Concessione edilizia riconosciuta illegittima: l’annullamento parziale è ammissibile soltanto quando l’opera autorizzata sia scindibile (TAR Basilicata, Potenza, n. 54/2013)

Redazione 07/02/13
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SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 153 del 2012, proposto da:
**********, rappresentato e difeso dagli avv. ************* e ***********, con domicilio eletto presso il primo in Potenza, corso XVIII Agosto, n.2;

contro

Comune di Senise in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. *********************, con domicilio eletto presso ****************. in Potenza, via N. Sauro, n.102;
Agenzia del Territorio – Ufficio Provinciale di Potenza, in persona del legale rappresentante p.t.. rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Potenza, corso 18 Agosto 1860;

per l’annullamento

– della determinazione n. 37 del 13/02/2012 (r.g. n. 114 del 16/02/2012), adottata dal Responsabile del settore tecnico del comune di Senise, ad oggetto: “art. 38 d.p.r. n.380/01- Dispositivo di notifica e contestuale ingiunzione al pagamento al sig. ********** residente in Senise al viale 2 agosto 1980, della valutazione degli immobili effettuata dall’Agenzia del Territorio di Potenza, ai fini dell’applicazione della sanzione pecuniaria in seguito all’annullamento delle concessioni edilizie disposto con determina n.5 del 9/1/04”;

– se e per quanto occorra, della nota prot. n. 8435 del 28/09/2011 del Responsabile del settore tecnico del comune di Senise con la quale veniva richiesta all’Agenzia del territorio di Potenza la valutazione degli immobili realizzati in virtù delle concessioni edilizie annullate nonché della relazione di stima redatta dall’Agenzia del territorio di Potenza e trasmessa al comune di Senise con nota prot. n. 10540 del 19/12/2011;

– di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Senise e di Agenzia del Territorio – Ufficio Provinciale di Potenza;

Vista l’ordinanza collegiale n.80/12 di accoglimento dell’istanza incidentale di sospensione cautelare del provvedimento impugnato;

Vista l’ordinanza collegiale n.113/12 ex art. 58 cod. proc. amm. adottata da questo Tribunale su istanza del ricorrente;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2012 il dott. ****************** e uditi per le parti i difensori ****************** e *************, per la parte ricorrente; Avv. ****************** per il Comune intimato; Avv. *************** per l’Amministrazione dello Stato resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Premette il ricorrente che:

-con concessioni edilizie nn.11 e 18 del 13/4/85 e successive di variante e rinnovo rilasciategli dal Comune di Senise fu assentita la realizzazione di fabbricati a prevalente uso abitativo per una volumetria complessiva di circa 18.000 mc.;

-successivamente dette concessioni edilizie furono annullate in autotutela dal comune e il ricorso giurisdizionale proposto dall’istante fu respinto da questo TAR con sentenza n.920/06 confermata dal Consiglio di Stato con decisione n.6959/09;

-l’annullamento era stato adottato sul presupposto che con le cc.ee. predette era stata assentita una volumetria in eccesso rispetto a quella massima consentita, quantifica in complessivi mc.6237,30 e pertanto era stata ordinata la demolizione di due corpi di fabbrica facenti parte dei fabbricati nn.1 e 2 -ritenuta possibile in quanto “elementi strutturali autonomi”- per una volumetria pari a mc.5.013,35; nel mentre, per la rimanente volumetria in eccesso di mc.1223,95, preso atto che “ulteriori opere non possono essere demolite atteso che l’eventuale demolizione parziale delle stesse comprometterebbe staticamente anche le parti di opere non in demolizione”, era stata applicata, ai sensi dell’art. 38 t.u. edilizia, la sanzione pecuniaria in misura pari al valore venale delle opere illegittimamente assentite, valutato dall’agenzia del territorio;

-con determina n.36/04 il Comune, in accoglimento della domanda di due privati acquirenti di buona fede degli immobili oggetto di ordine di demolizione, decideva di sospendere parzialmente la determina n.5/04, solo relativamente all’ordine di demolizione, e si riservava 60 giorni per l’emissione della sanzione da applicare in relazione all’annullamento d’ufficio delle succitate concessioni edilizie ai sensi dell’art. 38 t.u.;

-all’esito dei sopramenzionati giudizi, divenuta doverosa l’esecuzione della determina dirigenziale n.5/04, acquisita la valutazione dell’agenzia del territorio oggetto degli immobili le cui cc. ee. erano state annullate (quantificata in euro 1.045.220), l’amministrazione adottava l’atto impugnato, recante ingiunzione al ricorrente di detto importo a titolo di sanzione pecuniaria.

Avverso tale atto si deduce quanto segue:

1.-violazione e mancata applicazione dell’art. 38 t.u.- violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità dell’azione amministrativa- eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti manifestazioni di volontà- illogicità- erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto- difetto di istruttoria e di motivazione.

Si sostiene che illegittimamente l’amministrazione ha applicato la sanzione pecuniaria per le opere illegittimamente assentite, compresi i corpi di fabbrica in precedenza oggetto di demolizione, quantificandola nell’intero importo determinato dall’Agenzia del Territorio (euro 1.045.220) e in tal modo estendendola anche a quella parte della volumetria legittimamente assentita con le predette concessioni edilizie. In primo luogo per la sua contraddittorietà rispetto al limite che la p.a. aveva individuato nell’atto di annullamento delle cc. ee quantificando la volumetria in eccesso (illegittimamente assentita e sanzionabile) in complessivi mc.6237,30, ordinando quindi la demolizione per un volume di mc. 5013,35 e applicando invece la sanzione pecuniaria per i rimanenti mc.1223,95; -in secondo luogo per violazione dei principi indicati in rubrica e del citato art. 38. Quest’ultima disposizione prevede che la sanzione pecuniaria sia pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente seguite e pertanto nella fattispecie la sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione, in caso non risulti possibile quest’ultima, debba essere commisurata al valore venale della sola parte delle opere illegittimamente assentite senza che venga in rilievo l’omessa qualificazione di parziale all’annullamento delle cc. ee. In tale ultimo senso la p.a. avrebbe considerato la disposta autotutela avendo quantificato in essa la volumetria illegittimamente assentita in eccesso (mc. 6237,30) e avendo irrogato le sanzioni dell’art. 38 con riferimento soltanto ad essa. Ne consegue per l’istante che, per la corretta esecuzione della determina n.5/04, la p.a. ottenuta la valutazione di tutte le opere, avrebbe dovuto quantificare la sanzione pecuniaria in proporzione alla sola volumetria in eccesso, illegittimamente assentita, pari a complessivi mc. 6237,30 facendo riferimento al valore venale attribuito ai singoli immobili o parte di essi illegittimamente assentiti fino alla concorrenza del predetto importo. Né potrebbe rilevare il fatto che il comune abbia chiesto all’agenzia del territorio la valutazione del valore venale in riferimento a tutti gli immobili assentiti e che a tanto l’agenzia del territorio abbia provveduto. In ogni caso ciò non precluderebbe la puntuale quantificazione della sanzione pecuniaria in proporzione alla sola volumetria illegittimamente assentita;

2.-violazione per mancata applicazione degli artt. 7 e 10 l. n. 241/90 nonché falsa applicazione dell’art. 21 octies l. n. 241/90- eccesso di potere per presupposto erroneo.

Alla luce di quanto esposto non vi sarebbe stata dunque quella natura vincolata dell’atto impugnato tale da giustificare l’omissione della garanzia partecipativa. Nella specie si sarebbe dato luogo ad avviso del ricorrente ad una sanzione nuova rispetto a quella contemplata nella determina n.5/04 che avrebbe implicato l’esercizio d’un potere discrezionale in ordine alla scelta della sanzione e del quantum.

Si è costituito il Comune di Senise che resiste e deduce l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame. Si è costituita pure l’Agenzia del Territorio di Potenza che resiste e deduce la propria estraneità alla materia del contendere.

Con ordinanza collegiale n. n.80/12 è stata accolta l’istanza incidentale di sospensione cautelare del provvedimento impugnato. Su tale misura cautelare è stata successivamente adottata, su istanza del ricorrente ai sensi dell’art. 58 cod. proc. amm., l’ordinanza collegiale n.113/12.

Alla pubblica udienza del 6 dicembre 2012 il ricorso è stato ritenuto per la decisione.

DIRITTO

Preliminarmente deve disporsi l’estromissione dal presente giudizio dell’Agenzia del territorio – ufficio di Potenza atteso chè la stessa si è limitata a corrispondere alla richiesta del Comune di Senise di effettuare la stima del valore venale degli immobili segnalati dall’amministrazione comunale ai fini delle successive determinazioni di propria, esclusiva competenza. Né del resto la controversia verte su aspetti legati alla stima in sé, così come appunto posta in essere dall’Agenzia.

Può poi prescindersi dall’esame delle eccezioni d’inammissibilità del gravame dato che il ricorso è infondato.

Deve premettersi che, ad avviso del collegio, il Comune di Senise, con la determina n.5 del 9/1/04, ha annullato “in toto” e non parzialmente tutte le concessioni edilizie richiamate al punto 1 di detta determina, nella quale viene espressamente precisato che le stesse “sono annullate per tutte le motivazioni sopra esposte”. Fra le motivazioni facenti parte del lungo preambolo di detta determina, oltre al richiamo ai 6.237 mc. realizzati in più oltre quanto consentito dalla disciplina urbanistico- edilizia di zona, vi sono pure il mancato rispetto delle distanze minime tra gli edifici A, B e C e il confine posto sul ciglio della viabilità pubblica (pag. 6) e le altezze (pagg. 5 e 7); a ciò va aggiunto che non esistono ragioni giuridicamente consistenti per accogliere la tesi attorea secondo cui, nella fattispecie, ci si trovi in presenza di annullamenti parziali. Come osservato in giurisprudenza, l’annullamento parziale di una concessione edilizia riconosciuta illegittima è ammissibile soltanto quando l’opera autorizzata sia scindibile in modo tale da poter essere oggetto di distinti progetti: la ragione di tale principio è la stessa per cui il comune può respingere o accogliere una domanda di concessione edilizia, ma non può modificare il progetto, non potendosi imporre al richiedente un’opera diversa dal progetto sul quale ha chiesto la concessione (cfr. Cons. di St., V, 11.10.2005, n. 5495; T.A.R. Genova Liguria sez. I, 20 luglio 2011, n. 1148; T.A.R. Roma Lazio sez. II, 30 marzo 2012, n. 3065). Nella specie, è bene rammentarlo, il ricorrente, in sede di impugnativa giurisdizionale dell’atto di autotutela, come si evince dalla lettura delle sentenze richiamate in fatto, non ha mai sollevato, nei confronti della determina di annullamento delle concessioni edilizie, tale censura e la stessa non può essere ora utilmente spesa. Fornisce giuridico sostegno alla tesi dell’amministrazione dell’annullamento pieno dei titoli edilizi -come già detto prima- anzitutto il tenore complessivo dell’atto di autotutela. Ma neppure, tale riconfigurazione dell’atto di annullamento dei titoli edilizi può essere conseguita dall’istante deducendo il vizio di contraddittorietà fra l’atto impugnato e quella parte della determina predetta che, al punto 3, nell’enunciare la volontà dell’amministrazione di optare per l’applicazione della sanzione ex art. 38 del t.u. per le opere che non potevano essere demolite senza compromissione statica anche delle parti di opere non in demolizione, allude a un totale di mc.1223,95 quali “opere abusivamente eseguite”. Infatti, ad avviso del collegio, una volta soddisfatta la condizione di legge (art. 38 co. 1) che prescrive che la “valutazione” intorno all’impossibilità della riduzione in pristino venga motivata, così come rileva la difesa del Comune, spetta al dirigente (o al responsabile) del competente ufficio comunale l’applicazione della sanzione pecuniaria “pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite” (art. 38 co.1) e ciò nell’esercizio d’un potere vincolato dalla legge, che prescinde cioè da precedenti manifestazioni di volontà. Di conseguenza, trattandosi di annullamento totale delle concessioni edilizie indicate nell’atto di annullamento, la sanzione pecuniaria, in presenza di opere realizzate integralmente “sine titulo” ha assunto, ai fini della determinazione dell’importo, a base di calcolo, il valore venale di tutte le opere realizzate.

Nella specie infatti non ha senso riferirsi all’altra ipotesi, prevista nella norma citata, delle “parti” delle opere abusivamente eseguite dato che, oltretutto, questa locuzione riguarda parti ben determinate e definite delle opere realizzate e non riferimenti a mere quantità volumetriche in eccesso, come invece fa il ricorrente.

Infondato poi è pure il secondo motivo di ricorso dato che l’estensione della sanzione alla volumetria complessiva dei fabbricati costituiva conseguenza vincolata della loro abusività in quanto privi di titolo edilizio.

Di conseguenza il ricorso va rigettato. Sussistono comunque giusti motivi per compensare le spese di giudizio fra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Potenza nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2012

Redazione