Concessione delle attenuanti generiche: nessun automatismo (Cass. pen. n. 35544/2012)

Redazione 17/09/12
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Svolgimento del processo

1. P.F. ricorre per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Assise di appello di Napoli in data 6-12-2011, con la quale, in riforma della sentenza emessa dalla Corte di assise di S. Maria Capua Vetere il 14-7-2010 , esclusa la premeditazione e concesse al P. le attenuanti generiche, era stata rideterminata la pena in anni quindici di reclusione in ordine ai seguenti reati:

a) artt. 110 e 575 c.p., e art. 577 c.p., comma 3 e L. n. 203 del 1991, art. 7 perchè, in concorso con Pi.Ga. e S. A., accordandosi per commettere l’omicidio di S. A., predisponendo i mezzi di trasporto necessari, armandosi di due pistole ed infine esplodendo sei colpi d’arma da fuoco contro la vittima, che veniva attinta al mento e al torace, cagionavano la morte dello S.. Con l’aggravante di essersi avvalso delle condizioni di assoggettamento omertoso cui il clan ******** aveva costretto la popolazione del territorio ed al fine di agevolare l’attività della medesima associazione camorristica.

b) artt. 110 e 81 cpv. c.p., art. 61 c.p., n. 2, L. n. 203 del 1991, artt. 10, 12, 141, 14 e art. 10, art. 74, n. 497, art. 7 e L. n. 575 del 1965, art. 99 in relazione al la detenzione e al porto in luogo pubblico delle pistole di cui al capo che precede;

C) art. 110 c.p., art. 575 c.p., n. 3, L. n. 203 del 1991, art. 7 e L. n. 575 del 1965, art. 7 perchè, in concorso con Pi.

G. e Sa.As., accordandosi per commettere l’omicidio di Pu.Ul., predisponendo i mezzi di trasporto necessari, armandosi di in fucile a pallettoni cal 12 ed esplodendo sei colpi contro la vittima, ne cagionavano la morte. In particolare, il P. effettuava sopralluoghi, organizzava le modalità e predisponeva i mezzi dell’agguato;

D) artt. 110 e 81 cpv. c.p., art. 61 c.p., n. 2, L. n. 497 del 1974, artt. 10, 2 e 14, L. n. 203 del 1991, art. 7, e L. n. 575 del 1965, art. 9 in relazione alla detenzione e al porto in luogo pubblico del fucile di cui al capo che precede Fatti commessi in (omissis).

2. Con unico motivo, il P. lamenta inosservanza dell’art. 16 quinquies L. n. 45 del 2001, art. 9 in relazione all’art. 133 c.p., censurando la mancata concessione delle attenuanti generiche e sostenendo che la sentenza impugnata ha trascurato di apprezzare favorevolmente il contributo leale offerto dal P., senza prendere in considerazione neanche la buona condotta del medesimo, libero dal 2005, il suo completo reinserimento sociale e la lunga detenzione subita (trentuno anni di reclusione). Così come erroneamente non ha apprezzato il ravvedimento e la confessione del P. mentre ha mostrato sensibilità per il ravvedimento del coimputato Pi., commutandogli la pena dell’ergastolo in quella di trentanni di reclusione. Si chiede quindi annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Le doglianze formulate esulano dal novero delle censure deducibili in sede di legittimità, collocandosi sul piano del merito. Le determinazioni del giudice di merito in ordine alla concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla dosimetria della pena sono infatti insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esente da vizi logico-giuridici ed idonea a dar conto delle ragioni del decisum. Nel caso di specie, la motivazione del giudice d’appello è senz’altro da ritenersi adeguata, poichè la Corte territoriale, richiamando anche le argomentazioni formulate dal P.G., nell’atto di gravame, ha fatto riferimento al curriculum criminale dell’imputato, caratterizzato da una ammessa militanza in organizzazioni camorristiche e da una lunghissima detenzione carceraria, anche per reati in materia di armi ed estorsione, connessi all’operatività dell’associazione. E, in quest’ordine di idee, la Corte territoriale evidenzia come non possa sussumersi nel comportamento valorizzato ai fini della speciale attenuante della collaborazione anche un riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche non fondato su autonomi, significativi indicatori e che non trova fondamento nelle risultanze processuali. Non è d’altronde ravvisabile alcuna violazione del D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, art. 16 quinquies, comma 1 conv. in L. 15 marzo 1991, n. 82, poichè tale disposizione si limita a circoscrivere la concedibilità delle circostanze attenuanti ivi previste a coloro che abbiano sottoscritto il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione entro il termine di legge, escludendo così dalla fruizione di esse i soggetti che non abbiano espletato nei termini il predetto incombente , salva l’ipotesi di cui al terzo comma della medesima disposizione. Ma la norma non prevede certo come obbligatoria la concessione delle predette circostanze attenuanti, che rimane assoggettata ad apprezzamento discrezionale , come è anzi testualmente sottolineato dal legislatore, attraverso l’uso dell’espressione “possono essere concesse” in luogo di “sono concesse” o altra locuzione equivalente.

Il ricorso è dunque fondato su motivi non consentiti dalla legge e va pertanto dichiarato inammissibile, a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, con conseguente condanna al pagamento delle spese del procedimento e di una somma a favore della cassa delle ammende che si stima equo quantificare in Euro mille.

 

P.Q.M.

Visto l’art, 615 c.p.p., comma 2 e art. 616 c.p.p.;

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Redazione