Nel caso di incidente sul luogo di lavoro occorre provare le modalità concrete dell’infortunio

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Una lavoratrice conveniva in giudizio la società locataria di alcuni locali adibiti a casa di riposo, nonché committente dei lavori di pulizia all’interno degli stessi, asserendo che, mentre si trovava al lavoro, scivolava sul pavimento bagnato subendo danni fisici.

In primo grado la domanda veniva respinta, così come in appello, sulla scorta del fatto che la lavoratrice non aveva provato “la nocività dell’ambiente di lavoro ed il nesso causale col lamentato danno alla salute”.

Peraltro, a dire della medesima Corte d’Appello di Milano, non erano state neppure specificate le concrete modalità dell’infortunio né si era fornita la prova dello stato dei luoghi anche al fine di valutare l’anomalia della situazione e la sufficienza dei mezzi individuali di protezione messi a disposizione della lavoratrice.

La stessa, ricorre per cassazione, eccependo la violazione dell’onere probatorio in relazione agli artt. 2697, 1218, 1374, 2087, 2051, 2043 cod. civ. e del D.Lgs. n. 626/1994, del D.Lgs n. 494/1996, oltre che l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a punti decisivi della controversia.

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 10342, pubblicata in data 19 maggio 2016, respinge il gravame, ritenendolo evidentemente infondato.

Per motivare l’anzidetto rigetto la Suprema Corte invero, riferisce come la Corte territoriale avrebbe correttamente dato atto del mancato assolvimento dell’onere probatorio incombente sulla lavoratrice.

La stessa, infatti, ricorda i propri precedenti per cui: “in tema di infortuni sul lavoro e malattie professionali, la nozione di rischio ambientale cui si ricollega la copertura assicurativa – quale rischio che deriva dalla pericolosità dello spazio di lavoro, della presenza di macchine e del complesso dei lavoratori in esso operanti – non esonera il lavoratore dall’onere di provare le modalità concrete dell’infortunio occorsogli durante gli spostamenti sul luogo di lavoro, essendo ciò necessario al fine di verificare se il detto infortunio, quand’anche ivi verificatosi, sia comunque correlato ad attività funzionale allo svolgimento della prestazione lavorativa” (Cass. civ. Sez. Lav., 19.05.2016, n. 10342; Cass. civ., Sez. Lav., 13.02.2015, n. 2897).

Ciò posto, nel caso di specie, la lavoratrice “non aveva neppure specificamente allegato le modalità dell’infortunio, essendosi limitata a far riferimento alla presenza di alcuni centimetri d’acqua sul pavimento del bagno ove aveva eseguito le pulizie, senza dedurre ed offrire la prova dello stato dei luoghi, ovverosia se si era trattato di una situazione anomala non riconoscibile e determinante una situazione di pericolo non neutralizzabile nemmeno coi dispositivi di protezione (scarpe antiscivolo) di cui era pacificamente dotata. In sostanza, secondo il corretto ragionamento della Corte d’appello, ricadeva sulla lavoratrice, la quale aveva lamentato di aver subito un danno a causa dell’attività lavorativa svolta, l’onere di dimostrare non solo il danno lamentato, ma anche la nocività dell’ambiente di lavoro ed il nesso causale fra tali circostanze”.

Il ricorso, pertanto, viene respinto in mancanza di riscontri in merito alla pericolosità dell’ambiente lavorativo ed alla esistenza del nesso di causalità tra una siffatta situazione di pericolo ed il danno patito, circostanze che, se provate, avrebbero imposto alla committente e all’appaltatore i lavori di pulizia di fornire la relativa prova liberatoria in merito alla loro mancanza di responsabilità nella causazione dell’evento, provando di aver fatto il possibile per evitarlo.

Sentenza collegata

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Avv. Accoti Paolo

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