Condannata l’ANAS al risarcimento dei danni per avere danneggiato a seguito della costruzione di una strada il fondo confinante (Cass. n. 5390/2013)

Redazione 05/03/13
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo

Il 26 luglio 1990 il Pretore di Palmi condannava l’ANAS a risarcire i danni asseritamene subiti da C.C. al suo fondo in conseguenza della realizzazione di un tratto stradale confinante con il suo fondo.

Su gravame dell’ANAS il Tribunale di Reggio Calabria il 19 giugno 2006 ha confermato la sentenza di prime cure.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione l’ANAS, affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso C.E. e C.M. nella qualità di figli legittimi ed eredi di C.C..

Il Collegio ha raccomandato una motivazione semplificata.

Motivi della decisione

1.-Va preliminarmente esaminata la eccezione da parte dei resistenti di inammissibilità del ricorso proposto dall’ANAS in quanto la stessa, pure resa edotta dal decesso di C.C., non avrebbe notificato il ricorso personalmente alle parti costituite.

L’eccezione va disattesa.

In primis, la notifica, come pacificamente avvenuta non già personalmente agli eredi del C., ma al difensore del C.C. in fase di appello, non è inesistente, ma nulla come da giurisprudenza consolidata di questa Corte. In secundis gli eredi si sono costituiti e si sono difesi nel merito, sanando ogni vizio. Ciò precisato, nel merito va osservato quanto segue.

2. Con il primo motivo (omessa, insufficiente motivazione su fatto decisivo e controverso per il giudizio – art. 360 c.p.c., n. 5) l’ANAS lamenta che a fronte di una CTU che parla di una possibilità, ossia che “la quantità extra di acqua, raccolta dalla cunetta autostradale e convogliata dal tombino nel fosso abbia accelerato tale processo” non si potrebbe affermare una sua responsabilità, come, invece, ritenuto dal giudice dell’appello, per cui vi sarebbe un concorso di cause (processo di erosione naturale del fosso e accelerazione del fenomeno innescata dal surplus di acqua raccolta dalle cunette sull’autostrada e convogliata nel fosso attraverso il tombino relativo all’allargamento e all’approfondimento del fosso (p. 3 e 4 ricorso).

La censura va disattesa.

Va sottolineato che i passi della CTU evidenziati dalla ricorrente sono stati ben tenuti presenti dal giudice a quo, il quale pone in risalto che la CTU, anche quella effettuata in fase di appello, non parla di possibilità di una esistenza del nesso causale, ma ha posto in evidenza che il processo erosivo del fosso era stato accelerato artificialmente dal surplus di acqua convogliata dalle cunette (p. 3 sentenza impugnata), ritenuto già dal primo giudice come frutto della negligenza dell’ANAS nel realizzare le cunette di coinvolgimento delle acque piovane in modo da evitare il prevedibile danno da deflusso dei fondi sottostanti (p. 2 sentenza impugnata).

Ed, inoltre, il giudice dell’appello non ha affatto affermato che l’evento era possibile, ma sulla base della CTU che ha motivatamente condiviso, ha avuto modo di ritenere che la realizzazione del tratto stradale in prossimità del fondo del C. aveva determinato un’erosione accelerata della massa d’acqua che, in mancanza dell’opera dell’uomo, sarebbe sì defluita dall’alto verso il basso, ma disperdendo la sua forza erosiva su un’ area più vasta (p. 3 sentenza impugnata). In altri termini, senza i lavori effettuati dall’ANAS, che aveva usato negligenza nel realizzare le cunette di convogliamento delle acque piovane, i danni al fondo del C. non si sarebbero verificati.

Ne consegue che nessun vizio di motivazione è riscontrabile.

3. – Il secondo motivo (violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c.. in comb. disp. con il R.D. n. 1740 del 1933, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) va dichiarato inammissibile, stante la formulazione del quesito, che è del seguente tenore:

“Dica codesta Suprema Corte se la mera possibilità che un evento sia conseguenza di altro sia sufficiente a configurare il nesso di causalità necessario alla stregua dell’art. 2043 c.c.; dica altresì la Corte se alla stregua del combinato-disposto degli art. 2043 c.c., e R.D. n. 1740 del 1933, art. 1, in caso danni ipoteticamente determinati dallo scolo di acque da una sede stradale possa essere accertata una responsabilità a fini risarcitori dell’ente gestore in assenza dell’accertamento della colpevolezza nella relativa condotta” (p.5 ricorso). Il quesito, per la sua connessione logica, come appare evidente, con il primo motivo non coglie la ratio decidendi. Infatti, il giudice dell’appello ha ritenuto esattamente inesistenti i connotati della condotta che l’ANAS. ritiene, invece, a suo favore, esistenti.

In altri termini, il giudice a quo ha ritenuto responsabile l’ANAS per una sua condotta colpevolmente omissiva, per cui, se in linea puramente astratta il quesito potrebbe ritenersi valido e corretto (non vi è chi non veda che non è riconoscibile alcuna responsabilità per difetto di colpevolezza), in concreto le cose stanno ben diversamente e di ciò ha dato conto la sentenza impugnata, condividendo la motivata relazione dell’ausiliario nominato in appello, che non ha affatto “sovvertito le conclusioni” di quello di primo grado, ma le ha “sostanzialmente corroborate” (p. 3 sentenza impugnata).

Ne consegue che, in riferimento al quesito, così come formulato, la censura va respinta.

Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese, che seguono la soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.200/00, di cui Euro 200 oltre accessori come per legge.

Redazione