Buche sull’asfalto colme d’acqua: nessuna responsabilità del Comune (Cass. n. 5392/2013)

Redazione 05/03/13
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Svolgimento del processo

F. R. il 25 dicembre 1996 in Cassino cade malamente a terra, scendendo dal marciapiede a causa di una buca “praticamente invisibile”, a suo dire, e riporta lesioni personali (trauma discorsivo del collo del piede destro, contusioni al ginocchio destro e stiramento lombo-sacrale).
Il Tribunale di Cassino il 20 maggio 2003 rigetta la sua domanda risarcitoria nei confronti del Comune.
Su gravame del R. la Corte di appello di Roma conferma il 24 luglio 2005 la sentenza di prime cure.
Avverso siffatta decisione il R. propone ricorso per cassazione affidandosi a tre motivi, corredati dai prescritti quesiti.
Non risulta avere svolto attività difensiva l’intimato Comune.
Il Collegio ha raccomandato una motivazione semplificata.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo (violazione o falsa applicazione dell’art. 2043 in luogo dell’art. 2051 c.c.) il ricorrente lamenta che erroneamente il giudice dell’appello avrebbe fatto discendere dal presupposto circa la impossibilità del Comune di esercitare il potere di controllo sul demanio statale a causa delle sua notevole estensione la applicabilità dell’art. 2043 c.c., anziché dell’art. 2051 c.c. (p. 7 ricorso).
Il quesito è del seguente tenore:
“Dica la Corte se dall’evento dannoso causato dal bene pubblico e avvenuto all’interno dei perimetro urbano l’Amministrazione risponde ai sensi dell’art. 2043 c.c. ovvero dell’art. 2051 c.c.” (p. 9 ricorso).
Il quesito così come proposto non risulta congruo, essendo meramente interpretativo.
Infatti, con il quesito il ricorrente non può chiedere alla Corte di indicargli la norma applicabile e perchè con esso in buona sostanza il ricorrente sostiene che l’applicazione di una delle norme alla fattispecie concreta avrebbe dovuto condurre ad una decisione di segno opposto (v. Cass. n. 14682/07).
Peraltro, non è colta la ratio decidendi della sentenza impugnata, in quanto il giudice dell’appello in concreto ha escluso ogni responsabilità del Comune ex art. 2043 c.c. per la accertata circostanza della inesistenza dei requisiti della oggettiva non visibilità e della soggettiva imprevedibilità della situazione alla luce della documentazione fotografica in atti, dall’essere la buca colma di acqua, date le condizioni atmosferiche di pioggia e su questa realtà fattuale e processualmente acquisita ha escluso ogni responsabilità dell’ente territoriale (v. p.5 sentenza impugnata) (v. Cass. S.U. n. 26020/08; Cass. n. 6420/08).
2.- Il secondo motivo (violazione o falsa applicazione di norme di diritto: falsa applicazione dell’ art. 2043) propone il seguente quesito :
“Qualora l’Amministrazione risponda ai sensi dell’art. 2043 degli eventi dannosi causati dal bene pubblico e avvenuti all’interno del perimetro urbano dica la cassazione se la P.A. risponde per comportamento colposo nelle sole ipotesi di insidia o trabocchetto” (p. 11 ricorso).
Si tratta, a ben vedere, di censura inammissibile, in quanto il quesito ha la stessa natura del precedente.
3. Né migliore sorte merita il terzo motivo (art. 360 n. 5- omissività e contraddittorietà della motivazione) (p. 12 ricorso), in quanto l’avere affermato il giudice dell’appello che la buca fosse di modestissime dimensioni (p. 5 sentenza impugnata) non è in contraddizione con i criteri non rinvenuti esistenti da esso giudice, nè con la deposizione del teste C. (di cui a p. 12 ricorso), che appare del tutto irrilevante ai fini de quibus; né si può ragionevolmente affermare che vi sia omessa motivazione.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, ma nulla va disposto per le spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla dispone per le spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 dicembre 2012

Redazione