Canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Cons. Stato n. 1786/2013)

Redazione 27/03/13
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FATTO

1. Con atto rep. n. 14610 del 25 febbraio 2011, a firma del dirigente del Servizio Viabilità, la Provincia di Lecce ha autorizzato la società Blue Box Ventures s.r.l. ad eseguire i lavori per l’interramento di un elettrodotto con cavo MT a 20 KV, in senso longitudinale esclusivamente in banchina lungo la S.P. n. 94 “Surbo via Moline sino all’innesto con la strada 4 finite”, per la connessione alla rete elettrica di un impianto fotovoltaico da realizzare in agro di Lecce.

L’autorizzazione è stata subordinata all’osservanza di precisi patti e condizioni, tra cui, per quanto qui interessa, (punto 4) il versamento di “…un canone determinato nella misura del 20% dell’importo complessivamente corrisposto dallo stesso (concessionario), ai Comuni compresi nell’ambito territoriale della provincia riferito all’anno precedente il rilascio della concessione (D. Lgs. 446/97 così come modificato dall’art, 18 della L. n° 488/99)”, con la precisazione che “tale onere non potrà essere inferiore a €. 516,46 e dovrà versarsi entro il 30 aprile di ogni anni” e che “il concessionario accetterà eventuali variazioni nella misura del canone che la Provincia dovesse determinare con propri provvedimenti esecutivi a norma di legge”.

Con nota prot. 87113 del 25 ottobre 2011 l’amministrazione provinciale ha comunicato alla predetta società che, in forza dell’approvazione del nuovo “Regolamento provinciale per l’applicazione del Canone per l’Occupazione Spazi e Aree Pubbliche” (giusta delibera consiliare n. 12 del 22 marzo 2011), l’importo annuo della concessione ammonta a €. 17.246,25, in luogo di €. 516,46; con la successiva nota prot. n. 103834 del 19 dicembre 2011, a riscontro dei chiarimenti richiesta della società interessata, sono state evidenziate le modalità di calcolo del canone, con conferma della precedente determinazione.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sez. II, con la sentenza n. 998 del 1° giugno 2012, nella resistenza dell’intimata amministrazione provinciale di Lecce, accogliendo il ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla società Blue Box Ventures s.r.l., ha annullato le citate note prot. n. 87133 del 25 ottobre 2011 e prot. 103834 del 19 dicembre 2011, nonché la deliberazione consiliare n. 12 del 22 marzo 2011 (di approvazione del nuovo regolamento per l’applicazione del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche).

Riconosciuta preliminarmente la propria giurisdizione (esclusiva, in ragione della natura non tributaria del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche), il predetto tribunale ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso (“Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 63, comma 2, lett. f), del d. lgs. 15 dicembre 1997. Violazione del divieto di retroattività di cui all’art. 11 delle preleggi. Violazione del principio di proporzionalità e di affidamento nella certezza del diritto. Eccesso di potere per sviamento”), rilevando innanzitutto che, sulla base alle disposizioni di cui agli articoli. 1, comma 4, della legge 8 gennaio 1991, n. 10, e 12, comma 1, del D. Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, benché la costruzione e l’esercizio di impianti fotovoltaici finalizzati alla produzione di energia elettrica non possano essere sussunti nella categoria del servizio pubblici, si tratta pur sempre di attività qualificate espressamente di pubblico interesse e di pubblica utilità, ed aggiungendo poi che la espressa previsione, ex art. 7, comma 1, del D. Lgs. n. 387 del 2003, dell’adozione di criteri per l’incentivazione della produzione di energia elettrica dalla fonte solare; l’emanazione di un apposito decreto ministeriale (D.M. 6 agosto 2010, art. 8), disciplinante per gli impianti solari fotovoltaici un sistema di tariffe incentivanti, di importo decrescente e di durata tali da garantire una equa remunerazione dei costi di investimenti e di esercizio, nonché la possibilità, pure stabilita dai commi 3 e 4 dell’art. 13 del D. Lgs. n. 387 del 2003, per i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili di richiedere al gestore della rete il ritiro dell’energia elettrica prodotta a prezzo amministrato (c.d. ritiro dedicato), secondo modalità determinate dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, costituiscono tutti elementi che inducono a ritenere che: a) la produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici (ed in genere da fonti rinnovabili) non può essere considerata alla stregua di un qualsiasi bene commerciabile in una economia di libero mercato (ciò in ragione dei ripetuti interventi legislativi di regolamentazione del mercato anche attraverso la determinazione di tariffe incentivanti e di prezzi minimi garantiti); b) è da considerare incompatibile con la indicata normativa di rango primario, espressione di un favor per la realizzazione e la gestione degli impianti fotovoltaici, una disciplina regolamentare che assoggetti il trasporto dell’energia derivante da fonti rinnovabili ad un onere maggiore di quello previsto per il trasporto di energia elettrica da fonti energetiche non rinnovabili (ad esempio, gas naturale); c) l’aumento dei costi di gestione degli impianti fotovoltaici (tra i quali devono ricomprendersi anche quelli relativi al trasporto delle energia prodotta) si ripercuoterebbe necessariamente, nel lungo periodo, sugli utenti finali di energia elettrica prodotta, con conseguente elusione delle finalità del regime concessorio differenziato di cui all’art. 63, comma 2, lett. f), del D. Lgs. n. 446 del 1997 e s.m.i.

Pertanto, secondo il Tribunale, le aziende che realizzano impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica devono essere ammesse a fruire, con riguardo agli elettrodotti interrati nelle strade comunali e provinciali, del regime agevolativo forfettario di cui all’art. 63, comma 2, lett. f), del D. Lgs. n. 446 del 1997 e s.m.i, dovendo essere assimilate a quelle svolgenti un’attività strumentale ad un pubblico servizio, con conseguente illegittimità sul punto dell’impugnato regolamento provinciale, anche nella parte in cui disciplina diversamente l’onere concessorio a seconda che i sottoservizi di interconnessione per impianti di produzione da energie rinnovabili siano o meno allacciati alla rete (trattandosi di una discriminante priva di qualsiasi fondamento giuridico).

I primi giudici hanno ritenuto non meritevole di accoglimento la tesi della società circa il dedotto carattere retroattivo del regolamento impugnato ed in relazione alla pretesa inefficacia della clausola dell’atto di autorizzazione dell’occupazione del suolo pubblico che prevede il potere dell’amministrazione provinciale di variare la misura del canone.

3. Con rituale e tempestivo atto di appello l’amministrazione provinciale di Lecce ha chiesto la riforma della predetta sentenza, lamentandone l’assoluta erroneità ed ingiustizia, conseguenza di un superficiale apprezzamento della concreta situazione di fatto e di un approssimativo esame della normativa richiamata.

Secondo l’amministrazione appellante, i primi giudici avrebbero inopinatamente qualificato l’attività svolta dalla società ricorrente come strumentale ad un pubblico servizio. laddove essa ha una natura squisitamente commerciale, indiscutibile fonte di profitto, tanto più che detta attività non è neppure necessariamente finalizzata ad erogare energia elettrica direttamente ai cittadini; inoltre la possibilità che l’impianto sia inserito in una rete di distribuzione pubblica è meramente eventuale, presupponendo un lungo iter burocratico, fino al perfezionamento del quale l’impianto e le relative connessioni restano di proprietà privata, irrilevante essendo il favor legislativo (di cui all’at. 1, comma 4, della legge n. 10 del 1991 e all’art. 12, comma 1, del D. Lgs. n. 387 del 2003) che riguarda espressamente la sola fase di costruzione dell’impianto e non può essere estesa anche alla attività (di impresa) di vendita dell’energia prodotta.

E’ stata pertanto rivendicata la legittimità e la correttezza delle determinazioni regolamentari impugnate, per un verso evidenziandosi che l’entità del canone discendeva non già dall’applicazione di tariffe unitarie, ma da un articolato e razionale sistema tariffario proporzionale all’estensione dell’area occupata e, per altro, verso contestandosi la fondatezza dell’argomentazione secondo cui l’aumento del canone avrebbe determinato la lievitazione dei costi di gestione degli impianti fotovoltaici, che si sarebbero scaricati sugli utenti finali, rilevando invece che si sarebbe verificata soltanto una riduzione dell’utile derivante dalla vendita dell’energia elettrica.

In definitiva, secondo l’appellante, i primi giudici avrebbero trascurato la fondamentale distinzione tra attività di produzione e di distribuzione energetica, atteso che solo i distributori di energia rispondono dell’erogazione agli utenti finali e solo l’attività di erogazione è presa in considerazione dall’art. 63 del D. Lgs. n. 446 del 1997; in ogni caso, allorquando l’impianto della società ricorrente fosse stato ceduto e allacciato alla rete ENEL, ENI o a qualsiasi altro gestore nazionale o locale, si sarebbe proceduto all’adeguamento delle tariffe in proporzione al numero di utenti serviti, come previsto dal più volte citato art. 63 del D. Lgs. n. 446 del 1997 (solo in quel momento risultando provata e certa la destinazione pubblica dell’impianto e quindi giustificato il sacrificio imposto alla comunità circa il limitato uso della strada oggetto di occupazione da parte del cavidotto).

4. Ha resistito al gravame la società Blue Box Ventures s.r.l., deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza e chiedendone pertanto il rigetto.

Nell’imminenza dell’udienza di pubblica di trattazione la parte appellata ha poi ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive, insistendo per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.

5. Alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2013, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. L’appello è fondato e deve essere accolto.

6.1. Occorre precisare preliminarmente che la società Blue Box Ventures s.r.l. (appellata, ricorrente in primo grado) non ha contestato né l’obbligo di corrispondere all’amministrazione provinciale di Lecce (odierna appellante) il canone per la posa in opera di cavi elettrici MT a 20 KV interrrati lungo le strade provinciali n. 294 e n. 307 (ex art. 4 della concessione Rep. n. 14610 del 25 febbraio 2010), né la natura pubblica – provinciale – delle predette strade, né più in generale il potere dell’amministrazione provinciale di determinare ovvero di rideterminare l’ammontare del canone per le occupazioni di spazi pubblici: infatti la controversia in esame concerne esclusivamente la legittimità o meno dell’esercizio da parte dell’amministrazione provinciale del predetto potere impositivo (avvenuto con l’approvazione – giusta delibera consiliare n. 12 del 22 marzo 2011 – del nuovo “Regolamento provinciale per l’applicazione del Canone per l’Occupazione Spazi e Aree Pubbliche” (delibera consiliare n. 12 del 22 marzo 2011), nella parte in cui non avrebbe tenuto conto, nella determinazione del canone di occupazione di aree pubbliche, della natura di servizio pubblico della produzione di energia da fonte rinnovabile, omettendo di applicare ovvero malamente applicando l’art. 63, comma 2, lett. f), del D. Lgs, 15 dicembre 1997, n. 446.

Al riguardo si osserva quanto segue.

6.2. L’articolo 63 del citato D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, disciplinando il “Canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche”, dopo aver stabilito al comma 1, secondo periodo, che “I comuni e le province possono, con regolamento adottato a norma dell’articolo 52, prevedere che l’occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree destinati a mercati anche attrezzati, sia assoggettata, in sostituzione della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione…”, ha indicato, al successivo comma 2, i criteri cui deve essere informato il regolamento, specificando, per quanto qui interessa, al punto f) la “previsione per le occupazioni permanenti, realizzate con cavi, condutture, impianti o con qualsiasi altro manufatto da aziende di erogazione dei pubblici servizi e da quelle esercenti attività strumentali ai servizi medesimi di un canone determinato forfettariamente come segue: 1) per le occupazioni del territorio comunale il canone è commisurato al numero complessivo delle relative utenze per la misura unitaria di tariffa riferita alle sotto indicate classi di comuni: I) fino a 20.000 abitanti, euro 0,77 per utenza; II) oltre 20.000 abutanti, euro 0,65 per utenza; 2) per le occupazioni del territorio provinciale, il canone è determinato nella misura del 20 per cento dell’importo risultante dall’applicazione della misura unitaria di tariffa di cui al precedente numero 1, per il numero complessivo delle utenze presenti nei comuni compresi nel medesimo ambito territoriale; 3) in ogni caso l’ammontare complessivo dei canoni dovuti a ciascun comune o provincia non può essere inferiore a euro 516,46. La medesima misura di canone annuo è dovuta complessivamente per le occupazioni permanente di cui alla presente lettera effettuate dalle aziende esercenti attività strumentali ai pubblici servizi….”.

Dal tenore letterale della norma emerge che la determinazione forfettaria del canone dovuto per le occupazioni permanenti, realizzate con cavi, condutture, impianti o con qualsiasi altro manufatto è subordinata alla ricorrenza di puntuali presupposti, di carattere soggettivo ed oggettivo: in particolare l’agevolazione presuppone, dal punto di vista soggettivo, che il soggetto occupante le aree pubbliche svolga attività di erogazione dei pubblici servizi ovvero attività strumentali ai servizi medesimi; dal punto di vista oggettivo, poi l’attività di erogazione ovvero quella strumentale deve essere in atto, atteso che il canone deve essere commisurato al numero delle utenze (ciò anche con riferimento alle occupazioni del territorio provinciale).

Ad avviso della Sezione, la ratio dell’agevolazione in parola si ricollega alla peculiarità dell’attività che viene svolta attraverso l’occupazione di aree pubbliche (erogazione di servizi pubblici o attività strumentale a questi ultimi) ed alla utilità che così è assicurata direttamente ai cittadini (utenti), solo in tal modo trovando ragionevole giustificazione il sacrificio imposto al potere impositivo dell’amministrazione locale (ed alle sue entrate finanziarie).

Il legislatore ha così effettuato, direttamente a livello normativo, una comparazione e una non irragionevole composizione degli interessi pubblici in gioco (quello dell’ente locale, comune o provinciale, di ricavare un’entrata dall’utilizzazione dei suoi beni pubblici e quello dei cittadini all’utilità derivante dall’erogazione di servizi pubblici), sottraendo la relativa valutazione all’ente impositore, considerandola una questione di interesse generale e non meramente localizzabile.

6.3. Ciò posto, le conclusioni cui sono pervenuti i primi giudici non sono condivisibili e le tesi prospettate dalla società ricorrente con il primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado non meritano accoglimento.

6.3.1. Invero, come si è avuto modo di accennare la misura agevolativa della determinazione forfettaria, ex lett. f), comma 2, dell’art. 63 del D. Lgs. n. n. 446 del 1997, secondo il suo stesso tenore letterale, può trovare applicazione solo per l’attività di erogazione dei servizi pubblici e per le attività strumentali a questi ultimi.

In tale fattispecie non può pertanto rientrare ictu oculi l’attività svolta dalla società ricorrente, oggi appellata, che, com’è pacifico, non consiste affatto nella “erogazione” di un servizio pubblico (energia), bensì in quella, ontologicamente diversa, di “produzione e trasporto” dell’energia prodotta da fonti energetiche rinnovabilili, giacché solo la prima, cioè quella di erogazione di energia in favore direttamente dei cittadini, può essere effettivamente considerata un servizio pubblico, laddove la seconda (produzione di energia da fonti rinnovabile) non è rivolta, direttamente ed esclusivamente, ma solo eventualmente ai cittadini, quali utenti, trattandosi soltanto di un’attività presupposta alla successiva attività di erogazione del servizio di energia (che d’altra parte, com’è intuibile, non deve avere necessariamente come destinatari i cittadini).

Né può ammettersi un’interpretazione estensiva della ricordata norma agevolativa: infatti, anche a voler prescindere dalla pur decisiva considerazione dell’inequivoco tenore letterale, già rilevato, e dalla sua delineata ratio (non ragionevolmente individuabile anche nella diversa ipotesi di produzione e trasporto di energia), dal punto di vista sistematico essa ha natura speciale, recando una deroga alle regole (criteri) generali di determinazione della tariffa dovuta, cosa che ne impone una lettura ed interpretazione rigorosamente conforme al suo tenore letterale, senza ulteriori possibilità di applicazioni analogiche o di interpretazioni estensive.

6.3.2. Sotto altro profilo, poi, ai fini del riconoscimento del regime agevolato di cui si discute, non possono invocarsi le speciali disposizioni (rectius la ratio delle disposizioni) contenute nell’articolo 1 della legge 9 gennaio 1991, n. 10 (Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia) e dell’art. 12 del D. Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità).

Se è vero infatti che esse, allo scopo di migliorare le condizioni di compatibilità ambientale dell’utilizzazione dell’energia, favoriscono ed incentivano l’uso razionale dell’energia, il contenimento dei consumi di energia nella produzione e nell’utilizzo dei manufatti e l’utilizzazione delle fonti rinnovabili di energia (oltre alla riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi e ad una più rapida sostituzione degli impianti in particolari settori a più elevata intensità energetica), è anche vero che la qualità di pubblico interesse e di pubblica utilità riconosciuta, in via generale, all’utilizzazione delle fonti di energia di cui al comma 3 dell’art. 1 della legge n. 10 del 1991 (quali il sole, il vento, l’energia idraulica, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione dei rifiuti organici o di prodotti vegetali) è intrinsecamente collegata alle relative opere a tal fine necessarie, dichiarate pertanto indifferibili ed urgenti ai fini dell’applicazione delle leggi sulle opere pubbliche (comma 4 dell’art. 1 della legge n. 10 del 1991); in quest’ottica si inserisce la disposizione dell’art. 12 del D. Lgs. n. 397 del 2003 che dichiara di pubblica utilità, oltre che indifferibili ed urgenti, le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché quelle connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzioni ed all’esercizio degli stessi impianti, semplificando le procedure per il rilascio del titolo autorizzativo.

Tuttavia favorire ed incentivare l’utilizzazione di fonti rinnovabili di energia e semplificare le procedure per la realizzazione delle opere necessarie alla costruzione ed all’esercizio dei relativi impianti, pur essendo sintomatico dell’interesse pubblico e dell’utilità pubblica che il legislatore ha riconosciuto ad esse, colloca tuttavia tali misure nel più vasto ambito degli indirizzi ed obiettivi di politica energetica nazionale, senza comportare automaticamente, così come vorrebbe la società ricorrente, che il relativo carattere di pubblica utilità e/o di interesse generale si trasmetta anche all’attività di produzione e trasporto dell’energia così prodotta, tanto più che, come acutamente sottolineato dall’amministrazione appellante, gli impianti di produzione sono e restano privati, così come privata è l’attività di trasporto, entrambi costituendo tipiche manifestazioni dell’attività di impresa finalizzata alla realizzazione ed alla percezione di utili.

6.3.3. In definitiva, poiché, secondo il legislatore, solo l’attività di erogazione in atto di servizi pubblici a favore di cittadini giustifica il regime agevolativo di cui si discute, l’appello dell’amministrazione provinciale di Lecce deve essere accolto, con conseguente rigetto del primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

E’ appena il caso di rilevare, per completezza, che, proprio la delineata specialità della previsione agevolativa in questione, più volte richiamata, esclude che l’attività di produzione e trasporto di energia possa essere sic et simpliciter fatta rientrare nell’ambito della attività strumentale ai servizi pubblici, trattandosi di attività del tutto autonome e separate tra loro, anche dal punto di vista economico.

7. In conclusione l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso proposto in primo grado dalla società Blue Box Ventures s.r.l..

La peculiarità e la novità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla Provincia di Lecce avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sez. II, n. 998 del 1° giugno 2012, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della stessa, respinge il ricorso proposto in primo grado dalla società Blue Box Ventures s.r.l..

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2013

Redazione