Cassazione: sì al rito abbreviato semplice se l’imputato non compare all’udienza in cui doveva essere sentito (Cass. pen. n. 38398/2012)

Redazione 03/10/12
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 25.2.2010, la corte di appello di L’Aquila ha confermato la sentenza 13.1.03, emessa ex art. 442 c.p.p. dal Gup del tribunale di Pescara, con la quale S.P. e I.A., erano stati condannati rispettivamente, alla pena di 1 anno e 1 mese di reclusione e Euro 300 di multa e, previa concessione delle attenuanti generiche, alla pena di 8 mesi di reclusione e Euro 150 di multa, perchè ritenuti colpevoli del reato ex art. 455 c.p..

Il difensore di S. ha presentato ricorso per violazione dell’art. 438 c.p.p., comma 3 in relazione all’art. 178 c.p.p. L’imputato, all’udienza del 21.10.02, ha chiesto il giudizio abbreviato subordinato all’integrazione probatoria costituita dal proprio esame. Il Gup ha ammesso l’imputato al richiesto rito abbreviato e ha differito a udienza successiva, non celebrata per impedimento del difensore. All’udienza 13.1.03, l’imputato non è comparso e il difensore ha chiesto differimento per impedimento causato da malattia, senza produrre prova documentale. Il giudice ha, con decisione ineccepibile, rigettato la richiesta di rinvio e, senza revocare l’ordinanza di accoglimento della richiesta di giudizio abbreviato, ha celebrato il giudizio abbreviato semplice, sebbene non fosse stato emesso alcun provvedimento in tal senso; in tal modo non ha tenuto conto dell’istanza di ammissione al giudizio abbreviato condizionato determinando una nullità assoluta rilevabile in ogni stato e grado di giudizio.

Il ricorso non merita accoglimento.

Secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale (Sez. 2 n. 151117 del 2.4.07 rv 236391), la scelta del rito abbreviato è tendenzialmente irrevocabile, anche se la violazione di questa regola non è assistita da una sanzione specifica (cfr. Cass. Sez. 1, sent. n. 3600 dep. il 9 agosto 1996), e trova la propria giustificazione nel principio secondo cui l’imputato ha comunque diritto alla diminuente di un terzo, se sussistono i presupposti per procedere con rito abbreviato. Nè appare legittima l’ordinanza che avesse provveduto alla revoca del rito abbreviato condizionato al di fuori dei casi stabiliti nell’art. 441 bis c.p.p. (v. Cass. Sez. 1, n. 33965 dep. il 9 agosto 2004, che ha qualificato come abnorme tale provvedimento).

Non è dunque possibile supporre che il giudice, una volta ammesso il rito alternativo, lo possa revocare indipendentemente da una qualsiasi manifestazione di volontà dell’imputato. Per evitare questa sovrapposizione della volontà del giudice a quella dell’imputato, le pronunce di questa Corte hanno utilizzato la nozione di abnormità per sanzionare la revoca dell’ordinanza di ammissione del rito ad iniziativa esclusiva del giudice (cfr., oltre il precedente citato, anche Cass. Sez. 1, sent. n. 17317 dep. il 14 aprile 2004).

Nè può configurarsi, alla stregua del diritto vigente, una norma speciale prevista per il giudizio abbreviato condizionato,legittimante la revoca, quando l’integrazione probatoria non possa aver luogo per circostanze imprevedibili e sopraggiunte, perchè comunque non sarebbe concepibile una revoca unilaterale da parte del giudice, che presuppone valutazioni di opportunità esclusivamente pertinenti alla persona dell’imputato.

E’ quindi infondata la censura formulata dal ricorrente, secondo cui ha errato il Tribunale per non aver adottato un provvedimento di revoca dell’ordinanza di ammissione al rito abbreviato, nonostante l’assenza di una specifica richiesta dell’interessato, personalmente o a mezzo il difensore, munito di specifica delega.

Come ha correttamente rilevato la Corte territoriale, la difesa di fiducia del S., pur presente in aula, nulla ha obiettato alla richiesta del giudice di concludere nell’ambito del rito già ammesso. Tale comportamento omissivo del difensore- oltre che porre un serio problema d’inammissibilità con riferimento sia all’appello che al presente ricorso – rendeva comunque impossibile al giudice anche solo prospettarsi una soluzione diversa dal proseguire col medesimo rito alternativo già ammesso e introdotto.

Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione