Concesso l’indulto in primo grado ad uomo che maltrattava la moglie: non revocabile per mancanza di impugnazione del p.m. (Cass. pen. n. 18616/2013)

Redazione 24/04/13
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FATTO

Con sentenza in data 11.03.2011 il Tribunale di Como condannava C. F. alla pena di anni due e mesi sei di reclusione, di cui anni uno e mesi tre condonati, e al risarcimento del danno in favore della parte civile, per il reato di maltrattamenti in danno della moglie  C. A.

A seguito di gravame dell’imputato, con sentenza in data 17.02.2012 la Corte di Appello di Milano confermava la decisione di primo grado, revocando il concesso indulto.

Rilevava in particolare la Corte di merito che la responsabilità del C. F. era dimostrata dalle precise e sofferte accuse della C. A., confermate, nei limiti del personale ricordo, dai figli della coppia, e non smentite da altre risultanze.

Quanto all’indulto, lo stesso, concesso per la porzione di reato protrattasi fino al 2 maggio 2006, doveva essere revocato, essendosi il reato, permanente a condotta plurima, consumato in epoca successiva al temine stabilito per l’applicabilità del beneficio.

Propone ricorso per cassazione il prevenuto a mezzo del difensore, lamentando il vizio di motivazione:

– sull’apprezzamento delle risultanze processuali, in riferimento in particolare alla valutazione delle dichiarazioni dei figli della coppia, largamente difformi da quelle della madre, e alla mancata rilevazione di una sostanziale assenza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, dell’essenziale requisito dell’abitualità, necessario per l’integrazione del reato ascritto;

– sulla misura della pena e sul diniego delle attenuanti generiche.

Il ricorrente si duole altresì della disposta revoca del parziale indulto concesso, richiamando il carattere plurimo e scomponibile del reato contestato e dolendosi anzi della ridotta misura del concesso indulto.

 

DIRITTO

Le doglianze in punto responsabilità si risolvono sostanzialmente in generiche contestazioni della componente specificamente valutativa del percorso motivazionale (ampio e accuratamente sviluppato) risultante dalla congiunta motivazione dei provvedimenti di merito, della quale non riescono a evidenziare vizi riconducibili ad alcuno dei motivi di cui all’art. 606 cpp.

Con le censure sulla pena e sul diniego delle attenuanti generiche, poi, il ricorso viene a sottoporre al giudizio di legittimità valutazioni che rientrano nella facoltà discrezionale del giudice e, come tali, sono sottratte al sindacato di legittimità ove — come appunto nella specie (v. i riferimenti alla gravità della condotta e all’assenza di resipiscenza) — corredate di una motivazione idonea a far emergere le ragioni delle concrete scelte operate.

Riguardo all’indulto, concesso parzialmente in primo grado e revocato in appello, deve osservarsi che:

– sicuramente non sussiste il diritto a un indulto frazionato a fronte di un reato abituale, non scomponibile a tal fine, al pari di quello permanente (Sez. 3, n. 15587 del 24/03/2011, *******, Rv, 250149), in separate condotte;

– tale diritto è stato tuttavia riconosciuto dal primo giudice e, in mancanza, di impugnazione del pubblico ministero, il giudice di appello non poteva revocare l’indulto applicato in primo grado, essendo tale possibilità prevista solo nell’ipotesi (non ricorrente nel caso di specie) di cui all’art. 674, ultimo comma c.p.p., di irrogazione di condanna per altro reato (Sez. l, n. 732 del 05/02/ 1996, Mandaliti, Rv. 205123);

– la pretesa dell’imputato di un ricalcolo più favorevole della quota indultabile è inammissibile — prima e oltre che per il fatto di essere ispirata a un generico meccanicismo temporale e impingente in un ambito prettamente valutativo – in quanto si basa sul detto inesistente diritto (a un indulto frazionato), che, al di là dell’erroneo riconoscimento da parte del primo giudice, non rimediabile per motivi processuali dal giudice d’appello, non può certamemte essere fonte legittima di ulteriori vantaggi per l’interessato.

 

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla revoca dell’indulto.

Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2013

Redazione