Condominio: lavori di ristrutturazione (Cass. n. 9629/2013)

Redazione 19/04/13
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Svolgimento del processo

Nel 1994 il condominio di via (omissis), il cui fabbricato era stato danneggiato e sgomberato a seguito degli eventi sismici del 1980, appaltava alla coop. edile La Palma 73 s.r.l. i lavori di ripristino per un ammontare di lire 1.416.885.166, successivamente elevato, in base ad una relazione del direttore dei lavori, l’ing. El.Ca., a lire 2.163.521.516. Ultimate le opciv, sorse questione tra i condomini I.C. ed A.R., da un lato, ed il condominio, dall’altro, per il mancato pagamento da parte dei primi delle quote di partecipazione alle spese, e per l’omessa consegna, da parte del secondo, degli alloggi e della documentazione inerente ai lavori. Pertanto, C.I. ed A.R. convenivano in giudizio innanzi al Pretore di Napoli il predetto condominio, l’ing. Ca., quale direttore dei lavori, e la cooperativa La Palma 73 chiedendo la consegna della documentazione relativa al contratto d’appalto e la reintegrazione nel possesso delle unità immobiliari di loro proprietà esclusiva. A sostegno della domanda deducevano che i lavori erano stati ultimati e che alcune unità immobiliari, per l’esattezza quelle della moglie dell’ing. Ca., Ma.So.Cu., e i locali a destinazione commerciale siti al piano terra, erano già tornate in possesso dei proprietari.
Nel resistere in giudizio il condominio eccepiva l’incompetenza per valore del giudice adito e, nel merito, deduceva che la riconsegna delle unità immobiliari di proprietà individuale era subordinata alla chiusura del cantiere e alla definizione del contratto d’appalto, l’una e l’altra ritardate proprio dall’inadempimento degli attori. La cooperativa La Palma 73 protestava la propria estraneità alla vertenza, avendo portato a termine l’appalto e riconsegnato il cantiere al direttore dei lavori. ****** deduceva che solo dopo l’emissione del certificato di regolare esecuzione delle opere sarebbe stato possibile riconsegnare gli alloggi ai proprietari.
Intervenivano in causa le condomine P.A.M. e F., che aderivano alla domanda degli attori, e Cu.Ma.So., moglie di El.Ca., che con il marito proponeva una domanda di accertamento del loro diritto di subconduttori degli appartamenti di proprietà C., R. e P., che avevano liberato dai precedenti conduttori per consentire l’esecuzione dei lavori.
Il Tribunale di Napoli, divenuto competente ai sensi del D.Lgs. n. 51/98, con sentenza 23.7.2002 dichiarava il difetto di legittimazione passiva della soc. La Palma 73 e cessata la materia del contendere quanto alla consegna della documentazione relativa all’appalto. Quindi, condannava il condominio e il direttore dei lavori a reintegrare sia gli attori che le intervenute nel possesso degli appartamenti di rispettiva proprietà.
Sull’appello del condominio, di El.Ca. e di Cu.Ma.So. e, quanto al solo regolamento delle spese, della cooperativa La Palma 73, la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 26.5.2006 pronunciata anche nei confronti di Ci.At. , L., R., A. e F., quali eredi di C.I., in parziale riforma della sentenza impugnata dichiarava cessata la materia del contendere fra il condominio, Ca.El. e Ma.So.Cu., da una parte, e P.A.M. e F., dall’altra, e rigettava per il resto gli appelli principali e quello incidentale.
La Corte partenopea, per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, riteneva che, a parte la circostanza che l’art. 5 c.p.c. non era applicabile perché non era sopravvenuta una diversa ripartizione della competenza tra diversi uffici giudiziali, ma era stato soppresso l’ufficio del pretore, l’art. 132 D.Lgs. n.51/98 prevedeva espressamente che, fuori dei casi previsti dall’art. 133 stesso decreto, i procedimenti pendenti davanti al pretore alla data di efficacia del decreto sarebbero stati definiti dal Tribunale sulla base delle disposizioni introdotte dal medesimo decreto. E poiché, nella specie, alla data di efficacia del decreto le parti non avevano ancora precisato le conclusioni (rassegnate solo il 25 gennaio 2002), non si versava nella situazione processuale di cui all’art.133 del ridetto decreto, per cui il giudice di primo grado non poteva che proseguire nella trattazione della causa e deciderla nel merito in funzione di giudice unico di primo grado.
Nel merito, osservava che al di là di ogni questione circa l’ultimazione dei lavori appaltati, assumeva rilievo decisivo la circostanza che da anni l’edificio condominiale era parzialmente abitato e comunque occupato. Il silenzio serbato su tale dato di fatto dalla difesa tanto del condominio, quanto dei Ca. – Cu. lasciava intendere che l’assunto per cui non tutti i lavori fossero stati eseguiti o eseguiti a regola d’arte, altro non era che un pretesto per giustificare la mancata riconsegna degli alloggi agli attori, pretesto che verosimilmente trovava la propria spiegazione nel fatto che questi ultimi non avessero onorato il pagamento dei ratei degli oneri condominiali destinati a remunerare l’impresa appaltatrice.
Per la cassazione di detta sentenza ricorre il condominio di via (omissis) .
Resistono con controricorso la società coop. La Palma 73 a r.l., A.R. e Ci.At., L., R., A. e F., quali eredi di I.C. .
El.Ca. e Ma.So.Cu. sono rimasti intimati.

 

Motivi della decisione

1. – Col primo motivo è dedotta la nullità della sentenza in quanto emessa in violazione delle norme sulla competenza per valore e degli artt. 132 e 133 del D.Lgs. n. 51/98, in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c..
Parte ricorrente formula, al riguardo, il seguente quesito: “La norma transitoria di cui all’art. 133 del D.Lgs. n. 51/98 deve interpretarsi nel senso che il Pretore, poi divenuto Giudice unico del Tribunale, deve declinare la propria incompetenza e non può decidere, allorché la stessa causa non sia stata trattenuta in decisione e le parti non abbiano ancora precisato le conclusioni, qualora una delle parti abbia eccepito ritualmente e tempestivamente l’incompetenza per valore del Pretore medesimo ex art.38 c.p.c., talché la violazione di tale principio determina la nullità della sentenza della Corte d’appello che abbia confermato quella del Giudice di prime cure emessa in contrasto con il cennato art. 133 del D.Lgs. n. 51/98”.
2. – Col secondo motivo è dedotta la violazione delle norme sulla competenza, in relazione all’art.360, nn. 2 e 3 c.p.c..
Segue il quesito: “Devono reputarsi violate le norme sulle competenza, ovvero le norme di diritto di cui agli artt. 5, 8, 9, 38 e 44 c.p.c., nonché l’art.133 del D.Lgs. n. 51/98, qualora, sulla eccezione di incompetenza ex art. 38 c.p.c., cristallizzatasi con il primo atto difensivo del giudizio, depositato prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 51/98 (2.6.99), la Corte d’appello, confermando il dictum del primo giudice (Pretore poi divenuto Giudice Unico di Tribunale), abbia dichiarato comunque la propria competenza e deciso nel merito, così violando le norme dinanzi riferite, ed in base alle quali, invece, consumatosi il vizio di incompetenza di valore del Pretore, ex art. 5 c.p.c, e non essendo state ancora rassegnate le conclusioni, ovvero ritenuta in decisione la causa, il Giudice-Pretore (incompetente) avrebbe dovuto declinare la propria competenza ex art. 5 e 44 c.p.c. e rimettere la causa al Giudice (Tribunale) competente, giusta la norma transitoria di cui all’art. 133 del D.Lgs. n. 51/99”.
3. – Il terzo motivo denuncia l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, concernente la mancata ultimazione dei lavori di ristrutturazione dell’edificio condominiale, che a giudizio del condominio di via (omissis) non consentiva la riconsegna degli immobili agli attori.
Sostiene parte ricorrente che la Corte territoriale non ha valutato la copiosa documentazione prodotta, che dimostrava come i lavori di ristrutturazione non erano stati completati, impedendo così la riconsegna degli immobili, né ha considerato che le contrastanti conclusioni cui sono pervenuti i tecnici avrebbe imposto l’accoglimento dell’istanza di rinnovo della c.t.u. Nella relazione dell’ausiliario del giudice è assente un computo metrico dettagliato sui lavori ancora da eseguire, a differenza della meticolosa e precisa documentazione prodotta a corredo della relazione del c.t. del condominio, che dimostra come fosse ancora necessaria una spesa di 248 milioni di lire, a fronte dei 7-8 milioni indicati, invece, dal c.t.u..
Formula, infine, la seguente sintesi: “Deve considerarsi omessa o insufficiente la motivazione della sentenza della Corte d’appello che, non ammettendo il rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio, pur ritualmente richiesta dalle parti ed in presenza di copiosa documentazione e di prove allegate alla consulenza tecnica diparte, su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, introdotto anche con la richiesta di riconsegna degli immobili sottoposti a lavori di ristrutturazione, non abbia in alcun modo tenuto conto né delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio né delle macroscopiche, differenti conclusioni – comprovate da documentazione – cui è pervenuta la consulenza tecnica diparte”.
4. – I primi due motivi, da esaminare congiuntamente perché inerenti alla medesima questione di competenza, sono manifestamente infondati.
Le norme sopravvenute in corso di giudizio che modifichino la giurisdizione e la competenza trovano applicazione anche nei giudizi pendenti se tale giurisdizione o competenza venga, per l’effetto, attribuita ai giudici dinanzi ai quali la causa pende, ovvero dinanzi ai quali la causa stessa dovrebbe essere ripresa o riassunta se fosse dichiarato che, al momento della domanda, essi mancavano della giurisdizione o della competenza che hanno esercitato. (Principio affermato con riferimento a controversia nella quale si disputava originariamente se le domande rientrassero nella competenza per valore del tribunale ovvero del pretore, essendo entrate in vigore, nelle more, le norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado) (Cass. nn. 13882/10,6393/03 e 5279/01).
5. – Anche il terzo motivo non ha pregio.
In disparte l’osservazione per cui, in tema di consulenza tecnica d’ufficio, il principio secondo il quale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito valutare l’opportunità di rinnovare le indagini peritali va coordinato con il principio dell’effetto devolutivo dell’appello, sicché, qualora l’appellante non abbia censurato la consulenza tecnica d’ufficio svolta in primo grado e anzi ne abbia posto le risultanze a fondamento del gravame, incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice di appello che disponga la rinnovazione delle operazioni peritali, derivandone la nullità della nuova consulenza e della sentenza che vi aderisca (Cass. n. 14338/12); e che, nella specie, né dalla sentenza impugnata, né dal ricorso emerge che l’odierna parte ricorrente abbia censurato in appello, mediante apposito e specifico motivo di gravame ai sensi dell’art. 342 c.p.c., il mancato rinnovo degli accertamenti tecnici svolti in primo grado; tutto ciò in disparte, è preliminare ed assorbente il fatto che la censura non coglie la ratio decidendi della pronuncia impugnata.
Quest’ultima è basata non già sulla valutazione del completamento secondo contratto delle opere appaltate dal condominio, ma sulla circostanza che, al di là di ogni questione al riguardo, “un dato assume rilievo decisivo a giudizio del collegio: da anni, l’edificio condominiale è parzialmente abitato e comunque occupato”, e che sulle circostanze (tutte debitamente enumerate) da cui si evinceva tale realtà, (tanto) il condominio (quanto i coniugi Ca. – Cu. ) avevano mantenuto sorprendentemente il silenzio. Nei loro atti difensivi, ha osservato la Corte territoriale, “non una sola parola è stata spesa per spiegare o tentare di spiegare i motivi per i quali come mai una certa quantità di unità immobiliari, tra l’altro dislocate in zone diverse del fabbricato, era stata riconsegnata ai rispettivi proprietari e da questi concretamente utilizzate e specificamente come mai gli unici appartamenti restituiti erano proprio quelli in proprietà o comunque nella disponibilità dei coniugi Ca. – Cu. “. Pertanto, ha concluso la Corte d’appello, la scelta di non dare risposta al perché l’amministratore e il direttore dei lavori avessero consentito e ancora consentissero solo ad alcuni proprietari (tra cui proprio il Ca. e la moglie di lui) di lavorare e di vivere stabilmente nell’edificio, induceva a ipotizzare che la circostanza che non tutti i lavori fossero stati eseguiti o eseguiti a regola d’arte, costituiva “in realtà soltanto un pretesto fatto valere dagli appellanti per giustificare la loro condotta omissiva”, verosimilmente dovuta al mancato pagamento da parte del R. e del C. delle rate condominiali destinate a saldare il credito dell’impresa appaltatrice.
6. – In conclusione il ricorso va respinto.
7. – Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente nel rapporto processuale con A..R. e con gli eredi di C.I., mentre vanno interamente compensate nel rapporto con la cooperativa La Palma 73, nei cui riguardi la cassazione richiesta non avrebbe prodotto esiti di sorta.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in favore di A.R. e degli eredi di C.I. in Euro 6.200,00, di cui 200,00 per esborsi, per ciascuna dellepjucklette parti controricorrenti, il tutto oltre IVA e CPA come per legge, e compensa integralmente le spese tra il ricorrente e la cooperativa La Palma 73 s.r.l..

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