Colpevole lo sciatore per la velocità eccessiva: deve risarcire anche i mancati guadagni della vittima libero professionista (Cass. n. 12810/2012)

Redazione 23/07/12
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Svolgimento del processo

Il 13 aprile 2005 il Tribunale di Bolzano condannava S. G. al risarcimento dei danni fisici, materiali e morali subiti in conseguenza dell’incidente sciistico occorso in (omissis), nella misura del 70% in quanto riteneva un concorso di colpa dell’attore M.G. e in virtù di tale concorso riduceva e determinava l’importo dovuto dal convenuto al M., per il danno biologico e non patrimoniale in Euro 15.919, 21, con rivalutazione dal 1 gennaio 2004, oltre interessi dalla data del sinistro.

Su gravame principale dello S. e incidentale del M., la Corte di appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano – il 2 ottobre 2006 in parziale accoglimento dell’appello incidentale del M. riformava la sentenza di prime cure e condannava lo S. al pagamento di Euro 5.315, 80, oltre interessi e rivalutazione fino al saldo.

Nell’occasione la Corte territoriale riconosceva il lucro cessante, richiesto dal M. e correggeva la sentenza impugnata aumentando da Euro 300,00 ad Euro 451, 90 il danno materiale da liquidare e condannava lo S. a rifondere le spese del grado.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione lo S., affidandosi a sette motivi.

Resiste con controricorso il M..

Le parti hanno depositato rispettive memorie.

Motivi della decisione

1.-Con il primo motivo (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti decisivi e controversi per il giudizio, attinenti l’attribuzione di responsabilità in capo all’odierno ricorrente in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 e violazione e/ o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 2043 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) in estrema sintesi il ricorrente si duole che non vi sarebbe alcuna motivazione in merito all’asserita violazione da parte dello S. della regola specifica di cui all’art. 1 delle regole di condotta ed offre una trascrizione delle prove testimoniali, per affermare che non vi sarebbe alcuna motivazione circa la violazione dell’art. 3 delle regole stesse, mentre in ordine al lamentato vizio di violazione di legge formula un quesito (p. 23 ricorso), che, prima facie, sembra non specifico.

Peraltro, è sufficiente leggere la sentenza impugnata per rendersi conto che sotto entrambi i profili prospettatati la censura va disattesa.

Infatti, e contrariamente all’assunto del ricorrente, il giudice dell’appello si è fatto carico di esaminare le deposizioni testimoniali, per dedurne che “correttamente il giudice di prime cure ha posto a suo carico un concorso di colpa propria a causa della violazione della norma” di cui al n. 3 (v. p. 9 sentenza impugnata).

2. Di qui l’assorbimento del secondo motivo, che non si configura come pure formulato (violazione e/ o falsa applicazione dell’art. 2730 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) come errore di diritto perchè richiede una valutazione delle dichiarazioni del procuratore ad litem, che riguardava la prima versione difensiva e che non costituisce nemmeno l’argomento più dirimente affrontato dal giudice dell’appello.

Pertanto, il quesito (p. 24 ricorso) non coglie la ratio decidendi in quanto il giudice dell’appello, contrariamente a quanto assume il ricorrente, ha valutato la condotta dello S. sia in riferimento alle violazioni delle regole di condotta n. 1 e, in quanto lo S. ha affrontato una pista “nera” difficile, a velocità eccessiva, sia, aderendo alla versione dello stesso, da cui si evidenziava comunque una sua condotta colposa sia per violazione dell’art. 3 perchè egli rispetto al M. si trovava a monte (p. 10 – 11 sentenza impugnata).

3.- Il terzo motivo ( violazione e/ o falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 1223, 1227 c.c., nonchè dell’art. 6 delle regole di condotta dello sciatore in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), corredato da prescritto quesito, non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.

Di vero, il giudice dell’appello non ha escluso la responsabilità del M., ma ne ha ritenuta la concorsualità, fungendo da limite, direbbesi quantitativo, alla responsabilità prevalente dello S. a lui riconosciuta nella misura del 70%, perchè il M. avrebbe violato l’art. 6 delle regole, l’attuale ricorrente sarebbe, invece, incorso nella violazione delle regole di cui ai n. 1 e 2, data la sua eccessiva (e provata) velocità tenuta nella zona affollata (p. 10 sentenza impugnata).

4.- Assolutamente infondato è il quarto motivo ( violazione e/ o falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 1223, 1227 c.c., nonchè degli artt. 1, 2, 3 e 6 delle regole di condotta dello sciatore in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), corredato dal prescritto quesito, perchè, malgrado la sua intitolazione, richiede una valutazione di merito, non consentita in sede di legittimità e, peraltro, in modo più che sufficiente, corredato di motivazione, così come effettuata dal giudice dell’appello.

5. – In ordine al quinto motivo (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, attinenti l’accoglimento dell’appello incidentale del ******* in punto di risarcimento dei danni materiali e del danno da lucro cessante – art. 360 c.p.c., n. 5 – p. 30 e ss. ricorso) è sufficiente leggere la sentenza impugnata – p. 14 -per rendersi conto che il vizio denunciato non sussiste.

Infatti, il giudice dell’appello ha tenuto presente l’età del M., la sua attività di libero professionista, l’impatto che l’incidente per il periodo gennaio-marzo 1999 ha avuto sul suo reddito, la media tra il reddito dell’anno 2000 e quello del 1998, la media di lavoro effettivo per 10 mesi nel 1999, documentato da fatture, moltiplicando tale importo per i due mesi di inattività e riducendolo per l’attribuzione al M. del 30% della responsabilità.

6.- Con il sesto motivo (nullità della sentenza di appello derivante dal vizio di ultrapetizione di cui all’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), in estrema sintesi il ricorrente deduce la sussistenza del vizio circa la rifusione delle indennità dovute ai testi (p. 35 ss. ricorso), perchè la richiesta non sarebbe stata reiterata nelle conclusioni.

Se effettivamente nelle conclusioni di cui all’epigrafe della sentenza impugnata non si fa esplicito cenno di tale richiesta, tuttavia nelle stesse si parla di condanna al rimborso delle spese, per cui non si può ritenere abbandonata la richiesta.

Peraltro, per come formulato, il quesito appare astratto, generico ed incongruente.

7- Ne consegue che il settimo motivo (violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 1227 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) è inammissibile.

Conclusivamente il ricorso va respinto e le spese, che seguono la soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.300,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Redazione