Cave: coltivazione e sviluppo da parte del proprietario (Cons. Stato n. 5258/2012)

Redazione 10/10/12
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Fatto

La società appellante, operante nel settore della estrazione e lavorazione della pietra calcarea, per circa vent’anni ha esercitato, ai sensi dell’art. 35 della L. R. n. 37/85, l’attività di coltivazione di due cave su suoli ubicati in agro di Apricena.
Detti suoli erano nella disponibilità della società ricorrente per effetto di contratti di affitto stipulati con i signori ****** e *****************, all’epoca proprietari dei suoli stessi, venuti a scadere nel 2001.
In seguito al decesso dei menzionati proprietari, ed al subentro degli eredi nel rapporto contrattuale anzidetto, è insorta una controversia tra questi ultimi e l’impresa ricorrente, dinnanzi al Tribunale di Lucera, vertente intorno all’intervenuto rinnovo dei contratti di locazione, contestato dai proprietari.
Ciò non di meno, in data 21.04.2006, l’impresa ricorrente presentava all’Ufficio Minerario Regionale rituale domanda ai sensi dell’art. 45 R.D. n. 1443/27, volta all’ottenimento della concessione delle cave in questione, per la prosecuzione della loro coltivazione.
In data 21.06.2007, peraltro, anche i proprietari dei suoli signori ******** avanzavano istanza per la coltivazione della cava sul presupposto della intervenuta scadenza dei contratti di affitto intercorsi con Marmifera.
Il responsabile dell’Ufficio Minerario, con determina n. 4421/2008, sospendeva quindi la procedura di concessione richiesta da Marmifera.
Avverso tale determinazione la Marmifera Apricenese proponeva ricorso davanti al Tar Puglia.
Nel corso del giudizio, peraltro, lo stesso Responsabile dell’Ufficio, con nota prot. n. 754 del 5.2.2009, comunicava il riavvio della procedura ex art. 45 R.D. 1443/27, nonché i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza presentata da Marmifera, ai sensi dell’art. 10- bis della 1 n. 241/90.
A tale nota faceva seguito la determinazione prot. N. 2038 del 6.4.2009, con cui si confermavano le motivazioni della surriportata comunicazione e si disponeva “l’archiviazione dell’istanza proposta da Marmifera, precisando che la stessa poteva essere valutata in caso di esito negativo dell’istanza presentata dal proprietario”.
La nota suindicata veniva impugnata dalla ricorrente con atto di motivi aggiunti.
Con sentenza n. 2498/2009, il TAR per la Puglia ha dichiarato il ricorso in parte improcedibile, in parte inammissibile e per la restante parte la ha respinto.
Avverso detta sentenza la Marmifera ha quindi interposto l’odierno appello, chiedendone la riforma.
Si sono costituiti in giudizio la Regione Puglia intimata, nonché la controinteressata dott.ssa ********, chiedendo la reiezione del ricorso siccome infondato.
Alla pubblica udienza del giorno 8 maggio 2012, la causa è stata trattenuta per la decisione.

 

Diritto

1. Col primo mezzo di censura l’appellante deduce l’ erroneità della la gravata sentenza, laddove ha ritenuto che nella fattispecie non poteva configurarsi l’inerzia del proprietario, e pertanto difettava il presupposto per l’espletamento della procedura ex art. 45 r.d. 1443/1927 in ragione:
a) della presentazione della domanda di coltivazione da parte della ******** in data 21.6.2007;
b) delle cause civili intraprese dai proprietari, al fine di rientrare nella disponibilità dei fondi in questione.
Assume, al riguardo, che il presupposto per l’instaurazione della procedura de qua è che “il proprietario non intraprendeva la coltivazione della cava o torbiera o non dia ad essa sufficiente sviluppo”, ai sensi del secondo comma del richiamato art. 45, sussistendo il chiaro interesse pubblico ad un “adeguato sfruttamento delle cave”, e gravando quindi sul proprietario l’obbligo di darvi sufficiente sviluppo.
Nella specie, pertanto, non sarebbe ravvisabile alcuna ragione né sul piano formale né su quello sostanziale per non dare applicazione a detta normativa.
Quanto al primo, infatti, non sussisterebbe alcuna incompatibilità con il dato letterale, ovvero con l’ipotesi che il proprietario non dia alla cava sufficiente sviluppo, essendo la formulazione volutamente generica e quindi tale da potersi riferire anche alla fattispecie per cui è causa.
Per quanto attiene al piano sostanziale, poi non sussisterebbe alcuna valida ragione per escludere l’applicabilità della norma in questione alla presente fattispecie, avuto riguardo all’interesse pubblico sotteso alla norma stessa, ovvero quello “all’adeguato sfruttamento delle cave”.
Interesse, questo, assolutamente coincidente con quello dell’appellante che ha richiesto l’attivazione della procedura de qua proprio al fine di poter continuare ad assicurare l’adeguato sfruttamento delle cave in questione.
2. La doglianza non può essere condivisa.
Ed invero, l’art. 45 del r.d. 1443/1927 dispone che “le cave e le torbiere sono lasciate in disponibilità del proprietario del suolo.
Quando il proprietario non intraprendeva la coltivazione della cava o torbiera o non dia ad essa sufficiente sviluppo, l’ingegnere capo del Distretto minerario può prefiggere un termine per l’inizio, la ripresa o la intensificazione dei lavori. Trascorso infruttuosamente il termine prefisso, l’ingegnere capo del Distretto minerario può dare la concessione della cava e della torbiera in conformità delle norme contenute nel titolo II del presente decreto, in quanto applicabili.
Quando la concessione abbia per oggetto la coltivazione di torbiere interessanti la bonifica idraulica, sarà preventivamente inteso il competente Ufficio del genio civile”.
Non v’è dubbio, pertanto, come la procedura di cui al predetto articolo possa essere attivata esclusivamente in danno del proprietario che negligentemente non intraprenda lo sfruttamento della cava o non dia ad essa adeguato sviluppo.
Ed a tal fine, peraltro, l’amministrazione deve previamente diffidare il proprietario a sfruttare il giacimento e solo in caso di perdurante inerzia di quest’ultimo, l’area su cui insiste la cava può essere data in concessione a terzi.
2.1 Tanto premesso, osserva il Collegio come nella specie non sussista alcuno dei due presupposti necessari affinché l’appellante possa ultimamente invocare la concessione in suo favore delle cave per cui è causa.
2.2 Quanto al primo, infatti, come correttamente rilevato dal TAR, la circostanza che la ******** abbia presentato formale istanza di coltivazione dei fondi ed abbia intrapreso vittoriosamente specifiche cause civili finalizzate a rientrare nella disponibilità dei fondi stessi “(cfr. sentenze n. 64/2009 e n. 65/2009 del Tribunale di Lucera – Sezione Distaccata di Apricena che hanno riconosciuto cessati i contratti di concessione stipulati in data 12.1.1993 dalla società ricorrente e sine titulo la detenzione dei fondi da parte della Marmifera Apricenese s.r.l. a partire rispettivamente dal 21.12.2001 e dal 31.1.2002, condannando conseguentemente la Marmifera Apricenese s.r.l. all’immediato rilascio dei suoli in questione in favore, tra l’altro, della controinteressata ************************), denota una chiara e seria volontà di sfruttarli al fine della coltivazione delle cave, ciò che con evidenza esclude in radice l’inerzia del proprietario, presupposto indefettibile affinché possa attivarsi la procedura, invocata da parte ricorrente, di cui all’art. 45 r.d. n. 1443/1927 per l’acquisizione al patrimonio indisponibile regionale e la successiva concessione a terzi del giacimento”.
Né, al riguardo, può accedersi alla tesi dell’appellante secondo cui l’adeguato sfruttamento delle cave in questione sarebbe stato “messo seriamente in discussione per effetto del comportamento dei proprietari dei suoli, i quali hanno deciso inaspettatamente ed immotivatamente di porre fine al rapporto di locazione in essere da svariati decenni con l’impresa appellante, ed hanno quindi convenuto la stessa davanti al Tribunale di Lucera per rientrare nel possesso dei suoli in questione”, di guisa che sarebbe “una mera petizione di principio l’affermazione contenuta in sentenza, secondo cui l’instaurazione delle,menzionate cause civili “dimostra la ferma e seria intenzione di tutti i proprietari dei fondi de quibus tra cui la stessa ******** di rientrare nella materiale disponibilità degli stessi all’evidente scopo di procedere alla coltivazione delle cave”, considerato che “la sussistenza di tale scopo, è tutta da verificare e dimostrare, non essendosi mai i predetti proprietari occupati di attività estrattiva, e ben potendo quindi essi, o alcuni di essi – in ipotesi – essere interessati ad un diverso utilizzo dei suoli stessi, ad esempio quali discarica di rifiuti (come non infrequentemente accade in relazione a suoli già adibiti alla coltivazione di cave) e quant’altro”.
Per un verso, infatti, è a dir poco irragionevole assumere che il legittimo esercizio di un diritto da parte della ******** (e cioè la pretesa di rientrare nel pieno possesso dei fondi di cui è proprietaria per cessazione del pregresso contratto di locazione), possa di per sé sostanziare l’ipotesi di cui al richiamato art. 45 del r.d. n. 1443/1927 di mancata coltivazione della cava o di insufficiente sviluppo della stessa.
Per altro verso, poi, il fatto che i proprietari non si siano mai occupati di attività estrattive è del tutto inconferente, ben potendo gli stessi in qualsiasi momento determinarsi in tal senso.
E ciò, per l’appunto, è quanto avvenuto nella specie, avendo la ******** presentato formale istanza di coltivazione in data 21 giugno 2007.
Al riguardo, peraltro, la giurisprudenza di questo Consiglio, ha già avuto modo di precisare che “se è vero che le cave sono lasciate in “disponibilità” del proprietario del fondo e soltanto quando questi “non intraprendeva la coltivazione della cava o torbiera o non dia ad essa sufficiente sviluppo” sono acquisite al patrimonio indisponibile dello Stato (ora della Regione) con un atto di c.d. avocazione al fine di essere concesse a terzi (art. 45 R.D. n. 1443/1927; art. 826 cod. civ.; art. 1 D.P.R. n. 2/72 e 62 D.P.R. n. 616/77); è altresì vero che l’inerzia del proprietario della cava non può configurarsi sino a quando non siano divenute concrete le possibilità di esercizio del diritto di sfruttamento della cava”.
E non v’è dubbio che nella specie, come esattamente rilevato dal primo giudice, per la “******** le possibilità di esercizio del diritto di sfruttamento della cava de qua sul fondo di sua proprietà sono divenute concrete ed effettive solo con le recenti sentenze n. 64/2009 e n. 65/2009 del Tribunale di Lucera – Sezione Distaccata di Apricena che, come detto, hanno riconosciuto cessati i contratti di concessione stipulati in data 12.1.1993 dalla società ricorrente e sine titulo la detenzione dei fondi da parte della Marmifera Apricenese s.r.l. a partire rispettivamente dal 31.12.2001 e dal 31.1.2002, condannando conseguentemente la Marmifera Apricenese s.r.l. all’immediato rilascio dei suoli in questione in favore, tra l’altro, della controinteressata ********”.
Anzi, a ben vedere, fino alla data di esecuzione coattiva dell’ordine giudiziale di restituzione delle aree (e cioè fino al settembre 2011), la ******** non poteva neppure accedere al sito di cava e, dunque, era impossibilitata a svolgere compiutamente tutte le attività tecniche necessarie per definire il progetto di attività estrattiva medio tempore già presentato.
2.3. Quanto al secondo presupposto per l’applicazione del richiamato art. 45 del r.d. 1443/1927,poi, è appena il caso di rilevare come la Regione non abbia mai fissato alla ******** un termine per l’inizio, la ripresa o la intensificazione dei lavori di coltivazione delle cave in questione e, ciò non di meno, come quest’ultima si sia comunque autonomamente è formalmente attivata sin dal 2007 per poter utilmente sfruttare i fondi di sua proprietà.
Né può ritenersi, come sostenuto dall’appellante, che la domanda di coltivazione delle cave presentata dalla ********, in quanto priva degli elaborati progettuali, non sia “indice di concreta volontà di operare o di intraprendere”.
Per un verso, infatti, sempre come correttamente rilevato dal TAR, la presentazione di una “istanza sia pure generica e proveniente da uno soltanto dei comproprietari” è “sicuramente integrabile nel corso della successiva istruttoria, come la stessa ******** si riserva di fare in detta istanza”.
Per altro verso, come già rilevato, la iniziale carenza progettuale dell’istanza non è oggettivamente imputabile alla ********, atteso che quest’ultima alla data di presentazione dell’istanza stessa (21 giugno 2007), non poteva certamente accedere al sito di cava per poter svolgere tutte le relative attività tecniche, essendo quest’ultimo ancora nel possesso della odierna appellante.
2.4. In un siffatto contesto, pertanto, del tutto correttamente il primo giudice ha concluso che “dal complesso del sistema normativo vigente emerge chiaramente come il legislatore sia statale che regionale abbia inteso qualificare come prioritario il diritto del proprietario all’esercizio dell’attività estrattiva nel suolo in cui esiste il giacimento (cfr. art.12, comma 1 ************ n. 37/1985). Il procedimento di esame della domanda di coltivazione presentata dallo stesso proprietario del fondo non avviene pertanto in concorso con altri soggetti terzi che aspirino alla coltivazione della medesima cava, essendo l’esame delle posizioni di interesse di questi ultimi (nel caso di specie la società ricorrente ******************** s.r.l.) subordinato all’esito negativo dell’istanza presentata dal proprietario (nella presente fattispecie ************************). Per cui logica conseguenza nel caso di presentazione dell’istanza da parte del proprietario del fondo è l’archiviazione della domanda presentata da terzi (come correttamente avvenuto nel caso di specie)”.
3. Le ulteriori censure dedotte non meritano accoglimento.
Per una parte, infatti, le stesse ripropongono od integrano le doglianze già esaminate e, pertanto, restano assorbite dalle argomentazioni già svolte al riguardo, non sussistendo ragioni per immorare sulle stesse.
Per la restante parte si appalesano inconducenti.
E’ di tutta evidenza, infatti, come non sussista alcun interesse in testa all’appellante a contestare la gravata sentenza, laddove ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo proposto avverso il provvedimento di sospensione della procedura, ed ha dichiarato inammissibile il ricorso per motivi aggiunti con riferimento alla nota di comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di concessione avanzata dall’appellante stessa.
Ambedue gli atti, infatti, sono stati a tutti gli effetti superati ed assorbiti dal successivo provvedimento prot. N. 2038/2009 assunto dall’amministrazione (di riavvio della procedura e di archiviazione dell’istanza presentata da Marmifera), della cui legittimità le argomentazioni che precedono danno piena ragione.
4. Per le ragioni esposte il ricorso è infondato e, come tale, va respinto.
Le spese seguono la soccombenza, e si liquidano come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello di cui in epigrafe, lo respinge.
Condanna la società ricorrente al pagamento in favore della Regione Puglia resistente e della controinteressata ******** delle spese e degli onorari del presente giudizio, che si liquidano in euro 3.000,00 (tremila/00) per ogni parte e, quindi, per complessivi euro 6.000,00 (seimila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 8 maggio 2012

Redazione