Condominio: il proprietario del balcone aggettante paga i danni per intero (Cass. n. 13509/2012)

Redazione 27/07/12
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Motivi della decisione

Col primo motivo si deducono violazione dell’art. 1125 c.c. e vizi di motivazione e col secondo vizi di motivazione in relazione alle doglianze relative alle infiltrazioni di acqua.

Le censure ripropongono le doglianze formulate in appello sulle quali la sentenza impugnata ha dedotto che, alla luce delle risultanze degli atti e documenti, doveva ritenersi che le strutture edilizie non potevano considerarsi lastrici solari o terrazze a livello stancando la funzione di copertura delle porzioni sottostanti e rientravano nella proprietà esclusiva; ai fini della ripartizione delle spese, non trovava applicazione l’art. 1126 c.c. ma l’art. 1125 c.c. mentre per le infiltrazioni andavano condivise le conclusioni della ctu recepite dal primo Giudice ed era sufficiente la motivazione per relationem.

Ciò premesso, in ordine al primo motivo non è contestato che i terrazzini in questione sono nel godimento esclusivo dei ricorrenti e che, in considerazione delle loro caratteristiche, la funzione primaria consiste nel consentire l’affaccio, come un qualsiasi balcone.

Le conclusioni della sentenza sono logiche e coerenti, conformi alla giurisprudenza consolidata secondo la quale i balconi aggettanti, i quali sporgono dalla facciata dell’edificio, costituiscono solo un prolungamento dell’appartamento dal quale protendono e, non svolgendo alcuna funzione di sostegno né di necessaria copertura dell’edificio – come, viceversa, accade per le terrazze a livello incassate nel corpo dell’edificio – non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di tali piani e ad essi non può applicarsi il disposto dell’art. 1125 c.c.

I balconi aggettanti, pertanto, rientrano nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono (Cass. 17.7.2007 n. 15913, 30.7.2004 n. 14576).

In ordine al secondo motivo va osservato che la motivazione della sentenza di appello che contenga espliciti riferimenti alla pronunzia di primo grado, facendo proprie le argomentazioni in punto di diritto, è da ritenersi legittima tutte le volte in cui il giudice del gravame, sia pure sinteticamente, fornisca, comunque, una risposta alle censure formulate nell’atto di appello e nelle conclusioni, dalla parte soccombente, risultando così appagante e corretto il percorso argomentativo desumibile attraverso l’integrazione della parte motiva delle due sentenze (Cass. 16 febbraio 2007 n. 3636).

Donde il rigetto del ricorso, senza pronunzia sulle spese, attesa la mancata costituzione di controparte.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso.

Redazione