Condanna a carico dell’imprenditore per l’omesso versamento delle ritenute previdenziali da parte di un proprio collaboratore (Cass. pen. n. 37130/2013)

Redazione 11/09/13
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RITENUTO IN FATTO

1. – Con sentenza del 4 giugno 2012, la Corte d’appello di Genova ha confermato la sentenza del Gip del Tribunale di Genova, con la quale l’imputato era stato condannato, per il reato di cui agli artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 2 del decreto-legge n. 463 del 1983, per avere omesso di versare le ritenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzioni erogate ai lavoratori dipendenti nel periodo tra il novembre 2006 e il gennaio 2008, per l’importo complessivo di € 6209,00.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto personalmente ricorso per cassazione, deducendo, con unico motivo di doglianza, l’erronea applicazione della legge penale in relazione alla mancata assoluzione per difetto del dolo. Lamenta il ricorrente che la sussistenza dell’elemento soggettivo sarebbe stata ritenuta in re ipsa e che non sarebbe stato preso in considerazione il fatto che egli si era adoperato per adempiere alla diffida di pagamento chiedendo una rateizzazione all’ente esattore, tanto che vi sarebbero importi pagati a completa copertura del dovuto entro il termine. Afferma lo stesso ricorrente di essersi avvalso, per il primo versamento di un suo collaboratore che aveva adempiuto l’incarico positivamente, mentre si era poi appropriato degli altri tre assegni circolari destinati al pagamento del residuo, tanto da essere denunciato per appropriazione indebita.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. – Il ricorso è inammissibile, perché basato su un motivo non sufficientemente specifico. Il ricorrente si limita, infatti, ad asserire – senza minimamente prendere in considerazione la motivazione del provvedimento impugnato – che il giudice di – secondo grado non avrebbe valutato l’avvenuto pagamento nei termini e la circostanza che parte delle somme destinate al pagamento era stata distratta da un collaboratore infedele dell’imputato, poi denunciato per questo stesso fatto.
Si tratta, del resto, di profili già ampiamente esaminati e disattesi dalla Corte d’appello, la quale ha evidenziato che, dall’istruttoria espletata, era risultato un pagamento parziale – già preso in considerazione a favore dell’imputato ai fini del riconoscimento di circostanze attenuanti generiche e della determinazione della pena nella misura minima – e che il conferimento dell’incarico a un terzo per il versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali non esonera il datore di lavoro dalla responsabilità per il reato, incombendo sullo stesso L’obbligo di vigilare sull’adempimento dell’obbligazione da parte del terzo (in tal senso, Cass., sez. 3, 23 giugno 2010, n. 34612; sez. 3. 6 aprile 2006, n. 22919). E ciò, a prescindere dall’assorbente considerazione che dagli atti risulta che gli assegni circolari che il collaboratore dell’imputato non avrebbe versato per il pagamento erano di importo inferiore al debito nei confronti dell’Inps e, dunque, non sarebbero comunque bastati ad escludere la responsabilità penale.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2013.

Redazione