Condominio: va rimborsato il canone di affitto per alloggio provvisorio dei condomini danneggiati dalle infiltrazioni d’acqua “condominiale” (Cass. n. 6128/2012)

Redazione 19/04/12
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Svolgimento del processo

Con sentenza n. 167/2005 il Tribunale di Genova – adito da D.O., M.F. e F.S. nei confronti del condominio dell’edificio sito in via (omissis) in quella città – respinse la domanda degli attori, intesa ad ottenere la condanna del convenuto al risarcimento dei danni conseguenti a infiltrazioni di umidità in un loro immobile, provenienti dal limitrofo fabbricato condominiale.

Impugnata dai soccombenti, la decisione è stata riformata dalla Corte d’appello di Genova, che con sentenza n. 1250/2010 ha condannato il condominio al risarcimento dei danni, nella misura di 11.251,35 Euro, con rivalutazione monetaria e interessi.

Il condominio dell’edificio sito in via (omissis) ha proposto ricorso per cassazione, in base a cinque motivi.

D.O., M.F. e S.F. non hanno svolto attività difensive nel giudizio di legittimità.

 

Motivi della decisione

I motivi addotti a sostegno del ricorso attengono ad accertamenti di fatto e apprezzamenti di merito, insindacabili in questa sede se non sotto i profili dell’omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione.

Da tali vizi la sentenza impugnata è del tutto immune, poiché la Corte d’appello ha dato adeguatamente conto, in maniera esauriente e logicamente coerente delle ragioni della decisione.

In particolare, a proposito dell’an debeatur, ha argomentatamente spiegato il perché ha ritenuto – nonostante il giudizio di sola probabilità espresso sul punto dal consulente tecnico di ufficio – che la causa delle infiltrazioni di umidità manifestatesi nell’immobile di O.D., F.M. e F.S. risiedesse nella mancanza di manutenzione dello spazio posto tra i due fabbricati, che il condominio avrebbe dovuto rendere ispezionabile ed accessibile, per poter evitare il ristagno di acque che vi si verificava, con conseguente loro deflusso verso la proprietà limitrofa: inconvenienti che infatti erano cessata dopo i lavori di impermeabilizzazione, aerazione e canalizzazione che finalmente nel 1997 il condominio stesso aveva eseguito in quell’intercapedine.

Relativamente poi al quantum, il giudice di secondo grado ha chiarito i motivi per cui competeva agli appellanti il rimborso sia delle spese risultanti dalle fatture da loro prodotte (escluse quelle per le opere di rifacimento di un solaio, la cui lesione non era riferibile alle infiltrazioni) sia dei canoni di locazione che avevano pagato per fruire di un altro alloggio durante i lavori di riparazione, poiché il loro era stato reso interamente inabitabile dall’umidità, i cui effetti si erano estesi anche agli ambienti non direttamente interessati.

I contrari assunti prospettati nel ricorso non possono costituire idonea ragione di cassazione della sentenza impugnata, stanti i limiti propri del giudizio di legittimità, che non consentono a questa Corte di compiere le valutazioni prettamente di merito che il condominio pretende di demandarle. Sono tali quelle che concernono: l’inattendibilità delle risultanze della consulenza tecnica di ufficio, in quanto espletata quando lo stato dei luoghi era stato modificato; la plausibilità delle possibilità alternative circa la causa delle infiltrazioni;

l’irrilevanza della loro cessazione dopo le opere di pavimentazione e convogliamento eseguiti nel 1997; l’avvenuta esecuzione di opere anche nell’appartamento di D.O., F.M. e S.F.

Vanno altresì disattese le ulteriori deduzioni del ricorrente.

L’esistenza delle infiltrazioni era un dato acquisito e incontroverso, mentre l’individuazione della loro causa richiedeva particolari competenze tecniche, sicché la consulenza disposta dalla Corte d’appello non può essere considerata di carattere esplorativo, come il condominio sostiene.

Essere stata la domanda degli attori accolta nel presupposto che l’umidità provenisse da acqua ristagnate – anziché corrente, come avevano prospettato nel promuovere la causa – non comporta l’ultrapetizione lamentata dal ricorrente, essendosi provveduto sul petitum come formulato ab initio.

Che l’intercapedine in realtà appartenesse non al condominio, ma a O.D., M.F. e F.S., è questione che non è stata affrontata nella sentenza impugnata e che il ricorrente non deduce di aver posto nel giudizio a quo, sicché non può avere ingresso in questa sede.

Il ricorso viene pertanto rigettato. Non vi è da provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, nel quale gli intimati non hanno svolto attività difensive.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Redazione