Condominio: l’amministratore non può agire per il recupero di oneri non pagati nei confronti del condomino apparente (Cass. n. 20562/2012)

Redazione 21/11/12
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Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 20.2.2006 il Giudice di Pace di Montecorvino Rovella rigettava l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso il 26.5.2005, su ricorso del Condominio P., con cui veniva ingiunto a ***** il pagamento della somma di € 366,43, quali oneri condominiali maturati dall’agosto 2001 al febbraio 2005, oltre interessi e spese, comprese quelle dell’atto di precetto, per complessivi € 892,43. Osservava il giudicante che, a prescindere dalla fondatezza della eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’opponente, per avere questi trasferito al coniuge il proprio immobile condominiale, il M. si era sempre comportato come proprietario dell’immobile stesso, omettendo di comunicare all’amministratore condominiale la propria estraneità al condominio.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il M. sulla base di tre motivi.
Il Condominio intimato non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Il ricorrente deduce:
l)nullità della sentenza per travisamento dei fatti, laddove si affermava che il M. non sarebbe stato più proprietario dell’immobile condominiale dal 20.10.07, risultando, invece, dall’atto di vendita per notar del 20.10.97 che, prima di tale data, esso apparteneva a ***** e poi, con tale atto di vendita, era stato trasferito in proprietà a G. S., coniuge dal M., in regime di separazione dei beni; peraltro, si trattava non già di un appartamento, ma di un locale adibito a garage, sicché erroneamente, considerata tale destinazione, la sentenza impugnata aveva fatto riferimento all’induzione in errore dell’amministratore del condominio, determinato dalla convivenza del M. con la propria moglie G. S.;
2) carenza di motivazione, ex art. 360 n. 5 c.p.c., stante l’erronea ricostruzione dei fatti come riportata nel motivo sub 1);
3) violazione dell’art. 1123 c.c.; 63 disp. att. c.c. e 633 n. 1 c.p.c. nonché violazione dei principi generali di diritto in ordine alla legittimazione passiva delle parti, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.; l’apparente qualità di condomino del M. non rilevava ai fini della legittimazione passiva in relazione all’obbligo di pagamento degli oneri condominiali, gravando tale obbligo sul proprietario della relativa unità immobiliare.
Il ricorso è fondato.
Costituisce principio consolidato della Corte di legittimità quello secondo cui passivamente legittimato rispetto all’azione giudiziaria dell’amministratore del condominio, per il recupero della quota di spese di competenza di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, è il vero proprietario di detta unità e non anche chi possa apparire tale, difettando, nei rapporti fra condominio ed i singoli partecipanti ad esso, le condizioni per l’operatività del principio dell’apparenza del diritto, strumentale, essenzialmente, all’esigenza di tutela dell’affidamento dei terzi di buona fede. Non sussiste infatti, una relazione di terzietà tra il condominio, che è un ente di gestione, ed il condomino e, d’altra parte, il collegamento della legittimazione passiva alla effettiva titolarità della proprietà è funzionale al rafforzamento ed al soddisfacimento de credito della gestione condominiale (Cfr. Cass. S.U. n. 5035/2002; n. 7849/2001; n. 2616/2005; n. 1627/2007).
Il Giudice di Pace, quindi, erroneamente ha fatto riferimento alla circostanza che il M. si fosse comportato come condomino apparente, omettendo di comunicare all’amministratore condominiale la proprietà estraneità al condominio. Nella specie, pertanto, non essendo contestato che l’immobile in questione appartenesse non già al M., ma al coniuge dello stesso in regime di separazione di beni, la sentenza impugnata va cassata e, potendo la causa essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, deve accogliersi l’opposizione al decreto ingiuntivo, stante l’infondatezza della pretesa del condominio. Ricorrono giusti motivi per confermare la compensazione delle spese processuali di primo grado, avuto riguardo al comportamento del ricorrente che non aveva mai chiarito all’amministratore la propria estraneità al condominio tanto che, come si legge nella sentenza impugnata, aveva sottoscritto il verbale di assemblea condominiale del 24.12.98 senza indicare la sua qualità di delegato. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo,vanno, invece, poste a carico del Condominio intimato secondo il criterio della soccombenza.

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione al D.I. dichiarando infondata la pretesa del condominio. Conferma la compensazione delle spese relative al giudizio di primo grado e condanna il condominio al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in € 1.100,00, oltre € 200,00 per esborsi ed accessori di legge.
Così deciso in Roma il 12.10.2012 

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