Biglietti da visita aziendali e assegnazione di una casella di posta elettronica non sono rilevanti ai fini del riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro (Cass. n. 14016/2013)

Redazione 04/06/13
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Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Roma, pronunciando sull’originario ricorso di D.F.G.B. proposto nei confronti della società in epigrafe accoglieva, confermando la sentenza di primo grado, nei confronti della Banca Bipielle Network la domanda concernente il pagamento dell’indennità sostitutiva di clientela e respingeva quella afferente il pagamento dei corrispettivi previsti in relazione alla durata minima garantita del contratto di mandato e quella, azionata in via subordinata, dell’indennità di preavviso.

La Corte del merito, per quello che interessa in questa sede, riteneva che il contratto definito di mandato, intervenuto tra le parti, doveva qualificarsi, alla stregua del tenore letterale dell’accordo e della successiva attività svolta – come emersa dalla espletata istruttoria – non come mandato, bensì di prestazione d’opera intellettuale. Conseguentemente, secondo la Corte territoriale, trattandosi di rapporto tipicamente fiduciario questo era incompatibile con la pattuizione di una durata minima garantita, sicchè non spettavano i reclamati compensi successivi alla risoluzione del rapporto e la chiesta indennità sostitutiva del preavviso.

Quanto ai compensi maturati antecedentemente alla risoluzione del rapporto rispetto ai quali la controparte aveva sollevato eccezione d’inadempimento – rilevava la Corte del merito che questi trovavano giustificazione nell’avvenuto svolgimento di un attività di collaborazione nel coordinamento dei promotori finanziari che comprovava l’attribuzione di un ruolo più ampio di quello convenuto nel contratto originario consacrato, poi, nel patto aggiuntivo quando, sebbene il D.F. non avesse predisposto alcun piano di reclutamento dei promotori, il contratto gli venne prorogato per altri tre anni.

Avverso questa sentenza il D.F. ricorre in cassazione sulla base di un’unica censura.

Resistono con separati controricorsi la Banca Popolare di Lodi e il Banco Popolare soc. Coop che impugnano, in ragione di un unico motivo, in via incidentale la sentenza di cui trattasi. Depositano, altresì, nuova procura con autentica notarile.

Le altre parti intimate non svolgono attività difensiva.

Motivi della decisione

I ricorsi vanno riuniti riguardando l’impugnazione della stessa sentenza.

Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi incidentali per difetto di valida procura.

Invero è ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte che in materia di procedimento civile, è inammissibile, per difetto della prescritta procura speciale, il ricorso per cassazione proposto sulla base della procura rilasciata dal ricorrente nell’atto d’appello, essendo quest’ultima inidonea allo scopo perchè conferita con atto separato in data anteriore alla sentenza da impugnare in sede di legittimità e, pertanto, in contrasto con l’obbligo di rilasciare la procura successivamente alla pubblicazione del provvedimento impugnato e con specifico riferimento al giudizio di legittimità (V. per tutte Cass. 12 maggio 2003 n. 7181 e Cass. 17 dicembre 2004 n. 23501).

Nella specie, come desumesi dall’intestazione dei controricorsi per cassazione, questi risultano proposti sulla base della “procura in calce al ricorso in appello” e, quindi, in virtù di atto separato in data anteriore alla sentenza da impugnare in sede di legittimità.

Infatti la procura per il ricorso per cassazione – che necessariamente ha carattere speciale dovendo riguardare il particolare giudizio davanti alla Corte di cassazione – è valida solo se rilasciata in data successiva alla (già emessa) sentenza impugnata, sicchè il ricorso – ovvero il controricorso – deve essere dichiarato inammissibile qualora la procura, se conferita con atto separato, sia anteriore alla pubblicazione del provvedimento impugnato, restando altresì esclusa ogni possibilità di successiva sanatoria o regolarizzazione (Cfr. Cass. 2444/00). Con l’unico motivo del ricorso principale il D.F., deducendo violazione dell’art. 2237 c.c., e del contratto 4 gennaio 1999 come rinnovato il 25 ottobre 2000 nonchè omessa motivazione, denuncia che la Corte del merito non tenendo conto della derogabilità della disciplina dettata dall’art. 2237 c.c., comma 1, ha omesso di considerare che nel contratto vi è stata apposizione di un termine di durata minima garantita che ha comportato l’esclusione della facoltà di recesso ad nutum prima della scadenza contrattuale con conseguente spettanza dell’indennità sostitutiva di preavviso (con ciò rinunciando alla maggiore domanda relativamente al corrispettivo per tutta la durata minima garantita). La censura è fondata nei sensi di seguito indicati.

Nelle giurisprudenza di questa Corte, difatti,dopo un iniziale contrasto degli anni ottanta, si è oramai definitivamente consolidato il principio, che in questa sede va ulteriormente ribadito, secondo il quale la previsione della possibilità di recesso ad nutum del cliente nel contratto di prestazione d’opera intellettuale, quale contemplata dall’art. 2337 c.c., comma 1, non ha carattere inderogabile e, quindi, è possibile che per particolari esigenze delle parti sia esclusa una tale facoltà di recesso fino al termine del rapporto; sicchè anche l’apposizione di un termine ad un rapporto di collaborazione professionale continuativa può essere sufficiente ad integrare la deroga pattizia alla facoltà di recesso così come disciplinata dalla legge, senza che a tal fine sia necessario un patto specifico ed espresso” (fra le tante V. Cass. 1 ottobre 2008 n. 2436, Cass. 21 dicembre 2006 n. 27293, Cass. 6 maggio 2000 n. 5738 e Cass. 8 settembre 1997 n. 8690).

E’ quindi, errata la sentenza impugnata che sul presupposto della incompatibilità del contratto di cui trattasi con la pattuizione di una durata minima garantita non ha preso in considerazione l’eventuale deroga pattizia alla facoltà di recesso ad nutum.

Il ricorso, pertanto va accolto, rimanendo, nell’esaminato profilo della censura, assorbita ogni ulteriore critica.

Conseguentemente la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione che in applicazione del principio richiamato accerterà se vi è stata o meno una deroga alla predetta facoltà.

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi dichiara inammissibili quelli incidentali, accoglie quello principale e, in relazione a tale accoglimento, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 aprile 2013.

Redazione