Cessata materia del contendere e sopravvenuta carenza di interesse, due istituti affini ma diversi (Cons. Stato n. 4193/2012)

Redazione 18/07/12
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Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 1404 del 2010, la Provincia autonoma di Trento propone appello avverso la sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino – Alto Adige, sezione di Trento, n. 287 del 23 novembre 2009 con la quale è stato accolto il ricorso proposto da F.lli P. s.r.l. e ***** del Brenta s.r.l. per l’annullamento della deliberazione della Giunta della Provincia autonoma di Trento n. 2339, di data 26.10.2007, pubblicata nel Bollettino ufficiale n. 45/I-II del 6.11.2007, avente ad oggetto l’approvazione con modifiche del piano regolatore generale intercomunale dei Comuni di Pelugo e Spiazzo, nella parte in cui è stato inserito il nuovo art. 32 bis concernente il “Piano di recupero n. 2”; nonché di ogni altro atto presupposto ed eventualmente conseguente.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, le due società ricorrenti esponevano di essere proprietarie rispettivamente delle p.ed. 684, 686, 687 e 688 e delle p.ed. 689, 690 691 e 776 in C.C. Borzago, nel Comune di Spiazzo in Val Rendena. Si tratta di una serie di edifici già adibiti ad abitazione, depositi, uffici e capannoni industriali che costituivano il compendio industriale di Ille Prefabbricati S.r.l., una società produttrice di case prefabbricate in legno che, dismessa l’attività, ha ceduto gli immobili. Le ricorrenti precisavano altresì che ***** del Brenta S.r.l. è di proprietà quale socio unico di F.lli P. S.r.l. e che pertanto i relativi beni immobili, che costituiscono un unico complesso in stato di abbandono, appartengono sostanzialmente ad un unico soggetto. Con il nuovo piano regolatore generale intercomunale dei Comuni di Pelugo e Spiazzo approvato il 26 ottobre 2007 detto complesso di edifici e capannoni è stato ricompreso nel piano di recupero n. 2, disciplinato dall’art. 32 bis delle norme tecniche di attuazione.

Con il ricorso davanti al T.A.R., le società impugnavano in parte qua la deliberazione provinciale di approvazione del piano regolatore, formulando le seguenti articolate censure:

I – “eccesso di potere per violazione del principio di perequazione nell’azione amministrativa – difetto di istruttoria – contraddittorietà fra atti endoprocedimentali – illogicità manifesta”, posto che la prevista demolizione dei 60.000 mc. edificati presenti sui terreni de quo, la successiva cessione a titolo gratuito al Comune del 50% circa dell’area e la possibilità di nuova edificazione per soli 16.000 mc. sarebbe incongruente rispetto a quanto deliberato in sede di prima adozione (ove era stato previsto un volume edificato complessivo di circa 20.000 mc.), ma soprattutto rispetto a quanto disposto dal Commissario ad acta con la delibera di seconda adozione, che aveva previsto un volume più che raddoppiato; è stata denunciata, pertanto, la contraddittorietà di quanto disposto nelle richiamate delibere e il difetto di istruttoria, che avrebbe condotto all’introduzione di una misura improponibile dal punto di vista economico;

II – “motivazione contraddittoria ed insufficiente – conseguente contraddittorietà nel comportamento della Pubblica amministrazione”, in quanto le ricorrenti avrebbero acquistato la comproprietà e parte degli immobili rispettivamente da Nordfin S.r.l. e da Ille Prefabbricati S.p.a., contando su impegni assunti con il Commissario ad acta in un incontro tenutosi il 23 gennaio 2006;

III – “omessa e/o insufficiente motivazione – eccesso di potere per disparità di trattamento”, rispetto alle zone di espansione di tipo C, ritenute strettamente simili a quelle di proprietà;

IV – “omessa motivazione”, con riferimento alla prevista cessione gratuita all’Amministrazione comunale di aree per parco pubblico, parcheggi e viabilità pubblica, nonché parcheggi privati ad uso pubblico, che non sarebbe stata sorretta da alcuna argomentazione.

Costituitasi l’amministrazione provinciale intimata e dopo l’adempimenti degli incombenti istruttori richiesti con decreto presidenziale n. 3 del 25 marzo 2009, alla pubblica udienza del 5 novembre 2009 il ricorso veniva discusso e deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte, sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione alla contraddittorietà tra gli atti del procedimento ed alla carenza intrinseca di motivazione.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la Provincia appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione alle ragioni sostanziali che hanno motivato la scelta adottata.

Nel giudizio di appello, si sono costituite le società appellate F.lli P. s.r.l. e ***** del Brenta s.r.l., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 29 maggio 2012, previo deposito di una dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione dell’appello, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso può essere dichiarato improcedibile per cessata materia del contendere.

Questa figura, direttamente regolamentata dal legislatore con la norma di cui all’art. 23 comma 7 della L. n. 1034 del 1971 ed ora inserita nell’art. 35 del codice del processo amministrativo, è accomunata a quella limitrofa della sopravvenuta carenza di interesse, di stretta elaborazione giurisprudenziale, per la disciplina, che determina in entrambi i casi l’improcedibilità del ricorso, e per la tipologia di fatto di origine, che è sempre un ulteriore provvedimento della pubblica amministrazione che interviene nel rapporto in contestazione. Tuttavia le due figure si differenziano tra loro nettamente per la diversa soddisfazione dell’interesse leso. La sopravvenuta carenza di interesse, infatti, opera solo quando il nuovo provvedimento non soddisfa integralmente il ricorrente, determinando una nuova valutazione dell’assetto del rapporto tra la pubblica amministrazione e l’amministrato; al contrario, la cessazione della materia del contendere si determina quando l’operato successivo della parte pubblica si rivela integralmente satisfattivo dell’interesse azionato.

Per quanto attiene invece la vicenda in esame, non può che evidenziarsi come i provvedimenti ulteriormente intercorsi tra la pubblica amministrazione ed il ricorrente abbiano dato luogo all’integrale soddisfazione dell’interesse azionato, atteso che, nella nota del 16 aprile 2012 acquisita agli atti, si legge che la vicenda è stata transattivamente risolta tra le parti, con un accordo di programmazione urbanistica recepito con delibera consiliare n. 24/2011.

Venendo soddisfatta la pretesa della parte ricorrente, può ben dichiararsi la cessazione della materia del contendere, con consequenziale annullamento senza rinvio per improcedibilità della sentenza di primo grado.

Residua la regolamentazione delle spese, che ben possono essere compensate, come da richiesta delle parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Dichiara improcedibile il giudizio di primo grado per cessazione della materia del contendere e, per l’effetto, annulla senza rinvio la sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino – Alto Adige, sezione di Trento, n. 287 del 23 novembre 2009;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione