Carabiniere sottoposto a procedimento penale: legittima la scelta di estrometterlo da una procedura selettiva (Cons. Stato n. 2181/2013)

Redazione 18/04/13
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Fatto

Il signor A. B. ha partecipato al concorso indetto per l’ammissione al 14° corso biennale per allievi marescialli nel ruolo di ispettori dell’Arma dei carabinieri. Collocato in posizione utile nella graduatoria finale, è stato tuttavia escluso dall’incorporamento per essere stato rinviato a giudizio innanzi al Tribunale di Livorno per il reato di lesioni personali.
Il B. ha impugnato il provvedimento di esclusione, come pure il bando di concorso.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. I bis, ha respinto il ricorso con sentenza 18 aprile 2011, n. 3383.
Contro la sentenza il B. ha interposto appello, censurandola sotto diversi profili, in quanto essa avrebbe:
1. travisato i fatti di causa. L’appellante sarebbe stato citato direttamente a giudizio con decreto del pubblico ministero del 6 febbraio 2009, cosicché alla data prevista dal bando quale scadenza per la presentazione delle domande di partecipazione al concorso (27 luglio 2008) non avrebbe ancora assunto la qualità di imputato. D’altronde, la sua esclusione sarebbe avvenuta a norma non dell’art. 3, comma 1, lettera a), del bando (relativo ai requisiti di partecipazione alla selezione), ma dell’art. 3, comma 5 (concernente la posizione dei vincitori del concorso). Erroneamente la sentenza avrebbe considerato irrilevanti le vicende successive alla scadenza del termine richiamato, laddove i fatti in questione avrebbero riguardato la distinta fase dell’incorporamento;
2. omesso di pronunciare sulla parte del ricorso che investiva le clausole del bando poste a base del provvedimento di esclusione, come pure ignorato l’eccezione di illegittimità costituzionale formulata in relazione alla norma che stabilisce i requisiti richiesti per i vincitori di concorso alla data di effettivo incorporamento;
3. affermato erroneamente che, una volta accertato il presupposto, l’esclusione sarebbe stata atto vincolato. Anche in omaggio alla presunzione di innocenza sancita dall’art. 27, secondo comma, Cost., l’Amministrazione avrebbe potuto invece disporre l’ammissione del B. con riserva ovvero sospenderne l’incorporamento in attesa della definizione del giudizio penale. Il reato di cui l’appellante era imputato (lesioni personali), oltre a essere procedibile solo a querela di parte, rientrerebbe nel novero di quelli in cui il rinvio a giudizio è disposto direttamente dal pubblico ministero senza un previo esame da parte del giudice. Anche alla luce della parità delle parti riconosciuta dall’art. 111 Cost., mancherebbe qualunque prova, neppure parziale, della sussistenza dell’ipotesi criminosa contestata. La norma di favore, dettata per i reati di minore gravità, si trasformerebbe in norma di particolare severità, perché il soggetto verrebbe ad assumere la qualità di imputato in assenza di qualunque vaglio da parte del giudice.
Il B. ripropone poi le censure contro il provvedimento già mosse con il ricorso introduttivo.
In sintesi, l’esclusione automatica dalla selezione non sarebbe conforme a una lettura della normativa che tenga conto delle disposizioni costituzionali (a partire dall’art. 27, secondo comma), di quelle europee e internazionali, della giurisprudenza della Corte costituzionale. Nel caso di specie, l’Amministrazione avrebbe omesso di esperire una preventiva istruttoria, che avrebbe consentito di accertare le particolari circostanze di fatto (querele reciproche, forse anche determinate da finalità defensionali per il querelante del B., e successiva estinzione del giudizio per rimessione delle querele tra le parti). Sarebbe così mancato un necessario bilanciamento dell’interesse pubblico con quello privato e ne sarebbe discesa, alla fine, la violazione di entrambi, posto che l’esclusione avrebbe colpito un soggetto classificatosi tra i migliori all’esito delle prove di concorso. Illegittimamente, inoltre, l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto delle circostanze sopravvenute (la sentenza di proscioglimento emessa dal Tribunale di Livorno in data 7 dicembre 2009).
In subordine, se le clausole di esclusione del bando non potessero essere interpretate nel senso di cui appena si è detto, esse – in quanto finirebbero per equiparare la condizione dell’imputato a quella di un condannato con sentenza irrevocabile – sarebbero illegittime per contrasto con le norme costituzionali, europee e internazionali.
Per altro verso, la norma del bando non potrebbe intendersi come meramente ripetitiva di quella dell’art. 15 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198, che, diversamente da quanto dispone la disciplina concorsuale, non precluderebbe una valutazione discrezionale dell’Amministrazione in ordine al provvedimento da adottare nel caso di pendenza di un giudizio penale nei confronti di un candidato risultato vincitore.
In via subordinata, l’art. 15 citato – ove interpretato nel senso di determinare un’automatica esclusione – sarebbe illegittimo per contrasto con la normativa interna e internazionale sopra richiamata.
L’Amministrazione della difesa si è costituita in giudizio per resistere all’appello.
La domanda cautelare della parte privata è stata accolta dalla Sezione con l’ordinanza 8 giugno 2011, n. 2455.
L’appellante ha successivamente depositato una memoria conclusionale, comunicando che – a seguito dell’ordinanza ora citata – ha concluso con buon esito il corso biennale, è stato nominato maresciallo dell’Arma dei carabinieri e svolge attualmente le proprie funzioni presso il comando di stazione di Molare. Egli ribadisce le proprie ragioni e, svolgendo un argomento già proposto nell’appello, sostiene che la sentenza impugnata, per essere fondata su circostanze non veritiere, sarebbe viziata da errore revocatorio ex art. 395 c.p.c.
All’udienza pubblica del 19 febbraio 2013, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

Diritto

Come osserva l’appellante, la sentenza impugnata motiva ricostruendo in termini non esatti i documenti di causa.
Essa, infatti, argomenta come se il B. fosse stato escluso dalla procedura selettiva ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera a) del bando di concorso (mancanza di un requisito di partecipazione, da valutarsi alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda).
La disposizione, in effetti, riguarda la partecipazione al concorso di soggetti già appartenenti all’Arma dei carabinieri e non pare che questo sia il caso. In realtà al privato, vincitore del concorso, è stato rifiutato l’incorporamento a norma dell’art. 3, comma 5, del medesimo bando (si è verificata una condizione ostativa, con riguardo alla data di effettivo incorporamento).
L’appellante denuncia l’errore revocatorio, ai sensi del combinato disposto dell’art. 106 c.p.a. e dell’art. 395, numero 4, c.p.c.
Peraltro, secondo il comma 3 dello stesso art. 106 c.p.a., “contro le sentenze dei tribunali amministrativi regionali la revocazione è ammessa se i motivi non possono essere dedotti con l’appello”.
In questa sede di appello, dunque, è possibile valutare direttamente la conformità a legge del provvedimento impugnato.
Ciò detto, va chiarito che la presente controversia riguarda i requisiti di partecipazione a un concorso, dapprima, e di ammissione a un pubblico impiego, poi. Rimane a essa del tutto estranea, dunque, la questione della responsabilità penale e della presunzione di non colpevolezza (ai sensi dell’art. 27, secondo comma, Cost. e dell’analoga normativa europea e internazionale), su cui l’appello si diffonde.
Nel merito, peraltro, l’appello è fondato, nei sensi e con le precisazioni di cui si dirà subito appresso.
Quanto al concorso di cui è causa (per l’ammissione al 14° corso biennale per allievi marescialli dell’Arma dei carabinieri), il bando e, ancor prima, la legge (art. 15 del decreto legislativo n. 198 del 1995, citato) prevedono – con formulazioni pressoché coincidenti – una duplice griglia di requisiti, riferita ai distinti momenti della partecipazione al concorso e dell’incorporamento; a loro volta, tali requisiti sono articolati diversamente rispetto ai concorrenti che già appartengono all’Arma e agli altri cittadini.
Secondo il comma 3 dell’art. 15, i requisiti di partecipazione indicati dal comma 2 (da valutarsi – precisa l’art. 3, comma 5, del bando – alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande) devono essere posseduti sino alla data dell’effettivo incorporamento. Alla stessa data, inoltre, i vincitori di concorso non devono trovarsi nella condizione di imputati per delitti non colposi. E’ questa la circostanza che rileva nel caso di specie, là dove al Burielli è stato a suo tempo negato l’incorporamento a seguito del rinvio a giudizio disposto nei suoi confronti per il reato di lesioni personali.
Dei requisiti in discorso, taluni richiedono un accertamento del tutto puntuale e vincolato (ad esempio, quelli relativi al possesso di un determinato titolo di studio, all’età ovvero allo stato civile: comma 2, numeri 2, 3 e 4), altri invece implicano un margine di apprezzamento da parte dell’Amministrazione (la mancanza di situazioni incompatibili con l’acquisizione o la conservazione dello stato di maresciallo dell’Arma o il possesso di adeguati requisiti morali: comma 2, numeri 8 e 9).
In linea di massima, per i termini in cui la norma è formulata, è da escludere che la condizione di imputato per delitto non colposo possa essere oggetto di una valutazione discrezionale.
Sotto questo profilo, la scelta di estromettere da una procedura selettiva determinati soggetti perché sottoposti a processo penale, nella qualità di imputati, rientra nella ragionevole discrezionalità del legislatore e dell’Amministrazione nel momento in cui, nell’ambito delle rispettive competenze, predispongono le regole generali di un concorso (cfr. per tutte Cons. Stato, sez. IV, 21 maggio 2010, n. 3226).
Tale scelta non può ritenersi irragionevole o macroscopicamente contraria ai principi dell’ordinamento, in quanto corrisponde a un’esigenza di “difesa avanzata” dell’Amministrazione. Questa, alla luce delle esigenze peculiari di determinati impieghi pubblici, può legittimamente individuare – con valutazione legale tipica – circostanze ritenute ostative all’assunzione del candidato in ragione del danno che esse paiono suscettibili di arrecare all’interesse pubblico.
Tuttavia, proprio perché il giudizio di esclusione, che in quel modo si compie, discende da un apprezzamento formulato a priori in termini potenziali, generali e astratti, la regola di buon andamento dell’amministrazione e la tutela dell’interesse pubblico impongono che, quante volte il procedimento non si sia ancora definitivamente concluso (come, nel caso di specie, per effetto della misura cautelare accordata dal giudice amministrativo), la P.A. medesima debba concretamente esaminare la vicenda nella sua dimensione attuale, alla luce dei fatti sopravvenuti che possano indurre a riconsiderare la precedente valutazione tipica.
Applicando queste considerazioni alla procedura in questione, ne discende che l’Amministrazione della difesa ha l’onere di rivalutare la posizione dell’appellante tenendo conto dell’avvenuto proscioglimento, disposto dal giudice penale, dal reato a lui a suo tempo ascritto.
D’altra parte, se così non fosse, sarebbe messa a repentaglio la stessa ragionevolezza della normativa di cui si discute.
Nei sensi di cui appena si è detto, l’appello è dunque fondato e va pertanto accolto.
Sussistono giustificate ragioni, apprezzate le circostanze, per compensare fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento oggetto del ricorso di primo grado.
Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione