizione “annullamento dei provvedimenti impugnati “ deve ritenersi, quanto agli effetti della sentenza, limitata a quelli sopra evidenziati, con salvezza delle altre determinazioni pure formalmente impugnate, ma non coinvolte né direttamente né indirettamente in un rapporto di causa ad effetto dalle statuizioni di tipo sostanziale rese con il suindicato decisum.
Corretto allora ed esente dai vizi qui dedotti si appalesa il divisamento del Comune di riattivare, nel rispetto del principio di conservazione degli atti amministrativi, il procedimento di formazione del PUC esattamente con la ( ri) adozione delle delibere concernenti le controdeduzioni alle osservazioni e di adozione del progetto definitivo poste nel nulla dalla sentenza n. 1452/06.
All’uopo appare utile qui richiamare il ruolo preponderante che assume il principio della conservazione degli atti giuridici in tema di procedimento amministrativo (Cons. Stato Sez. V 5 ottobre 2011 n. 5464), rispondente alle regole della economicità dell’azione amministrativa e d el divieto di aggravamento del procedimento che impongono alla P.A. di limitare la rinnovazione alle sole fasi viziate e a quelle successive, conservando così efficacia i precedenti atti assunti nel procedimento, esattamente come avvenuto nella fattispecie.
Con l’ultimo motivo di gravame ( rubricato sub 2.3 e riproduttivo di analogo mezzo dedotto in primo grado) gli appellanti lamentano l’assenza di una votazione conclusiva ed unitaria che il Consiglio comunale avrebbe dovuto invece assumere a conclusione dell’iter formativo dello strumento urbanistico per cui è causa.
Le censura dedotta col mezzo di contestazione si appalesa inammissibile e comunque, nel merito infondata.
In primo luogo viene qui in rilievo un aspetto del modus procedendi del Consiglio Comunale che non attiene all’esercizio delle prerogative proprie dei componenti del consiglio comunale e in relazione al contenuto di una siffatta doglianza non è data ravvisare in capo ai due consiglieri comunali una posizione giuridica differenziata idonea a legittimare la proposizione di un tale rilievo.
Quanto al merito della doglianza, la legge delle Regione Liguria n. 36 del 4 settembre 1997 costituente la legge urbanistica regionale all’art. 40 nel disciplinare l’iter di approvazione del progetto definitivo del Piano urbanistico comunale (PUC) non prevede espressamente che successivamente alla decisione sulle osservazioni l’organo consiliare debba esprimere la volontà di approvazione con la modalità costituita da una votazione “complessiva”del del genere di quella ipotizzata con il motivo in rassegna.
In forza delle suestese considerazioni, l’appello va respinto, meritando l’impugnata sentenza integrale conferma.
Sussistono peraltro giusti motivi avuto riguardo alla peculiarità della vicenda all’esame per compensare tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.
Compensa tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2012

Redazione