Concorsi pubblici: il Consiglio di Stato interviene sul problema della equipollenza fra titoli di studio (Cons. Stato n. 6260/2012)

Redazione 06/12/12
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FATTO e DIRITTO

1. L’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania – A.R.P.A.C. – (in prosieguo Arpac), ha indetto un concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di 4 posti di dirigente ingegnere in possesso di laurea in <<ingegneria per l’ambiente e il territorio>> o altre lauree equipollenti ex lege (cfr. bando pubblicato sul bollettino ufficiale della regione Campania n. 22 del 26 aprile 2005); l’art. 2, co. 3, lett. a) del bando, nell’individuare i requisiti di ammissione, ha stabilito che <<gli aspiranti, devono possedere, altresì, i seguenti requisiti specifici: a) laurea specialistica, ai sensi del vigente ordinamento, ovvero diploma di laurea secondo il previgente ordinamento universitario, in ingegneria per l’ambiente e il territorio o altre lauree equipollenti ex lege>>.

1.1. Il signor Generoso S. ha partecipato alla selezione ma, avendo conseguito un giudizio di insufficienza alla prova teorico – pratica, non è stato ammesso alla successiva prova orale (cfr. comunicazione del presidente della commissione di concorso in data 15 ottobre 2008).

1.2. Con determinazione del direttore generale dell’Arpac n. 501 del 28 ottobre 2008 è stata approvata la graduatoria definitiva e sono stati nominati i vincitori.

2. Avverso tutti gli atti del concorso, ed in particolare il giudizio di insufficienza e l’approvazione della graduatoria, il signor S. è insorto davanti al T.a.r. per la Campania articolando ricorso principale e motivi aggiunti.

2.1. Si è costituito, fra gli altri, il contro interessato signor *********** (classificatosi al sesto posto della graduatoria), che ha proposto ricorso incidentale contestando la mancata esclusione del ricorrente per carenza del requisito del titolo di laurea; nella specie ha sostenuto che il signor S. era munito del diploma di laurea in ingegneria civile non equipollente ex lege, nel previgente ordinamento universitario, a quello in ingegneria per l’ambiente ed il territorio.

3. L’impugnata sentenza – T.a.r. per la Campania – Napoli – Sezione III, n. 3029 del 1 giugno 2009:

a) ha accolto il ricorso incidentale;

b) ha dichiarato inammissibile il ricorso principale ed i motivi aggiunti;

c) ha compensato fra le parti le spese di lite.

4. Il signor S. ha interposto appello, ritualmente notificato (in data 22 luglio 2009) e depositato (in data 3 agosto 2009), contestando tutte le statuizioni sfavorevoli e reiterando le censure non esaminate in primo grado.

5. Si sono costituiti l’Arpac e il signor M. deducendo l’infondatezza del gravame in fatto e diritto.

6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 4 dicembre 2012.

7. L’appello è infondato e deve essere respinto.

8. Con il primo mezzo (pagine 9 – 23), il signor S. ha dedotto:

a) la violazione dell’art. 4, d.P.R. n. 509 del 1999 e del d.m. 4 agosto 2000 che ha individuato le singole classi di laurea (allegato 1), raggruppando in un’unica classe le lauree in ingegneria civile ed ambientale;

b) la violazione dei criteri di interpretazione dei bandi di concorso nel senso che l’amministrazione ha l’obbligo di accertare in concreto la sussistenza dell’equipollenza fra titoli di studio svolgendo un’analisi sostanziale delle caratteristiche di ciascun titolo e, nei casi in cui l’equipollenza è prevista ex lege, ciò significherebbe solo che l’amministrazione avrebbe il compito di effettuare la valutazione alla luce del quadro normativo di riferimento;

c) l’omessa considerazione, da parte dell’impugnata sentenza:

I) del conseguimento del diploma post laurea di specializzazione in ingegneria sanitaria ed ambientale;

II) del favorevole parere reso, su sollecitazione dell’interessato, dal C.U.N. (Consiglio Universitario Nazionale) sull’equipollenza dei titoli in esame;

d) la violazione dell’art. 47, d.P.R. n. 328 del 2001 che parifica i diplomi di laurea in ingegneria civile e ingegneria ambientale del territorio, ai fini dell’esame di abilitazione professionale;

e) l’omessa adeguata valutazione, da parte dell’impugnata sentenza, di due favorevoli precedenti del Consiglio di Stato resi su fattispecie analoghe (cfr. ordinanze cautelari sez. V, nn. 2139 del 28 aprile 2009 e 2287 del 5 maggio 2009).

8.1. Il mezzo è infondato.

8.2. L’unica questione sottesa al gravame in trattazione consiste nello stabilire se la laurea specialistica (nel nuovo ordinamento universitario) o il diploma di laurea (nel previgente ordinamento universitario) in «ingegneria civile» siano equipollenti ex lege a quella in <<ingegneria per l’ambiente e il territorio>> in relazione all’accesso ai pubblici concorsi.

Si premette che in base al d.m. 28 novembre 2000 ed all’art. 4 del d.m. n. 509 del 1999, la laurea specialistica in <<ingegneria per l’ambiente e il territorio>> appartiene alla classe 38/S (G.U. 23 gennaio 2001 n.18), e quella in <<ingegneria civile>> alla classe 28/S; mentre il diploma di laurea in <<ingegneria per l’ambiente e il territorio>> era disciplinato dalla Tabella XXIX del r.d. n. 1652 del 30 settembre 1938, come modificata dal d.m. 22 maggio 1995, che lo distingueva dal diploma di laurea in <<ingegneria civile>>.

8.2.1. La tesi propugnata dall’odierno ricorrente – secondo cui il titolo del diploma di laurea in <<ingegneria civile>>, ancorché non menzionato dal bando di concorso, può ritenersi equipollente ex lege ai titoli puntualmente individuati da quest’ultimo – non è suscettibile di favorevole esame in base a consolidati principi elaborati dal Consiglio di Stato (cfr. Cons. St., sez. VI, 3 maggio 2010, n. 2494; sez. V, 19 agosto 2009, n. 4994; sez. II, 17 dicembre 2007, n. 104/2007; sez. V, 24 gennaio 2007, n. 247, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74, co.1, e 88, co. 2, lett. d), c.p.a.), in forza dei quali:

a) in linea generale l’equipollenza fra titoli di studio in vista della partecipazione a pubblici concorsi, può essere stabilita dalle norme, primarie o secondarie, ma non dall’amministrazione o dal giudice;

b) quando un bando richiede tassativamente il possesso di un determinato titolo di studio per l’ammissione ad un pubblico concorso, senza prevedere il rilievo del titolo equipollente, non è consentita la valutazione di un titolo diverso, salvo che l’equipollenza non sia stabilita da una norma di legge; coerentemente si reputa illegittima la clausola del bando di concorso che disponga l’equipollenza fra titoli di studio in assenza di una norma di legge che fissi i contenuti, le caratteristiche e la durata dei corsi di studio in relazione alle distinte finalità formative che ciascuno di essi persegue, in tal modo prevenendosi il rischio di valutazioni casistiche rimesse alle singole amministrazioni;

c) ai sensi dell’art. 9, co. 6, l . n. 341 del 1990, il giudizio di equipollenza tra i titoli di studio ai fini dell’ammissione ai pubblici concorsi appartiene esclusivamente al legislatore e, di conseguenza, l’unico parametro cui fare corretto riferimento è quello fissato dalla legge e dall’ordinamento della pubblica istruzione, secondo il quale i titoli di studio sono diversi tra loro e le equipollenze costituiscono eccezioni non suscettibili di interpretazione estensiva ed analogica; in quest’ottica, un marginale ruolo di integrazione può essere riconosciuto all’amministrazione solo ove espressamente previsto dal bando di concorso, che dello stesso costituisce lex specialis;

d) più precisamente, ove il bando ammetta come requisito di ammissione un determinato diploma di laurea, o titolo equipollente tout-court, l’amministrazione potrà procedere ad una valutazione di equipollenza sostanziale; se invece il bando richiede (come nel caso di specie) un determinato titolo di studio o quelli ad esso equipollenti ex lege, siffatta determinazione deve essere intesa in senso tassativo, con riferimento alla valutazione di equipollenza formulata da un atto normativo e non può essere integrata da valutazioni di tipo sostanziale compiute ex post dall’amministrazione.

8.2.2. Tanto precisato in linea generale, osserva la sezione, in relazione ai titoli di studio conseguibili a conclusione dei corsi di studio in ingegneria nel sistema ante-riforma (cfr. d.m. n. 509 del 1999 che lo ha messo a regime), che:

a) il corso di laurea quinquennale in <<ingegneria per l’ambiente e il territorio>>, operante presso svariate università già dai primi anni ’90 ha assicurato una formazione differenziata rispetto a quella del corso di laurea in <<ingegneria civile>>: mentre infatti il primo ha fornito (e fornisce) specifiche competenze di natura geologica, chimica ambientale e tecnologica su processi, macchine e tecniche di scavo ed intervento sul territorio, nonché conoscenze ed esperienze sulle tecniche di misura di parametri geologici ed ambientali, attribuendo al laureato specifiche competenze in materia di progettazione di un sistema complesso, costituito dall’opera e dalla sua interazione con l’ambiente circostante, la formazione dell’ingegnere civile è stata focalizzata (e si focalizza) sulla singola opera, si da consentire al laureato di risolvere le problematiche connesse alla progettazione, realizzazione e gestione di edifici civili ed industriali nonché di infrastrutture (ponti, strade, gallerie, ecc.) che rispondano alle esigenze di trasformazione e sviluppo della società;

b) oltre ai decreti interministeriali del 7 maggio 1992 e 25 maggio 1991, che hanno equiparato espressamente il corso di laurea in <<ingegneria per l’ambiente e il territorio>> ai corsi di laurea in <<ingegneria forestale e in ingegneria mineraria>>, non è dato rinvenire alcuna altra norma che, come sostenuto dall’appellante, abbia equiparato il corso di laurea in <<ingegneria civile>> a quello in <<ingegneria per l’ambiente e il territorio>>;

c) la laurea specialistica in <<ingegneria per l’ambiente o il territorio>>, classificata in classe 38/S si è aggiunta, e non ha sostituito il già esistente corso di laurea in <<ingegneria ambientale>>, di durata quinquennale, istituito con d.P.R. 20 maggio 1989 (tanto che, ancora oggi, è possibile conseguire il diploma di laurea in tale corso di studi e, in aggiunta, la laurea specialistica nella stessa materia); di conseguenza, non può in alcun modo ritenersi che, per il periodo precedente alla riforma, il corso di laurea in <<ingegneria civile>> potesse essere considerato un percorso di formazione onnicomprensivo o, detto in parole più semplici, una sorta di contenitore generale atto a recepire la preparazione e le competenze specifiche, successivamente andate a confluire nei singoli corsi di laurea specialistici e nelle c.d <<lauree magistrali>>.

8.2.3. A diverse conclusioni non si perviene in relazione ai titoli di studio conseguibili a conclusione dei corsi di studio in ingegneria nel sistema post – riforma (successivamente, cioè al d.m. n. 509 del 1999); invero:

a) il d.m. 5 maggio 2004 ha stabilito la sola equipollenza fra:

I) il diploma di laurea in <<ingegneria civile>> e la laurea specialistica appartenente alla classe 28/S (ovvero quella in <<ingegneria civile>>);

II) il diploma di laurea in <<ingegneria per l’ambiente e il territorio>> e la classe delle lauree di livello specialistico 38/S, ovvero la laurea specialistica in <<ingegneria per l’ambiente e il territorio>>;

b) la medesima separazione si registra, in relazione alle lauree magistrali introdotte dal d.m. n. 270 del 22 ottobre 2004, avuto riguardo alla laurea magistrale in <<ingegneria civile>> inserita nella classe di laurea magistrale LM 23 ed a quella ambientale divisata dalla classe di laurea LM 35 (cfr. parere del C.U.N. prot. n. 613 del 23 aprile 2009);

c) è irrilevante l’equiparazione dei due corsi di laurea effettuata con d.m. 4 agosto 2000; tale equiparazione, infatti può valere solo con riferimento ai due corsi di laurea (ora divenuti triennali) nella medesima classe e si giustifica in virtù della contemporanea introduzione di corsi di laurea specialistici, di durata biennale, da frequentare successivamente, atti a consentire agli studenti già laureati l’acquisizione di ulteriori e specifiche competenze (che nel sistema previgente potevano essere ottenuti – seppur a un livello “inferiore”- mediante la frequenza dei due diversi corsi di <<ingegneria civile e ingegneria per l’ambiente e il territorio>> ciascuno caratterizzato da proprie peculiarità); l’equiparazione, pertanto, non può estendersi alle lauree specialistiche quinquennali (il cui possesso è richiesto dal bando a pena di esclusione);

d) parimenti irrilevante è il richiamo al d.P.R. n.328 del 2001 che, con riferimento all’iscrizione all’Albo degli ingegneri, accomuna nella sezione A, settore a), le lauree in <<ingegneria civile ed ambientale>>; si tratta all’evidenza di equiparazione operata, da una norma regolamentare, a fini del tutto diversi da quelli propri dell’ordinamento universitario unico abilitato a classificare il valore dei titoli di studio; invero, come si evince dal combinato disposto degli artt. 2, 7 e 47 del d.P.R. n. 328 cit.:

I) per l’iscrizione alla sezione A degli Albi degli ingegneri è necessario superare specifico esame di Stato cui si accede solo dopo aver conseguito il titolo di laurea specialistica;

II) per l’ammissione all’esame di Stato, i titoli universitari conseguiti al termine dei corsi di studio dello stesso livello hanno identico valore se appartenenti alla medesima classe;

III) le classi 28/S – ingegneria civile e 38/S – ingegneria per l’ambiente e per il territorio sono diverse e sono accomunate nel superiore settore a) <<civile e ambientale>> (unitamente alla classe 4/S – architettura e ingegneria edile), ai soli fini dell’ammissione all’esame di Stato;

e) irrilevante, infine, deve ritenersi anche il parere di equipollenza espresso dal C.U.N. in quanto non solo si tratta di parere generico e di data antecedente a successive determinazioni del M.I.U.R sul medesimo concorso ma, in ogni caso, di mera valutazione proveniente da autorità amministrativa e non di fonte normativa, dotata della forza giuridica sufficiente ad integrare le prescrizioni della procedura di selezione come richiamate dal bando (che come è noto ha valore di lex specialis), il quale espressamente rinvia, nel caso in esame, a titoli equipollenti esclusivamente ex lege.

9. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni è giocoforza respingere il gravame.

Il rigetto del primo motivo di appello esime il collegio dall’esaminare i successivi mezzi con cui si reiterano le censure non esaminate in primo grado.

10. In assenza di prova specifica delle spese sostenute, secondo quanto richiesto dal d.m. n. 140 del 2012, il solo onorario del presente grado di giudizio, regolamentato secondo l’ordinario criterio della soccombenza, è liquidato in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto:

a) respinge l’appello e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza;

b) condanna il signor Generoso S. a rifondere in favore della Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania e del signor *********** gli onorari del presente grado di giudizio che liquida in complessivi euro 4.000 (quattromila/00) oltre accessori come per legge (I.V.A. e C.P.A.) per ciascuna parte.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2012

Redazione