Condannato a risarcire il danno all’ente il funzionario pubblico che usa l’auto di servizio di notte per scopi privati (Cass. pen. n. 40108/2012)

Redazione 11/10/12
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Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 20.12.10 la Corte di Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza emessa in data 16.4.2007 dal G.U.P. del Tribunale di Ivrea, appellata dall’imputato P.G., riconosciuta al predetto l’attenuante prevista dall’art. 323 bis c.p., rideterminava al pena al medesimo inflitta in mesi due di reclusione, sostituita con la corrispondente pena della multa di Euro 2.280,00;

condannava, inoltre, l’imputato al risarcimento del danno morale nei confronti della costituita parte civile comunale liquidata in Euro 1.000,00 e confermava nel resto l’impugnata sentenza. Al P. era imputato il peculato d’uso – riconosciuto dalla sentenza di primo grado in luogo dell’originaria accusa di peculato – dell’autovettura di servizio nella serata del (omissis), nel corso della quale era rimasto coinvolto in un sinistro stradale.

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato ed il suo difensore deducendo:

violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e per vizio della motivazione in ordine alla sussistenza del peculato d’uso, pur a fronte dell’assenza di un apprezzabile danno patrimoniale e pur in presenza della circostanza di cui all’art. 54 c.p., sia pure in forma putativa.

Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) per erronea applicazione dell’art. 314 c.p., comma 2 a fattispecie ad essa non riconducibile e disapplicazione dell’art. 54 c.p. quanto meno per erronea supposizione.

In particolare veniva attaccato il punto della sentenza relativo alla circolazione dell’autovettura per circa due ore, non essendo condivisibile – secondo il ricorso – tale conclusione sul mero rilievo che il suo prelievo era avvenuto presumibilmente – secondo quanto recitava l’annotazione a firma del Comandante Pa. alle ore 21,30 e l’incidente alle ore 23,30. Quanto allo stato di necessità, il ricorso faceva leva sullo “stato confusionale” in cui era apparso l’imputato dopo l’incidente, prova inadeguatamente valutata della necessità addotta di assumere il farmaco, anche se erroneamente supposta che, comunque, inciderebbe sul dolo richiesto per l’integrazione della ritenuta fattispecie.

Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c) ed e) in relazione alle statuizioni in materia civile pur in assenza di tempestivo deposito delle conclusioni scritte in sede di giudizio di prima istanza. A tal riguardo la sentenza di secondo grado ha confermato le erronee statuizioni della prima sentenza con motivazione contraddittoria e sanante errores in procedendo della prima sentenza.

Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per vizio di motivazione in ordine al risarcimento per danno morale in relazione alla pur ritenuta “breve durata della indebita sottrazione del veicolo” che pur doveva escludere anche la stessa configurabilità del peculato d’uso in quanto assente era la capacità di ledere la funzionalità della P.A.” non produttivo di un “danno patrimoniale apprezzabile”.

Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione all’art. 317 bis c.p. in quanto nella specie non si sarebbe verificato il presupposto applicativo della ipotesi in esame, costituito dalla inflizione di una condanna alla reclusione essendo stato l’imputato condannato ad una sanzione sostitutiva di carattere pecuniario.

Con memoria difensiva successivamente depositata è stata richiamata la più recente giurisprudenza di legittimità in ordine alla irrilevanza penale dell’uso momentaneo dell’auto di servizio.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

1. La recente giurisprudenza di legittimità, valorizzando il principio di offensività che permea il diritto penale e considerando il carattere plurioffensivo del reato che tutela sia l’interesse al buon andamento della pubblica amministrazione sia l’interesse all’integrità patrimoniale dell’Ente pubblico, esclude la sussistenza del reato laddove “l’uso momentaneo della cosa” non abbia leso in modo apprezzabile gli anzidetti interessi (Sez. 6, n. 7177 del 27.10.2011, Mola, rv 249459; idem, n. 10233 del 10.1.2007, Stranieri, rv 235941; idem, n. 9216 dell’I.2.2005, ******) ( così da ultimo, Sez. 6, Sentenza n. 5006 del 12/01/2012 Rv. 251785 Imputato: ********).

2. Ebbene, la Corte territoriale ha considerato espressamente entrambi i profili appena ricordati con motivazione priva di vizi logici e giuridici, richiamando – da un lato – l’uso apprezzabile per un periodo di tempo non trascurabile e – dall’altro – la sottrazione della vettura alle esigenze dell’ente. Cosicchè ogni altra considerazione del ricorso, attraverso il vizio motivazionale o quello di sussunzione, finisce per involgere valutazioni in fatto del compendio probatorio non proponibili in sede di legittimità.

3. Anche in riferimento alla esclusione dello stato di necessità, la sentenza palesa una giustificazione del tutto adeguata e priva di vizi giuridici, allorquando richiama le divergenti giustificazioni date al momento del fatto e, comunque, l’assenza di inevitabiiità del pericolo di danno, prospettandosi diverse altre possibilità di risoluzione dell’ipotizzata emergenza senza ricorrere all’illecito uso dell’autovettura di servizio.

4. Quanto al terzo motivo di gravame manifestamente infondata è la dedotta contraddittorietà motivazionale condividendo la Corte l’affermazione circa la concludenza dell’avvenuto deposito delle conclusioni scritte e prima della decisione.

5. Inammissibile è il quarto motivo che, attraverso la formale censura motivazionale, prospetta in sostanza una deduzione in fatto in ordine alla ritenuta sussistenza del danno morale rispetto alla quale la gravata sentenza ha fornito motivazione del tutto logica e priva di vizi allorquando lo ha correlato con la lesione della P.A. dovuta all’indebito uso della autovettura ed alle sue conseguenze.

6. Manifestamente infondato è l’ultimo motivo di ricorso in quanto l’applicazione della pena accessoria è conseguente – ai sensi dell’art. 317bis c.p. e nei limiti dell’art. 28 c.p., comma 4 – alla originaria inflizione della pena detentiva, poi convertita nella pena pecuniaria.

7. In conclusione va dichiarata l’inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, di quelle in favore della costituita parte civile che si liquidano in Euro 2.000,00 oltre I.V.A. e C.P.A. , ed, infine, alla somma che si stima equo irrogare nella misura di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

 

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende lo condanna altresì alla rifusione delle spese sostenute dalla parete civile che liquida in Euro duemila oltre IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 26 settembre 2012.

Redazione