Congedo parentale e preavviso del datore di lavoro (Cass. n. 3536/2013)

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Massima

Il genitore, che intende ottenere il congedo parentale è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi, e comunque con un periodo di preavviso non inferiore a quindici giorni.

 

  

1. Questione

La Corte di Appello di Perugia, riformando la sentenza di primo grado, respingeva la domanda della lavoratrice, proposta nei confronti della società, avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento intimatole da detta società.

La Corte del merito, premesso che risultava pacifico che la lavoratrice al termine del periodo di astensione post partum, non aveva ripreso servizio e che aveva omesso d’informare il datore di lavoro del congedo che intendeva richiedere informazione che avrebbe dovuto ex art. 32 d.lgs. n. 151 del 2001 dare con preavviso di almeno quindici giorni, riteneva che la società legittimamente aveva considerate ingiustificate le assenze dal lavoro. Inoltre, la lavoratrice non aveva provato che ella avesse informato la società dell’assenza, così come non era risultato dimostrato che la stessa aveva presentato all’INPS richiesta di astensione facoltativa prima della lettera di contestazione. Pertanto, la protratta assenza ingiustificata anche della lavoratrice madre dove considerarsi giusta causa di licenziamento.

Avverso questa sentenza la lavoratrice ricorre in cassazione, la quale cassata con rinvio, anche per le spese dei giudizio di legittimità alla Corte di Appello.

 

2. Congedo parentale

L’art. 32 del d.lgs. 151/2001 stabilisce che per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. I relativi congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi. Nell’ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:

a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità di cui al Capo III, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;

b) al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso di cui al comma 2 dell’art. 32 citato;

c) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi.

Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi, il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori è elevato a undici mesi. Ai fini dell’esercizio di tale diritto, il genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi, e comunque con un periodo di preavviso non inferiore a quindici giorni. Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto.

Inoltre, l’art. 32 citato non pone il problema né di precisare se il diritto della lavoratrice di usufruire del congedo parentale possa essere svolto in modo frazionato o in singoli giorni, nè quello di scegliere il giorno in cui rientrare al lavoro; l’unico punto controverso è quello di stabilire se, qualora la lavoratrice rientri al lavoro, interrompendo così la fruizione del congedo parentale, nelle giornate di venerdì ovvero in qualsiasi giorno che preceda immediatamente una festività infrasettimanale, i giorni di sabato o di domenica o comunque i giorni festivi successivi al giorno di rientro al lavoro debbano essere computati, o meno, ai fini del congedo parentale.

Deve premettersi che, secondo il costante insegnamento della Corte di legittimità (cfr., ad esempio, Cass. n. 17984 del 2010; Cass. n. 16207 del 2008), il congedo parentale si configura come un diritto potestativo costituito dal comportamento con cui il titolare realizza da solo l’interesse tutelato e a cui fa riscontro, nell’altra parte, una mera soggezione alle conseguenze della dichiarazione di volontà. 6. In base alla struttura del congedo parentale frazionato, previsto esplicitamente dall’art. 32, comma 1, del d.lgs. 151/2001, è evidente – e non è contestato da parte ricorrente – che la fruizione del congedo parentale si interrompe allorchè la lavoratrice rientra al lavoro e ricomincia a decorrere dal momento in cui la stessa riprende il periodo di astensione. Da ciò discende altresì che i giorni festivi che ricadono interamente nel periodo di fruizione del congedo parentale vengono computati nell’ambito dei giorni di congedo.

 

 

Rocchina Staiano
Dottore di ricerca; Docente all’Univ. Teramo; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato. E’ stata Componente della Commissione Informale per l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del Dipartimento della Gioventù.

Sentenza collegata

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Staiano Rocchina

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