Collocamento a riposo per raggiunti limiti di età: risarcimento danno (Cons. Stato n. 127/2012) (inviata da R. Staiano)

Redazione 16/01/12
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FATTO e DIRITTO

1. La legge 19 febbraio 1991, n. 50 (abrogata dal decreto legislativo n. 229/1999), disponeva:
“I primari ospedalieri di ruolo che non abbiano raggiunto il numero di anni di servizio effettivo necessario per conseguire il massimo della pensione possono chiedere di essere trattenuti in servizio fino al raggiungimento di tale anzianità e, comunque, non oltre il settantesimo anno di età”.
L’attuale appellante, già ricorrente in primo grado, dirigente medico di II livello presso l’Azienda U.S.L. n. 5 di Pisa, nel 1996 ha fatto istanza per usufruire di tale previsione ed essere trattenuto in servizio oltre il compimento del sessantacinquesimo anno di età, previsto per il 4 maggio 1997, e fino al compimento del settantesimo.
La domanda è stata respinta, con l’argomento che la disposizione invocata riguardava esclusivamente i “primari ospedalieri di ruolo” e che il richiedente non era tale. Con separato provvedimento è stata invece accolta la domanda subordinata per il trattenimento in servizio per un biennio, in forza di altra disposizione.
2. L’interessato ha reiterato l’istanza nel gennaio 1999 e dopo un nuovo diniego ha fatto ricorso al T.A.R. Toscana, esponendo che la qualifica di “dirigente medico di II livello” è equiparata a quella di “primario ospedaliero”, anzi più precisamente le due qualifiche sono state unificate con la denominazione di “dirigente medico di II livello” dal decreto legislativo n. 502/1992 e dal decreto legislativo n. 517/1993.
Il T.A.R. Toscana, con sentenza n. 5948/2004, ha rigettato il ricorso quale “manifestamente infondato” prescindendo da talune eccezioni preliminari sollevate dalla difesa dell’Azienda sanitaria.
3. L’interessato propone ora appello davanti a questo Consiglio, rinnovando e sviluppando gli argomenti già dedotti in primo grado.
Si è costituita per resistere l’Azienda Sanitaria.
4. Il Collegio osserva che la controversia si concentra essenzialmente sull’interpretazione della legge n. 50/1991, la quale individua specificamente nei “primari ospedalieri” i destinatari del beneficio da essa introdotto.
Nel momento in cui detta legge è stata concepita ed è entrata in vigore, l’espressione “primario ospedaliero” aveva un significato univoco, riferendosi ai soli sanitari che rivestissero quella qualifica, e non anche a quelli che rivestissero qualifiche di analogo livello, ma diversamente denominate e caratterizzate da altre mansioni. Tale era, infatti, il sistema originario (e a quel momento ancora vigente) del decreto legislativo n. 761/1979, che appunto distingueva, pur nella parità della posizione apicale, fra i primari ospedalieri e i dirigenti medici con altre mansioni.
Lo stesso ricorrente conferma indirettamente questa interpretazione della legge n. 50/1991, giacché basa le proprie tesi sulle innovazioni normative del 1992, 1993 e seguenti, che a suo dire avrebbero esteso a tutti gli altri apicali i benefici prima spettanti esclusivamente ai primari ospedalieri (per vero, l’appellante invoca anche la decisione n. 4719/2002 della V Sezione del Consiglio di Stato, pronunciata in suo favore; ma essa riguardava tutt’altra questione e non se ne ricavano neppure indirettamente indicazioni utili per la presente controversia).
5. Ci si chiede, pertanto, se dette innovazioni normative abbiano prodotto gli effetti voluti dal ricorrente.
Il Collegio ritiene di dover rispondere negativamente. Il decreto legislativo n. 502/1992, nella sua formulazione testuale, non estende agli altri dirigenti lo status tipico dei primari ospedalieri, né cancella la (oggettiva) diversità delle mansioni. Si limita ad unificare la denominazione di tutti gli apicali nella nuova dizione di “dirigente medico di II livello”, ma questo non comporta che le disposizioni originariamente dettate per i primari ospedalieri valgano automaticamente per tutti.
6. In conclusione, l’appello va respinto.
Si ravvisano tuttavia giusti motivi per compensare le spese.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, rigetta l ‘appello.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione