Colpevole di violazione di domicilio chi si introduce nello studio del professionista (Cass. pen. n. 33518/2012)

Redazione 30/08/12
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Svolgimento del processo 1. P.R. nato il (omissis) era imputato:

A) del delitto di cui all’art. 81 cpv. c.p., art. 61 c.p., n. 2, art. 614 c.p., commi 1 e 4, perchè, per eseguire il delitto di cui al capo B), nonchè con più azioni esecutive di medesimo disegno criminoso rispetto a tale diritto, in particolare, dopo aver citofonato ripetutamente al presidio di guardia medica locale, usando violenza nei confronti delle persone, consistita nello strattonare con un gesto repentino G.G. medico di guardia notturno, che si era affacciata per rispondere, facendole voltare il viso verso l’ingresso dell’ufficio medico, al cui interno la stringeva con forza, mentre lei intimava di non gridare, altrimenti l’avrebbe uccisa ed, una volta chiusa, aile sue spalle, la porta dell’ufficio, usandole ancora violenza, consistita nello scaraventarla con il viso contro il muro dell’ingresso, mentre le ripeteva “non urlare, ti voglio solo scopare, altrimenti ti ammazzo, ho un coltello lungo 4 cm”, si introduceva all’interno dell’ufficio della Guardia Medica, costituente privata dimora, contro la volontà della G., che, in qualità di medico di guardia in servizio notturno, aveva il diritto di escluderlo (in (omissis), nella notte tra il (omissis));

B) del delitto di cui all’art. 81 cpv. c.p., art. 61 c.p., n. 10, art. 92 e art. 609 bis, nonchè artt. 56 e 609 bis c.p., in relazione all’art. 609 septies c.p., comma 4, n. 4), perchè, in stato di alterazione psico-fisica, dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti, nonchè con più azioni esecutive di medesimo disegno criminoso, anche rispetto delitto di cui al capo A), in particolare dopo aver citofonato ripetutamente al presidio di guardia medica locale, usando violenza nei confronti di G.G., medico di guardia notturno e, dunque, pubblico ufficiale in servizio presso la Guardia Medica locale, consistita dapprima nello strattonare, con un gesto repentino, la predetta, che si era affacciata per rispondere, spingendola con forza all’interno dell’ufficio medico, mentre lei intimava di non gridare, altrimenti l’avrebbe uccisa ed, una volta chiusa, alle sue spalle, la porta dell’ufficio, usandole ancora violenza, consistita nel bloccarla con il viso contro il muro dell’ingresso, mentre le ripeteva “non urlare, ti voglio solo scopare, altrimenti ti ammazzo, ho un coltello lungo 4 cm”, costringeva la predetta a subire un atto sessuale, consistente nel bacio sulle labbra; usandole, altresì, violenza, consistita nel ghermire alle spalle la G. che, dopo il bacio era uscita dall’ufficio, nonchè nello strapparle il vestito e sfilarle gli slip ed, ancora, nel colpirla forsennatamente con pugni e calci, sbattendole il viso al suolo, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere la predetta a subire un rapporto sessuale completo, non riuscendo nell’intento per la ferma opposizione della vittima e l’intervento di terzi (in (omissis), nella notte tra il (omissis));

C) del delitto di cui agli artt. 81, cpv, 582 e 585, in relazione all’art. 576 c.p., n. 1, perchè, con più azioni esecutive di medesimo disegno criminoso, pur se commesse in tempi diversi, nonchè per eseguire il reato di cui al capo che precede e tenendo la condotta ivi descritta, in particolare, strattonando, più volte, con forza G.G., nonchè strappandole il vestito e colpendola con pugni e calci ed infine, scaraventandola al suolo, cagionava alla predetta lesioni personali, consistite in trauma cranico facciale non commotivo, con la distorsione del rachide cervicale, giudicate guaribili entro quaranta giorni (in (omissis), nella notte tra il (omissis));

D) del delitto di cui all’art. 628 c.p., comma 1, perchè, per procurarsi un ingiusto profitto, usando violenza nei confronti di G.G., consistite nel tenere la condotta descritta nel capo che precede, in particolare nello strattonarla ripetutamente con forza, nonchè nel colpirla con pugni e calci, scaraventando la al suolo, strappandole il vestito e sfilandole gli slip, si impossessava del cellulare modello Nokia, abbinato alla s.i.m. (omissis), che sottraeva, in tal modo alla G. (in (omissis), nella notte tra il (omissis)).

Il Tribunale di Foggia con sentenza pronunciata in data 13.7.2010, depositata il 16.9.2010, dichiarava il P.R. colpevole dei reati in epigrafe e ritenuta la continuazione tra gli stessi, lo condannava alla pena di anni 8 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia in carcere. Inoltre lo condannava al risarcimento in favore delle costituite parti civili da liquidarsi in separato giudizio e rifusione delle spese di costituzione e rappresentanza.

2. Avverso la pronuncia di primo grado proponevano tempestiva impugnazione con dichiarazioni rispettivamente del 22 novembre 2010 il difensore di fiducia dell’imputato chiedendone l’assoluzione e del 18 novembre 2010, il difensore della parte civile costituita.

La corte d’appello di Bari con sentenza del 10 giugno 2011-5 settembre 2011 condannava l’imputato al pagamento in favore della parte civile G.G. di una provvisionale di Euro 10.000, alla rifusione delle spese sostenute dalla predetta parte civile liquidate per il primo grado in Euro 2.000,00 e per il secondo grado in Euro 1.500,00 per onorari oltre ad accessori di legge. Confermava nel resto l’impugnata sentenza e condannava, inoltre, l’imputato alla rifusione delle ulteriori spese sostenute dalla parte civile Ordine dei Medici di (omissis).

3. Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per cassazione con quattro motivi.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è articolato in quattro motivi. In particolare il ricorrente lamenta (con il primo ed il terzo motivo) l’erronea applicazione dell’art. 609 bis c.p., u.c.. I giudici di merito avrebbero dovuto riconoscere il fatto di minore gravità, tenuto conto di tutte le circostanze della fattispecie.

Censura poi la sentenza impugnata per aver ritenuto “domicilio” della parte offesa i locali della guardia medica.

Infine deduce il difetto di motivazione quanto all’affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo D), ossia la rapina del telefono cellulare.

2. Il ricorso è solo parzialmente fondato.

3. La sentenza della corte d’appello ha puntualmente motivato in ordine all’esclusione del fatto di minore gravità.

Fondamentale per la ricostruzione dei fatti sono state le dichiarazioni della parte offesa G.G. che ha in udienza confermato quanto riferito nel corso delle indagini effettuando con assoluta certezza anche il rituale riconoscimento dell’imputato. La donna riferiva che, mentre si trovava nei locali della guardia medica di (omissis), dove era in servizio notturno, apriva la porta ad un soggetto che aveva citofonato ripetuta mente, credendo che avesse bisogno di cure. L’uomo entrava nell’ufficio e intimandole di non gridare e minacciandola di ucciderla utilizzando un coltello che riferiva di avere con sè,riusciva baciarla, a stringerla sul letto e a tenerla bloccata col peso del suo corpo toccandole il seno ed al tre parti del corpo. Approfittando di un momento di distrazione e con la scusa di non sentirsi bene, la G. riusciva ad alzarsi ed uscire dall’ambulatorio ma il P. la rincorreva e la raggiungeva, strappandole il vestito, picchiandola per strada con calci e pugni, scaraventandolo a terra fino a quando non veniva messo in fuga dalle grida di alcuni abitanti del luogo richiamati dalle richieste di rifiuto della G., alla quale aveva anche sottratto il cellulare durante la colluttazione per impedirle di chiedere l’intervento delle forze dell’ordine.

La corte d’appello poi ha ritenuto che non fosse possibile riconoscere alcun beneficio o attenuante tenendo presenti non solo la gravità della condotta posta in essere dall’imputato, ma anche l’assenza di resipiscenza e l’atteggiamento dell’imputato mirante a negare ogni coinvolgimento nella vicenda senza fornire prove a sostegno del suo alibi.

4. Quanto alla violazione di domicilio deve ribadirsi quanto già ritenuto da questa corte (Cass., sez. 5, 27/11/1996 – 5/02/1997, n. 879) che ha affermato che è configurabile il reato di violazione di domicilio nel caso di abusiva introduzione (o abusiva permanenza) nei focali dello studio di un libero professionista il quale eserciti compiti che si inseriscono in un’attività procedimentale di rilevanza pubblicistica.

E’ vero che nella specie la guardia medica è aperta al pubblico nell’orario ordinario del servizio di assistenza sanitaria. Ma nell’orario notturno l’accesso alla guardia medica è limitato a quelli che hanno necessità di assistenza medica e che quindi sono ammessi all’interno dei locali della stessa. In questo diverso contesto l’ambiente della guardia medica costituisce un’area riservata che può assimilarsi a quella di un temporaneo privato domicilio del medico chiamato a permanere lì durante la notte per potersi attivare, ove necessario, per apprestare l’assistenza sanitaria dovuta.

5. Quanto poi al reato di rapina del telefono cellulare della parte offesa, la corte d’appello ha considerato irrilevante la circostanza che il telefonino sottratto alla parte offesa non fosse stato ritrovato nel possesso dell’imputato, ma non ha motivato le ragioni del suo convincimento in ordine a tale ulteriore condotta asseritamente posta in essere dall’imputato; motivazione necessaria in modo specifico avendo l’imputato, con uno dei motivi d’appello, contestato di aver commesso tale reato, ossia di essersi appropriato del telefono cellulare della parte offesa. La corte d’appello invece si (imita ad ipotizzare il motivo dell’azione di impossessamento (impedire alla parte offesa di chiedere l’intervento delle forze dell’ordine); ma non indica le fonti della prova della condotta (capo D dell’imputazione) contestata all’imputato, omettendo in particolare di specificare se sia stata la parte offesa stessa a riferire in ordine alla condotta di spossessamento del telefono cellulare ad opera dell’imputato, ovvero siano state le persone sopraggiunte il cui intervento ha posto termine all’aggressione dell’imputato, ovvero ancora si tratti di una mera deduzione per inferenza dal fatto che la parte offesa, dopo l’aggressione, non abbia più ritrovato il suo telefono cellulare.

3. Pertanto il ricorso va accolto limitatamente al motivo di ricorso riguardante l’imputazione per rapina e in questa parte la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla corte d’appello di Bari per nuovo giudizio sul punto.

Nel resto, quanto alle altre imputazioni suddette, il ricorso va rigettato.

P.Q.M.

la Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di rapina di cui al capo D) e rinvia ad altra sezione della corte d’appello di Bari per nuovo giudizio sul punto; rigetta il ricorso nel resto.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Redazione