Bancarotta documentale: la presenza dell’amministratore di fatto non esonera dalla responsabilità l’amministratore di diritto (Cass. n. 40929/2012)

Redazione 18/10/12
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Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 07/06/2011, la Corte di appello di Ancona riformava parzialmente la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Camerino il 22/02/2010 nei confronti di C.F., al quale era stata irrogata la pena di anni 3 di reclusione per reati di bancarotta commessi nella qualità di amministratore unico della Manifattura del Potenza S.r.l., dichiarata fallita nel (omissis).

La Corte territoriale rilevava infatti che l’addebito di bancarotta fraudolenta contestato al C. nell’originario capo A) della rubrica doveva intendersi descrittivo di un fatto diverso rispetto a quello effettivamente desumibile dall’istruttoria dibattimentale, e disponeva in proposito la rimessione degli atti al Pubblico Ministero; confermava invece la condanna per il reato di bancarotta semplice di cui al capo B), determinando la relativa pena in mesi 6 di reclusione, oltre alle pene accessorie di legge, previo giudizio di equivalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alla recidiva contestata.

Quanto al delitto di cui alla *******., art. 217, la Corte di appello rappresentava l’irrilevanza delle deduzioni difensive circa l’esistenza di un professionista incaricato della regolare tenuta delle scritture contabili, peraltro da ritenere (secondo l’appellante) un amministratore di fatto della società; richiamava in proposito la giurisprudenza di legittimità secondo cui è posto comunque a carico dell’imprenditore l’obbligo di una adeguata scelta del soggetto cui delegare gli adempimenti di carattere formale, nonchè quello di controllarne l’operato.

In punto di trattamento sanzionatorio, respingeva altresì il motivo di appello riguardante le attenuanti generiche, di cui confermava la valutazione di equivalenza rispetto alle circostanze di segno contrario, pur non ricorrendo l’aggravante *******., ex art. 219, venuto meno il capo A): sul punto, qualificava “pesante” la recidiva gravante sul C..

2. Propone ricorso per cassazione il difensore/procuratore speciale dell’imputato, lamentando violazione ed erronea applicazione degli artt. 2380 e 2476 c.c., *******., artt. 216, 217, 223 e 224; deduce altresì “errata applicazione dell’art. 69 c.p., con riferimento all’art. 133 c.p., ed alla *******., art. 219”, ed infine mancanza e contraddittorietà della motivazione circa la qualifica di “amministratore” della società riconosciuta al C..

2.1 Con il primo motivo il ricorrente segnala che le norme in tema di poteri e responsabilità degli amministratori avrebbero dovuto essere interpretate, nel caso di specie, tenendo conto dell’accertata esistenza di un amministratore di fatto della società: se vi era tale figura, con tanto di competenze ben superiori a quelle dell’imputato, ciò avrebbe dovuto mandare esente da ogni addebito il presunto amministratore di diritto, che mai aveva esercitato in concreto le funzioni annesse alla carica.

2.2 Con il secondo motivo il difensore si duole del mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, segnalando che le pregresse condanne riportate dal C. riguardavano fatti di “modesta, per non dire nulla offensività sociale”.

2.3 Con il terzo motivo il ricorrente segnala che la Corte di appello avrebbe svolto un “cattivo governo del fatto”, avendo riconosciuto in capo all’imputato una veste di amministratore da lui mai concretamente esercitata.

Motivi della decisione

1. Il primo ed il terzo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, risolvendosi nella negazione da parte del C. dell’avere egli mai svolto funzioni di amministratore della società fallita: egli infatti deduce, sotto i diversi profili dell’erronea applicazione di legge e della contraddittorietà della motivazione nella sentenza impugnata, che la sua responsabilità penale avrebbe dovuto escludersi giacchè:

– una volta accertata l’esistenza di un amministratore di fatto, con poteri e competenze sufficienti per la gestione della società, all’amministratore di diritto non avrebbe dovuto addebitarsi alcunchè, essendo la responsabilità correlata all’esercizio effettivo delle funzioni e non alla formale titolarità della carica;

– dagli atti del processo non risulterebbe emersa la prova che il C. avesse svolto compiti correlati a detta veste formale.

Entrambi i motivi di ricorso si palesano inammissibili, il primo perchè manifestamente infondato ed il terzo perchè generico.

Assolutamente erroneo e non condivisibile è infatti l’assunto della difesa secondo cui, dalla corretta premessa che vuole un amministratore di fatto rispondere di reati di bancarotta come diretto destinatario della norma incriminatrice *******., ex art. 223, e non già come extraneus concorrente nel reato proprio dell’amministratore formale, dovrebbe discendere la conseguenza che – in presenza di un amministratore di fatto – l’amministratore di diritto sarebbe “legittimamente esonerato dalla responsabilità attraverso l’individuazione di un soggetto che si occupa in via esclusiva dell’amministrazione societaria e dimostra di averne la qualità anche professionale”.

Al contrario, la consolidata giurisprudenza di questa Sezione insegna che “in tema di reati fallimentari, se all’amministratore di diritto (c.d. testa di legno) sotto il profilo oggettivo devono essere ascritte le conseguenze della condotta dell’amministratore di fatto che egli, in virtù della carica, aveva l’obbligo giuridico di impedire, sotto il profilo soggettivo possono a lui ricollegarsi quegli eventi di cui ha avuto anche semplicemente generica consapevolezza, sicchè non è necessario per integrare l’elemento psicologico della bancarotta che tale consapevolezza investa i singoli episodi di distrazione ed occultamento, fermo restando che essa non può presumersi in base al semplice dato di avere il soggetto acconsentito a ricoprire formalmente la carica predetta” (sent. n. 3328 del 05/02/1998, ********, Rv 209949). Più in particolare, si è inteso poi sottolineare che “in tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto testa di legno), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto” (sent. n. 28007 del 04/06/2004, **********, Rv 228713; v. anche n. 19049 del 19/02/2010, *****).

Il caso di specie riguarda appunto un addebito di bancarotta documentale (financo semplice): ergo, la responsabilità dell’imputato si fonda sulla evidente inosservanza di elementari obblighi di tenuta formale delle scritture contabili, ed a nulla può rilevare la circostanza che egli avesse affidato quel compito ad altri, visto che – come opportunamente evidenziato nella motivazione della sentenza impugnata – sull’amministratore di diritto grava comunque un dovere di controllo dell’operato del soggetto incaricato.

Nè assume significatività la circostanza, peraltro solo dedotta dal C. e non dimostrata, dell’essersi quel soggetto occupato financo della gestione di fatto della società: un conto è, come si legge nei precedenti di legittimità sopra riportati, ipotizzare che un amministratore di diritto si presti a fungere da “testa di legno” senza rendersi conto di disegni fraudolenti di chi continui ad operare dietro il suo paravento; ben altra cosa è che ad un amministratore formale già esistente (e che continua ad esistere) si accompagni un presunto amministratore di fatto che comunque sia stato incaricato dal primo di provvedere a talune attività, e che – nella colpevole inerzia dell’amministratore di diritto – prenda ad occuparsi anche di incombenze ulteriori.

Per converso, e soprattutto a fronte della peculiare contestazione di reato di bancarotta semplice documentale, rimane ictu oculi privo dei necessari requisiti di specificità un motivo di ricorso che si limiti a rilevare che l’imputato non avrebbe mai esercitato le funzioni di amministratore, nè avrebbe “omesso cautele specifiche o generiche nell’ambito e nei limiti dell’attività effettiva dal medesimo compiuta”.

2. Manifestamente infondato è altresì il secondo motivo di ricorso.

Il difensore del C. sostiene che avrebbe dovuto considerarsi insussistente l’aggravante contestata ab initio, e ciò in ragione della “tenuità assoluta del fatto”; prospettazione irrilevante, giacchè l’aggravante in argomento – L. Fall., ex art. 219, comma 2, – derivava dalla pluralità dei fatti di bancarotta, e risulta venuta meno in grado di appello a seguito della intervenuta condanna per il solo capo B) della rubrica.

Il ricorrente lamenta inoltre che la recidiva, pur ritenuta “pesante”, non avrebbe dovuto “sovrapporsi all’evidenza di condanne di modesta, per non dire nulla, offensività sociale”: giudizio, quest’ultimo, che non si attaglia ai precedenti dell’imputato, il quale – a parte una condanna per reati di natura fiscale – risulta averne riportate anche per delitti *******., ex artt. 217 e 220, nonchè per calunnia.

2. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso deriva la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla sanzione pecuniaria di Euro 1.000,00, da devolvere alla Cassa delle Ammende.

 

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Redazione