Cassazione: legittimo il licenziamento del vigilante che si addormenta durante l’orario di servizio (Cass. n. 8651/2012)

Redazione 30/05/12
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Svolgimento del processo

Con sentenza del 31 luglio 2009 la Corte d’Appello di Genova ha confermato la sentenza del Tribunale di Genova del 28 maggio 2008 con la quale è stato rigettato il ricorso proposto da (omissis) nei confronti della società (omissis) s.p.a., successivamente (omissis) s.p.a., intesa ad ottenere la dichiarazione di nullità del licenziamento intimatogli a seguito della contestazione disciplinare del 21 settembre 2009 con la quale gli si era addebitato che, nella stessa data, assegnato in servizio di pattuglia con orario 22,00 – 5,00, senza alcuna autorizzazione e senza che fosse richiesto il suo intervento, si era recato fuori della zona di sua competenza abbandonando il proprio servizio ed informando la centrale della sua posizione alle ore 4.35 circa, e venendo trovato dagli ispettori assonnato, ed essendo stato accertato che aveva compilato il “rapporto di giro” in maniera non veritiera in quanto dichiarato un controllo non effettuato. La Corte territoriale, ripercorrendo l’iter argomentativo del giudice di primo grado, sulla base delle risultanze istruttorie, ha ritenuto provato l’abbandono della zona di competenza da parte del ricorrente sulla base della sua stessa segnalazione dopo un periodo di circa trenta minuti in cui era stato irreperibile, non rispondendo alle chiamate, pur risultando “coperta” la zona di competenza. La Corte d’Appello ha pure ritenuto irrilevante la circostanza per cui era usanza rientrare in sede 10 o 15 minuti prima della conclusione del turno dì servizio, in quanto l’illecito è avvenuto prima di tale periodo. Inoltre, quanto alla non veritiera compilazione del rapporto di giro, la stessa corte territoriale ha ritenuto decisiva la circostanza per cui non è stato rinvenuto il bigliettino attestante l’avvenuto controllo nonostante il breve tempo trascorso dal momento in cui tale controllo doveva essere avvenuto, a differenza dei bigliettini relativi agli altri controlli regolarmente effettuati. Il (omissis) propone ricorso per cassazione avverso a tale sentenza affidandolo a due motivi.

Resiste con controricorso la (omissis) s.p.a.

 

Motivi della decisione

Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ., in relazione agli arti 2119 cod. civ., 1 legge 604 del 1966, 7 legge 300 del 1970, nonché 81 e 127 CCNL per i dipendenti da Istituti di Vigilanza Privata. In particolare si deduce che la Corte territoriale avrebbe considerato farti diversi da quelli oggetto della contestazione disciplinare in violazione del principio dell’immutabilità della contestazione. Fra i fatti addebitati al ricorrente solo l’abbandono del posto di lavoro avrebbe giustificato il provvedimento espulsivo, ma tale evenienza non è risultata provata non potendo essere determinante, a tal fine, un lieve anticipo nel rientro in sede; mentre la presunta non veritiera compilazione del rapporto di giro, e la mancata risposta alla centrale operativa non costituirebbero comunque motivi di licenziamento, trattandosi di addebiti per i quali la contrattazione collettiva prevede sanzioni disciplinari non espulsive.

Con secondo motivo sì lamenta violazione dell’art. 360, n. 5 cod. proc. civ. per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 329 cod. proc. civ., agli artt. 2119 cod. civ., 1 legge 604 del 1966 e 7 legge 300 del 1970, nonché 81 e 127 CCNL per i dipendenti da Istituti di Vigilanza Privata. In particolare si deduce che la Corte territoriale avrebbe motivato la sentenza di rigetto sulla base di circostanze non facenti parte della contestazione e che comunque non giustificherebbero la sanzione espulsiva.

I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente riguardando entrambi i fatti giustificativi del licenziamento sotto il profilo della violazione di legge, per il primo motivo, e del difetto di motivazione per il secondo. I motivi sono infondati. Va infatti rilevato, quanto alla presunta difformità dei fatti contestati da quelli considerati ai fini della legittimità del licenziamento, che il ricorrente non ha esplicitato tale difformità riportando dettagliatamente la contestazione in modo da consentire la valutazione della censura. Ed anche a voler ritenere che alcuni dei fatti posti a base del licenziamento non sono previsti dal contratto collettivo come causa di risoluzione del rapporto, così non è per l’abbandono del posto di lavoro secondo l’accertamento del giudice del merito non adeguatamente censuralo dal ricorrente, laddove afferma che costui si era allontanato dalla zona a lui affidata per la vigilanza senza alcun valido motivo e senza rispondere al telefono. Infatti la corte territoriale ha richiamato la esplicita previsione del CCNL di categoria dell’abbandono del posto di lavoro, sottolineandone la gravità. In proposito si richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, per stabilire in concreto l’esistenza di una giusta causa di licenziamento, che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro ed in particolare di quello fiduciario, occorre valutare da un lato la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all’intensità dell’elemento intenzionale, dall’altro la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare; la valutazione della gravità dell’infrazione e della sua idoneità ad integrare giusta causa di licenziamento si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed incensurabile in sede dì legittimità, se congruamente motivato (Cass, 4 giugno 2002 n. 8107).

In ordine alle circostanze di fatto dettagliatamente considerate nella sentenza impugnata e relative alla ricostruzione dei movimenti del quali la mancata risposta per circa trenta minuti, all’anticipato rientro negli uffici della società e al mancato rinvenimento del biglietto attestante l’avvenuto controllo presso uno degli esercizi controllati dalla società, trattasi di elementi che sfuggono al controllo di legittimità allorché, come nel caso in esame, la ricostruzione del fatto è sorretta da motivazione congrua e logica, che tiene conto di tutte le emergenze istruttorie la cui valutazione è appunto riservata al giudice del merito. In altri termini il ricorso si incentra sul merito incensurabile in sede di legittimità.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso;

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in € 40,00 oltre € 3.000,00 per onorari, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali.

Redazione