Caldaia presso localo di un singolo condomino: diritto di passaggio per tutti (Cass. n. 20218/2012)

Redazione 16/11/12
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Svolgimento del processo

1. – S.M., proprietario – per acquisto fattone da B.L. – di un locale ad uso magazzino e deposito posto al piano sottosuolo di un fabbricato condominiale posto a (omissis), con annessi piazzale e rampa di accesso munita di cancello al civico (omissis) della stessa via, accessibile anche dai due vani scale dello stesso edificio, convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Firenze il Condominio per sentire dichiarare l’inesistenza del diritto della collettività condominiale di accedere al locale di sua proprietà, ove si trovavano la centrale termica, l’autoclave e l’impianto di sollevamento di acque luride, anche dal piazzale, attraverso la rampa di accesso.

Si costituì il Condominio, resistendo ed in via riconvenzionale domandando che venisse dichiarata l’esistenza di servitù di passo carraio dal cancello posto al civico n. (omissis), con condanna dello S. al risarcimento dei danni.

Il Tribunale di Firenze respinse la domanda dello S. e, in accoglimento della riconvenzionale, dichiarò l’esistenza, in favore del Condominio, della servitù di passo carraio attraverso la rampa di accesso, condannando lo S. al risarcimento del danno.

2. – La Corte di Firenze, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 29 agosto 2005, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni proposta dal Condominio, confermando nel resto la sentenza impugnata.

2.1. – Per quanto qui ancora rileva, la Corte distrettuale ha affermato che la servitù di passaggio si è costituita per destinazione del padre di famiglia, giacchè la rampa di accesso costituisce opera visibile e permanente destinata stabilmente all’esercizio dell’accesso carrabile ai locali di proprietà dello S., dove sono ubicati gli impianti condominiali (la centrale termica, l’autoclave e l’impianto di sollevamento di acque luride).

Anche dalla lettura dell’atto di compravendita – ha sottolineato la Corte d’appello – risulta che la venditrice B. avvertì l’acquirente che nel locale da lui acquistato erano ubicati tali beni condominiali e che il locale con relativo piazzale e rampa di accesso veniva trasferito con le servitù passive nascenti per destinazione del padre di famiglia a seguito della vendita frazionata dell’edificio.

La Corte di Firenze ha quindi dato rilievo al comportamento delle parti successivo alla stipulazione dell’atto di compravendita, risultando che lo S., pur dopo avere acquistato il deposito magazzino, ha continuato per almeno dieci anni a consentire agli automezzi dell’impresa che aveva la gestione degli impianti la possibilità di raggiungerli con i propri mezzi, utilizzando la sola possibilità d’ingresso costituita dalla rampa di accesso, e che il condominio ha sempre fatto pacifico uso di tale passaggio, mediante l’impresa incaricata.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello lo S. ha proposto ricorso, con atto notificato il 20 ottobre 2006, sulla base di tre motivi.

L’intimato Condominio ha resistito con controricorso.

In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1061 e 843 cod. civ.) il ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia inteso collegare direttamente il requisito dell’apparenza non tanto ai mezzi o alle opere attraverso i quali si esercita la servitù di passo, ma all’esistenza di alcuni beni o impianti condominiali che, oltretutto, non sarebbero direttamente visibili, non si troverebbero sul fondo gravato dalla servitù e non costituirebbero l’oggetto del diritto di servitù, al quale si ricollegherebbero in via meramente eventuale. La Corte d’appello non avrebbe inoltre considerato che, per i tre o al massimo quattro rifornimenti annui di gasolio (che, oltretutto, adesso non servirebbero più), non era assolutamente necessario che l’autobotte entrasse nella proprietà privata, obbligando a rimuovere i macchinari e gli automezzi ivi depositati, giacchè lo scarico del gasolio poteva benissimo effettuarsi, come più volte avvenuto, con l’autobotte parcheggiata sulla pubblica strada e il tubo del combustibile allacciato alla bocca della cisterna. La sentenza impugnata avrebbe potuto riconoscere esclusivamente il diritto del Condominio, ai sensi dell’art. 843 cod. civ., di accedere, attraverso il fondo di proprietà del ricorrente, alla centrale termica di proprietà condominiale per ogni necessità straordinaria e contingente e di esercitare tale eventuale accesso attraverso il vano scale del numero civico (omissis), cioè attraverso il percorso più facile e più breve.

Il secondo mezzo denuncia contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, giacchè la sentenza riconosce il requisito dell’apparenza della servitù di passo in base all’errata ubicazione di alcuni beni ed impianti condominiali nella proprietà dello S.. Deduce il ricorrente, per un verso, che al locale dell’autoclave e all’impianto di sollevamento non si accederebbe dalla rampa e dal cortile di proprietà S., bensì soltanto attraverso il vano scala del civico n. (omissis); per l’altro verso, che alla cisterna (interrata nel piazzale retrostante il locale di proprietà S.) – che conteneva il gasolio che allora alimentava l’impianto di riscaldamento centrale dell’edificio – si poteva accedere non solo attraverso la rampa, ma anche dai due vani scala del fabbricato.

Il terzo mezzo (contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia) censura che la Corte territoriale non abbia considerato un mero atto di tolleranza in favore dei condomini la protrazione decennale dell’accesso attraverso la rampa, consentito, per ragioni di cortesia, per un più agevole rifornimento della centrale termica.

2. – I tre motivi – i quali, stante la loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente -sono infondati.

Con logico e motivato apprezzamento delle risultanze di causa, la Corte distrettuale – nel confermare la decisione del primo giudice – ha accertato:

– che il fabbricato di via (omissis) (appartenente alla sola B.L., che poi lo frazionò in più unità immobiliari, vendute separatamente, così dando origine al condominio) era dotato di una serie di impianti comuni a tutte le porzioni dell’edificio (centrale termica, impianto di autoclave e di sollevamento delle acque luride), posti nel piano sottosuolo;

– che a tali impianti si accedeva, sia attraverso il vano scala, sia (allorquando si trattava di permettere il transito degli automezzi per portare il gasolio e le pesanti attrezzature necessarie alla manutenzione e alla riparazione degli impianti) mediante l’apposita rampa di accesso;

che il proprietario dell’intero edificio ha posto e lasciato i luoghi nello stato di fatto dal quale risulta la servitù di passaggio carraio dalla rampa di accesso, questa costituendo opera visibile e permanente destinata all’esercizio dell’accesso ai locali dove sono situati gli impianti comuni;

che, costituitosi il condominio a seguito della vendita separata dei piani e delle porzioni di piano, e avendo lo S. acquistato dall’originaria proprietaria dell’intero edificio i locali con relativo piazzale dove si trovano i più importanti impianti condominiali e la rampa di accesso, si è costituita una servitù per destinazione del padre di famiglia a vantaggio del condominio attraverso la rampa;

che dell’esistenza della servitù per destinazione del padre di famiglia, insistente sul locale con relativo piazzale e rampa di accesso, si da atto nello stesso atto di compravendita del 10 maggio 1983, con il quale lo S. ha acquistato dalla B. la proprietà del locale ad uso magazzino e deposito posto al piano sottosuolo, con il piazzale e la rampa di accesso;

che tale situazione di fatto – utilizzo della rampa di accesso con automezzi per provvedere alle necessità degli impianti condominiali – è continuata, per almeno un decennio, anche dopo l’acquisto fattone dallo S..

Tale essendo la base di fatto, che le censure del ricorrente sono inidonee a scalfire, correttamente la Corte di Firenze ha ritenuto acquistata, in favore del condominio, una servitù per destinazione del padre di famiglia, ricognitivamente contemplata nello stesso titolo di acquisto del proprietario del fondo servente.

Invero, nel caso in cui, in un edificio condominiale, alcuni impianti comuni (la centrale termica, l’autoclave e l’impianto di sollevamento delle acque luride) si trovino installati nel piazzale e nei locali di proprietà esclusiva del singolo condomino, proprietario esclusivo anche della rampa, utilizzata per l’accesso con automezzi per le necessarie verifiche periodiche degli impianti e per la manutenzione e riparazione degli stessi, si ha una servitù con i caratteri della apparenza, suscettibile di costituzione per destinazione del padre di famiglia, ai sensi dell’art. 1062 cod. civ., se tale era la situazione di fatto posta o lasciata dall’unico proprietario dell’edificio allorchè, con la vendita frazionata dei piani o delle porzioni di piano, è sorto il condominio.

Del tutto fuori luogo appare il richiamo del ricorrente all’art. 843 cod. civ., atteso che qui non si è di fronte ad una limitazione legale del diritto del titolare del fondo per una utilità occasionale e transeunte del vicino che ha per contenuto la prestazione del consenso all’accesso e al passaggio, ma ad una servitù di accesso carraio attraverso la rampa, costituita a titolo originario, a carico della proprietà esclusiva del singolo condomino ed a vantaggio del condominio per il compimento, con la necessaria regolarità e frequenza, di tutte le operazioni di rifornimento, regolazione, controllo e manutenzione degli impianti comuni.

Del pari non conducente è il richiamo all’art. 1144 cod. civ., avendo la Corte di merito, con valutazione immune da vizi logici e giuridici, valutato nella permanente e strutturale destinazione della rampa al servizio dell’accesso agli impianti comuni all’intero edificio le caratteristiche necessarie e sufficienti, in mancanza di diversa disposizione contenuta nel titolo, ai fini della costituzione ope legis della servitù ai sensi dell’art. 1062 cod. civ..

3. – Il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal Condominio controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per compensi, oltre ad accessori di legge.

Redazione