Casello ferroviario eretto nel 1879: sottoposizione al regime cautelare culturale (Cass. n. 4649/2013)

Redazione 18/09/13
Scarica PDF Stampa

FATTO

1.- Ferrovienord s.p.a. gestisce, in qualità di concessionaria della Regione Lombardia (subentrata allo Stato nella posizione di concedente), alcune linee ferroviarie, tra le quali è ricompresa la linea Milano-Bovisa/**** che attraversa il territorio del Comune di Paderno Dugnano. Nel predetto territorio si trova la stazione di Palazzolo Milanese, nel cui ambito è stata realizzata un’opera risalente al 1879 che ha avuto, sino al 1926, la funzione di stazione ferroviaria e da allora in poi quella di casello ferroviario.
Ferrovienord ha presentato, in data 25 maggio 2007, una denuncia di inizio attività per la demolizione del predetto casello.
Il Comune, con provvedimento 15 giugno 2007, prot. n. 34493, ha disposto la sospensione dei lavori in quanto, venendo in rilievo un bene risalente al 1879, si riteneva necessario accertare la sua valenza culturale.
Il Comune, con provvedimento, di pari data, prot. n. 34504, ha chiesto alla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Milano (d’ora innanzi solo Soprintendenza) di valutare la sussistenza dei presupposti per la dichiarazione di interesse culturale dell’immobile in questione.
1.1.- Ferrovienord ha impugnato tali atti innanzi al Tribunale amministrativo regionale della Lombardia.
In particolare, con un primo motivo si è rilevato che il bene in esame, appartenendo a un soggetto privato, avrebbe natura privata e non pubblica, con la conseguenza che, prima della dichiarazione di interesse culturale, non sarebbe ipotizzabile alcun vincolo.
Con un secondo gruppo di censure si dedotto che: i) sarebbe illegittima la sospensione condizionata ad una valutazione da parte della ricorrente circa la prevalenza dell’interesse culturale su quello ferroviario, che non rientrerebbe nell’ambito delle sue competenze; ii) l’amministrazione comunale avrebbe dovuto, prima di sospendere i lavori, indire una conferenza di servizi ai sensi dell’art. 42, commi 11 e 12, della legge della Regione Lazio 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo delle territorio) e dell’art. 23, commi 3 e 4, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137); iii) il provvedimento di sospensione si porrebbe in contrasto con l’impegno del sindaco a consentire la demolizione, assunto nella seduta della conferenza di servizi, del 22 marzo 2007, presso la sede della Regione Lombardia.
1.2.- Il Tribunale amministrativo, con sentenza 14 novembre 2008, n. 5434, ha accolto il ricorso rilevando che: i) il bene in questione ha natura privata, in quanto la titolarità dello stesso passa dal concedente al concessionario e quest’ultimo, essendo una società di capitali, ha natura privata; ii) “il riconoscimento dell’appartenenza del bene a soggetto privato comporta che l’iniziativa per la dichiarazione dell’interesse culturale non spetti al proprietario ma alla Soprintendenza, ai sensi dell’art. 14, comma 1, del Codice dei beni culturali”.
2.- Il Comune ha proposto appello, sostenendo, con riferimento al primo motivo accolto, l’erroneità della sentenza e la legittimità degli atti impugnati per i seguenti motivi: i) il bene in questione, costituente un “reperto di archeologia ferroviaria”, ha natura pubblica, in quanto apparterrebbe durante la concessione all’amministrazione con diritto d’uso del concessionario e sarebbe destinato ad essere devoluto alla p.a. alla cessazione del rapporto concessorio (c.d. clausola di reversibilità); ii) Ferrovienord è un ente pubblico strumentale della Regione Lombardia; iii) in via subordinata,
qualora si ritenesse che così non fosse, si deduce l’illegittimità costituzionale degli artt. 10 e 12 del d.lgs. n. 42 del 2004, nella parte in cui non prevedono un “previncolo” anche sui beni privati.
Con riferimento al secondo motivo accolto, l’appellante, pure nella unicità del motivo, prospetta diverse ragioni a sostegno della erroneità della sentenza dell’appello e della legittimità degli atti impugnati: i) la dichiarazione di fondatezza del secondo motivo da parte del primo giudice è avvenuta per ragioni diverse da quelle indicate nel ricorso con le quali si era dedotta l’illegittimità degli atti impugnati, in via subordinata, anche ritenendo i beni di natura pubblica; ii) il primo giudice non ha tenuto conto del fatto che, con l’impugnato atto n. 34504 del 2007, il Comune aveva provveduto direttamente ad investire della questione la Soprintendenza; iii) le norme richiamate per dimostrare la necessità della convocazione della conferenza di servizi sono inconferenti; iv) non esisterebbero contraddizioni con l’impegno assunto dal sindaco in sede di conferenza di servizi, in quanto l’atto impugnato di sospensione dei lavori è stato adottato dal dirigente.
2.1.- Si sono costituite in giudizio le parti intimate, indicate in epigrafe, chiedendo il rigetto dell’appello.
3.- La causa è stata decisa all’udienza pubblica del 21 maggio 2013.

DIRITTO

1.- La questione posta all’esame della Sezione attiene alla legittimità degli atti adottati dal Comune di Paderno Dugnano con i quali, sul presupposto della natura pubblica di un casello ferroviario, è stata sospesa la demolizione in attesa della definizione del procedimento di verifica della natura culturale del bene.
2.- L’appello è fondato.
3.- In via preliminare, è necessario indicare il regime giuridico dei beni culturali.
Nell’impostazione del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) sono individuabili le seguenti categorie di beni.
In primo luogo, vengono in rilievo “le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico”. Tali beni, se sono opera di autore non più vivente, la cui esecuzione risalga ad oltre cinquantanni, sono sottoposti – in ragione della loro natura oggettiva e dell’appartenenza pubblica .- ad un regime provvisorio di tutela in funzione cautelare che permane sino al termine della procedura di verifica dell’interesse culturale. L’esito della verifica potrà essere positivo, confermando la valenza culturale del bene, o negativo, con conseguente esclusione dall’ambito della tutela (combinato disposto degli articoli 10, comma 1, e 12).
In secondo luogo, vengono in rilievo taluni beni, specificamente indicati, di appartenenza pubblica, per i quali la natura intrinsecamente culturale è operata direttamente dalla legge (art. 10, secondo comma).
In terzo luogo, sono disciplinari una categoria di beni che per acquisire la qualità di bene culturale necessitano di una espressa dichiarazione amministrativa che deve avvenire nel rispetto di una determinata procedura (articoli 10, comma 3, e 13 e seguenti).
Infine, per completezza, si segnala una ulteriore categoria di beni culturali, che sono assoggettati al regime di cui al primo o terzo comma dell’art. 10 a seconda della loro appartenenza pubblica o privata.
4.- Con un primo motivo, articolato nel modo indicato nella parte in fatto, l’appellante deduce che il bene in questione, in concessione a Ferrovienord, ha natura pubblica e, per tale ragione, sarebbe assoggettato al regime dei beni di appartenenza pubblica sottoposti a tutela cautelare in attesa della definizione della procedura di verifica.
Il motivo è fondato.
L’accertamento della natura del bene in questione presuppone una indagine oggettiva e soggettiva.
In relazione al primo aspetto, costituisce dato non contestato e comunque risultante dagli atti del processo che il casello ferroviario, per la data e modalità della sua realizzazione, ha valenza storico e artistica.
In relazione al secondo aspetto, deve ritenersi che tale bene sia di appartenenza pubblica per la valutazione concorrente delle seguenti ragioni.
Sul piano dei principi generali, l’istituto della concessione di beni pubblici presuppone che la titolarità del bene rimanga in capo all’ente pubblico e si concede al privato esclusivamente l’uso del bene stesso. Il che significa che la concessione non determina normalmente alcun effetto traslativo della proprietà. L’istituto della concessione di servizi pubblici presuppone anch’essa, almeno nell’impostazione tradizionale basata sulla nozione soggettiva di servizio pubblico, che la titolarità del servizio permanga in capo al concedente. La concessione può avere, quale oggetto, sia il bene che il servizio nel caso in cui il primo espleti una funzione strumentale rispetto al secondo.
Sul piano legislativo, il regio decreto 9 maggio 1912, n. 1447 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge per le ferrovie concesse all’industria privata, le tramvie a trazione meccanica e gli automobili) individua nello Stato il concedente e prevede che alla scadenza della concessione i concessionari devono consegnare “al Governo in buono stato la strada ferrata, le opere componenti la medesima e le sue dipendenze, quali sono l’armamento della via, le stazioni con le fabbriche tutte che vi sono comprese, le rimesse, i magazzini, le officine, le tettoie ed i rilevati di caricamento e scaricamento, le case e casotti di guardia, gli uffici delle esazioni, le macchine fisse ed in generale qualunque altro immobile che non abbia per destinazione distinta e speciale il servizio dei trasporti” (art. 186). La norma, per come formulata, presuppone che tali beni permangano nella titolarità dell’amministrazione pubblica. E’ bene aggiungere che il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 442 (Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59) ha trasferito alle Regioni le funzioni nella materia in esame, con la conseguenza che la Regione Lombardia è subentrata allo Stato nella qualità di concedente.
Sul piano convenzionale, la concessione tra Stato e privato, nella specie, è nata in virtù di una specifica disposizione di legge (15 giugno 1877, n. 3881). Con decreto interministeriale 16 marzo 1985 è stato assentito il subingresso di Ferrovienord s.pa. nella posizione della concessionaria. Tali atti non contengono prescrizioni specifiche di deroga a quanto sin qui esposto.
In definitiva, deve ritenersi che il bene in questione ha valenza storico e artistica ed appartiene ad una amministrazione pubblica, con conseguente sua sottoposizione al regime provvisorio e cautelare di tutela contemplato dal decreto legislativo n. 42 del 2004.
4.- Con un secondo motivo, articolato nel modo illustrato nella parte in fatto, si contesta: i) la motivazione della sentenza impugnata in cui si afferma che l’iniziativa volta ad ottenere la dichiarazione di interesse culturale non spetta, in ragione della natura privata del bene, al proprietario ma alla Soprintendenza; ii) l’art. 42, commi 11 e 12, della legge della Regione Lazio 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) e l’art. 23, commi 3 e 4, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), evocati nel corso del giudizio di primo grado per dimostrare la necessità della convocazione della conferenza di servizi, sarebbero inconferenti; iii) non esisterebbero contraddizioni con l’impegno assunto dal sindaco in sede di conferenza di servizi, svoltasi in data 22 febbraio 2007 presso la Regione Lombardia, di non opporsi alla demolizione, in quanto l’atto impugnato di sospensione dei lavori è stato adottato dal dirigente.
I motivi, a prescindere dalle questioni preliminari prospettate, non sono fondati.
In relazione al primo punto, è sufficiente rilevare che, venendo in rilevo un bene appartenente ad un ente pubblico, l’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004 prevede che il procedimento per la suddetta verifica può essere iniziato, non solo su iniziativa dei soggetti cui le cose appartengono, ma anche “d’ufficio”. In questa prospettiva la richiesta formulata dal Comune alla Soprintendenza ha avuto lo scopo di fare conoscere all’amministrazione competente gli elementi necessari per provvedere.
In relazione al secondo punto (sul quale, invero, manca una espressa motivazione nella sentenza) le norme, statali e regionali, sopra indicate, prevedono che, in presenza di beni sottoposti a vincoli culturali, se la parte che presenta una denuncia di inizio attività non allega il relativo parere favorevole dell’amministrazione preposta alla tutela del bene, il Comune indice una conferenza di servizi. Tale disposizione non si applica nella fattispecie in esame, in quanto i beni in questione devono ancora essere sottoposti ad una specifica procedura volta a verificarne la natura culturale. Si tenga conto che, pur non applicandosi tale norma, il sistema prevede gli strumenti di tutela azionabili dai soggetti interessati, per assicurare una definizione celere della vicenda amministrativa, nel caso in cui detta procedura non si concluda nel termine predeterminato dalla legge.
In relazione al terzo punto (sul quale manca anche una espressa motivazione della sentenza), basta rilevare che, a prescindere dall’effettiva portata degli esiti della conferenza di servizi, gli stessi non possono avere alcuna efficacia vincolante nei confronti di un soggetto diverso, il dirigente competente, che deve applicare imperative disposizioni di legge.
5.- Per le ragioni sin qui esposte l’appello è fondato, con conseguente riforma della sentenza impugnata e rigetto del ricorso di primo grado.
6.- La natura della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta,definitivamente pronunciando:
a) accoglie l’appello proposto con il ricorso n. 1609 del 2009, indicato in epigrafe, e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso di primo grado;
b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2013

Redazione