Azzeramento senza ragioni oggettive dell’anzianità di servizio maturata: illegittimità (Cons. Stato, n. 5287/2013)

Redazione 04/11/13
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SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4790 del 2010, proposto da V. R., rappresentata e difesa dall’avvocato ****************, con domicilio eletto presso **************** in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14
contro
Autorità garante della concorrenza e del mercato – Antitrust, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12
sul ricorso numero di registro generale 4791 del 2010, proposto da A. Maria Laura, rappresentata e difesa dall’avvocato ****************, con domicilio eletto presso **************** in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14 contro
Autorità garante della concorrenza e del mercato – Antitrust, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12
nei confronti di
L. ***********, **********;
sul ricorso numero di registro generale 5882 del 2010, proposto da V. R., rappresentata e difesa dall’avvocato ****************, con domicilio eletto presso **************** in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14
contro
Autorità garante della concorrenza e del mercato – Antitrust, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12 domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
sul ricorso numero di registro generale 6300 del 2010, proposto da ********, ************ e **********, rappresentate e difese dagli avvocato ************* e ****************, con domicilio eletto presso **************** in Roma, via Tirso, n. 90
contro
Autorità garante della concorrenza e del mercato – Antitrust, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12
per la riforma
quanto al ricorso n. 4790 del 2010: della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione I, n. 4469/2009;
quanto al ricorso n. 4791 del 2010: della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione I, n. 4073/2009;
quanto al ricorso n. 5882 del 2010: della sentenza in forma semplificata del T.A.R. DEL Lazio – Roma, Sezione I, n. 4481/2009;
quanto al ricorso n. 6300 del 2010: della sentenza del T.A.R. del Lazio – Roma, Sezione I n. 4474/2009, della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione I, n. 4481/2009
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2013 il Cons. **************** e uditi per le parti l’avvocato ******* e l’avvocato dello Stato Clemente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Risulta dagli atti del processo che la dottoressa R. V. (appellante nell’ambito dei ricorsi numm. 4790/2010 e 5882/2010), la dottoressa ************** (appellante nel ricorso n. 4791/2010) e le dottoresse ********, ************ e ********** (appellanti nel ricorso n. 6300/2010) riferiscono di essere state assunte dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato attraverso reiterati contratti di lavoro a tempo determinato e di aver presentato nel corso del 2007 istanza volta alla stabilizzazione del proprio rapporto di lavoro, ai sensi del comma 519 dell’articolo 1 della l. 27 dicembre 2006, n. 296.
Nel maggio 2007, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, qui appellata, deliberava la stabilizzazione di questi apporti lavorativi, ma rinviava a successivi atti l’‘inquadramento definitivo’ delle odierne appellanti, nei cui confronti restava medio tempore applicato il trattamento economico già in godimento prima dell’inquadramento in ruolo.
Veniva poi emanato il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 il quale, all’articolo 75 (Autorità indipendenti) stabiliva che “presso le stesse Autorità il trattamento economico del personale già interessato dalle procedure di cui all’articolo 1, comma 519 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 è determinato al livello iniziale e senza riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata nei contratti a termine o di specializzazione, senza maggiori spese e con l’attribuzione di un assegno «ad personam», riassorbibile e non rivalutabile pari all’eventuale differenza tra il trattamento economico conseguito e quello spettante all’atto del passaggio in ruolo”.
La legge 6 agosto 2008, n. 133, di conversione del decreto-legge, espungeva la disposizione, pur facendone espressamente salvi gli effettiprodotti medio tempore .
In seguito, l’Autorità appellata procedeva ad inquadrare le odierne appellanti in modo retroattivo, ma riconoscendo loro solo il trattamento economico iniziale della qualifica di appartenenza (conformemente alla previsione di cui al richiamato articolo 75 del decreto-legge n. 112 del 2008).
Con l’atto di definitivo inquadramento, l’Autorità rinviava a un momento successivo la determinazione delle eventuali somme a debito da porre a carico delle dipendenti stabilizzate a seguito delle maggiori somme comunque erogate nel corso degli anni 2007-2008 quale trattamento economico fondamentale e accessorio.
Gli atti di inquadramento venivano impugnati dalle dottoresse V., A., M., S. e e T. dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Questo, con le sentenze oggetto del presente appello, respingeva i ricorsi.
La dottoressa V. impugnava, altresì, gli atti con cui l’Autorità aveva rideterminato trattamento economico complessivo dovuto e aveva richiesto la restituzione delle somme versate in eccedenza, ma anche in questo caso il Tribunale amministrativo respingeva il ricorso.
Le sentenze in questione sono state impugnate in appello dalle ricorrenti in epigrafe, le quali ne hanno chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:
1) ‘Violazione dell’articolo 4 della direttiva 1999/70/CE – Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato’.
I deteriori atti di inquadramento disposti dall’Autorità si porrebbero in contrasto con la previsione di cui all’articolo 4, paragrafo 1 della direttiva 1999/70/CE del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, secondo cui “per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive (…)”.
I medesimi atti si porrebbero altresì in contrasto con l’articolo 4, paragrafo 4 della medesima direttiva, secondo cui “i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”.
Alla luce di queste disposizioni di diritto comunitario (cui sarebbe da riconoscere diretta applicabilità nell’ordinamento nazionale) non sarebbe legittimo l’operato dell’Autorità la quale, in sede di stabilizzazione dei pregressi rapporti a tempo determinato, ha disposto il sostanziale azzeramento dell’anzianità di servizio maturata dal lavoratore in assenza delle ‘ragioni oggettive’ richiamate dalle medesime disposizioni comunitarie
2) ‘Violazione dell’articolo 1, comma 519 della l. 296 del 2006, dell’articolo 36 della Costituzione e dell’articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001’.
Le appellanti chiedono la riforma delle sentenze per la parte in cui hanno respinto il motivo di ricorso con cui si era lamentata l’illegittimità degli atti con cui l’Autorità aveva anticipato il possibile recupero delle maggiori somme erogate nel biennio 2007-2008 (in tal modo conferendo un carattere di sostanziale retroattività al nuovo – e più sfavorevole – inquadramento).
Le appellanti osservano che l’inquadramento definitivo era intervenuto con molti mesi di ritardo rispetto all’entrata in vigore delle disposizioni di cui alla l. n. 296 del 2006, ragion per cui sarebbe illegittimo gravare ex post sulle dipendenti stabilizzate gli effetti di un ritardo comunque addebitabile alla sola amministrazione (paventando – per di più – il recupero a titolo di arretrati delle maggiori somme medio tempore riscosse in base all’inquadramento medio tempore conseguito).
Del resto, se si ammettesse che un dipendente, pur avendo legittimamente prestato la propria attività lavorativa nel livello conseguito di inquadramento, possa poi vedersi ex post riconoscere un trattamento economico deteriore – basato sulla diversa e meno favorevole qualifica riconosciuta a seguito della stabilizzazione – si determinerebbe una violazione del principio di congruità e proporzionalità della retribuzione di cui all’articolo 36 Cost..
Ad ogni modo, non potrebbe accedersi all’eventuale richiesta dell’Autorità di procedere ex post al recupero delle somme corrisposte in eccesso a titolo di retribuzione in quanto – sulla base di un consolidato orientamento – in caso di illegittima reiterazione di rapporti a termine spetterebbe comunque al lavoratore un risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 36 Cost..
Nel caso in esame non sarebbe dubitabile l’abuso del ricorso alla tipologia del contratto a tempo determinato, dal momento che l’Autorità appellata avrebbe sistematicamente fatto ricorso a tale tipologia contrattuale per far fronte ad esigenze invece di carattere permanente.
Si è costituita in giudizio l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, la quale ha concluso nel senso della reiezione del gravame.
Con quattro ordinanze di analogo tenore adottate in data 13 maggio 2011, la Sesta Sezione di questo Consiglio ha sospeso il giudizio al fine di rimettete alla Corte di giustizia della CE i seguenti quesiti per rinvio pregiudiziale (art. 267 TFUE):
1) Se la previsione della clausola 4, punto 4 dell’accordo quadro, secondo cui “[i] criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”, in combinato disposto con la clausola 5 del suddetto accordo, come già interpretata dalla Corte di giustizia, secondo cui è legittima la disciplina italiana che, nel pubblico impiego, vieta la conversione del contratto di lavoro a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato, osti alla disciplina nazionale della stabilizzazione dei precari (articolo 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006) che ha consentito l’assunzione diretta a tempo indeterminato dei lavoratori già assunti a tempo determinato, in deroga alla regola del concorso pubblico, ma con azzeramento dell’anzianità maturata durante il periodo di lavoro a tempo determinato, o se invece la perdita dall’anzianità, prevista dal legislatore nazionale, rientri nella deroga per “motivazioni oggettive” da ravvisarsi nell’esigenza di evitare che l’immissione in ruolo dei precari avvenga a detrimento dei lavoratori già di ruolo, il che si determinerebbe se ai precari fosse conservata l’anzianità pregressa;
2) Se la citata previsione della clausola 4, punto 4 dell’accordo quadro, secondo cui “[i] criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”, in combinato disposto con la clausola 5 del suddetto accordo, come già interpretata dalla Corte di giustizia, secondo cui è legittima la disciplina italiana che, nel pubblico impiego, vieta la conversione del contratto di lavoro a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato, osti alla disciplina nazionale che, ferma restando la maturazione dell’anzianità in costanza di rapporto di lavoro a termine, stabilisca di chiudere il contratto a termine e instaurare un nuovo contratto a tempo indeterminato, diverso dal precedente e senza conservazione della pregressa anzianità (articolo 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006).
Con sentenza in data 18 ottobre 2012 (resa sui giudizi riuniti numm. C-302/11, C-303/11, C-304/11 e C-305/11) la Corte di giustizia ha risolto la questione interpretativa demandatale.
In particolare, la Corte ha affermato che la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 e figurante quale allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, quale quella controversa nei procedimenti principali, la quale escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un’autorità pubblica siano presi in considerazione per determinare l’anzianità del lavoratore stesso al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima autorità, come dipendente di ruolo nell’ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del suo rapporto di lavoro, a meno che la citata esclusione sia giustificata da «ragioni oggettive» ai sensi dei punti 1 e/o 4 della clausola di cui sopra. Il semplice fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia compiuto i suddetti periodi di servizio sulla base di un contratto o di un rapporto di lavoro a tempo determinato non configura una ragione oggettiva di tal genere.
La Corte di giustizia ha, altresì, affermato che:
– il fatto che il dipendente sia medio tempore passato a una forma di impiego a tempo indeterminato, non impedisce a quest’ultimo di far valere le violazioni della dir. 1999/70/CE perpetrate nel periodo in cui era a tempo determinato;
– spetta al giudice del rinvio valutare la situazione di fatto e stabilire se le ricorrenti potessero invocare il principio di non discriminazione, in considerazione delle mansioni effettivamente svolte;
– un’eventuale disparità di trattamento non può essere considerata giustificata per ‘ragioni oggettive’ (dir. 1999/70/CE, clausola 4) per il solo fatto di essere prevista da leggi, regolamenti o CCNL;
– la nozione di ‘ragioni oggettive’ “esige che la disparità di trattamento constatata sia giustificata dall’esistenza di elementi precisi e concreti, che conttraddistinguono la condizione di lavoro in questione, nel particolare contesto in cui essa si colloca e in base a criteri oggettivi e trasparenti”;
– ancora, una disparità di trattamento può essere giustificata da ‘ragioni oggettive’ che possono consistere in una “legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro”;
– in linea di massima, le Autorità italiane potrebbero addurre come ‘ragione oggettiva’ l’esigenza di evitare l’‘inserimento a pettine’ dei lavoratori stabilizzati rispetto a quelli già transitati nei ruoli per effetto della generale regola del pubblico concorso (articolo 97, terzo comma, Cost.); tuttavia questa considerazione non può giungere fino ad annullare del tutto la valenza del periodo prestato sulla base di contratti a tempo determinato;
– “[spetta] al giudice del rinvio, nei procedimenti a quibus, da un lato, verificare se la situazione delle ricorrenti di tali procedimenti fosse, con riguardo ai periodi di servizio da esse compiuti nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato, comparabile a quella di un altro dipendente dell’AGCM che avesse svolto i propri periodi di servizio in qualità di dipendente di ruolo nelle pertinenti categorie di funzioni, e, dall’altro, valutare, alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti 50 52 della presente sentenza, se taluni degli argomenti presentati dall’AGCM dinanzi a esso giudice di rinvio costituiscano «ragioni oggettive» ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro”.
Alla pubblica udienza del 2 luglio 2013 le parti costituite hanno precisato le proprie conclusioni e il ricorso è stato trattenuto in decisione.

 

DIRITTO

1. Giungono alla decisione del Collegio quattro ricorsi in appello proposti da cinque dipendenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (già assunte con contratti di lavoro a tempo determinato e in seguito stabilizzate all’esito delle procedure di cui al comma 519 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 1006, n. 296) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio con cui è stato respinto il ricorso dalle stesse proposto al fine di vedersi riconoscere (a seguito della stabilizzazione) anche l’anzianità di servizio anteriore all’inquadramento (laddove, invece, l’Autorità – conformemente alla previsione di cui all’articolo 75 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) aveva riconosciuto loro soltanto l’inquadramento iniziale della qualifica, senza la salvaguardia dei trattamenti medio tempore conseguiti).
2. In primo luogo deve essere disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe per evidenti ragioni di connessione oggettiva e in parte soggettiva (articolo 70 Cod. proc. amm.).
3. A seguito dell’ordinanza di rimessione disposta da questo Consiglio di Stato nel maggio 2011 e della sentenza della Corte di giustizia del 18 ottobre 2011, che ha risolto il quesito interpretativo nei sensi richiamati in premessa, il thema decidendum risulta ormai definito in modo puntuale.
Infatti, con la sentenza in questione – richiamata la propria giurisprudenza relativa all’applicazione della direttiva 1999/70/CE – la Corte di giustizia:
– per un verso ha affermato che, in via di principio, il diritto comunitario osta a una disposizione nazionale (quale l’articolo 75 del decreto-legge n. 112 del 2008) che escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un’autorità pubblica siano presi in considerazione al fine di determinare l’anzianità del lavoratore stesso al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima autorità, come dipendente di ruolo nell’ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del suo rapporto di lavoro;
– per altro verso ha ammesso la possibilità per cui (conformemente alla clausola 4 dell’accordo quadro recepito dalla richiamata direttiva), al ricorrere di talune ‘motivazioni oggettive’, la totale o parziale sterilizzazione dei periodi di servizio prestati con contratti a tempo determinato possa essere disposta dalle Autorità pubbliche in conformità con il diritto comunitario.
3.1. Pertanto, ai fini della presente decisione, occorre domandarsi se la disciplina nazionale relativa al trattamento normoeconomico riservato ai dipendenti interessati dalle procedure di stabilizzazione di cui alla l. 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) (e, in particolare, le disposizioni relative al mancato riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata nei contratti a termine con contestuale attribuzione di un assegno ‘ad personam’) possa nel suo complesso ritenersi giustificata sulla base di ‘motivazioni oggettive’ rilevanti anche per il diritto comunitario.
4. Alla questione va fornita risposta affermativa.
4.1. In primo luogo, va osservato che le richiamate ‘motivazioni oggettive’ non possono essere rinvenute nell’ambito delle peculiarità che caratterizzavano le mansioni in concreto svolte dalle odierne appellanti prima di essere ammesse alla procedura di stabilizzazione. Sotto tale aspetto, dagli atti di causa emerge con sufficiente chiarezza che le mansioni da esse svolte risultavano in concreto equivalenti rispetto a quelle svolte dai dipendenti appartenenti ai ruoli dell’Autorità con pari profilo e qualifica.
4.2. In secondo luogo, va considerato che, in base alla giurisprudenza della Corte di giustizia, la circostanza per cui la minore valorizzazione del periodo prestato con rapporto di lavoro a tempo determinato sia stabilita da una disposizione di legge o di contratto collettivo, non comporta che le richiamate circostanze assurgano per ciò solo a ‘ragioni oggettive’ ai sensi della clausola 4 della direttiva 1999/70/CE (in tal senso: CGCE sentenza 13 settembre 2007, in causa C-307/05 – Del ************).
4.3. Conseguentemente, rispetto a tale previsione comunitaria i margini che residuano all’ordinamento nazionale per operare limitazioni della valenza del periodo lavorativo prestato con contratti a tempo determinato appaiono ristretti: ma non per ciò solo irrilevanti.
La stessa Corte di giustizia ha infatti chiarito che la nozione di ‘ragioni oggettive’ (che può, a talune condizioni, giustificare il richiamato, particolare trattamento) può eventualmente rinvenirsi nella finalità di perseguire una legittima finalità di ‘politica sociale’ dello Stato membro (v. in tal senso, i punti 53 e 58 della richiamata sentenza Del ************, nonché il punto 48 dell’ordinanza 9 febbraio 2012, ************ínez, in causa C-556/119).
Va qui osservato che il concetto di ‘politica sociale’ (ascrivibile all’ambito delle ‘ragioni oggettive’ di cui alla clausola 4 della direttiva 1999/70/CE) non ha una precisa definizione nel diritto comunitario e ad oggi non risulta costituire oggetto di misure di armonizzazione o di ravvicinamento delle legislazioni nazionali.
Pertanto, vista la ampiezza della nozione in questione, si ritiene che possa includere il complesso degli orientamenti di politica legislativa nazionale e di princìpi in materia di occupazione la cui estensione può comportare una limitata compressione del principio di parità di trattamento (pur a seguito di un adeguato giudizio di bilanciamento che non causi un sostanziale svuotamento del contenuto essenziale dei richiamati principi).
Al riguardo viene in rilievo la duplice finalità (enunciata nell’ambito dei ricorsi per rinvio pregiudiziale e richiamata dalla sentenza della Corte di giustizia del 18 ottobre 2012) di impedire: a) che, attraverso le procedure di stabilizzazione si determini un sostanziale svuotamento del principio costituzionale secondo cui ai pubblici impieghi si accede in via di principio tramite concorso pubblico (articolo 97, terzo comma, Cost.); b) che, attraverso l’esperimento di procedure quale quella all’origine dei fatti di causa si possa determinare una sorta di ‘discriminazione alla rovescia’ in danno dei dipendenti collocati nell’ambito del medesimo ruolo di personale per effetto di un pubblico concorso i quali – a seguito della procedura di stabilizzazione – si vedrebbero paradossalmente superati da soggetti i quali non abbiano svolto procedure concorsuali per accedere alla stabilizzazione stessa.
La fattispecie è stata trattata dalla Corte di giustizia al punto 62 della sentenza del 18 ottobre 2012 che è qui il caso di richiamare de extenso: “Nella specie, per quanto riguarda l’asserito obiettivo consistente nell’evitare il prodursi di discriminazioni alla rovescia in danno dei dipendenti di ruolo assunti a seguito del superamento di un concorso pubblico, occorre osservare che tale obiettivo, pur potendo costituire una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro, non può comunque giustificare una normativa nazionale sproporzionata quale quella in questione nei procedimenti principali, la quale esclude totalmente e in ogni circostanza la presa in considerazione di tutti i periodi di servizio compiuti da lavoratori nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato ai fini della determinazione della loro anzianità in sede di assunzione a tempo indeterminato e, dunque, del loro livello di retribuzione. Infatti, una siffatta esclusione totale e assoluta è intrinsecamente fondata sulla premessa generale secondo cui la durata indeterminata del rapporto di lavoro di alcuni dipendenti pubblici giustifica di per sé stessa una diversità di trattamento rispetto ai dipendenti pubblici assunti a tempo determinato, svuotando così di sostanza gli obiettivi della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro”.
Al successivo punto 68, poi, la sentenza della Corte di giustizia demanda a questo giudice del rinvio di stabilire se il complesso delle circostanze rilevanti ai fini del decidere induca a concludere che, nel caso concreto, una siffatta esclusione ‘totale ed assoluta’ incidente sul livello di retribuzione vi sia stata oppure no.
4.4. Il Collegio ritiene determinante la circostanza per cui le disposizioni nazionali in tema di procedure di stabilizzazione, pur comportando la collocazione al livello iniziale della qualifica di inquadramento, non hanno comportato l’integrale perdita – in particolare, ai fini del trattamento economico – degli effetti del periodo di servizio prestato con contratti a tempo determinato.
È rilevante che le odierne appellanti abbiano incentrato una parte essenziale delle proprie doglianze proprio sulla questione degli effetti economici dei provvedimenti impugnati in primo grado.
L’articolo 75 del decreto-legge 112 del 2008 ha stabilito che presso le Autorità amministrative indipendenti il trattamento economico del personale già interessato dalle procedure di cui all’articolo 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 sia determinato “(…) con l’attribuzione di un assegno «ad personam», riassorbibile e non rivalutabile pari all’eventuale differenza tra il trattamento economico conseguito e quello spettante all’atto del passaggio in ruolo”.
Risulta agli atti che, grazie alla applicazione di questa previsione, le odierne appellanti si siano viste riconoscere assegni ad personam di importo iniziale oggettivamente cospicuo (ad esempio, l’assegno riassorbibile attribuito alla ricorrente R. V. era inizialmente pari ad euro 1.574,10 mensili).
Risulta, altresì, che la determinazione in concreto della misura di tali assegni costituisca un effetto di quanto maturato per effetto dei periodi di servizio prestati con contratti a tempo determinato e si ponga in diretta correlazione con essi.
In definitiva, operando il giudizio di esame del caso concreto demandato a questo giudice del rinvio ai sensi dei punti 62 e 68 della sentenza della Corte di giustizia del 18 ottobre 2012, il Collegio ritiene:
– che le finalità perseguite dall’articolo 75 del decreto-legge n. 112 del 2008 (volte a salvaguardare la regola costituzionale dell’accesso ai pubblici impieghi tramite concorso pubblico e a evitare una sorta di ‘discriminazione alla rovescia’ in danno dei dipendenti di ruolo vincitori di pubblici concorsi) costituiscano in via di principio ‘ragioni oggettive’ rilevanti al fine di limitare l’incondizionata estensione del principio di parità di trattamento di cui alla clausola 4 della direttiva 1999/70/CE;
– che, nell’ambito del giudizio di bilanciamento demandato a questo giudice del rinvio la scelta operata dal legislatore nazionale ha operato un adeguato – e non illegittimo – bilanciamento fra: a) (da un lato) l’esigenza di salvaguardare i richiamati princìpi – anche – di carattere costituzionale e b) (dall’altro) l’esigenza di non compromettere in modo assoluto gli interessi anche economici dei soggetti interessati dalle procedure di stabilizzazione (al contrario, riconoscendo in loro favore un significativo riconoscimento pecuniario, il cui ammontare risulta comunque parametrato alla durata della prestazione lavorativa svolta con contratti a tempo determinato).
4.5. Il motivo in questione, quindi, non può trovare accoglimento.
5. Nemmeno può trovare accoglimento il motivo di appello con cui (reiterando analogo motivo già proposto in primo grado e ritenuto infondato dal Tribunale amministrativo) le odierne appellanti hanno lamentato l’illegittimità degli atti con cui l’Autorità ha anticipato il futuro conteggio delle somme dovute a debito per le maggiori somme comunque erogate fra il momento della conversione del rapporto (17 maggio 2007) e l’inquadramento economico definitivo (17 luglio 2009), anche ai fini del futuro recupero delle differenze percepite e non dovute.
Al riguardo si osserva che la correttezza dell’operato dell’Autorità emerge con evidenza dalla previsione del più volte richiamato articolo 75 del decreto-legge n. 112 del 2008 il quale ha collegato la rideterminazione del trattamento economico del personale interessato dalle procedure di stabilizzazione al momento del passaggio in ruolo (i.e.: al momento di adozione della delibera di conversione del maggio 2007).
Se, pertanto, il momento determinante ai fini della determinazione del trattamento effettivamente dovuto è quello del provvedimento che ha disposto l’inquadramento in ruolo, consegue la correttezza in via di principio dell’operato dell’Autorità, la quale ha preannunziato la richiesta di restituzione del maggior trattamento medio tempore erogato.
Nemmeno si può ritenere nel caso di specie concretata alcuna violazione all’articolo 36 Cost. (in tema di necessaria proporzionalità fra retribuzione e prestazione lavorativa effettivamente resa), attesa la correttezza – per le ragioni dinanzi esaminate – della collocazione delle appellanti nell’ambito della qualifica iniziale del livello di inquadramento e l’assenza, agli atti di causa, di indicazioni in ordine alla possibile discrasia fra le mansioni proprie di tale livello, quelle in concreto esercitate e il livello funzionale e retributivo da ultimo riconosciuto
6. Per le ragioni sin qui esposte i ricorsi in epigrafe, che devono essere previamente riuniti, devono essere respinti.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta),definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa riunione li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013

Redazione