Concorso pubblico e commissione giudicatrice (Cons. Stato n. 2101/2013)

Redazione 16/04/13
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FATTO

Con determinazione dirigenziale n. 418 del 2010 il Comune di Scafati ha indetto un concorso per l’assunzione a tempo pieno ed indeterminato di varie figure professionali tra cui un architetto, articolando la procedura in una prova scritta, consistente nello svolgimento di una traccia ed in un quesito a risposta multipla.

L’architetto *************** ha partecipato al concorso per 1 posto di architetto cat. D, posizione economica D1 senza essere poi ammesso dalla commissione alla prova orale e pratica per la mancata corretta risposta al quesito e quindi, con ricorso notificato il 25 gennaio 2012, ha impugnato il predetto provvedimento di non ammissione davanti al TAR della Campania, Sezione staccata di Salerno.

Il TAR, con sentenza n. 1184 del 14 giugno 2012, respingeva il ricorso ed i successivi motivi aggiunti ritenendoli infondati e prescindendo da alcune eccezioni pregiudiziali sollevate dalle controparti.

Con appello al Consiglio di Stato notificato il 19 settembre 2012, il D. D. impugnava la sentenza in parola sollevando le seguenti censure:

1.Sulla mancata impugnazione del bando di concorso – error in iudicando – contrasto con i precedenti dello stesso giudice. Il giudice di primo grado ha ritenuto legittima la nomina della commissione esaminatrice, la cui legittimità era stata sindacata dal ricorrente in quanto effettuata dal Sindaco, poiché ciò era avvenuto in forza di espressa previsione di bando di concorso non impugnato. Ma l’interessato non era tenuto ad impugnare il bando, in quanto il suo interesse ad impugnare si è attualizzato solamente dopo la sua mancata ammissione alla prova orale.

2.Sulla composizione della commissione giudicatrice – error in iudicando – incompetenza per materia. Violazione dell’art. 107 D. Lgs. 267/00. Eccesso di potere per carenza dei presupposti. Il Sindaco non è competente alla nomina della Commissione esaminatrice, in quanto ciò incombeva al dirigente responsabile quale atto di gestione.

3.Sulla natura politica della commissione giudicatrice – error in iudicando – Violazione del combinato disposto degli artt. 9 d.P.R. 487/1994 e 35 D. Lgs. 165/01 in relazione all’art. 90 D. Lgs. 267/00. Eccesso di potere per contraddittorietà, incongruenza, perplessità. Uno dei componenti della commissione di concorso, la dott.ssa **************************, non avrebbe potuto partecipare alla commissione, vista la sua qualità di responsabile dell’Ufficio di Staff del Sindaco, incarico concernente le funzioni di diretta collaborazione con gli organi politici e perciò non rientrante tra quelle figure tecniche che sole possono comporre le commissioni di concorso.

4.Sulle competenze dei membri della commissione – error in iudicando – Violazione del combinato disposto degli artt. 9 d.P.R. 487/1994 e 35 D. Lgs. 165/01. La dott.ssa de Nicola, laureata in giurisprudenza e la dott.ssa **********, laureata in pedagogia, erano prive di quelle specifiche competenze previste inderogabilmente per predisporre una prova di un concorso per architetti.

5. Sulle materie d’esame conformi alle previsioni del bando – error in iudicando – violazione del bando di gara nella parte in cui prevede le materie che saranno oggetto della prova scritta. Eccesso di potere per ed illogicità, irragionevolezza, approssimazione. La prova scritta d’esame non sarebbe stata conforme a quanto previsto dal bando, il quale stabiliva che la prova scritta doveva essere a carattere teorico-pratico, invece è stato proposto un elaborato tecnico avente ad oggetto la redazione di calcoli strutturali.

6. Sulle modalità di svolgimento della prova scritta d’esame – error in iudicando – Violazione dell’art. 1 L. 241/90, del bando di gara nella parte in cui prevede le modalità di svolgimento della prova scritta. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, approssimazione, inosservanza di autolimiti. Il bando prevedeva la redazione di un tema, di una relazione, di uno o più pareri, di schemi di atti amministrativi o tecnici, mentre è stato richiesto un quesito a risposta multipla che avrebbe dovuto avere funzione preselettiva nel caso di oltre 150 partecipanti.

7. Sulla convalida del decreto sindacale n. 560 del 27/6/11- error in iudicando – Violazione della L. 241/90. Eccesso di potere per irragionevolezza. Le norme riguardanti i diritti del D. D. alla partecipazione al procedimento di convalida dell’originario atto di nomina della commissione sono stati del tutto obliterati,

8. Sulla nomina della commissione convalidata – error in iudicando – Violazione dell’art. 107 D. Lgs. 267/00, dell’art. 21 octies L. 241/90, del combinato disposto degli artt. 9 d.P.R. 487/1994 e 35 D. Lgs. 165/01 in relazione all’art. 90 D. Lgs. 267/00. Vizio di composizione della commissione. Eccesso di potere per carenza dei presupposti e per travisamento. La convalida è affetta dal medesimo vizio derivato dall’ordinanza sindacale impugnata, ossia dalla presenza in commissione della dott.ssa *********, senza dimenticare che il relativo regolamento comunale fissava in capo alla Giunta della commissione; in realtà era ormai da annullare tutta la procedura concorsuale.

9. Sull’esistenza e prevalenza dell’interesse pubblico alla convalida – error in iudicando – Violazione L. 249 del 16.3.68 e L. 15 dell’11.2.2005 e dell’art. 21 nonies L. 241/90. L’atto di nomina della commissione non era più suscettibile di sanatoria, né è stato in qualche modo valutato l’interesse pubblico alla conservazione della validità di un concorso afflitto da numerose violazioni di legge.

L’appellante concludeva per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese con la conseguente riforma della sentenza impugnata.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Scafati, nonché i controinteressati ***********, ******** e ************, sostenendo tutti l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

Alla odierna udienza pubblica la causa è passata in decisione

DIRITTO

Con i primi due motivi di appello il D. D. sostiene da un lato l’erroneità della sentenza impugnata, laddove questa afferma l’insindacabilità della nomina della commissione esaminatrice da parte del Sindaco di Scafati, perché avvenuta in forza di espressa previsione del bando di concorso non impugnata dal ricorrente e dall’altro l’illegittimità, in ogni caso, della nomina sindacale in luogo di un provvedimento del dirigente responsabile.

Le censure sono infondate.

Il TAR ha correttamente ritenuto l’inammissibilità della doglianza sollevata in primo grado, in conseguenza della mancanza dell’impugnazione della specifica previsione di bando.

Sostiene l’appellante che il proprio interesse alla rimozione della commissione illegittimamente nominata si era attualizzato solamente dopo l’adozione dell’atto di non ammissione alla prova orale e pratica; tale assunto, concernente il momento dell’impugnazione, è in astratto conforme ai principi, ma concerne esclusivamente l’attualità dell’interesse ad impugnare.

Altro è la mancata impugnazione della regola posta dall’Amministrazione sulla individuazione dell’organo competente a nominare la commissione esaminatrice, cui la stessa Amministrazione si era auto vincolata, altro è la natura del tutto autonoma delle valutazioni delle prove di esame espresse dai componenti della commissione: è evidente perciò che ove l’illegittimità da denunciarsi – mancata ammissione alle ulteriori prove concorsuali – discenda da atto presupposto – nomina della commissione esaminatrice da parte di organo incompetente – è l’atto presupposto il provvedimento da impugnare.

Con il terzo motivo l’appellante si duole della violazione di una serie di norme di cui al d.P.R. 487/1994 ed al D. Lgs. 165/01 in relazione alla nomina della dott.ssa **************************, responsabile dell’ufficio di staff del Sindaco, ruolo incontestabilmente di natura politica e dunque escluso dal novero dei soggetti aventi competenze tecnico gestionali, unici appartenenti alle amministrazioni nominabili commissari di concorsi.

Anche detto motivo è infondato.

La dott.ssa ********* è una dipendente comunale che ha ricoperto ruoli diversi nella compagine amministrativa dell’Ente ed è stata da ultimo chiamata a svolgere i compiti di responsabile dell’ufficio di staff del Sindaco, ufficio apicale di livello dirigenziale che collabora direttamente con il Sindaco secondo il Regolamento degli Uffici e secondo un’usuale esperienza dei comuni italiani, assicurando quel necessario collegamento tra l’organo elettivo e massimamente rappresentativo ed il complesso della struttura burocratica.

Il responsabile di questo ufficio nulla ha a che vedere con le origini elettive o partitiche dei veri e propri organi di governo comunali di cui all’art. 36 D. Lgs. 267/2000, cui soli la legge preclude la partecipazioni a commissioni di concorso (cfr. in senso analogo Cons. St., sez. V, nn. 574 del 2013; 2104 del 2012; 5216 del 2002).

E’ altresì infondato il quarto motivo, concernente anch’esso la composizione della commissione, a parere dell’appellante inadeguata a selezionare architetti, vista la presenza di un solo ingegnere ed al contrario di un componente laureato in giurisprudenza e un altro laureato in pedagogia.

Si deve rilevare che le prove di concorso dovevano riguardare calcoli in materia di costruzioni e questioni di diritto amministrativo, dunque la presenza di un ingegnere e di una laureata in giurisprudenza collimava perfettamente con le stesse prove; quanto alla laureata in pedagogia, vi è da considerare che la medesima, la dott.ssa ***************, è da tredici anni la responsabile del Servizio appalti del Comune di Scafati e perciò si deve mettere in evidenza come una simile esperienza pluriennale interdisciplinare tra problematiche tecniche ed amministrative potesse costituire una garanzia per una selezione come quella oggetto del presente giudizio.

Deve poi essere esaminato il sesto motivo, con il quale il D. D. lamenta che sia stato posto ai concorrenti un quesito a risposta multipla in luogo della redazione di un tema o di un parere oppure, ancora, di uno schema di atto amministrativo, conformemente alle prescrizioni del bando di concorso.

Anche tale motivo è infondato.

Il bando ha riservato alla commissione una discrezionalità estremamente ampia nel modulare la prova scritta, inserendo una serie di discipline attinenti materie del tutto variegate che spaziavano dal diritto amministrativo e diverse sue specificità all’organizzazione del lavoro, dalla legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro alle normative ambientali, sino alla composizione architettonica.

E’ pacifico che la commissione non potesse prevedere una sola prova scritta che potesse abbracciare un ambito così vasto e quindi del tutto correttamente sono stati previsti due quesiti comprendenti alcune delle materie elencate; altrettanto correttamente la commissione ha previsto che il secondo quesito si potesse svolgere tramite un’unica domanda con risposte multiple. La formulazione del bando in ordine alla prova scritta offriva un’elencazione talmente estesa che essa non poteva intendersi come esaustiva ed offriva ai commissari un margine tecnico decisorio oltre la lettera della clausola di bando.

Sostenere poi che il quesito n. 2 poteva semmai essere utilizzato come criterio selettivo appare inoltre, nel caso di specie, inammissibile: infatti non è contestato che il D. D. abbia scelto una risposta errata e dunque ove la commissione si fosse servita del quesito in parola per una forma di preselezione, l’interessato non ne avrebbe certo ricavato un’utilità.

L’insufficienza accertata nella prova scritta, oltre all’infondatezza delle precedenti censure, priva l’appellante di interesse alla decisione nel merito degli ulteriori motivi, visto che i medesimi seguono i precedenti per ordine logico, riguardando la fase procedimentale successiva alla prova orale, cui il D. D. non è stato legittimamente ammesso.

Per le suesposte considerazioni l’appello deve essere respinto con la conferma della sentenza impugnata.

Spese come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio liquidandole in complessivi €. 3.000,00 (tremila/00) oltre ad accessori come per legge in favore di ciascuna delle parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2013

Redazione