Cassa Forense: è decennale la prescrizione del credito contributivo del professionista anche se i dati reddituali comunicati non sono conformi al vero (Cass. n. 11725/2013)

Redazione 15/05/13
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza dei 26.10. 2007 – 31.1.2008, la Corte d’Appello di Roma, confermando la pronuncia di prime cure, ha ritenuto prescritto il credito contributivo azionato dalla C. F.  nei confronti dell’avv. V. M. , relativamente ai redditi percepiti dal professionista nell’anno 1987, sui rilievo che il termine di prescrizione, anche in ipotesi di comunicazione di dati reddituali non conformi al vero, decorre, ai sensi dell’art. 19 legge n. 576/80, dalla trasmissione della dichiarazione prevista dagli art. 17 e 23 della stessa legge.

Avverso tale sentenza della Corte territoriale la C. F.  ha proposto ricorso fondato su tre motivi e illustrato con memoria.

L‘intimato V. M. ha resistito con controricorso.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, denunciando violazione di plurime norme di diritto, la ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia ritenuto che l‘omissione della comunicazione e la non conformità al vero della comunicazione, in quanto omissiva della dichiarazione di parte dell’ammontare dichiarato al fisco, sono disciplinate in maniera identica.

Con il secondo motivo, denunciando violazione di plurime norme di diritto, la ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia ritenuto che, in caso di omissione totale o di dichiarazione non conforme al vero, essa ricorrente non ha la possibilità di far valere il diritto all’esazione dei contributi omessi fino alla conoscenza degli importi effettivamente dichiarati al fisco.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione, sempre in ordine alla statuizione relativa al regime prescrizionale applicabile alla fattispecie.

2. Osserva preliminarmente la Corte che l’art. 366 bis cpc è applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore (2.3.2006) del dl.vo 2 febbraio 2006, n. 40 (cfr., art. 27, comma 2, dl.vo n. 40/’06) e anteriormente al 4.7.2009 (data di entrata in vigore della legge n. 68 del 2009) e, quindi, anche al presente ricorso, atteso che la sentenza impugnata è stata pubblicata nel suddetto lasso di tempo.

In base all’art. 366 bis cpc, nei casi previsti dall’articolo 360, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 4), cpc, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’articolo 360, primo comma, n. 5), cpc, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, sempre a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Secondo l’orientamento di questa Corte la censura concernente l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ex plurimis, Cass., SU, n. 20603/2007).

Tale momento di sintesi non è stato formulato in relazione al terzo motivo, che pertanto deve ritenersi inammissibile.

3. I primi due motivi, tra loro connessi, sono infondati, siccome contrari al consolidato orientamento dì questa Corte, a cui si è conformata la sentenza impugnata, secondo cui l’art. 19 legge n. 576/80, che contiene la disciplina della prescrizione dei contributi, dei relativi accessori e dei crediti conseguenti a sanzioni dovuti in favore della C. F. individua un distinto regime della prescrizione medesima, a seconda che la comunicazione dovuta da parte dell’obbligato, in relazione alla dichiarazione di cui agli art. 17 e 23 della stessa legge, sia stata omessa o sia stata resa in modo non conforme al vero, riferendosi solo al primo caso l’ipotesi di esclusione del decorso del termine prescrizionale decennale, mentre, in ordine alla seconda fattispecie, il decorso di siffatto temine è da intendersi riconducibile al momento della data di trasmissione all’anzidetta Cassa previdenziale della menzionata dichiarazione (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 911/2007; 18698/2007; 24414/2008; 6259/2011; 4107/2012).

Non ravvisa il Collegio ragioni per discostarsi dal suddetto orientamento, non contenendo le doglianza all’esame argomenti che già non abbiano trovato riscontro nelle precedenti pronunce di questa Corte.

4. Conclusivamente il ricorso va rigettato.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in euro 2.050,00 (duemilacinquanta), di cui euro 2.000,00 (duemila) per compensi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma il 10 aprile 2013.

Redazione