Carcere per l’evasore fiscale recidivo (Cass. pen. n. 8072/2013)

Redazione 20/02/13
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RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 26.7.2012 il Tribunale di Bologna decidendo sull’istanza di riesame proposta da I. P. contro l’ordinanza 8.6.2012 del Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Forlì – per quanto ancora interessa – ha confermato il mantenimento della custodia in carcere dell’indagato limitatamente ai reati di cui al capo 21 nelle varie articolazioni specificamente indicate e 22 (rispettivamente, concorso in dichiarazioni fraudolenta mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti e associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti di appropriazione indebita, dichiarazioni fraudolenta e emissione dl fatture per operazioni inesistenti).
Secondo il Tribunale, sempre ai fini di quanto ancora interessa nel presente giudizio di legittimità, sussiste il pericolo di reiterazione di reati della stessa indole perché, pur essendosi l’indagato dimesso dalla carica di amministratore unico delle società I. spa e I. spa e pur essendo subentrato un nuovo consiglio di amministratore composto da professionisti, non può escludersi in maniera assolutamente certa che l’influenza dell’I. possa essere esercitata su di esso, date le capacità persuasive di occulto manovratore e di mistificatore già dimostrate nel corso degli anni in cui sono stati commessi i reati contestati e da ultimo nel procedimento per calunnia contro di lui intentato. Ha osservato inoltre il Tribunale che egli risulta contitolare insieme alla moglie e al figlio della C. srl, in seno alla quale ha già rivestito la carica di amministratore unico in passato, a attualmente come amministratore di fatto potrebbe operare all’interno dl tale società con ulteriori comportamenti illeciti sia di natura fiscale che appropriativa, così come potrebbe risultare in modo occulto titolare di altri rapporti societari, come dimostra il ruolo di fiduciante, già esercitato in relaziona alla E. srl, che gli permetterebbe una facile reiterazione criminosa, potendo ricostituire facilmente anche associazioni a delinquere data la pregressa esperienza in materia collaudata per anni. Inoltre, ha considerato la personalità assolutamente pervicace nel perseguimento dei propri scopi, leciti o illeciti che siano, e la pericolosità desunta dalla precedente condanna per calunnia, da quella riportata nel 1991 per istigazione alla corruzione (per la quale ha ottenuto la riabilitazione) e dalla sentenza del Tribunale di Ravenna che lo ha condannato alla pena di dieci anni di reclusione.
Ha ritenuto poi l’inidoneità degli arresti domiciliari, considerata la possibilità che l’indagato, abituato al dispregio della legge e delle regole, potrebbe dalla propria casa predisporre documentazione o impartire ordini o direttive in via telefonica o informatica a persone di sua fiducia; infine ha rilevato che già in passato l’indagato aveva violato la misura degli arresti domiciliari imposta nel procedimento per calunnia, il che denota una sintomatica indifferenza alle disposizioni dell’autorità.
2. L’I. ricorre per la cassazione del provvedimento deducendo due censure limitatamente alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari:
2.1 Con un primo motivo denunzia l’illogicità della motivazione (art. 606 comma 1 lett. e cpp) nonché l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità (art. 606 comma 1 lett. c cpp) rilevando che nel provvedimento non risulta individuato alcun concreto pericolo “realistico ed effettivo” di reiterazione dei reati di cui all’art. 274 cpp, considerate le qualità personali dei componenti dei consigli di amministrazione delle società già da lui amministrata e l’ampia risonanza mediatica che ha avuto la vicenda, per cui sarebbe difficile trovare soggetti disponibili ad associarsi con lui per commettere reati.
2.2 Con un secondo motivo il ricorrente denunzia la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta necessità di disporre la custodia in carcere e alla inadeguatezza di ogni altra misura secondo i parametri di cui all’art. 275 cpp. Rileva al riguardo che l’argomento della precedente violazione della misura (applicata nel procedimento per calunnia) appare incongrua perché tale violazione sarebbe stata commessa il giorno della pronuncia della sentenza di patteggiamento con pena sospesa che quell’obbligo ha fatto automaticamente decadere. Osserva inoltre che una volta escluso il pericolo di inquinamento probatorio – come il Tribunale ha di fatto escluso – non si vede come il ricorrente potrebbe predisporre documentazione di comodo e impartire ordini o direttive a complici; parimenti, per le argomentazioni svolte nell’illustrazione del precedente motivo, sarebbe escluso il rischio di ricostituire altre associazioni a delinquere.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La prima censura è manifestamente infondata.
L’illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cass. Sez. 3, Sentenza n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007; Cassazione Sezioni Unite ri. 24}1999, 24.11.1999, *****, RV. 214794).
L’ordinanza impugnata ha affrontato la questione alle pagg. 16 e ss. rilevando che sussiste il pericolo attuale e concreto di reiterazione di reati analoghi perché la nomina di un nuovo CdA per le società coinvolte nella vicenda non esclude in maniera assolutamente certa che l’influenza dell’I. possa essere esercitata su di esso, date le capacità persuasive di occulto manovratore già dimostrate e l’attuale ruolo di amministratore di fatto della C. srl che potrebbe indurlo ad operare al suo interno con ulteriori comportamenti illeciti; ancora, ha considerato la pericolosità anche desumendola dai precedenti penali.
Trattasi di un ragionamento lineare, privo dl salti logici e, come tale, insindacabile in questa sede.
2. Anche la seconda censura è inammissibile, ma per sopravvenuta carenza di interesse ai sensi dell’art. 568 comma 4 cpp, avendo il difensore dichiarato che all’I. è stata sostituita la misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari. Di conseguenza, l’interesse all’impugnazione è venuto meno avendo la parte già conseguito il risultato che sperava di ottenere da questa Corte.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.

 

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 23.1.2013

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