Consegna della copia dell’atto da notificare a persona di famiglia del destinatario (Cass. n. 9277/2012)

Redazione 07/06/12
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte:

-rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Con sentenza n. 236/09, la CTR della Campania accoglieva l’appello proposto da D.P.G. avverso la sentenza di prime cure, con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dal contribuente nei confronti della cartella di pagamento emessa ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale, per l’anno 1997. Il giudice di appello riteneva, invero, che la notifica dell’avviso di accertamento, a monte della cartella di pagamento impugnata dal contribuente, fosse affetta da nullità, benchè effettuata a mani della madre del D.P., qualificatasi “capace e convivente”, in quanto in realtà la medesima risiedeva in un alloggio diverso da quello del figlio, come risulterebbe da certificazione rilasciata dalla Polizia Municipale in data 2.5.05. Avverso la sentenza n. 236/09 ha proposto ricorso per cassazione l’amministrazione finanziaria articolando un unico motivo, con il quale deduce la violazione dell’art. 139 c.p.c, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. L’intimato non ha svolto attività difensiva. La censura appare manifestamente fondata, per cui, ad avviso del relatore, l’impugnata sentenza va cassata, con conseguente rigetto del ricorso originario del contribuente.

Va osservato, infatti, che l’art. 139 c.p.c., consentendo la consegna della copia dell’atto da notificare a persona di famiglia del destinatario, per l’ipotesi in cui non sia stata possibile la consegna nelle mani di quest’ultimo, non impone all’ufficiale giudiziario procedente di svolgere ricerche in ordine al rapporto di convivenza indicato dalla suddetta persona con dichiarazione della quale viene dato atto nella relata di notifica. Per contro, incombe a chi contesta la veridicità di siffatta dichiarazione di fornire la prova del contrario, la quale, peraltro, può essere data soltanto provando che il familiare era presente per ragioni occasionali e momentanee nel luogo di abitazione del destinatario, mentre non è sufficiente, per negare validità alla notificazione, la produzione di un certificato anagrafico attestante che il familiare abbia altrove la propria residenza (Cass. 6953/06, 322/07, 8306/11).

Nel caso di specie, siffatta dimostrazione concreta non risulta fornita dal D.P..

Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso può essere deciso in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1″;

– che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

– che non sono state depositate conclusioni scritte dal P.M., nè depositate memorie;

– considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione. Pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, mentre vanno compensate le spese dei gradi di merito.

P.Q.M.

 

La Corte Suprema di Cassazione;

accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; condanna il resistente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.000,00, oltre alle spese prenotate a debito;

dichiara compensate le spese dei gradi di merito.

Redazione